Corte di Cassazione ordinanza n. 26342 depositata il 7 settembre 2022
vizio di omessa pronuncia – omessa valutazione di prove documentali
RILEVATO CHE
– La Commissione tributaria provinciale di Avellino accoglieva il ricorso proposto da G.F. avverso un avviso di accertamento per IRPEF, IVA e IRAP, in relazione all’anno 2005, con il quale era stato recuperato reddito imponibile non dichiarato;
– con la sentenza indicata in epigrafe, la Commissione tributaria regionale della Campania – sezione staccata di Salerno, accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, ritenendo legittimo l’accertamento c.d. sintetico di cui all’art. 38, comma 4, del d.P.R. n. 600 del 1973, utilizzato dall’Ufficio per recuperare il reddito non dichiarato dal contribuente (esercente l’attività di avvocato nel campo dell’infortunistica stradale), in quanto fondato su indagini svolte presso compagnie assicurative, su rilevanti movimentazioni bancarie desumibili dai conti correnti a lui intestati, sull’acquisto di diverse unità immobiliari nel 2002, nel 2006 e nel 2007, di un’imbarcazione del valore di oltre 80.000,00 nel 2009, di un’autovettura nel 2003, di altra autovettura nel 2008 e di un motociclo nel 2006;
– il reddito dichiarato nel 2005, pari a zero, non giustificava gli incrementi patrimoniali e gli indici di spesa emergenti dai dati suindicati, tenuto conto che anche con riferimento agli altri anni d’imposta, dal 2000 al 2007, venivano dichiarati redditi in misura inferiore ad € 10.000,00 e nel 2008 era stato dichiarato un reddito pari a soli € 17.048,00;
– il contribuente non aveva fornito alcuna prova contraria, atta ad escludere l’incidenza degli elementi presuntivi acquisiti;
– G.F. impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi;
– l’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
CONSIDERATO CHE
– Con il primo motivo, il ricorrente denuncia, ai sensi degli artt. 360, comma 1, 4, e 112 cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata, non essendosi la CTR pronunciata sui motivi di ricorso, ritenuti assorbiti dalla CTP, e riproposti dal contribuente con le controdeduzioni in appello;
– il motivo è infondato, posto che non ricorre il vizio di omessa pronuncia, nonostante la mancata decisione su un punto specifico, quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto sul medesimo (Cass. 6.12.2017, n. 29191);
– la CTR ha spiegato che la rideterminazione del maggior reddito è stata effettuata con l’accertamento c.d. sintetico ai sensi dell’art. 38, comma 4, del d.P.R. n. 600 del 1973, sulla scorta di elementi o di circostanze induttive dai quali è risultato che il reddito effettivo si discostava per almeno un quarto da quello dichiarato (che per il 2005 era pari a zero);
– dalla motivazione della sentenza impugnata si evince che l’Ufficio ha ricostruito il reddito del contribuente, sulla base di alcune consistenti spese (acquisto di tre immobili, di un’imbarcazione, di due autovetture e di un motociclo), da lui effettuate negli anni dal 2002 al 2009, che gli hanno procurato un notevole incremento patrimoniale, incompatibile con i bassi redditi dichiarati negli anni di riferimento e, in particolare, con il reddito zero dichiarato nel 2005;
– sebbene l’accertamento effettuato con il metodo sintetico dispensi l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori – indice della capacità contributiva (Cass. n. 9539 del 2011), le risultanze dell’accertamento condotto sono state nel caso in esame completate da ulteriori indagini svolte dall’Ufficio presso le Compagnie assicurative che avevano liquidato i sinistri di cui si era occupato il contribuente, nell’ambito della sua attività professionale di legale, e da indagini bancarie sui conti correnti allo stesso intestati;
– il giudice regionale si è, dunque, pronunciato in ordine a tutte le principali questioni prospettate dal ricorrente, ritenendo che questi non avesse fornito la prova contraria atta ad escludere il reddito presunto o a ritenerlo esistente in misura inferiore;
– con il secondo motivo, il ricorrente denuncia, ai sensi degli artt. 360, comma 1, n. 4, e 112 cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata, non essendosi la CTR pronunciata sull’eccezione di inammissibilità dell’appello ex art. 342 cod. proc. civ.;
– il motivo è infondato, avendo il ricorrente sollevato una questione meramente processuale, che non può dar luogo ad un vizio di omessa pronuncia, configurabile soltanto con riferimento alle domande ed eccezioni di merito (cfr. Cass. n. 6174 del 14/03/2018; Cass. n. 321 del 12/01/2016; Cass. n. 4191 del 24/02/2006; Cass. n. 22860 del 06/12/2004);
– in ogni caso, la sentenza impugnata, nel valutare nel merito i motivi posti a fondamento dell’appello, ha rigettato implicitamente l’eccezione di inammissibilità del gravame;
– con il terzo motivo, il ricorrente denuncia, ai sensi degli artt. 360, comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, costituito dalla documentazione prodotta dal contribuente a discarico della presunzione relativa derivante dall’accertamento sintetico e dalle indagini bancarie;
– il motivo è inammissibile per difetto di specificità;
– sul punto va ribadito il costante orientamento di questa Corte, secondo il quale, qualora il ricorrente, in sede di legittimità, denunci l’omessa valutazione di prove documentali, per il principio di autosufficienza ha l’onere non solo di trascrivere il testo integrale, o la parte significativa del documento nel ricorso per cassazione, al fine di consentire il vaglio di decisività, ma anche di specificare gli argomenti, deduzioni o istanze che, in relazione alla pretesa fatta valere, siano state formulate nel giudizio di merito, pena l’irrilevanza giuridica della sola produzione, che non assicura il contraddittorio e non comporta, quindi, per il giudice alcun onere di esame, e ancora meno di considerazione dei documenti stessi ai fini della decisione (Cass. 21.05.2019, n. 13625);
– il ricorrente si è limitato ad indicare i documenti dei quali sarebbe stato omesso l’esame in generiche “quietanze” in cui l’importo liquidato al professionista non supera il 14 – 15%, “decine e decine di fatture per le quali viene fornita la fattura, la quietanza di pagamento e l’assegno emesso”, “fatture con quietanza ed assegno intestati al fratello…che non possono essere imputate al ricorrente, avendo il fratello già pagato le imposte”, tre quietanze che si riferiscono ad indennizzi per furti “per i quali non è previsto alcun compenso dalle Compagnie assicurative”, documenti e riscontri bancari, “oltre 500 pagine di allegati”;
– nella specie, pertanto, non solo non è stato trascritto il contenuto, neppure parziale, dei documenti rilevanti di cui sarebbe stato omesso l’esame, ma gli stessi non sono stati nemmeno collegati a tutti gli elementi presuntivi che l’Agenzia ha considerato ai fini della determinazione del reddito, impedendo a questa Corte di valutare se l’asserita omissione abbia il carattere della “decisività”;
– il ricorso va, dunque, rigettato e la parte ricorrente deve essere condannata al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese relative al presente giudizio di legittimità, che si liquidano come in dispositivo;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna G.F. al pagamento in favore dell’Agenzia delle Entrate delle spese del giudizio, che liquida in euro 5.600,00, oltre alle spese prenotate a debito;
ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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