Corte di Cassazione ordinanza n. 26675 depositata il 9 settembre 2022

Interventi di riqualificazione energetica di edifici esistenti – agevolazione spettante anche alle società o tiolari del reddito di impresa

Rilevato che:

1. B.M. per il periodo d’imposta 2009 ai sensi dall’art. 1, commi 344 e seguenti, della l. n. 296 del 2006, indicava in dichiarazione, in proporzione alla quota di partecipazione nella società GAIA s.a.s. (pari al 24,5 per cento), un importo di euro 27.277,00 relativo alle spese per interventi finalizzati al risparmio energetico, eseguiti su un immobile di proprietà della società;

l’Ufficio, con cartella ex art. 36-ter d.P.R. n. 600 del 1973, recuperava a tassazione la somma portata in detrazione, sull’assunto che l’immobile, oggetto dell’attività di impresa, era stato locato alla Mosaico s.r.l.; l’Ufficio in particolare riteneva insussistente il requisito del possesso o detenzione dell’immobile, in quanto concesso in locazione;

2. il contribuente impugnava la cartella davanti alla Commissione tributaria provinciale di Modena, la quale respingeva il ricorso per difetto del presupposto del possesso e detenzione;

3. avverso tale decisione proponeva appello il contribuente, avanti la Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna, che lo respingeva, affermando che «la Corte di Cassazione con sentenza n. 1238/2004 e ordinanza n. 12466/2015 ha stabilito il principio ex lege di attribuire il beneficio fiscale solo a coloro che possiedono o detengono l’immobile oggetto dell’intervento … Nel caso di specie l’intervento è stato effettuato su un immobile di proprietà della G. s.a.s., ma non posseduto o detenuto dalla stessa società, bensì concesso in locazione alla M. s.r.l., e pertanto i benefici devono essere esclusi. Mancando quindi il presupposto del possesso o della detenzione dell’immobile oggetto di intervento teso al risparmio energetico, si rigetta l’appello della parte contribuente in quanto gli interventi tesi al risparmio energetico sono stati effettuati su un immobile non bene strumentale per il contribuente, non utilizzato dallo stesso, concesso in locazione ad altra società»;

3. contro detta sentenza il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi; si è costituita con controricorso l’Agenzia delle entrate, chiedendo il rigetto del ricorso;

4. il ricorso era fissato davanti alla sesta sezione di questa Corte ma rimesso alla pubblica udienza con ordinanza emessa in data 12 settembre 2018, pubblicata in data 18 ottobre 2018;

il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 13 luglio 2022, ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380-bis.1, cod. proc. civ., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal d.l. 31/08/2016, n. 168, conv. in l. 25/10/2016, n. 197, per la quale il ricorrente ha depositato memoria.

Considerato che:

1. il ricorrente propone due motivi di ricorso;

1.2 con il primo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 344 e ss. della l. n. 296 del 2006 e dell’art. 2 d.m. 19/02/2007 nonché dell’art. 1140 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.; deduce infatti che la CTR abbia errato nell’escludere in capo al proprietario che ha concesso in locazione l’immobile il requisito del possesso, elemento costitutivo del diritto al beneficio;

1.2 col secondo motivo deduce la nullità della sentenza in relazione all’art 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per violazione dell’art. 132, n. 4, cod. proc. civ. e 36, comma 2, n. 4, d.lgs. 31/12/1992, n. 546, per motivazione mancante o apparente;

2. occorre premettere che in tema di procedimento di cassazione, ove il ricorso sia stato preliminarmente esaminato dalla sezione prevista dall’art. 376 proc. civ. e questa, in esito alla camera di consiglio, abbia rimesso la causa alla sezione semplice ai sensi dell’art. 380-bis, terzo comma, cod. proc. civ., non sussiste la necessità della trattazione del processo in pubblica udienza, salvo che l’ordinanza di rimessione faccia espresso riferimento alla sussistenza dei presupposti – particolare rilevanza della questione di diritto sulla quale la Corte deve pronunciare – che, ai sensi dell’art. 375, secondo comma, cod. proc. civ., giustificano tale trattazione (Cass. 27/09/2017, n. 22462; Cass. 05/04/2017, n. 8869);

nel caso di specie, l’ordinanza della sezione sesta non reca alcuna motivazione sui presupposti relativi alla necessità della pubblica udienza ma attesta l’insussistenza dei presupposti di cui all’art. 375 cod. proc. civ., relativi alla pronuncia in sede camerale davanti alla sezione prevista dall’art. 376 cod. proc. civ.;

3. va, poi, disattesa l’istanza di trattazione in pubblica udienza proposta dal ricorrente nella memoria depositata e nella successiva istanza del 29 giugno 2022; come questa Corte ha già ritenuto, se è vero che nel giudizio di cassazione la rimessione di una causa alla pubblica udienza dall’adunanza camerale prevista nell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ., è ammissibile in applicazione analogica dell’art. 380- bis, terzo comma, cod. proc. civ., rientrando la valutazione degli estremi per la trattazione del ricorso in pubblica udienza e, in specie, della particolare rilevanza della questione di diritto coinvolta, nella discrezionalità del collegio giudicante e non del presidente della sezione (Cass. 06/03/2017, n. 5533), altrettanto indubbio è che il collegio giudicante ben può escludere, nell’esercizio di tale valutazione discrezionale, la ricorrenza dei presupposti della trattazione in pubblica udienza, in ragione del carattere consolidato dei principi di diritto da applicare al caso di specie (Cass. UU. n. 05/06/2018, n. 14437), ed allorquando non si verta in tema di decisioni aventi rilevanza nomofilattica, idonee a rivestire efficacia di precedente, orientando, con motivazione avente anche funzione extra processuale, il successivo percorso della giurisprudenza (Cass., Sez. U., 23/04/2020, n. 8093; Cass. 21/01/2022, n. 2047; Cass. 13/01/2021, n. 392; Cass. 20/11/2020, n. 26480); il che è quanto accade, per quanto si andrà ad esporre, nel caso in esame;

4. la notifica della proposta effettuata dal (precedente) relatore nell’ambito del procedimento davanti alla sezione filtro di cui all’art. 376 cod. proc. civ. deve ritenersi un mero errore materiale che non inficia la natura del procedimento camerale di cui all’art. 380-bis proc. civ., cui è transitato il processo a seguito della predetta ordinanza;

5. nel merito, parte ricorrente, in memoria, ha chiesto darsi atto della sopravvenuta cessazione della materia del contendere, avendo l’Agenzia restituito la somma, oltre interessi, corrisposta originariamente in relazione alla cartella n. 07020130037459487, chiedendo decidersi in merito alla regolazione delle spese di lite secondo il criterio della soccombenza virtuale;

6. consolidato orientamento di questa Sezione (Cass. 24/02/2022, n. 6068, che, in motivazione, richiama Cass. 28/12/2018, n. 33587, Cass. 14/02/2017, n. 3950; Cass. 20/03/2015, n. 5641; Cass. 21/09/2010, n. 19947; Cass. 20/11/2007, n. 24011), afferma il principio di diritto per il quale il processo tributario ha ad oggetto il rapporto sostanziale corrente tra le parti, ma è strutturato come giudizio di impugnazione dell’atto impositivo, necessario ed imprescindibile ‹‹veicolo di accesso›› alla cognizione dell’organo giudicante, il cui sindacato investe direttamente la legittimità dell’atto, entro i limiti segnati dalle contestazioni sollevate dal ricorrente. Ne deriva che la caducazione degli effetti dell’atto impugnato determina la cessazione della materia del contendere, che va dichiarata con provvedimento che operi alla stregua della cassazione senza rinvio, in quanto il venire meno di ragioni di contrasto fra le parti impone la rimozione delle sentenze emesse non più attuali, perché inidonee a regolare il rapporto fra le parti (Cass. 18/04/2017, n. 9753; Cass. 23/09/2011, n. 19533);

7. altrettanto fermo orientamento della sezione (Cass. 17/05/2022, 15672; Cass. 19/11/2021, n. 35454; Cass. 15/01/2021, n. 582; Cass. 12/11/2019, n. 29163; Cass. 23/07/2019, n. 19815) ha affermato che il beneficio fiscale, di cui all’art. 1, commi 344 e ss. della l. n. 296 del 2006, per le spese relative ad interventi di riqualificazione energetica di edifici esistenti, spetta anche ai soggetti titolari di reddito d’impresa (incluse le società), i quali abbiano sostenuto spese per l’esecuzione degli interventi di risparmio energetico su edifici concessi in locazione a terzi, trattandosi di un’agevolazione volta ad incentivare il miglioramento energetico dell’intero patrimonio immobiliare nazionale, in funzione della tutela dell’interesse pubblico ad un generalizzato risparmio energetico, come si evince, peraltro, dalla formulazione letterale della predetta disposizione normativa che, non contemplando limitazioni di carattere soggettivo od oggettivo, prevede una generalizzata operatività della detrazione d’imposta;

8. per l’epoca di formazione dell’orientamento giurisprudenziale di riferimento, le spese dei gradi di merito debbono essere compensate tra le parti, mentre quelle del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, sono poste a carico dell’ufficio per il principio della soccombenza virtuale;

P.Q.M.

pronunciando sul ricorso, cassa la sentenza impugnata senza rinvio per cessata materia del contendere; compensa le spese dei gradi di merito; condanna l’Agenzia al pagamento in favore del ricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 1.600,00 per compensi, spese forfetarie al 15 per cento, oltre 200,00 euro per esborsi, ed accessori di legge.