Corte di Cassazione ordinanza n. 24881 depositata il 18 agosto 2022

accertamento induttivo – studi di settore – omesso esame di un fatto storic

RILEVATO CHE

– Con la sentenza indicata in epigrafe, la Commissione tributaria regionale della Campania – sezione staccata di Salerno accoglieva parzialmente l’appello proposto da G.F. (esercente l’attività di commercio al dettaglio di carni macellate) avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Salerno, che aveva rigettato i ricorsi riuniti proposti dal predetto contribuente avverso due avvisi di accertamento per IRPEF, IVA e IRAP, relativi, rispettivamente, agli anni d’imposta 2005 e 2006, con i quali era stato accertato un maggior reddito d’impresa;

– dalla sentenza impugnata si evince che:

– l’Agenzia delle Entrate aveva erroneamente indicato gli importi dei ricavi dichiarati dal contribuente, per cui, per l’anno 2005, detti ricavi ammontavano ad € 120.286,00 (di cui € 92.669,00 da bilancio ed € 27.617,00 da adeguamento agli studi di settore) e non ad € 669,00, come indicato dall’Ufficio, mentre per l’anno 2006 i ricavi ammontavano ad € 124.151,00 (di cui € 100.576,00 da bilancio ed € 23.575,00 da adeguamento agli studi di settore) e non ad € 100.576,00, come indicato dall’Ufficio;

– poiché l’errore non era stato contestato dall’Agenzia, neppure in appello, i maggiori ricavi accertati, tenuto conto del ricarico medio nella misura del 45%, andavano rettificati, per l’anno 2005, in € 18.168,00 e, per l’anno 2006, in € 10.135,00, con conseguente riduzione, in proporzione e al minimo, delle relative sanzioni;

– G.F. impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, illustrato con memoria;

– l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso;

CONSIDERATO CHE

– con i primi due motivi, il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 360, primo comma, 5, cod. proc. civ., per l’omessa motivazione in ordine al criterio di determinazione della percentuale di ricarico del 45% concretamente  applicata  e  per  la  mancata  valutazione  circa l’intervenuto adeguamento dei ricavi allo studio di settore;

– entrambi i motivi sono inammissibili, in quanto, richiamando il vizio di motivazione ex 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ., non sono più proponibili, essendo stata la sentenza impugnata pubblicata il 9.12.2013 (Cass. Sez. U. 7.04.2014, n. 8053);

– l’attuale art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., come riformulato dall’art. 54 del l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134 (applicabile ai ricorsi proposti avverso le sentenze depositate dopo l’11.09.2012), infatti, ha introdotto un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, nel senso che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia;

– il ricorrente deve indicare, pertanto, nel rispetto di quanto previsto dagli artt. 366, comma 1, n. 6, e 369, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie;

– nella specie, invece, la parte ricorrente non si è attenuta alle suindicate prescrizioni, limitandosi a formulare il motivo secondo il paradigma riferibile alla precedente disposizione;

– con il terzo motivo, deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 39, comma 1, d), del d.P.R. n. 600 del 1973, 3, commi 184 e 186, della l. n. 546 del 1995, 2727 e 2729 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.;

– con il quarto motivo, deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 39, comma 1, d), del d.P.R. n. 600 del 1973 e 2967 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.;

– con entrambe le censure, denuncia la violazione delle regole di distribuzione dell’onere probatorio, per avere la CTR attribuito valore presuntivo alla percentuale di ricarico applicata dall’Amministrazione finanziaria, ritenendo così legittimo l’accertamento induttivo, senza considerare che il contribuente si era già adeguato, a monte, agli studi di settore, circostanza che escludeva la sussistenza della condotta antieconomica contestata;

– i predetti motivi sono fondati;

– il contribuente ha censurato la violazione delle norme che disciplinano l’accertamento induttivo, in relazione al risultato ottenuto dall’Amministrazione finanziaria e alla sua verifica alla stregua dei tre requisiti che individuano la presunzione (gravità, precisione e concordanza), sostenendo che il giudice di merito avesse sussunto erroneamente nell’art. 2729 cod. civ. fatti concreti che non rispondevano a tali requisiti (cfr. Cass. 26.06.2008, n. 17535);

– orbene, poiché risulta anche dalla sentenza impugnata che il contribuente aveva contestato fin dal ricorso introduttivo il criterio di determinazione della percentuale di ricarico, applicato dall’Ufficio attraverso l’accertamento induttivo, nonostante il pregresso avvenuto adeguamento dei ricavi allo studio di settore, il giudice di merito avrebbe dovuto verificare la scelta dell’Amministrazione, in relazione alle censure prospettate, tenendo conto del fatto che gli studi di settore vanno preferiti ai parametri di cui all’art. 39 del P.R. n. 600 del 1973, attesa la natura più raffinata dei primi, desumibile dalla stessa normativa che li ha introdotti (Cass. 15.06.2009, n. 13915);

– la CTR si è, invece, sottratta a tale verifica, sebbene la relativa censura fosse stata espressamente riproposta in appello (come risulta dalla sua riproduzione nel presente ricorso e dalla sentenza impugnata), limitandosi a riapplicare la stessa percentuale di ricarico (pari al 45%) ai ricavi ricalcolati con la maggiorazione derivante dall’adeguamento allo studio di settore;

– con il quinto motivo, deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 7 della n. 212 del 2000, 39, comma 1, lett. d) e 42 del d.P.R. n. 600 del 1973, 54 e 56 del d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., riproponendo le medesime doglianze indicate con i precedenti due motivi, sotto il diverso profilo della carenza di motivazione dell’avviso di accertamento impugnato;

– detto motivo resta assorbito in ragione dell’accoglimento del terzo e del quarto motivo;

– in conclusione, vanno accolti il terzo e il quarto motivo di ricorso, rigettati il primo e il secondo, assorbito il quinto; la sentenza impugnata va cassata con riferimento ai motivi accolti e rinviata alla CTR della Campania – sezione staccata di Salerno, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo e il quarto motivo di ricorso, rigettati il primo e il secondo, assorbito il quinto; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania – sezione staccata di Salerno, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.