Corte di Cassazione ordinanza n. 23110 depositata il 25 luglio 2022

Avviso accertamento Ires e Iva – Emissione fatture per operazioni inesistenti – Recupero di sopravvenienze passive

Ritenuto in fatto

1. La C.I. s.r.l. proponeva ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Pescara avverso l’avviso di accertamento per Ires ed IVA relative all’anno 2011, con cui, per quanto qui ancora rileva, veniva contestata l’emissione di fatture per operazioni inesistenti e si procedeva al recupero di sopravvenienze passive e del costo relativo alle schede

2. La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva parzialmente il ricorso.

3. Sull’appello dell’Agenzia delle Entrate, la Commissione Tributaria Regionale Abruzzo accoglieva parzialmente il gravame, evidenziando che, mentre per quanto concerneva i costi asseverati in fattura l’Ufficio aveva omesso del tutto di esplicitare le argomentazioni che impedivano la loro deducibilità, in merito al recupero dei costi supportati dalle schede carburanti, il contribuente, a fronte delle contestazioni dell’Ufficio, non aveva fornito la prova specifica della corretta e completa compilazione delle

4. Avverso la sentenza della CTR ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate sulla base di due La C.I. s.r.l. non ha svolto difese.

5. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis cod. proc. civ. risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

Ritenuto in diritto

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la nullità della sentenza per omessa e/o apparente motivazione e la violazione e/o falsa applicazione degli 132, comma 2, n. 4), c.p.c. e 36, comma 2, nn. 2) e 4), d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4), c.p.c., per aver la CTR posto alla base della decisione l’esistenza di fatture, nonostante queste ultime non fossero state mai prodotte dalla contribuente.

2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli 109 Tuir, 2697, 2700, 2727 e 2729 c.c., 21 e 52 dPR n. 633/1972 e 61, comma 3, dPR n. 600/1973, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., per aver la CTR confermato la deducibilità del costo rappresentato alla voce “fatture da ricevere Vittoria srl”, nonostante l’assenza di prova della effettività del costo da parte della società ricorrente, illegittimamente onerando l’Ufficio della prova contraria, pur in assenza di un principio di prova diretta da parte della contribuente.

3. I due motivi, da trattarsi congiuntamente, siccome strettamente connessi, sono fondati.

Anche di recente questa Sezione ha ribadito che, in tema di reddito d’impresa, ai fini della deducibilità dei costi sostenuti, il contribuente è tenuto a dimostrarne l’inerenza, intesa in termini qualitativi e dunque di compatibilità, coerenza e correlazione, non già ai ricavi in sé, ma all’attività imprenditoriale svolta, sicché deve provare e documentare l’imponibile maturato, ossia l’esistenza e la natura dei costi, i relativi fatti giustificativi e la loro concreta destinazione alla produzione (Sez. 5, Sentenza n. 2224 del 02/02/2021).

In particolare, in materia di deducibilità dei costi d’impresa, la derivazione dei costi da una attività che è espressione di distrazione verso finalità ulteriori e diverse da quelle proprie dell’attività dell’impresa, come in caso di operazioni oggettivamente inesistenti per mancanza del rapporto sottostante, comporta il venir meno dell’indefettibile requisito dell’inerenza tra i costi medesimi e l’attività imprenditoriale, inerenza che è onere del contribuente provare, al pari dell’effettiva sussistenza e del preciso ammontare dei costi medesimi; tale ultima prova non può, peraltro, consistere nella esibizione della fattura, in quanto espressione cartolare di operazioni commerciali mai realizzate, né nella sola dimostrazione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, i quali vengono normalmente utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia (Sez. 5, Sentenza n. 33915 del 19/12/2019).

Nel caso di specie, l’Agenzia ha riprodotto, in ossequio al principio di autosufficienza, uno stralcio dell’avviso di accertamento, dal quale si evince che, avuto riguardo alle spese per “fatture da ricevere Vittoria srl” pari ad euro 77.521,66, la società contribuente, su richiesta dei verificatori, non era stata in grado “di fornire chiarimenti e/o giustificazioni, né di esibire documentazione a corredo ai sensi e per gli effetti dell’art. 52, comma 5 del DPR 633/1972, dichiarando semplicemente che il suddetto importo era relativo all’acquisto di materiali idonei alla costruzione di edifici”.

Ha altresì riprodotto un passaggio del pvc redatto dalla Guardia di Finanza, da quale si desume che “Oltre alle citate dichiarazioni non è stato (il contribuente) in grado di produrre alcuna documentazione di supporto documentazione di giustificazione dei 77.521,66 euro inserite in detto conto come fatture da ricevere”.

Dall’indice del ricorso di primo grado della contribuente trascritto alle pagg. 8 e 9 del ricorso non risulta che la stessa abbia prodotto fatture. Del resto, ai sensi dell’art. 52 del dPR n. 633/1972, non essendo stato esibito in sede di verifica alcun documento formalmente richiesto al contribuente, questi non avrebbe potuto produrlo nel corso del giudizio in presenza delle condizioni previste dalla citata disposizione.

Dalle controdeduzioni svolte in appello e riprodotte a pag. 10, nonché dall’esposizione dei fatti riportata a pag. 4, si desume che la contestazione si fosse concentrata sulla mancanza della prova, a cura della società contribuente, dei costi contabilizzati nell’anno 2011.

La CTP (cfr. pag. 1 della sentenza qui impugnata) ha affermato che, in relazione ai costi asseverati in fattura, l’Ufficio avrebbe dovuto dimostrare l’indeducibilità per non inerenza del costo, laddove, non avendo neppure contestato che la redazione delle fatture fosse in contrasto con requisiti di forma e contenuto, non si poteva spostare sul contribuente l’onere di dimostrare l’esistenza delle operazioni contestate.

La motivazione resa dalla CTR non supera il «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., risultando meramente apparente e, comunque, perplessa ed obiettivamente incomprensibile.

Invero, nel caso di specie, la CTR, pur condividendo in astratto il principio secondo cui l’onere della prova, in materia di recuperi a tassazione di costi indeducibili per difetto di prova, non debba essere di regola posto a carico dell’Ufficio, ha sostenuto che nella fattispecie, avendo quest’ultimo effettuato solo una mera indicazione della indeducibilità dei costi asseverati in fattura, non operando invece una specifica analisi delle argomentazioni che impedivano tale indeducibilità (e, in particolare, non censurando la strutturazione e la veridicità delle fatturazioni), il contribuente si era trovato nella impossibilità di contrapporre elementi a confutazione. E’ evidente che trattasi di una motivazione, oltre che scarsamente intellegibile, apertamente contrastante con il materiale probatorio in atti, avuto particolare riguardo alla mancata produzione delle fatture sulle quali la società aveva fondato la deduzione dei costi.

4. La sentenza impugnata va, pertanto, con rinvio della causa, anche per le spese del presente giudizio, alla CTR Abruzzo in differente composizione.

P.Q.M.

La Corte

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio, alla Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, in diversa composizione.