Corte di Cassazione ordinanza n. 25623 depositata il 31 agosto 2022
processo tributario – ipotesi di “doppia conforme” – valutazione della prova contraria – vizio di violazione di legge – per le ASD l’applicazione del regime agevolativo dipende non solo dall’elemento formale della veste giuridica assunta, ma anche dall’effettivo svolgimento di attività senza fine di lucro
Fatti di causa
1. Con sentenza n. 1128/4/2016 depositata in data 29/2/2016 la Commissione tributaria regionale del Lazio respingeva l’appello proposto dalla G.S. Associazione Sportiva Dilettantistica avverso la sen tenza n.5301/12/14 della Commissione tributaria provinciale di Roma, la quale a sua volta aveva rigettato il ricorso introduttivo della contribuente proposto avverso l’avviso di accertamento emesso all’esito di una verifica fiscale con cui per l’anno di imposta 200 > veniva rideterminato il reddito della contribuente, considerato di impresa, con con seguenti riprese IRES, IVA e IRAP oltre accessori.
2. Le riprese, integralmente confermate nei due gradi di giudizio di merito, traevano origine da una verifica involgente un più ampio spettro di anni di imposta, tra cui quello oggetto della presente controversia, da cui emergeva l’esercizio di attività commerciale da parte della contribuente e l’assenza dei requisiti per la fruizione del regime agevolativo proprio delle associazioni sportive dilettantistiche.
3. Avverso la sentenza d’appello la contribuente propone ricorso per cassazione affidato a dieci motivi, che illustra con memoria, mentre l’Amministrazione finanziaria ha depositato mera comparsa di costitu zione al solo fine di partecipare all’udienza di discussione ex art.370 cod. proc. civ..
Ragioni della decisione
4. Con il primo motivo, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., viene dedotto l’omesso esame della manifesta contraddittorietà della sentenza di primo grado, laddove in parte motiva fa riferimento alla fondatezza del ricorso e poi in dispositivo rigetta lo stesso, ritenuto erroneamente dal giudice d’appello mero errore materiale.
Con il secondo motivo, ai fini dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., si prospetta l’omesso esame dell’illegittimità dell’avviso di accertamento, per insufficienza della motivazione sul punto, con pretesa violazione dell’art. 42, commi 2 e 3, del d.P.R. 600/73 e dell’art. 7, comma 1, della Legge n. 212/2000 e del diritto di difesa (art. 24 Cast.).
Il terzo motivo, agli effetti dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., lamenta l’omesso esame dell’indicata violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa del contribuente.
Con il decimo motivo, per mero errore materiale numerato ottavo a pag.24 del ricorso, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., si deduce l’omesso esame dell’infondatezza della ricostruzione del reddito di impresa; carenza di istruttoria, nonché la contraddittorietà e il mancato assolvimento da parte dell’Amministrazione finanziaria dell’onere della prova ai sensi dell’art. 2697 cod. civ.
5. I quattro motivi in disamina – articolanti pretesi vizi motivazionali – sono inammissibili. Innanzitutto, nei citati motivi non c’è, come invece richiesto dal paradigma prescelto del n.5, primo comma, art.360 cod. proc. civ., il riferimento ad un fatto storico, ad un preciso accadimento fenomenico che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti, che abbia carattere decisivo e non abbia costituito oggetto di esame nella pronuncia impugnata, finendo per rappresentare generici vizi motiva zionali, ossia un inammissibile tentativo di ottenere un riesame del fatto.
Va al proposito reiterato che «Con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione» (Cass. 7 aprile 2017 n. 9097).
Inoltre, ulteriore profilo di inammissibilità per improponibilità delle suddette censure motivazionali – ad eccezione del primo motivo che ha come bersaglio la tecnica di argomentazione della sentenza di primo grado – è dato dall’art. 348 ter, quarto e quinto comma, cod. proc. civ., vertendosi in ipotesi di “doppia conforme”, non avendo il ricorrente assolto al proprio onere di allegare la “diversità” delle “ragioni di fatto” considerate dalla CTP e dalla CTR (cfr. Sez. 1, Sentenza n. 26774 del 22/12/2016, Rv. 643244 – 03), disposto che trova applicazione alle sentenze emesse dall’ 11 settembre 2012 e alle impugnazioni proposte dalla stessa data e, dunque, anche nel caso di specie.
4. Con la quarta censura, in relazione all’art. 360, comma 1, 3 cod. proc. civ., si deduce la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, in particolare: illegittimità dell’accertamento e della sentenza impugnata per insufficienza delle prove offerte nell’accertamento per dimostrare i caratteri di commercialità e di impresa con finalità lucrativa della G&G ASD sulla base dei quali è stato disconosciuto all’odierna ricorrente il trattamento fiscale previsto per le Associazioni sportive.
Il quinto motivo, sempre declinato in rapporto all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., censura la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ossia l’illegittimità dell’accertamento e della sentenza impugnata per violazione dei principi stabiliti dalla consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione in tema di associazioni sportive e conseguente regime fiscale applicabile, con riferimento in particolare alle sentenze della Cassazione rin. 4147/2013, 8523/2012, 11456/2010.
5. Le censure sono inammissibili. Si rammenta innanzitutto che: «In tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura é possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione» (ex multis Cass. 26110 del 2015).
Inoltre, va rammentato il corretto procedimento logico che il giudice di merito deve seguire nella valutazione degli indizi ai fini della disamina della fondatezza delle riprese: la gravità, precisione e concordanza richiesti dalla legge vanno desunti dal loro esame complessivo, in un giudizio non atomistico di essi (ben potendo ciascuno di essi essere insufficiente da solo), sebbene preceduto dalla considerazione di ognuno per individuare quelli significativi, perché è necessaria la loro collocazione in un contesto articolato, nel quale un indizio rafforza ed ad un tempo trae vigore dall’altro in vicendevole completamento (Cass. n. 12002 del 2017; Cass. n. 5374 del 2017). Ciò che rileva è che dalla valutazione complessiva emerga la sufficienza degli indizi a supportare la presunzione semplice di fondatezza della pretesa, fermo restando il diritto del contribuente a fornire la prova contraria.
Infine, quanto alla valutazione della prova contraria, il Collegio osserva come, per consolidata interpretazione giurisprudenziale (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014), l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie offerte dalle parti e, come sopra visto, nella fattispecie il fatto storico è indubbiamente stato considerato.
6. Con il sesto, settimo, ottavo e nono motivo, per mero errore materiale numerati rispettivamente 5., , 7. e 8. a pag.18 del ricorso, viene prospettata ex art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, in particolare l’infondatezza della pretesa impositiva per perdita della qualifica di ente non commerciale dell’Associazione sportiva; l’inesistenza dei presupposti oggettivi e soggettivi dell’esercizio dell’attività d’impresa; la falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 2082 cod. civ. e 4, comma 1, del d.P.R. n. 633/1972; la violazione di legge in tema di associazioni sportive e conseguente regime fiscale, di cui agli artt. 73, commi 4 e 5, 148, 149, commi 1 e 2 del TUIR e 4 del d.P.R. n. 633/1972 come mod. dall’art. 4 d.lgs. 460/1991.
7. I motivi sono inammissibili. Va innanzitutto rammentato che, ai fini del riconoscimento del regime agevolato di cui all’art. l della l. n. 398 del 1991, rileva la qualificazione dell’associazione sportiva dilettantistica quale organismo senza fine di lucro da intendersi, in aderenza alla nozione eurounitaria, quello il cui atto costitutivo o statuto escluda, in caso di scioglimento, la devoluzione dei beni agli associati, trovando tale requisito preciso riscontro, ai fini IVA, nell’art. 4, comma 7, del d.P.R. n. 633 del 1972 e, per le imposte dirette, nell’art. 111, comma 4-quinquies (oggi art. 148, comma 8) del d.P.R. n. 917 del 1986. Alla formale conformità delle regole associative al dettato legislativo si aggiunge, poi, l’esigenza di una verifica in concreto sull’attività svolta al fine di evitare che lo schema associativo (pur formalmente rispettoso degli ulteriori requisiti prescritti dalle lettere a), c), d), e) ed f) degli artt. 148, comma 8, del vigente D.P.R. n. 917 del 1986 e 4, comma 7, del D.P.R. n. 633 del 1972) sia di fatto impiegato quale schermo di un’attività commerciale svolta in forma associata (Cass. 5 – , Sentenza n. 30008 del 26/10/2021, Rv. 662783 – 02). Infatti, l’applicazione del regime agevolativo dipende non solo dall’elemento formale della veste giuridica assunta, ma anche dall’effettivo svolgimento di attività senza fine di lucro (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 10393 del 30/04/2018, Rv. 647995 – 01).
8. Ciò premesso, i vizi prospettati con le censure in disamina, apparentemente di violazione di legge, ma in realtà volti a censurare la motivazione, sussisterebbero – in disparte dal profilo della doppia conforme di cui si è già detto – solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, fosse riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia, non potendo invece consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, perché è conferito alla Corte di Cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della cor rettezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento, e, all’uopo, valutarne le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, come nella specie ( cfr. Cass. Sez. U. Sent. 5002 dell’ 11/06/1998, Cass. Sez. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 16456 del 2013).
9. Orbene, sono elementi formali non decisivi quelli individuati nelle censure, non essendo fatti e prove idonee a scalfire la logicità dell’argomentazione usata dalla CTR sulla questione della qualificazione della natura della contribuente. Né la ricorrente contesta le circostanze decisive alla base degli accertamenti in fatto condotti dalla CTR, ossia in primo luogo la mancanza di registri e documentazioni imprescindibili per fruire dell’agevolazione, la ricostruzione delle movimentazioni in entrata in favore della contribuente, l’aver superato la soglia di legge.
Si tratta di circostanze ampiamente idonee a far decadere dal beneficio fiscale riservato alle associazioni sportive dilettantistiche, sulla base di una motivazione, articolata in puntuali richiami alla documentazione agli atti e ai fatti di causa, ben al di spora del minimo costituzionale sindacabile ai sensi del nuovo n. 5 (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 16502 del 05/07/2017 – Rv. 644818 – 01), contenendo un’articolata esposizione in fatto e una motivazione puntuale, coerente e sorretta da numerosi richiami al compendio istruttorio raccolto nel processo.
10. All’inammissibilità del ricorso non segue il regolamento delle spese di lite in assenza di attività difensiva effettiva svolta dall’Agenzia.
P.Q.M.
La Corte:
dichiara l’inammissibilità del ricorso.
Si dà atto che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art:. 13, comma 1- quater, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
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