CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 25483 depositata il 31 agosto 2023
Lavoro – Diritto alla rivalutazione contributiva della pensione – Esposizione ad amianto – Accertamento di un diritto autonomo – Decadenza dall’azione giudiziaria – Non rivalutazione dell’ammontare dei singoli ratei – Diritto a un beneficio distinto dalla pensione – Data di presentazione dell’originaria domanda – Accoglimento
Rilevato che
1. con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Cagliari, in riforma della decisione di primo grado, accolto l’appello principale della parte privata e respinto quello incidentale dell’INPS, ha dichiarato il diritto dell’attuale intimato, già pensionato, alla rivalutazione contributiva della L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, per il periodo di lavoro in cui era stato esposto ad amianto (fino al 31.12.1992);
2. per quanto di rilievo in questa sede, la Corte di appello ha giudicato non decaduta la parte privata dall’azione giudiziale e, a tale riguardo, ha premesso che la controversia riguardasse non “il diritto all’adeguamento della prestazione previdenziale già ottenuta” ma l’accertamento di un diritto autonomo rispetto al trattamento pensionistico in godimento;
in relazione a tale distinto diritto, la domanda amministrativa all’INPS era stata presentata il 18 marzo 2015 e la controversia giudiziale era stata introdotta il 19 luglio 2016, dunque, tempestivamente, nel triennio;
3. avverso tale pronuncia, l’INPS ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura, illustrati con memoria; D.G. è rimasto intimato.
Considerato che
4. con il primo motivo di ricorso, l’INPS denuncia violazione degli artt. 434 e 342 cod.proc.civ. e deduce che, a fronte di una sentenza di primo grado sorretta da due rationes decidendi, la Corte di appello non avrebbe rilevato l’inammissibilità dell’appello che ne censurava solo una di esse;
5. nello specifico, il Tribunale aveva, da un lato, giudicato maturata la decadenza ex d.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, in ragione della presentazione all’Inps della domanda di rivalutazione dei contributi, ex art. 13, co.8, L. n. 257 del 1992, in data 25 giugno 2008 e della proposizione del ricorso giudiziale il 19 luglio 2016, decorso il termine complessivo di anni tre e giorni 300 (valutata, cioè, anche la durata virtuale del procedimento amministrativo); sotto altro profilo, il Giudice di primo grado aveva considerato il pensionamento come “riconoscimento parziale della prestazione” e ritenuto “altresì” decorso il triennio alla data di proposizione della domanda giudiziale, fissando il dies a quo al momento di entrata in vigore della modifica apportata all’art. 47 cit., come introdotta dalla L. n. 111 del 2011, (“le decadenze previste dai commi che precedono si applicano anche alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito. In tal caso il termine di decadenza decorre del riconoscimento parziale della prestazione ovvero del pagamento della sorte”);
6. per l’Inps, in definitiva, l’atto di appello avrebbe censurato solo il secondo passaggio motivazionale, con conseguente formazione del giudicato in relazione al primo;
7. con il secondo motivo l’Istituto ricorrente denuncia la violazione del d.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, per non avere la Corte di merito rilevato, nella specie, la decadenza triennale, nonostante la domanda amministrativa di prestazione fosse stata presentata, una prima volta, già il 25 giugno del 2008;
8. l’INPS imputa, pertanto, alla Corte di appello di aver erroneamente preso in considerazione la domanda amministrativa del 18 marzo 2015, senza considerare che la decadenza era già maturata in relazione alla prima domanda;
9. il Collegio antepone l’esame del secondo motivo, quale ragione più liquida (fra molte, Cass. n. 363 del 2019) rispetto a quella posta con il primo motivo;
10. il secondo motivo, argomentato nel rispetto degli oneri di allegazione e produzione, posti a carico del ricorrente ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6, art. 369, comma 2, n. 4, è fondato;
11. va premesso il consolidato principio secondo cui la decadenza dall’azione giudiziaria, prevista dal d.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, nel testo sostituito dal D.L. n. 384 del 1992, art. 4, (conv. con L. n. 438 del 1992), trova applicazione anche per le controversie aventi ad oggetto il riconoscimento del diritto alla maggiorazione contributiva per esposizione all’amianto, siano esse promosse da pensionati ovvero da soggetti non titolari di alcuna pensione, dovendo l’art. 47 citato, per l’ampio riferimento alle controversie in materia di trattamenti pensionistici in esso contenuto, comprendere tutte le domande giudiziarie in cui venga in discussione l’acquisizione del diritto a pensione ovvero la determinazione della sua misura, così da ritenere incluso, nella previsione di legge, anche l’accertamento relativo alla consistenza dell’anzianità contributiva utile ai fini in questione, sulla quale incide il sistema più favorevole di calcolo della contribuzione in cui si sostanzia il beneficio previdenziale previsto dalla legge n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, (cfr., tra le più recenti, Cass. nr. 41886 del 2021 con richiami a Cass. nn. 618 del 2018, 19729 del 2017, 17433 del 2017);
12. altrettanto consolidato è il principio secondo cui con la domanda intesa all’accertamento del diritto alla rivalutazione contributiva non si fa valere il diritto al ricalcolo della prestazione pensionistica, ovvero alla rivalutazione dell’ammontare dei singoli ratei, in quanto erroneamente (o ingiustamente) liquidati in sede di determinazione amministrativa, bensì il diritto a un beneficio che, seppure previsto dalla legge ai fini pensionistici, e dunque intimamente collegato alla pensione, in quanto strumentale ad agevolarne l’accesso (ovvero, nel caso dei già pensionati, ad ottenerne un arricchimento, ove la contribuzione posseduta sia inferiore al tetto massimo dei quarant’anni), è dotato di una sua specifica individualità e autonomia, operando sulla contribuzione ed essendo ancorato a presupposti propri e distinti da quelli pertinenti al diritto al trattamento pensionistico (così, in specie, Cass. n. 41886 del 2021; Cass. n. 17433 del 2017, cit., con ulteriori riferimenti alla giurisprudenza di questa Corte);
13. rileva, poi, l’insegnamento, altrettanto costante della Corte, che, in tema di decadenza dall’azione giudiziaria per il conseguimento di determinate prestazioni previdenziali, chiarisce come «l’art. 47 del D.P.R. n. 639 del 1970 (nel testo modificato del D.L. n. 384 del 1992, art. 4 conv., con modif., in L. n. 438 del 1992), preveda), una decadenza sostanziale di ordine pubblico; la sua funzione è, infatti, quella di tutelare la certezza delle determinazioni concernenti erogazioni di spese gravanti sui bilanci pubblici; pertanto, il dies a quo è ancorato alla data di presentazione dell’originaria domanda in sede amministrativa risultando irrilevante, a tal fine, una eventuale riproposizione della domanda o una richiesta dell’assicurato di chiarimenti» (tra le recenti, Cass. nr. 17792 del 2020; v. anche Cass. nr. 8926 del 2011);
14. nella fattispecie concreta, per come riportato puntualmente nel ricorso in cassazione ai fini dell’autosufficienza e della specificità delle censure, risultano presentate, per il riconoscimento del beneficio di cui si discute, due domande amministrative;
15. erroneamente la Corte di appello ha preso in considerazione la seconda domanda in quanto posteriore alla già maturatasi decadenza, in relazione alla precedente domanda del 2008;
16. pertanto, in accoglimento del secondo motivo, assorbito il primo, il ricorso va accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa è decisa nel merito ex art. 384 c.p.c., comma 2, con il rigetto dell’originaria domanda;
17. le spese dei gradi merito sono compensate ex art. 92 c.p.c., poiché i principi esposti si sono consolidati per effetto di pronunce successive al deposto dell’atto introduttivo del giudizio e di quello di appello;
18. le spese del giudizio di legittimità, invece, seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria domanda; compensa le spese dei gradi di merito; condanna la parte intimata al pagamento delle spese, liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 2.500,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario del 15 per cento.
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