Corte di Cassazione ordinanza n. 23549 depositata il 27 luglio 2022
prove presuntive – valutazione del giudice di merito ed esplicitazione del ragionamento per presunzioni
Rilevato che:
1. Con sentenza emessa dalla C.t.p. di Firenze, in data 02/02/2015, veniva accolto il ricorso della società ML s.r.l. avverso un avviso di accertamento ai fini IRES, IRAP e IVA per l’anno 2010. Con l’accertamento erano state recuperate somme per euro 468.080,00 recate da alcune fatture emesse dalle società A., I.O. Recuperi, con sedi in Milano, perché ritenute fatture per operazioni oggettivamente inesistenti emesse da società cartiere. Le fatture erano state sequestrate, previa autorizzazione dell’autorità giudiziaria di Monza, nell’ambito di indagini di natura penale svolte, appunto, nei confronti delle società emittenti.
La C.t.p. aveva ritenuto fondato il ricorso perché la parte ricorrente aveva dimostrato, a mezzo della prescritta documentazione, l’esistenza delle operazioni economiche sottostanti alle fatture. In particolare, la ML s.r.l., operante nel campo dei rifiuti, era assoggettata alle disposizioni del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e dimostrava come la fatturazione e le annotazioni seguivano regole e prescrizioni stringenti nonchè aveva ricostruito tutti i passaggi delle operazioni in esame; il recupero, invece, si fondava su una duplice presunzione e non su omissioni riconducibili alla società ricorrente alla quale, pertanto, non potevano addebitarsi comportamenti illeciti dei suoi danti causa che consistevano sostanzialmente nell’acquistare al nero e nel rivendere con regolare fattura. Conseguentemente, gli acquirenti, quale appunto la ricorrente, dovevano considerarsi estranei alle frodi fiscali del cedente ed invero il gip del tribunale di Firenze aveva prosciolto M.M. e M.L. dalle relative accuse ex art. 425 cod. proc. pen.
2. Avverso questa sentenza proponeva appello l’Agenzia delle Entrate, reiterando l’affermazione che trattavasi di operazioni – non solo soggettivamente ma anche – oggettivamente inesistenti e disconoscendo la tesi secondo cui vi fosse una sostanziale estraneità della ML s.r.l., atteso che costui non aveva provato la propria totale buona fede, ma che doveva essere ritenuta partecipe del meccanismo illecito nonché che trattavasi di un dato acquisito quello secondo cui le società emittenti le fatture fossero delle cartiere appositamente utilizzate solo al fine dell’emissione di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti o per la copertura di acquisti effettuati da terzi in nero, per come, peraltro, evidenziato dalle intercettazioni telefoniche.
In giudizio si costituiva la contribuente chiedendo il rigetto dell’appello richiamandosi i motivi già esposti nel corso del giudizio di primo grado.
3. La C.t.r. della Toscana rigettava l’appello e confermava la sentenza di primo grado ritenendo che trattavasi di operazioni oggettivamente – e non soggettivamente – inesistenti; che non vi erano evidenze dotate di precisione e concordanza idonee a ricondurre all’insussistenza oggettiva dell’operazione; che, comunque, aveva documentato i passaggi successivi subiti dalla merce fino al destinatario finale.
4. La sentenza della C.t.r. era impugnata dall’Agenzia delle Entrate sulla scorta di un solo motivo di ricorso.
Si costituiva in giudizio con controricorso la società, chiedendo il rigetto del ricorso.
La causa è stata discussa nella camera di consiglio del 7 giugno 2022, per la quale non sono state depositate memorie.
Considerato che:
1. Con l’unico motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 19, 21 e 54 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e degli artt. 2727, 2729 e 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., così deducendo l’error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, non si sono esaminati compiutamente gli elementi presuntivi si dà inferire da questi, siccome gravi, precisi e concordanti, la prova, ai sensi dell’art. 2729 cod. civ., dell’inesistenza delle operazioni commerciali.
2. Il motivo è fondato.
La C.t.r. ha dato una irragionevole rilevanza alla documentazione prodotta dalla contribuente a discapito delle risultanze delle operazioni accertative e l’affermazione secondo cui non vi sono evidenze dotate di precisione e concordanza che riconducano all’insussistenza oggettiva, siccome basato l’accertamento sostanzialmente sugli esiti del giudizio penale, è assolutamente smentita dal complesso meccanismo frodatorio posto in essere ed accertato dall’ufficio finanziario.
Sotto il profilo del ragionamento per presunzioni, allorquando la prova addotta sia costituita da presunzioni, rientra nei compiti del giudice del merito vagliare l’idoneità degli elementi presuntivi a consentire inferenze che ne discendano, secondo il criterio dell’id quod plerumque accidit, essendo il relativo apprezzamento sottratto al controllo in sede di legittimità, se sorretto da motivazione immune da vizi logici o giuridici e, in particolare, ispirato al principio secondo il quale i requisiti della gravità, della precisione e della concordanza, richiesti dalla legge, devono essere ricavati in relazione al complesso degli indizi, soggetti ad una valutazione globale, e non con riferimento singolare a ciascuno di questi (Cass. 16/05/2017, n. 12002).
I giudici di appello, non hanno ritenuto di valorizzare il ponderoso quadro probatorio presuntivo rappresentato da tutti gli elementi in proprio possesso per confermare la natura di cartiera dei soggetti fornitori e la loro accertata mancanza di adeguata struttura organizzativa, quali le sedi presso strutture inadeguate o riconducibili ad altri soggetti, l’assenza di depositi o loro inadeguatezza, la presenza di automezzi insufficienti per il volume di affari, l’anomalia di più viaggi nello stesso giorno incompatibili con i mezzi disponibili, la partenza di mezzi vuoti, il numero di dipendenti assolutamente insufficienti rispetto all’attività formalmente dichiarata.
Sotto questo profilo, la sentenza impugnata, in violazione degli articoli 19, 21 e 54 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e degli artt. 2727, 2729 e 2697 cod. civ. ha svilito il valore indiziario degli elementi forniti dall’amministrazione finanziaria e non li ha valutati complessivamente, disattendendo le regole del ragionamento presuntivo.
3. In conclusione, accoglie il motivo di ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio alla C.t.r. della Toscana affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame degli elementi presuntivi e probatori addotti dalle parti.
Al giudice del rinvio è demandato anche di provvedere alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il motivo, cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Toscana perché proceda, in diversa composizione, a nuovo e motivato esame sugli aspetti evidenziati nonché alla determinazione delle spese anche del giudizio di legittimità.
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