Corte di Cassazione ordinanza n. 22585 depositata il 19 luglio 2022
accertamento con percentuale di ricarica desunta dallo studio di settore – obbligo del contraddittorio
Ritenuto in fatto
1. B.M. impugnava l’avviso con il quale l’Ufficio accertava, ex 39, comma 1, lett. d), del dPR 600/73, il maggior reddito IRES, IVA e IRAP conseguito dalla contribuente nell’anno 2009.
2. La Commissione Tributaria Provinciale di Ragusa accoglieva il ricorso.
3. Sull’impugnazione dell’Ufficio, la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia rigettava l’appello, rilevando la nullità dell’accertamento standardizzato eseguito facendo ricorso allo studio di settore, per non essere stato preceduto dal contraddittorio con il contribuente.
4. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l’Agenzia delle Entrate sulla base di un unico L’intimata non ha svolto difese.
Ritenuto in diritto
1. Con il motivo di impugnazione la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 62 bis d.l. 331/93, convertito in I. 427/93, 39 dPR 600/73, 54 dPR 633/72 e 25 d.lvo 445/1997, in relazione all’art. 360, comma 1, nr. 3, c.p.c.; si argomenta che, contrariamente a quanto affermato dalla CTR, l’accertamento non si basava sullo studio di settore, ma su dati forniti dallo stesso contribuente e, pertanto, non era necessario il previo contraddittorio.
1.1 Il motivo è infondato.
Come si evince dall’esame della motivazione dell’atto impositivo riprodotto dall’Agenzia dell’Entrate nel corpo del ricorso, il maggior reddito è stato accertato utilizzando dati di ricarico dello studio di settore TM85U previsto per l’attività di commercio al dettaglio di generi di monopolio (attività 472600).
Si è, quindi, in presenza di un accertamento attraverso gli studi di settore, che è una forma di rettifica fiscale presuntiva regolamentata dal combinato disposto di cui agli artt. 63 sexies d.l. 331/1993 e 10 I. 146/1998, i quali riconoscono all’Amministrazione Finanziaria il potere di fondare un accertamento su gravi incongruenze tra quanto dichiarato dal contribuente e quanto dovrebbe essere dichiarato tenendo conto delle condizioni e delle caratteristiche dell’attività svolta.
Ciò premesso, come afferma la giurisprudenza con orientamento ormai consolidato, la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standard in sè considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività -, ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente con il contribuente, pena la nullità dell’accertamento. In tale sede quest’ultimo ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli standard o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello standard prescelto e con le ragioni per le quali non sono state ritenute attendibili le allegazioni del contribuente. L’esito del contraddittorio tuttavia non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l’applicabilità degli standard al caso concreto, il cui onere probatorio grava sull’ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente (Cass., Sez. U., 26635/2009 ; più di recente, 27476/2020, 13908/2018, 9498/2017, 21754 2017).
La CTR si è pienamente uniformata ai principi sopra esposti.
2. Conclusivamente, il ricorso va rigettato.
Nulla è da statuire sulle spese, non avendo la contribuente svolto difese. Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non trova applicazione l’art. 13, comma 1 quater, dPR 30 maggio 2002, nr. 115 (Cass. Sez. 6, Ordinanza nr 1778 del 29/01/2016).
P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso.
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