Corte di Cassazione ordinanza n. 26371 depositata il 7 settembre 2022
anomalia motivazionale – principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato – omessa pronuncia
RILEVATO CHE
– La Commissione tributaria provinciale di Rieti accoglieva parzialmente il ricorso proposto da R.M., titolare dell’omonima impresa individuale, esercente attività edile, avverso un avviso di accertamento per IRPEF, IVA e IRAP, anno d’imposta 2010 – con il quale erano stati recuperati a tassazione maggiori ricavi, pari ad € 99.258,90 (a fronte del reddito d’impresa dichiarato per € 54.316,00), desumibili dagli accertamenti bancari effettuati sia sui conti del ricorrente che su quelli intestati ai suoi stretti congiunti – escludendo alcuni movimenti ritenuti giustificati;
– con la sentenza indicata in epigrafe, la Commissione tributaria regionale del Lazio, in parziale accoglimento dell’appello principale proposto dal R.M. e di quello incidentale proposto dall’Agenzia delle Entrate, riduceva ulteriormente i ricavi ritenuti evasi, escludendo tutti i prelevamenti ed alcuni versamenti che il primo giudice aveva ritenuto non giustificati;
– R.M. impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi;
– l’Agenzia delle Entrate si è costituita, in relazione al ricorso proposto dal contribuente, al solo fine di partecipare all’udienza di discussione della causa, ma ha proposto, a sua volta, ricorso per cassazione, notificato e depositato lo stesso giorno in cui è stato notificato e depositato quello del contribuente, affidato ad un unico motivo, avverso il capo della sentenza di appello rispetto al quale era risultata soccombente;
– R.M. ha resistito al ricorso incidentale dell’Agenzia con controricorso.
CONSIDERATO CHE
– Preliminarmente si dispone, ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ., la riunione dei due ricorsi con i quali è stata impugnata la medesima sentenza, e, per l’effetto, essi vanno qualificati, rispettivamente ricorso principale, quello del R.M. (iscritto prima di quello dell’Agenzia) e ricorso incidentale quello dell’Agenzia (ex plurimis, Cass. 14.01.2020, n. 448);
– con il primo motivo, il ricorrente principale lamenta l’omessa valutazione della prova, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.;
– con il secondo motivo, denuncia la violazione e falsa applicazione degli 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, 2728, comma 1, e 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.;
– con il terzo motivo, deduce l’omessa e/o apparente motivazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.;
– con il quarto motivo, deduce la violazione dell’art. 132, comma 2, 4 cod. proc. civ.;
– con il quinto motivo, si duole della violazione dell’art. 112 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per vizio di ultrapetizione e lesione del diritto di difesa;
– con le suddette censure, a prescindere dalla loro confusa formulazione, essendo state enunciate sia come error in procedendo sia come violazione di legge, cumulandole in un unico contesto narrativo, il ricorrente principale lamenta che la CTR ha errato nella valutazione delle prove offerte dal contribuente, non considerando alcune di esse e ritenendo non superata la presunzione di riconduzione a reddito di alcuni versamenti, con una motivazione in alcuni punti illogica e contraddittoria, in altri apparente, perplessa e, comunque, non rispettosa della disciplina normativa sulla prova presuntiva;
– con riferimento alle operazioni di versamento di cui ai nn. 1, 4, 7, 21 e 22 sul c/c Poste italiane 88184270, intestato a R.M. Noemi e Antonini Roberta, in particolare, la CTR si sarebbe espressa extrapetita e in violazione del diritto di difesa del contribuente, modificando la motivazione della sentenza di primo grado sulla mancata giustificazione di detti versamenti;
– in ordine alle operazioni extraconto di cui ai nn. 16 e 28, poi, la CTR, nel respingere la doglianza nel merito, avrebbe omesso di esaminare le questioni preliminari sollevate dall’appellante e “riguardanti la indebita duplicazione dei rispettivi addebiti”;
– con l’unico motivo di ricorso incidentale, l’Agenzia delle Entrate denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, per avere la CTR erroneamente ritenuto inapplicabile anche all’attività di piccolo imprenditore, in concreto esercitata del contribuente, la presunzione di imputazione ai ricavi dei prelevamenti operati sui conti correnti bancari allo stesso riconducibili, equiparando detta attività a quella di lavoro autonomo (in relazione alla quale la presunzione era venuta meno a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 228 del 2014);
– iniziando dall’esame del ricorso principale, per ragioni di priorità logica occorre esaminare dapprima il terzo e il quarto motivo, che, in quanto connessi, possono essere trattati congiuntamente;
– entrambi i motivi sono infondati;
– occorre premettere che l’anomalia motivazionale denunciabile in Cassazione è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass. Sez. U. 7.04.2014, n. 8053);
– deve trattarsi, dunque, di un’anomalia che si esaurisce nella mancanza assoluta di motivazione sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili o nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile;
– solo in tali casi la sentenza è nulla perchè affetta da “error in procedendo”, in quanto, benchè graficamente esistente, non rende percepibile il fondamento della decisione, perché reca argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U. 3.11.2016, n. 22232);
– nel caso in esame, invece, la CTR ha esposto con argomentazione concisa, ma comprensibile e priva di contraddizioni, le ragioni della propria decisione, spiegando, per ciascun versamento oggetto di contestazione, quale doveva ritenersi giustificato e quale, invece, era carente di idonea documentazione da cui desumere l’estraneità a fatti imponibili (pp. 4 e 5 della sentenza impugnata);
– i primi due motivi – anche questi connessi – sono, invece, inammissibili;
– il contribuente, sotto le apparenti censure dell’errore processuale e della violazione di legge, mira in realtà a sollecitare la Corte a una verifica del materiale probatorio documentale relativo alle indagini bancarie espletate dall’Agenzia delle Entrate;
– entrambi i motivi tendono, dunque, ad attingere il giudizio di fatto operato dal giudice di appello, che non può essere ulteriormente sindacato in questa sede;
– la questione dell’asserita omessa valutazione delle prove, poi, contrasta con il consolidato orientamento di questa Corte secondo il quale (Cass. n. 29730 del 29/12/2020) il giudice di merito è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze di prova che ritenga più attendibili e idonee alla formazione dello stesso, né gli è richiesto di dar conto, nella motivazione, dell’esame di tutte le allegazioni e prospettazioni delle parti e di tutte le prove acquisite al processo, essendo sufficiente che egli esponga – in maniera concisa ma logicamente adeguata – gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione e le prove ritenute idonee a confortarla, dovendo reputarsi implicitamente disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo svolto;
– anche il quinto motivo è inammissibile e, comunque, infondato;
– a parte la carenza di specificità, non avendo il ricorrente trascritto compiutamente né la parte di motivazione della sentenza di primo grado né il motivo di appello, riguardanti la questione indicata nella censura, occorre ribadire che “in tema di giudizio di appello, il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, come il principio del “tantum devolutum quantum appellatum”, non osta a che il giudice renda la pronuncia richiesta in base ad una ricostruzione dei fatti autonoma rispetto a quella prospettata dalle parti, nonché in base alla qualificazione giuridica dei fatti medesimi ed all’applicazione di una norma giuridica, diverse da quelle invocate dall’istante. Inoltre, non incorre nella violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato il giudice d’appello che, rimanendo nell’ambito del “petitum” e della “causa petendi”, confermi la decisione impugnata sulla base di ragioni diverse da quelle adottate dal giudice di primo grado o formulate dalle parti, mettendo in rilievo nella motivazione elementi di fatto risultanti dagli atti ma non considerati o non espressamente menzionati dal primo giudice” (ex multis, Cass. 25.09.2009, n. 20652);
– analogo difetto di specificità va rilevato con riguardo alla lamentata violazione dell’art. 112 cod. civ., in relazione all’asserita omessa pronuncia su alcune questioni preliminari che il ricorrente avrebbe sollevato nell’atto di appello con riferimento alle operazioni extraconto;
– secondo la giurisprudenza di questa Corte, “affinché possa utilmente dedursi in sede di legittimità un vizio di omessa pronuncia, è necessario, da un lato, che al giudice di merito fossero state rivolte una domanda o un’eccezione autonomamente apprezzabili, e, dall’altro, che tali domande o eccezioni siano state riportate puntualmente, nei loro esatti termini, nel ricorso per cassazione, per il principio dell’autosufficienza, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo o del verbale di udienza nei quali le une o le altre erano state proposte, onde consentire al giudice di verificarne, in primo luogo, la ritualità e la tempestività, e, in secondo luogo, la decisività” (Cass. S.U. n. 15781 del 28/07/2005; Cass. n. 5344 del 04/03/2013; Cass. n. 22766 del 2019);
– nella specie, non sono stati riprodotti, nelle parti rilevanti, gli atti difensivi dei gradi di merito e, in particolare, il ricorso introduttivo e l’atto di appello, al fine di permettere a questa Corte di verificare la fondatezza della doglianza;
– passando all’esame del ricorso incidentale proposto dall’Agenzia, lo stesso è fondato;
– l’equiparazione del reddito da lavoro autonomo a quello del piccolo imprenditore, quale sarebbe il ricorrente (titolare di un’impresa individuale esercente attività edile), attraverso un’interpretazione estensiva della sentenza della Corte Costituzionale 228 del 2014, al fine di escludere i prelevamenti dalla presunzione legale di cui all’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, contrasta non solo con la stessa decisione del giudice delle leggi, limitata espressamente ai soli redditi da lavoro autonomo, ma anche con l’indirizzo di questa Corte, secondo il quale detta presunzione va senz’altro applicata anche alle imprese minori in regime di contabilità semplificata (Cass. 3.05.2022, n. 13832; Cass. 15.12.2021, n. 40221);
– il giudice a cui la causa va rinviata con riferimento al ricorso incidentale accolto, dovrà verificare, poi, sulla base delle eventuali osservazioni dedotte dal contribuente nel ricorso originario, se vi siano prelievi giustificati, da escludere dall’ammontare complessivo dei maggiori ricavi accertati;
– in conclusione, va rigettato il ricorso principale proposto dal contribuente e accolto il ricorso incidentale proposto dall’Agenzia, con cassazione della sentenza impugnata, in relazione al ricorso accolto, e rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, dinanzi alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, per un riesame della vicenda nel merito, limitatamente ai prelievi.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso incidentale proposto dall’Agenzia delle Entrate; rigetta il ricorso principale, cassa la sentenza impugnata, in relazione al ricorso accolto, e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione;
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.