CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 26637 depositata il 15 settembre 2023
Lavoro – Somme erogate eredi lavoratore deceduto – Infortunio sul lavoro – Violazione norme antinfortunistiche – Obblighi vigilanza in materia di sicurezza – Rigetto – le dichiarazioni verbalizzate dagli organi di polizia giudiziaria in sede di sommarie informazioni testimoniali, le informazioni di polizia e le assunzioni di testi senza giuramento, le informazioni raccolte dai Carabinieri, possano essere autonomamente valutate dal giudice civile, ai fini del proprio convincimento, purché ritualmente introdotte nel giudizio civile, nel rispetto del contraddittorio delle parti
Ritenuto che
Con sentenza del 24.3.16 la corte d’appello di Catanzaro, in parziale riforma della sentenza 31.12.08 del tribunale della stessa sede, ha condannato la società in epigrafe, nonché il legale rappresentante e direttore lavori della stessa S. ed il caposquadra P., al pagamento di euro 102.672 per regresso dell’INAIL in relazione alle somme erogate agli eredi di lavoratore della società deceduto a seguito di lesioni riportate in infortunio sul lavoro (nella specie, sostituzione di traliccio elettrico ad alta tensione, che era crollato).
In particolare, la corte ha rilevato la violazione di norme antinfortunistiche e degli obblighi di vigilanza in materia di sicurezza.
Avverso la sentenza ricorre S. per cinque motivi, illustrati da memoria, cui resiste l’INAIL un controricorso.
Il Collegio si è riservato il termine di giorni sessanta per il deposito della decisione.
Considerato che
Con il primo motivo si deduce violazione dell’articolo 2697 c.c. 115 e 116 c.p.c., per avere la corte territoriale ribaltato la decisione di primo grado fondando la decisione su atto processuale penale acquisito d’ufficio in violazione dell’onere della prova.
Il motivo è infondato, essendovi comunque nel caso una pista probatoria (v. Sez. L, Ordinanza n. 33393 del 17/12/2019, Rv. 656282 – 01; Sez. L, Sentenza n. 9034 del 06/07/2000, Rv. 538288 – 01), offerta dalla parte che vi era onerata, che abilitava all’uso dei poteri officiosi.
Con il secondo motivo si deduce violazione degli articoli 10 e 11 del d.p.r. 1124/65 nonché 444, 445, 75 e 651 del codice procedura penale, per avere la corte territoriale trascurato che il regresso è possibile solo verso coloro che hanno riportato condanna, mentre qui vi era solo sentenza di patteggiamento.
Il motivo è infondato in considerazione del rilievo che assume la sentenza di patteggiamento (pur priva di efficacia extrapenale di giudicato) sul piano probatorio (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 28106 del 14/10/2021, Rv. 662815 – 01; Sez. 5 – , Ordinanza n. 13034 del 24/05/2017, Rv. 644241 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 20170 del 30/07/2018, Rv. 650182 – 01; Sez. L, Sentenza n. 2168 del 30/01/2013, Rv. 624888 – 01), rilevando nell’ambito del giudizio che il giudice civile opera autonomamente, sulla base di tutto il materiale probatorio a sua disposizione, in ordine all’illiceità penale della fattispecie.
Il terzo motivo deduce la violazione dell’articolo 350 del codice di procedura penale nonché 112, 115 e 116 c.p.c., per avere la corte territoriale utilizzato le sommarie informazioni dell’indagato nel procedimento civile addirittura per inficiare le risultanze probatorie acquisite in sede civile.
Il motivo è infondato: la giurisprudenza di legittimità ha sempre ritenuto possibile che le dichiarazioni verbalizzate dagli organi di polizia giudiziaria in sede di sommarie informazioni testimoniali, le informazioni di polizia e le assunzioni di testi senza giuramento, le informazioni raccolte dai Carabinieri, possano essere autonomamente valutate dal giudice civile, ai fini del proprio convincimento, purché ritualmente introdotte nel giudizio civile, nel rispetto del contraddittorio delle parti (Cass. Sez. L, Sentenza n. 2168 del 30/01/2013, Rv. 624889 – 01; Cass. 20 giugno 2011, n. 13491; Cass. 19 ottobre 2007, n. 22020; Cass. 9 giugno 2005, n. 12166; Cass. 16 giugno 2003, n. 9620; Cass. 10 maggio 2001, n. 6502). Nel caso, vi è stata poi una valutazione complessiva del quadro probatorio operato dal giudice di merito.
Il quarto motivo deduce vizio di motivazione ex art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c. per avere la corte territoriale trascurato la relazione dell’ispettore del lavoro in atti e fatto riferimento invece a c.t.u. del processo penale che era inesistente.
Il motivo è infondato: come precisato dalla giurisprudenza di questa Corte (Sez. 2 – , Ordinanza n. 10525 del 31/03/2022, Rv. 664330 – 01, Sez. 3 – , Sentenza n. 15276 del 01/06/2021, Rv. 661628 – 01 ed altre), esula dal vizio di legittimità ex art. 360, n. 5 c.p.c. qualsiasi contestazione volta a criticare il “convincimento” che il giudice di merito si è formato, ex art. 116, c. 1 e 2 c.p.c., in esito all’esame del materiale probatorio ed al conseguente giudizio di prevalenza degli elementi di fatto, operato mediante la valutazione della maggiore o minore attendibilità delle fonti di prova, essendo esclusa, in ogni caso, una nuova rivalutazione dei fatti da parte della Corte di legittimità; il motivo di ricorso di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c., deve riguardare un fatto storico considerato nella sua oggettiva esistenza, senza che possano considerarsi tali né le singole questioni decise dal giudice di merito, né i singoli elementi di un accadimento complesso, comunque apprezzato, né le mere ipotesi alternative, né le singole risultanze istruttorie, ove comunque risulti un complessivo e convincente apprezzamento del fatto svolto dal giudice di merito sulla base delle prove acquisite nel corso del relativo giudizio.
Con il quinto motivo si deduce violazione dell’articolo 14 del D. M. 9.3.89 e 87 d.p.r. 207 del 2010, nonché 11 delle preleggi, per avere la sentenza impugnata trascurato che il direttore lavori all’epoca non aveva responsabilità per la sicurezza del cantiere, essendo stata questa introdotta solo nel 2010.
Il motivo è infondato in quanto il direttore dei lavori all’epoca era anche il legale rappresentante e quindi il datore di lavoro ai fini della prevenzione.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Spese secondo soccombenza.
Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, che si liquidano in euro 6000 per compensi professionali ed euro 200 per esborsi, oltre a spese generali al 15% ed accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n.115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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