Corte di Cassazione ordinanza n. 25689 depositata il 1° settembre 2022
notifica – eccezioni – soggetti assolutamente irreperibili
Rilevato che:
1.2 La società C. s.r.l. propose impugnazione avverso due distinte cartelle di pagamento emesse da Equitalia Centro s.p.a., di cui asseriva di essere venuta a conoscenza in seguito all’atto di pignoramento dei crediti verso terzi del 3/3/2015, cui le stesse erano riferite, e della conseguente intervenuta indisponibilità dei propri conti correnti, lamentando che le stesse non le fossero mai state notificate, in quanto la notifica era avvenuta nella vecchia sede di viale Umberto n. 98, benché quella attuale si trovasse in viale Italia n. 52, come emergeva dalle visure camerali.
Costituitasi in giudizio Equitalia Centro s.p.a., che produsse le cartoline attestanti l’avvenuta effettuazione delle notifiche in viale Italia n. 52, ai sensi dell’art. 143 cod. proc. civ., non avendo il notificatore rinvenuto né campanello, né cassetta delle lettere, né persone in grado di fornire informazioni, la C.T.P. di Sassari respinse il ricorso con sentenza n. 5/1/16 depositata il 14/1/2016, la quale fu riformata dalla C.T.R. di Cagliari-Sezione di Sassari, adita dalla medesima contribuente, con sentenza n. 162/8/2016, depositata il 13/5/2016, che accolse l’appello.
2. Contro la predetta sentenza Equitalia Servizi di Riscossione s.p.a. propone ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi. La contribuente resiste con controricorso.
Considerato che:
1.1 Con il primo motivo, si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 57, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per avere la C.T.R. respinto l’eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata da Equitalia, in ragione della novità delle questioni ivi prospettate dalla contribuente, che aveva fondato l’impugnazione, in primo grado, sul difetto di notifica delle cartelle in quanto eseguite in luogo diverso dal domicilio fiscale e, in secondo grado, sulla mancata esecuzione di adeguate ricerche, sostenendo che si trattasse di meri approfondimenti non costituenti eccezioni in senso tecnico, ma, piuttosto, fatti e allegazioni probatorie e/o argomentazioni giuridiche, sottoposte al giudice per integrare uno degli elementi costitutivi e necessari alla pretesa del contribuente, contestabili per la prima volta in appello.
1.2. Il motivo è infondato.
L’art. 57, del d.lgs. n. 546 del 1992, stabilisce, in particolare, che “nel giudizio d’appello non possono proporsi domande nuove e, se proposte, debbono essere dichiarate inammissibili d’ufficio”, che “possono tuttavia essere chiesti gli interessi maturati dopo la sentenza impugnata” e che “non possono proporsi nuove eccezioni che non siano rilevabili anche d’ufficio“.
Secondo questo già sostenuto da questa Corte, in tema di contenzioso tributario, si incorre in mutatio libelli «quando si avanzi una pretesa obiettivamente diversa da quella originaria, introducendo nel processo un petitum diverso e più ampio oppure una causa petendi fondata su situazioni giuridiche non prospettate prima e particolarmente su un fatto costitutivo radicalmente differente, di modo che si ponga al giudice un nuovo tema d’indagine e si spostino i termini della controversia, con l’effetto di disorientare la difesa della controparte ed alterare il regolare svolgimento del processo», mentre si ha «semplice emendatio quando si incida sulla causa petendi, in modo che risulti modificata soltanto l’interpretazione o qualificazione giuridica del fatto costitutivo del diritto, oppure sul petitum, nel senso di ampliarlo o limitarlo per renderlo più idoneo al concreto ed effettivo soddisfacimento della pretesa fatta» (in questi termini da ultimo Cass., Sez. 6-5, 25/5/2021, n. 14285, che richiama tass., Sez. 5, 13/10/2017, n. 24121; Cass., Sez. 5, 20/07/2012, n. 12621; vedi anche Cass., Sez. 5, 23/5/2005, n. 10864). A tali principi si correla anche quello secondo cui, anche in presenza di una contestazione in primo grado formulata in modo generico, la parte può, nell’atto di appello, specificare le proprie difese (Cass., Sez. 6-5, 23/5/2018, n. 12651).
Proprio alla stregua di tali principi, si è sostenuto che il rilievo sulla validità della notificazione, quand’anche genericamente proposto in primo grado, imponga al giudice di verificare comunque la regolarità di tutto il procedimento notificatorio, sicché l’introduzione per la prima volta in appello di uno specifico segmento dello stesso (nella specie, si trattava di notificazione di avviso di accertamento eseguito ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ. e della segnalazione, soltanto in appello, della mancata trasmissione della raccomandata informativa) non costituisce domanda nuova ai sensi della norma citata (in questi termini Cass., Sez. 6-5, 25/5/2021, n. 14285, cit.).
Pertanto, deve escludersi che, nella specie, la C.T.R. abbia errato, allorché ha qualificato in termini di mere argomentazioni giuridiche, volte ad integrare uno degli elementi costitutivi della pretesa del contribuente, e non di eccezioni in senso tecnico, i rilievi in ordine alla mancata esecuzione delle attività di ricerca sollevati dalla contribuente soltanto in appello, rigettando l’eccezione di inammissibilità ai sensi dell’art. 57 d.lgs. n. 546 del 1992, dovendosi considerare tale aspetto una mera precisazione fattuale incidente sulla validità del procedimento notificatorio.
Ne deriva l’infondatezza della censura.
2.1 Col secondo motivo, ancorché ritenuta assorbente la prima questione, si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 99 e 112 proc. civ., ossia la nullità della sentenza e/o del procedimento per omessa pronuncia sulla prima eccezione svolta dall’Agente per la riscossione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per avere la C.T.R. omesso del tutto di pronunciarsi sulla prima domanda proposta, con la quale si lamentava che il giudizio di primo grado avesse avuto ad oggetto due cartelle di pagamento, mentre l’appello era stato limitato a una sola di esse in quanto, nell’epigrafe dell’atto notificato in entrambe le sedi di Sassari e Firenze, mancava il richiamo all’altra, benché erroneamente contemplata nel provvedimento di sospensione.
2.2 La censura è infondata.
Contrariamente a quanto sostenuto dall’Agente per la riscossione la C.T.R. ha invero considerato l’eccezione, allorché ne ha illustrato i contenuti nella parte della sentenza relativa allo svolgimento del processo, per poi sostanzialmente ritenerla assorbita una volta risolta la questione della notifica della cartella, allorché ha concluso con la seguente dicitura «restando con ciò esaurite tutte le altre questioni trattate».
In tale caso, perciò, non sussiste la dedotta omessa pronuncia, avendo i giudici di merito optato per l’assorbimento c.d. improprio dell’eccezione, ravvisabile quando la decisione assorbente escluda la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre questioni ovvero comporti un implicito rigetto di altre domande (Cass., Sez. L, 22/06/2020, n. 12193), sussistendo, per contro, la violazione lamentata solo quando una questione non sia stata, espressamente o implicitamente, ritenuta assorbita da altre statuizioni della sentenza (Cass., Sez. 6 – 1, 03/02/2020, n. 2334).
3.1 Con il terzo motivo, si lamenta la violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 26, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, e dell’art. 60 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per avere la C.T.R. affermato la nullità della notifica in quanto dall’attestazione“no citofono, no cassette lettere, no informazioni” non poteva arguirsi quali. ricerche fossero state effettuate e in quanto dette ricerche andavano fatte nell’intero comune e non nel solo indirizzo del destinatario della notifica, senza considerare che l’Ufficiale giudiziario aveva dapprima tentato di notificare le cartelle nella sede precedente della società e poi in quella indicata nella visura storica, per poi attestare l’irreperibilità assoluta della contribuente in quest’ultimo luogo, non avendovi rinvenuto né citofono, né cassette, né insegne a lei riferibili, e che, in caso di irreperibilità assoluta, trova applicazione l’art. 60, lett. e), d.P.R. n. 600 del 1973, il quale impone l’affissione dell’atto nell’albo del comune ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ., senza obbligare alla spedizione della raccomandata informativa, ma non anche la previa effettuazione di ricerche, non ricalcando tale disposizione le norme processualcivilistiche.
3.2 La terza censura è inammissibile.
Va premesso che, in tema di notifica degli atti impositivi, la cd. irreperibilità assoluta del destinatario che ne consente il compimento ai sensi dell’art. 60, lett. e), del d.P.R. n. 600 del 1973, ossia mediante deposito dell’atto nella casa comunale e affissione dell’avviso di deposito nell’albo del Comune senza necessità di comunicazione all’interessato a mezzo di raccomandata con ricevuta di ritorno, né di ulteriori ricerche al di fuori del detto Comune (Cass., Sez. 12/2/2020, n. 3378; Cass., Sez. 5, 27/7/2018, n. 19958), presuppone che nel comune, già sede del domicilio fiscale dello stesso, il contribuente non abbia più abitazione, ufficio o azienda e che manchino, quindi, dati ed elementi, oggettivamente idonei, per notificare altrimenti l’atto (Cass.; Sez. 5, 27/7/2018, n. 19958), per accertare i quali il messo notificatore o l’ufficiale giudiziario devono svolgere ogni ulteriore ricerca nell’ambito del comune di domicilio fiscale (Cass., Sez. 6-5, 7/2/2018, n. 2877; Cass., Sez. 12/2/2020, n. 3378), dovendosi altrimenti procedere secondo le modalità di cui all’art. 140 cod. proc. civ. qualora il trasferimento costituisca un mero mutamento di indirizzo all’interno dello stesso comune e non una irreperibilità assoluta all’indirizzo conosciuto, la cui attestazione non può essere fornita dalla parte nel corso del giudizio (Cass., Sez., 6-5, 13/11/2014, n. 24260).
Pur non prescrivendo alcuna norma quali attività debbano essere esattamente compiute a tal fine, né con quali espressioni verbali ed in quale contesto documentale debba essere espresso il risultato di tali ricerche, deve dunque considerarsi necessario, ai fini della regolarità della notifica secondo la modalità dettate per i soggetti assolutamente irreperibili, sia che il messo notificatore, prima di procedere alla notifica, effettui nel comune del domicilio fiscale del contribuente le ricerche volte a verificare la sussistenza dei presupposti per operare la scelta, tra le due citate possibili opzioni, del procedimento notificatorio, onde accertare che il mancato rinvenimento del destinatario dell’atto sia dovuto ad irreperibilità relativa ovvero ad irreperibilità assoluta, per non avere più il contribuente abitazione, ufficio o azienda nel Comune già sede del domicilio fiscale, e che risulti dal verbale che tali ricerche sono state effettuate e sono attribuibili al messo notificatore e riferibili alla notifica in esame (Cass., Sez. 5, 27/7/2018, n. 19958; Cass., Sez. 3, 28/3/2001, n. 6911).
Nella specie, la C.T.R. non ha ritenuto che non fossero state eseguite ulteriori ricerche, peraltro non necessarie in caso di reperibilità assoluta (in tal senso, Cass., Sez. 6-5, 19/9/2016, n. 18352), ma ha sostenuto che dalla dicitura «no citofono, no cassette lettere, no informazioni» non emergesse se il messo notificatore avesse fatto ricerche di sorta.
Ciò comporta che la censura proposta non attinge la ratio decidendi risultante dalla motivazione della sentenza impugnata, con conseguente inammissibilità della stessa.
4.1 Col quarto motivo, si lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., per non avere la C.T.R. esaminato i fatti decisivi per il giudizio, consistenti nel fatto che l’Agente per la riscossione avesse eseguito le ricerche prima di affiggere l’atto nella casa comunale, dando conto di non avere rinvenuto citofono, cassetta delle lettere e insegna riferibili alla società nella sede risultante dalla visura.
4.2 Il quarto motivo è inammissibile.
Il vizio motivazionale previsto dall’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., nella formulazione introdotta dall’ art. 54 del d.l. del 22 giugno 2012, n. 83, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis, presuppone, infatti, che il giudice di merito abbia esaminato la questione oggetto di doglianza, ma abbia totalmente pretermesso uno specifico fatto storico (Cass., sez, U., 07/04/2014, n. 8053; Cass., sez. 6 – 3, 08/10/2014, n. 21257; Cass., sez. 6 – 3, 20/11/2015, n. 23828), che risulti esistente dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Peraltro, detto fatto storico, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., deve essere espressamente indicato dal ricorrente, senza che possa considerarsi tale né l’omesso esame di elementi istruttori qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., Sez. 2, 29/10/2018, n. 27415), né l’omessa motivazione, né la sua insufficienza o contraddittorietà (Cass., Sez. 1, 04/04/2014, n. 7983).
Nella specie, la ricorrente non indica con chiarezza quale sia il fatto storico omesso, sebbene faccia intendere che esso si riferisca alla questione delle ricerche svolte dall’Agente della Riscossione, la quale, tuttavia, è stata esaminata dalla C.T.R., ancorché valutata in modo difforme da quanto oggi preteso, sicché la doglianza si risolve in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice, tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia di fatto, certamente estranea alla natura e ai fini del giudizio di cassazione (Cass., Sez. U., 25/10/2013, n. 24148).
5.1 Col quinto motivo, si lamenta, infine, la violazione e falsa applicazione degli artt. 148 proc. civ., e 2700 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per avere la C.T.R. ritenuto non provata l’irreperibilità assoluta della contribuente in Sassari, viale Italia n. 52, basandosi sulle fotografie prodotte dalla parte che riproducevano la presenza dei citofoni e della cassetta delle lettere intestati alla società, senza valorizzare la fede privilegiata fino a querela di falso, nella specie non promossa, attribuita dalla legge alla relata di notifica redatta dall’Ufficiale di riscossione, nella quale era invece attestata l’assenza della cassetta delle lettere, dell’insegna e dei citofoni.
5.2 Il quinto motivo è inammissibile.
Se è vero che le attestazioni del pubblico ufficiale apposte sull’avviso di accertamento, costituiscono atto pubblico ai sensi degli artt. 2699 e ss. cod. civ., e fanno piena prova (fino a querela di falso) della ricezione delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta essere avvenuti in sua presenza (in questi termini, Cass., Sez. 5, 27/7/2018, n. 19958), e che detta prova può essere inficiata soltanto mediante proposizione della querela di falso, onde dimostrare la non veridicità delle risultanze della relata, a meno che dallo stesso contesto dell’atto non risulti in modo evidente l’esistenza di un mero errore materiale compiuto dal pubblico ufficiale nella redazione del documento, potendo il giudice disattenderne il contenuto soltanto in tale caso (Cass., Sez. 22/4/2005, n. 8500), è altrettanto vero che la C.T.R. ha esaminato la documentazione fotografica prodotta dalla parte solo ad abundantam, avendo fondato il proprio convincimento sui contenuti della relata, reputata insufficiente a far comprendere se fossero state eseguite delle ricerche, come si è visto sopra.
Ne consegue l’inammissibilità della censura, in quanto non tiene conto della ratio decidendi della sentenza impugnata.
6. In conclusione, valutata l’inammissibilità del terzo, quarto e quinto motivo e l’infondatezza del primo e secondo, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza e devono essere poste a carico della ricorrente.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Corte di Cassazione, ordinanza n. 15030 depositata il 29 maggio 2023 - Il principio di non contestazione, applicabile anche al processo tributario, trova qui in ogni caso un limite strutturale insito nel fatto che l’atto impositivo non è l'atto introduttivo…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 28952 depositata il 5 ottobre 2022 - Il divieto di ultrapetizione e quello di proporre in appello nuove eccezioni (non rilevabili d'ufficio) posto dall'art. 57, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, riguarda eccezioni in senso…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 21601 depositata il 7 luglio 2022 - In base ai principi contabili sia gli interessi corrispettivi che gli interessi moratori , la cui automatica maturazione, indipendentemente da impulsi volontaristici, impone, in virtù del…
- Corte di Cassazione sentenza n. 25857 depositata il 1° settembre 2022 - Nel giudizio di appello, la parte totalmente vittoriosa in primo grado deve riproporre, al fine di evitare preclusioni, con il primo atto difensivo e comunque entro la prima udienza, le…
- Corte di Cassazione, ordinanza n. 31287 depositata il 4 dicembre 2018 - Il divieto di proporre nuove eccezioni in sede di gravame concerne tutte le eccezioni in senso stretto mentre non si estende alle eccezioni improprie o alle mere difese che restano sempre…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 6375 depositata il 3 marzo 2023 - La motivazione per relationem è ammissibile purché il giudice d'appello, facendo proprie le argomentazioni del primo giudice, esprima, sia pure in modo sintetico, le ragioni della conferma…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- La scelta del CCNL da applicare rientra nella scel
Il Tribunale amministrativo Regionale della Lombardia, sezione IV, con la senten…
- Il creditore con sentenza non definitiva ha diritt
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 27163 depositata il 22 settembre…
- Impugnazione del verbale di disposizione emesso ai
Il Tribunale amministrativo Regionale della Lombardia, sezione IV, con la senten…
- Valido l’accertamento fondato su valori OMI
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 17189 depositata il 15 giugno 2023, in…
- Possono essere sequestrate somme anche su c/c inte
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 34551 depositata l…