Corte di Cassazione ordinanza n. 26130 depositata il 5 settembre 2022
accertamento standardizzato – studi di settore – contraddittorio
RILEVATO CHE
– La Commissione tributaria provinciale di Salerno accoglieva parzialmente il ricorso proposto dalla N. s.p.a., esercente attività di realizzazione e consulenza software, avverso l’avviso di accertamento per IRES, IVA e IRAP, anno d’imposta 2005, con il quale erano stati recuperati a tassazione maggiori ricavi, desumibili dall’applicazione degli studi di settore (la contribuente non era risultata congrua allo studio TG66U), riducendoli da € 240,00 ad € 249.184,00 e rideterminando le relative imposte e sanzioni;
– con la sentenza indicata in epigrafe, la Commissione tributaria regionale della Campania – sezione staccata di Salerno, nel rigettare l’appello incidentale proposto dall’Agenzia delle Entrate, accoglieva parzialmente l’appello principale proposto dalla N., riducendo ulteriormente i ricavi evasi accertati;
– secondo la CTR, l’Ufficio aveva omesso di verificare la maggiore aderenza alla realtà aziendale della versione evoluta dello studio applicato, per cui i maggiori ricavi andavano quantificati, sulla base dello studio UG66U, in € 219.056,00;
– la N. impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi;
– l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso
CONSIDERATO CHE
– Con il primo motivo, la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 39, comma 1, d), del d.P.R. n. 600 del 1973, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per non avere la CTR annullato l’avviso di accertamento impugnato, visto che la pretesa si fondava esclusivamente sull’applicazione degli studi di settore, senza considerare alcun adeguamento dei dati dello studio alla realtà aziendale e senza qualificare lo scostamento rilevato in termini di “grave incongruenza”;
– con il secondo motivo, la ricorrente deduce la violazione dell’art. 39, comma 1, d), del d.P.R. n. 600 del 1973, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per non avere la CTR annullato l’avviso impugnato che non recava nella motivazione l’indicazione delle ragioni per le quali non erano state accolte le richieste esposte dalla contribuente in sede di contraddittorio;
– con il terzo motivo, la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 39, comma 1, d), del d.P.R. n. 600 del 1973, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per non avere la CTR ritenuto illegittimo l’avviso di accertamento impugnato e, in presenza di uno scostamento pari al 7%, non sufficiente ad integrare il requisito della “grave incongruenza”;
– con il quarto motivo, denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, per non avere la CTR considerato che lo studio di settore indicato in sentenza (UG66U), se elaborato secondo la versione più aggiornata e in base ai modelli introdotti nell’anno 2009, che tenevano conto anche dei compensi elargiti ai soci amministratori, restituiva un risultato congruo e coerente, eliminando qualsiasi scostamento;
– i primi tre motivi che, riguardando tutti l’illegittimità dell’avviso di accertamento per difetto di motivazione, possono essere esaminati congiuntamente, e sono infondati;
– le modalità dell’accertamento a mezzo degli studi di settore sono state precisate dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. Sez. U. 18.12.2009, n. 26635), secondo cui l’applicazione degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standards in sé considerati, ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente;
– nell’ambito del contraddittorio, il contribuente ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza delle condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli standards o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame;
– l’eventuale avviso di accertamento, emesso all’esito del contraddittorio, deve essere motivato sul rilievo dello scostamento, che deve denotare una grave incongruenza, e deve essere, altresì, integrato con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello standard prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente, sempre che questi abbia partecipato al contraddittorio o che, pur partecipandovi, non si sia astenuto da qualsivoglia attività di allegazione (Cass. 20.09.2017, n. 21754);
– ne consegue che, ove il contribuente, in sede di contraddittorio preventivo, contesti l’applicazione dei parametri allegando circostanze concrete che giustificano lo scostamento della propria posizione reddituale dagli standards previsti, l’Ufficio, ove non ritenga attendibili le stesse, è tenuto a motivare adeguatamente l’atto impositivo sotto tale profilo (Cass. 31.05.2018, n. 13908);
– nella specie, dall’avviso di accertamento impugnato – richiamato nel ricorso nei punti essenziali e, comunque, a questo allegato, in ossequio al principio di autosufficienza – risulta che l’Ufficio ha preso in esame le osservazioni presentate dalla contribuente, rigettandole;
– in particolare, ha rilevato che la contribuente aveva dedotto che l’attività esercitata era meglio identificata con il codice 639900, sebbene nel modello di dichiarazione presentato per l’anno d’imposta 2005 avesse dichiarato il diverso codice 72220 e non avesse mai chiesto la modifica dello stesso per adeguarlo all’affettiva attività svolta; ha, quindi, evidenziato che l’attività esercitata era correttamente rappresentata dal cluster di riferimento, elaborato dal software GERICO, sulla base dei dati contabili ed extracontabili esposti nel modello allegato alla dichiarazione;
– ha aggiunto, infine, che lo studio di settore TG66U, allegato dalla società alla dichiarazione dei redditi, era già una evoluzione dello studio di settore SG66U, in vigore dall’anno di imposta 2004;
– le osservazioni della società contribuente sono state, pertanto, esaminate ed è stato dato conto, in sede di motivazione, delle ragioni per le quali si è ritenuto di non modificare le risultanze dello studio di settore;
– a tale proposito non può sostenersi che il presupposto della legittimità del provvedimento impugnato, attinente alle ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dalla contribuente in sede di contraddittorio (l’applicabilità di un determinato studio di settore), possa estendersi alla adeguatezza e alla completezza delle risposte fornite dall’Ufficio alle osservazioni presentate dal contribuente, posto che la valutazione di questa Corte deve limitarsi alla constatazione della sussistenza formale dell’adempimento procedimentale da parte dell’Amministrazione (Cass. 27.05.2022, n. 17335), quando – come nella specie – la motivazione dell’avviso non si presenta come una mera clausola di stile, ma riporta le ragioni del proprio convincimento, mediante un raffronto, sia pure sintetico, con le osservazioni del contribuente (Cass. 27.07.2016, n. 156161);
– la CTR ha poi ritenuto, nell’esercizio dei propri poteri sostitutivi (ex plurimis, Cass. 30.10.2018, n. 27560), di ridimensionare la pretesa tributaria, valutandola con riferimento alla concreta attività aziendale, ma senza rilevare la sussistenza di vizi formali, attinenti alla motivazione dell’atto impositivo, tali da inficiarne la validità;
– deve, peraltro, osservarsi che i predetti motivi sono anche inammissibili per difetto di autosufficienza, laddove allegano che lo scostamento tra i ricavi dichiarati e quelli desumibili dagli studi di settore non risulta qualificato in termini “grave incongruenza”, posto che la ricorrente non dimostra di avere avanzato detta doglianza anche nel ricorso originario e di averla poi riproposta nell’atto di appello;
– poiché si tratta di censura che involge la contestazione della sussistenza di un presupposto per l’esercizio del potere impositivo, riguardando un vizio dell’avviso di accertamento, la stessa non può essere certamente avanzata per la prima volta innanzi al giudice di legittimità, ma deve essere ritualmente dedotta quale motivo del ricorso introduttivo del giudizio di merito, avuto riguardo alla natura impugnatoria del giudizio tributario, in ragione della quale l’indagine sul rapporto sostanziale è limitata alla contestazione dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa dell’Amministrazione, specificamente dedotti dal contribuente quali motivo di ricorso (ex multis, Cass. 17.10.2019, n. 1161);
– a prescindere dalle suindicate considerazioni sulla non riconducibilità della questione in esame al novero delle eccezioni in senso lato, occorre rilevare, inoltre, che la necessità di un accertamento fattuale in ordine all’entità dello scostamento, imposta dall’assenza di elementi significativi contenuti nella sentenza, osterebbe in ogni caso alla rilevabilità officiosa in sede di legittimità della questione in esame, essendo stato costantemente affermato da questa Corte che la proposizione, per la prima volta, nel giudizio di legittimità di un’eccezione in senso lato – in quanto tale rilevabile d’ufficio – è ammissibile solo qualora non siano necessari accertamenti di fatto, atteso che «l’esame demandato al giudice di legittimità attiene ad una quaestio iuris, ossia alla mera qualificazione del fatto — già tempestivamente dedotto — al fine di pervenire all’esatta applicazione della legge» (ex plurimis, Cass., 3.11. 2020, n. 24260);
– il quarto motivo è inammissibile, in quanto, sotto l’apparente deduzione del vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, mira ad attingere il giudizio di fatto operato dal giudice di appello con riferimento alla valutazione della prova presuntiva fornita dall’applicazione dello studio di settore;
– la censura sarebbe in ogni caso infondata, atteso che l’applicazione di una versione aggiornata dello studio di settore non può essere subordinata al riconoscimento di maggiori costi (riguardanti, nella specie, i compensi ai soci/dipendenti della società contribuente), in quanto l’elargizione di detti compensi non influisce sul tipo di attività esercitata e, quindi, sulla corretta individuazione dello studio di settore applicato;
– in conclusione, il ricorso va rigettato e le spese sono regolate dalla soccombenza nella misura esplicitata in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
Condanna la ricorrente al pagamento in favore dell’Agenzia delle Entrate delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.600,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 24 marzo 2021, n. 8327 - La procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 19748 depositata l' 11 luglio 2023 - La procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l'applicazione dei parametri o degli studi di settore, introdotto con il D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies, costituisce…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 17 giugno 2021, n. 17303 - La procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l'applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 04 aprile 2019, n. 9452 - In tema di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore, la relativa procedura costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità,…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 17 aprile 2019, n. 10711 - La procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l'applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 07 novembre 2019, n. 28680 - La procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Nel caso di adesione al processo verbale di consta
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 17068 depositata il 14 giugno 20…
- Il verbale di conciliazione deve essere sottoscrit
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 25796 depositata il 5 settembre…
- Processo tributario: la perizia estimativa e la co
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 26798 depositata il 19 settembre…
- Il dipendente che effettua un furto di piccolo imp
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 27353 depositata il 26 settembre…
- Sanzioni tributarie: prescrizione e decadenza in c
Le sanzioni tributarie sono soggette, in tema di prescrizione e decadenza, ad un…