Corte di Cassazione ordinanza n. 25227 depositata il 24 agosto 2022

rottamazione dei ruoli – condono demenziale – perfezionamento

RITENUTO CHE 

L’Agente della riscossione dei tributi per la Provincia di Lecce, ed in via adesiva l’Agenzia delle Entrate, ricorrono nei confronti del contribuente Distante Giuseppe Pietro Paolo, che non ha svolto attività difensiva, per la cassazione della suindicata sentenza della CTR della Puglia, con la quale, confermando la pronuncia di primo grado, che aveva accolto il ricorso del contribuente avverso il provvedimento di diniego di condono ex art. 12, l. n. 289 del 2002, per tardivo versamento delle rate successive alla prima.

Il giudice di appello, in particolare, rilevava che per beneficiare del condono “la normativa de qua (…) nulla prevede per gli omessi o incompleti versamenti delle rate successive” e che “a fronte della lacuna normativa” non possa essere contemplata alcuna ipotesi di decadenza, in quanto “in caso di omessi o ritardati pagamenti di rate successive, l’unica conseguenza sarà la perdita del beneficio della rateizzazione e l’Ufficio procederà al recupero dell’intero residuo oltre accessori”.

CONSIDERATO  CHE

Con il primo motivo di ricorso si denunzia, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 5), c.p.c., la nullità della sentenza per grave vizio di motivazione e di ricostruzione dei fatti di causa, perché la CTR ha fondato il proprio convincimento sul contenuto della comparsa di costituzione dell’appellato contribuente che, come risulta dal processo verbale dell’udienza del 21/5/2014, non si era costituito in giudizio

Con il secondo motivo si denunzia, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3), c.p.c., la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 19, punto 1, lett. h).d.lgs. n. 546 del 1992, perché la CTR ha ritenuto ammissibile l’impugnazione della comunicazione inviata al contribuente dall’Agente della riscossione in risposta alla nota raccomandata del 27/7/2005 trasmessa, ed anticipata a mezzo fax, dall’avv. Antonio Frisullo, che non contiene “una pretesa tributaria ormai definita, compiuta e non condizionata”, trattandosi di un mero atto di cortesia con il quale il contribuente veniva informato del fatto che i versamenti effettuati non potevano ricondursi al condono e non corrispondevano ai requisiti di legge.

Con il terzo motivo si denunzia, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3), c.p.c., la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 12, l. n. 289 del 2002, perché la CTR ha erroneamente ritenuto che l’omesso/ritardato versamento delle rate del condono non importi decadenza dalla sanatoria.

Ritiene il Collegio, in applicazione del principio processuale della ragione più liquida (che trae fondamento dalle disposizioni di cui agli artt. 24 e 11 Cost., interpretati nel senso che la tutela giurisdizionale deve risultare effettiva e celere per le parti in giudizio), di poter esaminare (nonostante la pregiudizialità delle prime censure), il terzo motivo di ricorso, supportato adesivamente dall’Agenzia delle Entrate, la cui palese fondatezza conduce ad una decisione di merito di rigetto dell’originario ricorso del contribuente.

L’art. 12 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 ha, quindi, introdotto uno strumento di sanatoria, conosciuto anche come “rottamazione dei ruoli”, con il quale si stabiliva che, per i carichi inclusi in ruoli affidati ai concessionari fino al 31 dicembre 2000, i contribuenti potevano estinguere il debito maturato con il pagamento di una somma pari al 25% dell’importo iscritto a ruolo, di cui 1’80% da versarsi con una prima rata entro il 16 aprile 2003 e il residuo 20% entro il 16 aprile 2004.

Con la Risoluzione 12 agosto 2005, n. 125/E, l’Agenzia delle entrate aveva ribadito quanto già indicato in precedenza nella circolare 28 maggio 2003, n. 28/E, vale a dire che la sanatoria dei ruoli poteva considerarsi perfezionata solamente con il versamento integrale delle somme dovute entro la scadenza prevista dalla normativa di riferimento. In altri termini, secondo l’Amministrazione il versamento parziale degli importi dovuti alle date di cui sopra comportava, per il contribuente, la decadenza dai benefici della definizione agevolata.

Diversamente da quanto opinato dal giudice di primo e di secondo grado, quindi, la sanatoria prevista dall’art. 12 della l. n. 289 del 2000 costituisce una forma di condono demenziale, essendo pienamente certo il “quantum” da versarsi per definire favorevolmente la lite fiscale, per cui l’efficacia della sanatoria è condizionata al pagamento dell’intero importo dovuto e l’omesso o ritardato versamento delle rate successive alla prima escludono il verificarsi della definizione della lite pendente, restando irrilevante l’eventuale buona fede del contribuente, che non è idonea ad impedire la decadenza. (Cass. n. 21416/2016).

In tal senso si è espressa la Corte anche con riguardo al condono previsto dall’art. 9 bis della l. n. 289 del 2012, relativo alla possibilità di definire gli omessi e tardivi versamenti delle imposte e delle ritenute emergenti dalle dichiarazioni presentate, mediante il solo pagamento dell’imposta e degli interessi o, in caso di mero ritardo, dei soli interessi, senza aggravi e sanzioni, che costituisce anch’esso una forma di condono demenziale e non premiale come, invece, deve ritenersi per le fattispecie regolate dagli artt. 7, 8, 9, 15 e 16 della legge n. 289 del 2002, le quali attribuiscono al contribuente il diritto potestativo di chiedere un accertamento straordinario, da effettuarsi con regole peculiari rispetto a quello ordinario, con la conseguenza che, nell’ipotesi di cui all’art. 9 bis, non essendo necessaria alcuna attività di liquidazione ex art. 36bis del d.P.R. n. 600 del 1973 in ordine alla determinazione del “quantum”, esattamente indicato nell’importo specificato nella dichiarazione integrativa presentata ai sensi del terzo comma, con gli interessi di cui all’art. 4, il condono è condizionato dall’integrale pagamento di quanto dovuto ed il pagamento rateale determina la definizione della lite pendente solo quando tale condizione venga rispettata, e si provveda al pagamento delle imposte, nei termini e nei modi di cui alla medesima disposizione, con la conseguenza che, nel caso di omesso o non integrale pagamento, l’istanza di definizione diviene inefficace e si verifica la perdita della possibilità di avvalersi della definizione anticipata(ex multis Cass. n. 10650/2013, n. 19895/2016,  n.  14293/2016,  12312/2016,  n.  25238/2013,  n. 21346/2012, n. 19546/2011).

La sentenza impugnata va cassata e non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto la causa può essere decisa senza rinvio con il rigetto dell’originario ricorso del contribuente.

La peculiare evoluzione della vicenda processuale ed il progressivo consolidarsi della richiamata giurisprudenza di legittimità consigliano la compensazione tra le parti delle spese processuali dell’intero giudizio.

P.Q.M. 

La Corte, accoglie il terzo motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri motivi, nonché il ricorso incidentale adesivo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta l’originario ricorso del contribuente. Compensa tra le parti le spese processuali dell’intero giudizio.