Corte di Cassazione ordinanza n. 26568 depositata il 9 settembre 2022
il vizio di omessa pronuncia – congruità del giudizio espresso in ordine alla motivazione di un avviso di accertamento
Rilevato che:
1. G.P. ha impugnato l’avviso di pagamento n. 606007623, emesso dal Consorzio di bonifica e irrigazione del Canale Lunese, avente ad oggetto il contributo consortile pari ad euro 1.699,04 per gli anni 2012-2013.
2. Il ricorso è stato rigettato dal giudice di primo grado, con sentenza confermata in appello.
3. Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale ha proposto ricorso per cassazione il contribuente, formulando tre motivi.
4. Il consorzio si è costituito con contro-ricorso.
5. All’adunanza camerale del 7 luglio 2022 la causa è stata trattata e decisa.
Considerato che:
1. Il ricorrente ha dedotto: 1) la violazione dell’art. 112 cod.proc.civ., in relazione all’art. 360 4, cod.proc.civ., non essendosi pronunciati i giudici di merito sull’eccezione (già sollevata in primo grado) di difetto di potere impositivo, in considerazione della natura del consorzio di irrigazione e non bonifica, dell’assenza di un decreto che indichi la delimitazione del comprensorio di bonifica, della mancata trascrizione in conservatoria del perimetro di contribuenza e della distanza degli immobili del ricorrente dai luoghi di bonifica; 2) la violazione degli artt. 7 della l. n. 212 del 2000, 32 del d.lgs. n. 546 del 1992, 3 della l. n. 241 del 1990, 860 cod.civ. e 3, 10, 11, 21 r.d. n. 215 del 1933, avendo il consorzio prodotto tardivamente documentazione decisiva ai fini del giudizio, non avendo motivato l’avviso impositivo ed avendo beneficiato di un’inesistente inversione dell’onere probatorio; 3) l’omessa, errata ed insufficiente motivazione della sentenza impugnata e la violazione dell’art. 2712 cod.civ ., in relazione all’art. 360 n. 5, cod.proc.civ., essendo la Commissione incorsa in errore nel ritenere a) che la documentazione fosse prodotta tempestivamente dal consorzio e, comunque, conosciuta dal contribuente, b) che il beneficio possa identificarsi nella conservazione e nel miglioramento dell’aspetto idrogeologico dell’area, c) che la ripartizione delle spese sia correttamente avvenuta in base al piano di classifica del consorzio; d) che la perizia tecnica depositata – redatta dal direttore del consorzio e priva di sottoscrizione – sia valutabile quale fonte di prova.
2. Il ricorso è infondato.
3. In ordine al primo motivo, è sufficiente osservare che dalla motivazione della sentenza impugnata (laddove afferma che “le spese sostenute vengono ripartite tra i proprietari dei beni immobili ricadenti nel comprensorio di bonifica in base ad un piano di classifica e di riparto”) si ricava che i beni del ricorrente sono ricompresi nell’ambito territoriale del consorzio e contemplati nei piani di classifica e riparto. Sussiste, pertanto, una risposta implicita all’eccezione preliminare del contribuente. In proposito va, quindi, ribadito che non ricorre il vizio di omessa pronuncia quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto della domanda o eccezione formulata dalla parte (Sez. 2, n. 20718 del 13/08/2018, Rv. 650016 – 01; v. anche Sez. 5, n. 2153 del 30/01/2020, Rv. 656681 – 01, secondo cui non ricorre il vizio di omessa pronuncia quando la motivazione accolga una tesi incompatibile con quella prospettata, implicandone il rigetto, dovendosi considerare adeguata la motivazione che fornisce una spiegazione logica ed adeguata della decisione adottata, evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragarla, ovvero la carenza di esse, senza che sia necessaria l’analitica confutazione delle tesi non accolte o la particolare disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi; Sez. 3, n. 11756 del 19/05/2006, Rv. 591204 – 01, secondo cui il vizio di omessa pronuncia da parte del giudice d’appello è configurabile allorché manchi completamente l’esame di una censura mossa al giudice di primo grado, mentre la violazione non ricorre nel caso in cui il giudice d’appello fondi la decisione su un argomento che totalmente prescinda dalla censura o necessariamente ne presupponga l’accoglimento o il rigetto: infatti, nel primo caso l’esame della censura è inutile; nel secondo essa è stata implicitamente considerata). Nel caso di specie, difatti, la sentenza impugnata, nel confermare quella di primo grado, ha affermato la sussistenza di tutti i presupposti impositivi ed, in questo modo, ha implicitamente superato la prospettazione difensiva della carenza del potere impositivo del consorzio nei confronti del ricorrente.
3. Per quanto concerne la seconda censura, con la stessa si sono dedotte violazioni di legge tra di loro completamente diverse in modo, peraltro, poco chiaro.
3.1 Quanto alla asserita violazione dell’art. 32 del d.lgs. n. 546 del 1992, il ricorrente non ha considerato che, comunqu,e, nel giudizio di appello possono essere prodotti nuovi documenti, utilizzabili per la decisione, ai sensi dell’art. 58 del medesimo d.lgs., come già replicato nella sentenza impugnata. Inoltre, pur dovendo avvenire la produzione di nuovi documenti in appello, consentita ex 58 del d.lgs. n. 546 del 1992, entro venti giorni liberi antecedenti l’udienza, come prescritto dal precedente art. 32 ( riferito al giudizio di primo grado, ma applicabile in virtù del rinvio di cui all’art. 61 ), l’eventuale inosservanza di detto termine è sanata ove il documento sia stato già depositato, benché irritualmente, nel giudizio di primo grado, poiché nel processo tributario i fascicoli di parte restano inseriti in modo definitivo nel fascicolo d’ufficio sino al passaggio in giudicato della sentenza, senza che le parti abbiano la possibilità di ritirarli, con la conseguenza che la documentazione ivi prodotta è acquisita automaticamente e “ritualmente” nel giudizio di impugnazione (tra le tante: Cass. Sez. 5″, 7 marzo 2018, n. 5429; Cass., Sez. 5″, 16 gennaio 2019, n. 947; Cass., Sez. 5″, 17 novembre 2020, n. 26115; Cass., Sez. 5″, 21 ottobre 2021, n. 29328; Cass,., Sez. 6″-5, 5 novembre 2021, n. 32046; Cass., Sez. 5″, 16 novembre 2021, n. 34540; Cass., Sez. 5″, 14 marzo 2022, n. 8156). Nel caso di specie, appunto, risulta, dalla parte della sentenza dedicata allo svolgimento del processo, che la relazione tecnica (unico documento richiamato nella motivazione) è stato prodotto già dinanzi alla Commissione tributaria provinciale.
3.2 Quanto alla violazione dell’art. 7 della n. 212 del 2000, si tratta di doglianza proposta in primo grado, che, però, non risulta devoluta in appello. A ciò si aggiunga che il mezzo è carente di autosufficienza in relazione alla motivazione dell’atto impositivo, di cui si lamenta l’inadeguatezza. Invero, in base: al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito dall’art. 366 cod. proc. civ., qualora il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria regionale sotto il profilo della congruità del giudizio espresso in ordine alla motivazione di un avviso di accertamento (che non è atto processuale, bensì amministrativo), è necessario, a pena di inammissibilità, che il ricorso riporti testualmente i passi della motivazione di detto atto che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi dal giudice di merito, al fine di consentire alla Corte di Cassazione di esprimere il suo giudizio sulla suddetta congruità esclusivamente in base al ricorso medesimo (tra le tante: Cass., Sez. 5, 4 aprile 2013, n. 8312; Cass., Sez. 5, 19 aprile 2013, n. 9536; Cass., Sez. 5, 13 febbraio 2015, n. 2928; Cass., Sez. 5, 28 giugno 2017, n. sez. 5, 10 dicembre 2021, n. 39283; 16147; Cass., Sez. 5, 6 novembre 2019, n. 28570; Cass., Cass., Sez. 5, 14 marzo 2022, n. 8156; Cass., Sez. 6-5, 11 maggio 2022, n. 14905). Non è altrimenti possibile per il giudice di legittimità verificare la corrispondenza di contenuto dell’atto impositivo rispetto alle doglianze del contribuente, venendo preclusa ogni attività nomofilattica (Cass., Sez. SA, 29 luglio 2015, n. 16010; Cass., Sez. SA, 6 novembre 2019, n. 28570).
3.3 Quanto al regime probatorio, secondo l’orientamento – ormai consolidato della giurisprudenza di legittimità, in tema di contributi di bonifica, il contribuente, anche qualora non abbia impugnato innanzi al giudice amministrativo gli atti generali presupposti (cioè, il perimetro di contribuenza, il piano di contribuzione ed il bilancio annuale di previsione del consorzio), riguardanti l’individuazione dei potenziali contribuenti e la misura dei relativi obblighi, può contestare, nel giudizio avente ad oggetto la cartella esattoriale [o l’atto ad essa prodromico] dinanzi al giudice tributario, la legittimità della pretesa impositiva dell’ente, assumendo che gli immobili di sua proprietà non traggono alcun beneficio diretto e specifico dall’opera del consorzio. In tal caso, però, quando vi sia un piano di classifica, approvato dalla competente autorità, l’ente impositore è esonerato dalla prova del predetto beneficio, che si presume in ragione della comprensione dei fondi nel perimetro d’intervento consortile e dell’avvenuta approvazione del piano di classifica, salva la prova contraria da parte del contribuente (da ultime: Cass., Sez. 5 8 ottobre 2014, n. 21176; Cass., Sez. 5, 18 aprile 2018, n. 9511; Cass., Sez. 5, 23 aprile 2020, n. 8079). Ad ogni modo, secondo l’accertamento del giudice di appello, i fondi appartenenti a Podestà Giuseppe non solo sono ricompresi – oltre che nel perimetro di contribuenza – nel piano di classifica, regolarmente approvato con deliberazione n. 1 del 5 maggio 2003 n. 1, ma riportano un indubbio vantaggio dalle opere eseguite dal consorzio, che conservano e migliorano l’aspetto idrogeologico dell’area (secondo le risultanze della perizia stragiudiziale di parte).
4. In ordine alla terza doglianza ex art. 360 n. 5 cod.proc.civ., il ricorrente lamenta la correttezza giuridica delle soluzioni adottate, riproponendo sostanzialmente le stesse doglianze già esaminate (e rigettata) al punto 3, senza, invece, evidenziare lacune o incongruenze della motivazione, su cui neppure si sofferma, o fotti non presi in considerazione nel giudizio di merito, introducendo, peraltro, in modo non auto-sufficiente, eccezioni (sulla perizia di parte) che non risultano prospettate ed affrontate nei precedenti
4. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente condannato alla rifusione, a favore del contro-ricorrente, delle spese di questo giudizio, liquidate come in dispositivo. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del P.R. 30 maggio 2002 n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore del Consorzio di Bonifica e d’Irrigazione Canale Lunese, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 1.200,00, oltre ad euro 200,00 per esborsi ed oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge; ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della I n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
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