Corte di Cassazione, ordinanza n. 25412 depositata il 29 agosto 2023
Credito d’imposta – rimborso – prescrizione
Rilevato che:
G.S. presentava, su supporto cartaceo tramite consegna all’ufficio postale, Modello Unico 2006 nel quale veniva esposto un credito di imposta IRPEF derivante da eccesso di ritenute subite e riportate negli anni precedenti. Ricorrendo le condizioni di esonero, la contribuente non presentava la dichiarazione per il successivo anno d’imposta.
Non avendo ottenuto il rimborso del credito, la contribuente presentava apposita istanza in data 12 dicembre 2013 che veniva rigettata dall’Agenzia delle entrate in quanto ritenuta tardiva ex art. 38 d.P.R. n. 602/1973.
Il ricorso proposto contro il provvedimento di diniego veniva accolto dalla Commissione tributaria provinciale di Milano, ritenendo nella specie operante il termine decennale di prescrizione del diritto al rimborso.
La Commissione tributaria regionale della Lombardia, con la sentenza indicata in epigrafe, accoglieva l’appello dell’Agenzia delle entrate sul presupposto che nella fattispecie dovesse trovare applicazione il termine di decadenza di quarantotto mesi previsto dall’art. 38 d.P.R. n. 602/1973.
Avverso la sentenza della CTR la contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi.
L’Agenzia delle entrate ha depositato mero atto di costituzione. La ricorrente ha depositato memoria.
Considerato che:
1. Con il primo motivo la contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. , la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2946 cod. civ. e dell’art. 11 t.u.i.r., per non avere la CTR considerato che il credito di imposta non riportato nel successivo esercizio in conseguenza della mancata presentazione della dichiarazione non comporta la perdita del credito, il quale può estinguersi solo per intervenuta prescrizione decennale.
2. Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 36-bis, comma 2, lett. b), d.P.R. n. 600/1973 e dell’art. 10 l. n. 212/2000, per non avere l’Ufficio segnalato, in violazione del principio del libero affidamento del contribuente, la discrepanza esistente tra la copia cartacea del Modello Unico 2006 e la dichiarazione trasmessa telematicamente.
3. Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 38 d.P.R. n. 602/1973 e dell’art. 4, comma 4, d.P.R. n. 42/1988, per non avere la CTR considerato che la fattispecie oggetto di causa concerneva un eccesso di ritenute operate dallo Stato e non un errato versamento di cui era chiesto il rimborso.
4. Con il quarto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, comma 2, d.lgs. n. 546/1992 e dell’art. 118, comma 1, disp. att. cod. proc. civ., per non avere la CTR esplicitato le ragioni per le quali aveva inteso non conformarsi ai consolidati principi espressi in materia dalla Corte di cassazione.
5. Con il quinto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, 5, cod. proc. civ., l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti in riferimento al legittimo affidamento del contribuente e al termine di prescrizione nella specie applicabile.
6. I cinque motivi di ricorso, esaminabili congiuntamente per connessione, sono fondati nei termini di seguito specificati.
6.1 Secondo l’orientamento di questa Corte, «In tema di imposte sui redditi, qualora il contribuente abbia evidenziato nella dichiarazione un credito d’imposta, non trova applicazione, ai fini del rimborso del relativo importo, il termine di decadenza previsto dall’art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, non occorrendo la presentazione di un’apposita istanza, in quanto l’Amministrazione, resa edotta con la dichiarazione dei conteggi effettuati dal contribuente, è posta in condizione di conoscere la pretesa creditoria. La relativa azione è pertanto sottoposta all’ordinario termine di prescrizione decennale, sulla cui decorrenza non incide né il limite temporale stabilito per il controllo c.d. formale o cartolare delle dichiarazioni e la liquidazione delle somme dovute, ai sensi dell’art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973, né il limite alla proponibilità della relativa eccezione, posto dall’art. 2, comma 58, della legge 24 dicembre 2003, n. 350: la prima disposizione è volta infatti ad imporre un obbligo all’Amministrazione finanziaria, senza stabilire un limite all’esercizio dei diritti del contribuente, mentre la seconda contiene un mero “invito” rivolto agli uffici, non suscettibile di applicazione diretta da parte del giudice» (Cass., Sez. U., n. 2687 del 2007; conforme Cass. n. 7706 del 2013). Il principio è stato ulteriormente ribadito da Cass. n. 21788 del 2018, secondo cui «In tema di imposte sui redditi, qualora il contribuente abbia evidenziato nella dichiarazione un credito d’imposta, non trova applicazione, ai fini del rimborso del relativo importo, il termine di decadenza previsto dall’art. 38 del d.P.R. n. 602 del 1973, bensì l’ordinario termine di prescrizione decennale, non occorrendo la presentazione di un’apposita istanza, in quanto l’Amministrazione, resa edotta con la dichiarazione dei conteggi effettuati dal contribuente, è posta in condizione di conoscere la pretesa creditoria».
6.2 La sentenza impugnata, affermando che nella fattispecie dovesse trovare applicazione il termine di decadenza di quarantotto mesi previsto dall’art. 38 d.P.R. n. 602/1973, non si è uniformata ai principi sopra richiamati e va dunque cassata.
6.3 Il credito d’imposta è stato esposto nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno 2005 e la domanda di rimborso è stata presentata nel 2013, quando pertanto non era ancora decorso il termine decennale di prescrizione previsto dall’art. 2946 cod. civ.
Il diniego opposto dall’Ufficio al rimborso sul presupposto che la domanda di rimborso fosse tardiva in riferimento al termine di decadenza di quarantotto mesi fissato dall’art. 38 d.P.R. n. 602/1973 è dunque illegittimo.
Non essendo pertanto necessari ulteriori accertamenti di fatto, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., la causa può essere decisa nel merito, con l’accoglimento del ricorso introduttivo della contribuente.
Le spese dei gradi di merito possono essere compensate, mentre le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
La richiesta di condanna per responsabilità aggravata ex art. 96, comma 1, cod. proc. civ., formulata dalla ricorrente solo in memoria, è inammissibile (cfr. Cass. n. 27715 del 2018).
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo della contribuente.
Compensa le spese dei gradi di merito e condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in € 200,00 ed agli accessori di legge.
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