Corte di Cassazione ordinanza n. 24406 depositata l’ 8 agosto 2022
plusvalenza da cessione terreno agricolo – non tassabile se la cessione è avvenuta dopo 5 anni dall’acquisto
Rilevato che:
1. L’Agenzia delle entrate recuperò a tassazione a fini Irpef il corrispettivo di € 537.738,00 percetto da P.B. nel 2011, a seguito della costituzione di un diritto di superficie in favore di Unicredit Leasing s.p.a. su di un terreno pervenutogli in donazione, volta alla realizzazione di un impianto fotovoltaico.
La C.T.P. di Frosinone respinse l’impugnazione dell’atto impositivo proposta dal contribuente.
2. All’esito del successivo giudizio d’appello, instaurato innanzi alla C.T.R. del Lazio, detta sentenza venne confermata.
Il giudice del gravame disattese l’argomento difensivo del contribuente, secondo il quale la fattispecie era assoggettabile al regime fiscale di favore di cui all’art. 67, comma 1, lett. b), t.u.i.r. – anziché, come ritenuto dall’erario, a quello di cui alla lett. l) della stessa previsione – perché la destinazione agricola ultraquinquennale del terreno in questione escludeva la sussistenza di un intento speculativo da parte sua. Ritenne, infatti, che tale intento fosse «inequivocabilmente sotteso all’operazione posta in essere dalle parti», perché il cedente, costituendo un diritto reale a favore di una società produttrice di energia, aveva rinunziato allo sfruttamento economico del bene, ottenendo un corrispettivo di entità correlata a tale rinunzia; le caratteristiche dell’operazione, inoltre, consentivano al contribuente di ripeterla una volta scaduto il termine, così da contraddire la ratio ispiratrice della norma della quale invocava l’applicazione.
3. La pronunzia d’appello è stata impugnata dal Buonanno con ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo. L’Amministrazione è rimasta intimata, non essendosi costituita mediante controricorso (ma con una mera “nota”).
Considerato che:
1. L’unico mezzo di ricorso denunzia violazione degli artt. 67, primo comma, lett. b), e 68 del t.u.i.r. in combinato disposto con l’art. 9 del t.u.i.r. e l’art. 12 delle preleggi.
Il ricorrente assume che la C.T.R. avrebbe errato nell’escludere la riconducibilità del corrispettivo della cessione all’art. 67, primo comma, lett. b), del t.u.i.r., la cui applicazione alla presente fattispecie, vertendosi nell’ambito di una cessione realizzata dopo il decorso di cinque anni dalla venuta in esistenza del diritto immobiliare, era esclusa dal legislatore, senza possibilità di contrario rilievo da parte del giudice. Una tale esclusione, infatti, contravveniva al dettato normativo, ponendosi altresì in contrasto con il criterio ermeneutico enunciato dall’art. 12 delle preleggi.
Secondo il ricorrente, pertanto, i giudici d’appello avrebbero dovuto ritenere applicabile l’art. 9, quinto comma, dello stesso t.u.i.r., che equipara la disciplina fiscale relativa alle cessioni a titolo oneroso della piena proprietà di un immobile a quella degli atti che importano la costituzione o il trasferimento di diritti reali di godimento.
2. Il motivo è fondato.
Come questa Corte ha già avuto modo di precisare che, in materia di imposta sui redditi, la plusvalenza derivante da cessione del diritto di superficie, effettuata dopo che siano trascorsi almeno cinque anni dall’acquisto dell’immobile, non è soggetta a tassazione come “reddito diverso” ex art. 67, primo comma, lett. b) o l), del t.u.i.r. qualora abbia ad oggetto un terreno agricolo (cfr. Cass. n. 6622/2022; Cass. n. 2238/2021; Cass. n. 14847/2018; Cass. n. 15333/2014).
Ciò in quanto, per un verso, la lett. b) è applicabile solo alle aree fabbricabili e, per altro verso, la generale equiparazione del trasferimento di un diritto reale di godimento a quello del diritto di proprietà, prevista dall’art. 9, comma 5, dello stesso testo unico, non consente di ricondurre l’obbligo di concedere a terzi l’utilizzo di un terreno agli obblighi “di permettere”, di cui alla lett. l), che si riferiscono a diritti personali piuttosto che a diritti reali.
A tale posizione, del resto, si è espressamente adeguata la stessa amministrazione con la circolare n. 6/E del 20 aprile 2018, richiamata dal ricorrente; né appare decisivo, al riguardo, il fatto che il trasferimento del diritto reale di godimento abbia natura temporanea, sì da poter essere rinnovato, posto che l’art. 953 cod. civ. stabilisce espressamente la possibilità di un diritto di superficie a termine, senza per ciò solo farne derivare un mutamento della natura reale della medesima situazione soggettiva.
3. La fondatezza dell’unico motivo rende il ricorso meritevole di rigetto; non essendo necessari ulteriori accertamenti, la sentenza va cassata e la causa decisa nel merito con l’accoglimento dell’originario ricorso del contribuente. Le spese della presente fase, liquidate in dispositivo, sono regolate in base alla soccombenza. La particolarità della materia giustifica la compensazione delle spese relative alla fase di merito.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decide la causa nel merito accogliendo l’originario ricorso del contribuente. Condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in € 12.000,00 oltre € 200,00 per esborsi e al 15% per spese generali. Compensa le spese della fase di merito.
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