Corte di Cassazione ordinanza n. 24396 depositata il 5 agosto 2022
accertamento bancario – presunzione legale relativa superabile dal contribuente con prova analitica anche con presunzioni semplici
RILEVATO CHE
– la CTP di Lucca rigettava i ricorsi riuniti proposti, rispettivamente, dalla società A.M. s.r.l., esercente attività di costruzione di edifici, avverso l’avviso di accertamento, con il quale erano stati ripresi a tassazione ricavi non dichiarati, relativi all’anno 2009, e da F.V. (che era anche socio e legale rappresentante della A.M. s.r.l.) avverso altro atto impositivo con il quale era stato accertato, per l’anno 2009, un maggior reddito desunto, per € 294.869,00, da indagini bancarie e, per € 40.906,00, dalla sua partecipazione nella S.n.c. Centro Risparmio di F.V.;
– la CTR della Toscana rigettava l’appello proposto da entrambi i contribuenti, osservando che, ai fini delle imposte dirette, non sussisteva l’obbligo di instaurare il contraddittorio endoprocedimentale, essendo stato svolto un accertamento “a tavolino”, mentre per l’IVA la società A.M. non aveva fornita la c.d. prova di resistenza;
– dalla sentenza impugnata si evince, inoltre, che:
– a fronte dei plurimi elementi indiziari (quali le numerose movimentazioni finanziarie tra società e soci, in particolare con il F.V., la commistione tra i conti della società e quelli dei soci ed, in particolare, dell’amministratore, le gravi perdite fiscali nel triennio 2008/2010, lo studio di settore non congruo e non coerente, le consistenti perdite sulle vendite), costituenti presunzioni gravi, precise e concordanti, che giustificavano le rettifiche del reddito, la società contribuente aveva dedotto solo contestazioni generiche, peraltro già considerate nello studio di settore;
– per quanto riguarda la posizione del F.V., invece, il giudice di appello ha ritenuto che il contribuente non avesse fornito la prova in ordine all’imputabilità a introiti imponibili di diversi movimenti bancari;
– la A.M. s.r.l. e F.V., anche in proprio, propongono ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi (di cui solo uno riferibile ad entrambi, mentre gli altri riguardanti il solo avviso di accertamento emesso nei confronti del F.V.), avverso la sentenza indicata in epigrafe;
– l’Agenzia delle Entrate si è costituita al solo scopo di partecipare all’eventuale udienza di discussione.
CONSIDERATO CHE
– Con il primo motivo di ricorso, entrambi i ricorrenti deducono, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 10 e 12 della l. n. 212 del 2000, per avere la CTR erroneamente ritenuto validi gli avvisi di accertamento impugnati, nonostante la mancata instaurazione del contraddittorio endoprocedimentale;
– il motivo è infondato;
– la CTR ha chiaramente spiegato che, in tema di accertamento, la disciplina sul termine dilatorio di cui all’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000 e sul conseguente contraddittorio endoprocedimentale non opera nell’ipotesi di indagini c.d. “a tavolino”, effettuate presso la sede dell’Amministrazione finanziaria, salvo che riguardino tributi “armonizzati”, come l’IVA, ma il contribuente deve in tal caso indicare, in concreto, le questioni che avrebbe potuto dedurre in sede di contraddittorio preventivo, dimostrando che non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa (ex multis, Cass. 19.07.2021, n. 20436; Cass. 29.10.2018, n. 27420);
– nella specie è incontestato che l’accertamento si era svolto presso la sede dell’Amministrazione finanziaria e la società A.M. (unica ricorrente nei confronti della quale vi era stato un recupero di IVA) non ha in alcun modo dedotto come, in mancanza del contraddittorio, il procedimento si sarebbe potuto concludere in maniera diversa e quali ragioni avrebbe potuto in concreto fare valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato;
– con il secondo motivo di ricorso, il F.V. deduce, per quanto riguarda l’accertamento del suo reddito, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ. e 115 cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente ritenuto che il contribuente non avesse assolto al proprio onere della prova contraria ai sensi dell’art. 32, comma 1, n. 2 del d.P.R. n. 600 del 1973, non considerando i documenti prodotti dallo stesso per giustificare le somme contestate;
– il motivo è fondato;
– secondo un indirizzo ormai consolidato di questa Corte, qualora l’accertamento effettuato dall’Amministrazione finanziaria si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo l’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, determinandosi un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare, con una prova non generica ma analitica per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili e sono prive di rilevanza fiscale (Cass. nn. 22179/2008, 18081/2010, 15857/2016, 4829/2015); ciò vale anche in tema di IVA, al fine di superare la presunzione di imponibilità delle operazioni confluite nelle movimentazioni bancarie posta a carico del contribuente dall’art. 51, secondo comma, numero 2, del DPR n.633/1972 (Cass. n. 21303/2013);
– la presunzione legale (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari non è riferibile ai soli titolari di reddito di impresa o da lavoro autonomo, ma si estende alla generalità dei contribuenti, come si ricava dall’art. 38 del D.P.R. n. 600 del 1973, riguardante l’accertamento del reddito complessivo delle persone fisiche, che rinvia allo stesso art. 32, comma 1, n. 2; fermo restando che, all’esito della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, le operazioni bancarie di prelevamento hanno valore presuntivo nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa, mentre quelle di versamento nei confronti di tutti i contribuenti, i quali possono contrastarne l’efficacia dimostrando che le stesse sono già incluse nel reddito soggetto ad imposta o sono irrilevanti (Cass. n. 29572 del 2018);
– il contribuente può fornire la prova contraria anche attraverso presunzioni semplici e il giudice di merito deve “individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio (purché grave, preciso e concordante) ai movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere apprezzato nei tempi, nell’ammontare e nel contesto complessivo, senza ricorrere ad affermazioni apodittiche, generiche, sommarie o cumulative” (Cass. 11102 del 2017), dando espressamente conto in sentenza delle risultanze di tale verifica;
– in altri termini, se il contribuente può superare la prevista presunzione legale solo attraverso una prova analitica, con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili, anche il giudice di merito ha l’obbligo di verificare, con altrettanto rigore, l’efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza delle relative risultanze (Cass. 30.06.2020, n. 13112);
– nel caso in esame, invece, la CTR si è ingiustificatamente sottratta alle attività sopra descritte, in quanto, a fronte delle dettagliate indicazioni fornite dal contribuente sulle ragioni giustificative dei singoli versamenti (da p. 31 a p. 34 dell’atto di appello), si è limitata ad affermare che “L’Ufficio, contra, ritiene che il contribuente non abbia fornito prove concrete sul punto della imputabilità a introiti imponibili dei versamenti” (p. 10 della sentenza impugnata), senza chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuta alla propria determinazione;
– con il terzo motivo, il solo F.V. deduce, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, per avere la CTR omesso di apprezzare le documentate giustificazioni che il contribuente aveva fornito in relazione ai singoli movimenti finanziari sui suoi conti correnti, la cui corretta valutazione avrebbe dimostrato che si trattava di operazione non riconducibili a redditi sottoposti a tassazione;
– l’esame di detto motivo resta intuitivamente assorbito nell’accoglimento del secondo motivo;
– con il quarto motivo, il F.V. deduce, sempre in ordine alla propria posizione reddituale, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 32, comma 1, n. 2 del d.P.R. n. 600 del 1973, per avere la CTR omesso di considerare che non potevano essere posti a fondamento della rettifica i prelevamenti rinvenuti sui conti correnti del contribuente, in quanto lo stesso non era titolare di reddito d’impresa;
– anche questo motivo è fondato;
– come si è già detto, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, le operazioni bancarie di prelevamento hanno valore presuntivo nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa, non potendosi l’Ufficio avvalere della presunzione legale per i prelevamenti eseguiti dagli altri contribuenti;
– dal tenore della sentenza impugnata, invece, sembra che anche le operazioni di prelevamento, eseguite dal F.V. (che non risulta titolare di reddito d’impresa), fossero state considerate ingiustificate, in quanto non era stata fornita idonea prova contraria a superare la presunzione legale (“Nel caso de quo il contribuente ha fornito la prova del pagamento ma ha completamente omesso quella della origine della provvista”);
– in conclusione, vanno accolti il secondo e il quarto motivo, rigettato il primo, assorbito il terzo; la sentenza impugnata va cassata con riferimento ai motivi accolti e rinviata alla CTR della Toscana, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo e il quarto motivo di ricorso, rigettato il primo, assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Toscana, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
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