CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 25549 depositata il 31 agosto 2023
Tributi – Istanze di rimborso – Distinte cartelle di pagamento – Silenzio-rifiuto – Ricorso cumulativo – Litisconsorzio facoltativo – Principio di ragionevole durata del processo – Accoglimento
Rilevato che
i ricorrenti proposero ricorso dinanzi alla CTP di Siracusa avverso il silenzio-rifiuto formatosi sulle rispettive istanze di rimborso delle imposte versate per il triennio 1990/92, in applicazione dell’art. 9, comma 17, della l. n. 289/2002;
la CTP respinse il ricorso, sul presupposto, da un lato, dell’inammissibilità, nel processo tributario, di un ricorso “cumulativo”, da parte di più contribuenti, non fondato su fatti storici identici e, dall’altro, della mancata produzione, da parte dei ricorrenti, delle istanze di rimborso, con conseguente impossibilità di valutare se sulle stesse si fosse formato il silenzio-rifiuto;
la CTR della Sicilia, adita in sede di impugnazione, confermò la sentenza di primo grado, sul presupposto che non si vertesse in una situazione di identità delle situazioni di fatto riferibili ai singoli contribuenti, dal momento che “le istanze (erano) in alcuni casi relative al rimborso della sola IRPEF, in altre anche (dell)’ILOR, in alcuni casi, poi, il rimborso (era stato) chiesto solo per alcuni dei tre anni previsti dalla legge”, sicché era “evidente che l’esame di ciascuna posizione (doveva) essere individuale e (poteva) comportare valutazioni diverse, fermi i principi di diritto applicabili, per loro stessa natura uguali in tutti i casi” (pag. 2 della sentenza impugnata);
avverso tale sentenza i contribuenti indicati in epigrafe ricorrono per cassazione, sulla base di un motivo; l’Agenzia delle Entrate ha depositato controricorso;
la Procura generale, in persona della Dott.ssa Paola Filippi, ha depositato memoria, in data 30/05/2023, concludendo per l’accoglimento del ricorso.
Considerato che
con l’unico motivo di ricorso, i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione dell’art. 103 c.p.c., in combinato disposto con l’art. 1, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992, dal momento che, nel caso di specie, le domande veicolate con l’unico ricorso implicavano la soluzione di identiche questioni di diritto, concernendo i profili differenziali evidenziati dalla CTR aspetti del tutto irrilevanti ai fini dell’applicazione dell’art. 103 c.p.c., tanto più tenuto conto che l’Agenzia delle Entrate aveva mosso alle deduzioni dei ricorrenti contestazioni di mero diritto;
il motivo è fondato, Cass. 20/04/2016, n. 7940, ha affermato che “nel processo tributario, non prevedendo il d.lgs. n. 546 del 1992 alcuna disposizione in ordine al cumulo dei ricorsi e rinviando l’art. 1, comma 2, al c.p.c. per quanto non disposto e nei limiti della compatibilità, deve ritenersi applicabile l’art. 103 c.p.c. in tema di litisconsorzio facoltativo, per cui è ammissibile la proposizione di un ricorso congiunto da parte di più soggetti, anche se in relazione a distinte cartelle di pagamento, ove abbia ad oggetto identiche questioni dalla cui soluzione dipenda la decisione della causa. (In applicazione dell’enunciato principio, la S.C. ha ritenuto ammissibile un ricorso collettivo e cumulativo, contenente identica contestazione, avverso diverse cartelle di pagamento emesse nei confronti di distinti contribuenti per il pagamento del canone televisivo dell’anno 2005)” (si veda anche Cass. 22/02/2013, n. 4490);
l’art. 103 c.p.c. contempla, quali presupposti del litisconsorzio facoltativo, la “connessione per l’oggetto o per il titolo” ovvero la circostanza che “la decisione dipend(a), totalmente o parzialmente, dalla risoluzione di identiche questioni”;
già sulla base del mero rilievo letterale della disposizione (che, oltre alla connessione, fa riferimento all’identità di questioni giuridiche), ingiustificatamente restrittivo si mostra l’orientamento espresso dalla sentenza impugnata sulla scorta di Cass. 30/04/2010, n. 10578, secondo cui “nel processo tributario, non è ammissibile la proposizione di un ricorso collettivo (proposto da più parti) e cumulativo (proposto nei confronti di più atti impugnabili) da parte di una pluralità di contribuenti titolari di distinti rapporti giuridici d’imposta, ancorché gli stessi muovano identiche contestazioni, in quanto in tale giudizio, a natura precipuamente impugnatoria, la necessità di uno specifico e concreto nesso tra l’atto impositivo che forma oggetto del ricorso e la contestazione del ricorrente, così come richiesto dall’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, impone, indefettibilmente, che tra le cause intercorrano questioni comuni non solo in diritto ma anche in fatto e che esse non siano soltanto uguali in astratto ma attengano altresì ad un identico fatto storico da cui siano determinate le impugnazioni dei contribuenti con la conseguente virtuale possibilità di un contrasto di giudicati in caso di decisione non unitaria. (Nella fattispecie, la Corte ha confermato la sentenza impugnata che aveva dichiarato inammissibile il ricorso cumulativo proposto da una pluralità di liberi professionisti con attività ed organizzazione lavorativa differente, avverso il silenzio rifiuto formatosi sulle singole domande di rimborso dell’IRAP fondate sull’assenza di un’attività autonomamente organizzata)”;
invero – al di là del fatto che, nel caso di specie (relativo a istanze di rimborso da parte di diversi contribuenti), si è fuori dallo schema “impugnatorio” evocato dal precedente appena citato -, non può sottacersi che la diversità del fatto storico è pur sempre compatibile con il rapporto di connessione presupposto dall’art. 103 c.p.c.; rapporto che – nel caso di specie – appare integrato vuoi sotto il profilo del petitum (per tutti i ricorrenti volto al rimborso di imposte non dovute alla stregua della normativa di favore per le popolazioni colpite dal terremoto siciliano del 1990), vuoi sotto quello della causa petendi (raccordantesi ai presupposti delineati dall’art. 9, comma 17, della l. n. 289/2002 e dalla normativa attuativa secondaria);
depongono, inoltre, per l’opportunità di discostarsi da un’interpretazione eccessivamente formalistica, da un lato, il principio (di economia processuale e) di ragionevole durata del processo (affermato dagli artt. 111 Cost. e 6 CEDU) ed il favor per l’interpretazione delle norme processuali che consenta quanto più possibile al giudizio di attingere il merito della lit; dall’altro, la previsione della possibilità, per il giudice, di separare comunque successivamente le cause originariamente cumulate, nel caso in cui il simultaneus processus finisca per tradursi, in concreto, in un aggravio di tempi e costi (art. 103, comma 2, c.p.c.);
ebbene, tale ultimo potere rappresenta idoneo usbergo a garanzia delle istanze di razionalità, economicità e funzionalità delle forme processuali, e vale, dunque, a escludere che debba imporsi, quale interpretazione necessitata, quella fatta propria dalla sentenza impugnata (la quale – lo si ripete – finisce per circoscrivere arbitrariamente il campo d’applicazione della norma processuale richiamata, senza che le peculiarità del processo tributario appaiano in alcun modo giustificarlo);
alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso e’, in definitiva, meritevole di accoglimento, condividendosi le conclusioni del Pubblico Ministero, secondo cui, al di là delle eventuali differenziazioni in punto di fatto, la questione giuridica sottesa alle domande dei diversi contribuenti è la medesima, concernendo la spettanza o meno dell’esenzione prevista dalla normativa speciale per i contribuenti delle zone geografiche della Sicilia colpite dal sisma del 1990;
alla cassazione della sentenza impugnata consegue, pertanto, il rinvio del procedimento alla Corte di Giustizia di II grado della Sicilia, la quale si atterrà al seguente principio di diritto: “nel processo tributario – in forza del richiamo di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992 ed in ragione dei principi di cui agli artt. 111 Cost. e 6 CEDU – è applicabile l’art. 103 c.p.c., essendo pertanto sufficiente, ai fini del cumulo di più cause nel medesimo processo, che queste ultime involgano la risoluzione di identiche questioni giuridiche ovvero siano connesse per il petitum e/o per la causa petendi, senza che sia necessaria anche un’identità delle relative questioni di fatto“.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso;
cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Giustizia di II grado della Sicilia, in diversa composizione, anche per le spese del processo di legittimità.
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