Corte di Cassazione ordinanza n. 26709 depositata il 12 settembre 2022

motivazione apparente – vizio di violazione di legge 

Rilevato che:

Con la sentenza impugnata la Commissione tributaria regionale della Lombardia rigettava l’appello proposto da C.C. spa avverso la sentenza n. 281/2/13 della Commissione tributaria provinciale di Milano che ne aveva respinto il ricorso contro l’avviso di accertamento per II.DO. ed IVA 2007.

La CTR, nella parte che qui rileva, osservava in particolare che:

-non risultavano adeguatamente comprovati dalla società contribuente i costi dedotti in relazione alle prestazioni di Pietro Cremonesi;

-la società contribuente aveva annotato fatture passive per operazioni oggettivamente inesistenti.

Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione la società contribuente deducendo tre motivi.

L’Agenzia delle entrate si è costituita al solo fine di partecipare all’udienza di discussione della causa.

Considerato che:

Con il primo e con il secondo motivo -ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.- la ricorrente lamenta la violazione/falsa applicazione dell’art. 109, dPR 917/1986, poiché la CTR ha validato le riprese fiscali in relazione ai costi afferenti le prestazioni di Pietro Cremonesi.

Le censure, da esaminarsi congiuntamente per connessione, sono inammissibili.

Va infatti ribadito che:

In tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura é possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione» (ex multis Cass., n. 26110 del 2015);

Con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione» (Cass. n. 9097 del 07/04/2017).

Risulta palese dall’articolazione dei mezzi che la ricorrente, mascherandoli come denunce per violazione di legge ed in concreto affermando la (non)valutazione data dal giudice tributario di appello al materiale probatorio agli atti, richiede a questa Corte un sindacato sul meritum causae che in virtù dei citati, consolidati, arresti giurisprudenziali non le è consentito.

Con il terzo motivo -ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.- la ricorrente denuncia la violazione/falsa applicazione degli artt. 132, cod. proc. civ., 36, comma 2, n. 4, d.lgs 546/1992 in relazione all’art. 111, Cost., 109, dPR 917/1986, 2697, cod. civ., poiché la CTR ha validato la ripresa relativa alla quota di ammortamento del 20% delle spese relative all’attività di consulenza di Full Data srl, asserendo trattarsi di operazioni oggettivamente inesistenti.

La censura è fondata in relazione al dedotto vizio motivazionale (assoluto).

Su tale punto decisionale il giudice tributario di appello infatti si è limitato ad affermare che «Come evidenziato nella parte motiva dell’avviso di accertamento, “la società ha annotato in contabilità fatture passive che, dagli accertamenti effettuati, sono risultate afferenti ad operazioni oggettivamente inesistenti”».

Trattasi invero di considerazione del tutto apodittica, dalla

quale non è dato comprendere, se non per relationem all’atto impositivo impugnato, la ragione per la quale la CTR lombarda ha ritenuto la fondatezza fattuale della ripresa de qua.

Tale modalità argomentativa sicuramente collide con il consolidato principio di diritto secondo il quale «La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da “errar in procedendo”, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture» (Cass., Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016, Rv. 641526 – 01).

Peraltro non può in tal senso considerarsi sufficiente il rinvio, del tutto acritico, alla motivazione dell’avviso di accertamento impugnato (cfr. in questo senso, Cass., Sez. 5, Sente1za n. 12664 del 20/07/2012, Rv. 623402 – 01).

In sostanza, come denunciato, su tale punto decisionale la motivazione della sentenza impugnata si pone al di sotto del c.d. “minimo costituzionale” (v. SU 8053/2014).

In conclusione, accolto il terzo motivo del ricorso nei termini di cui sopra, respinti il primo ed il secondo motivo, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla CTR per nuovo esame ed anche per le spese del presente giudizio.

PQM

La Corte accoglie il terzo motivo del ricorso, rigetta il primo ed il secondo   motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione    tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.