CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 26711 depositata il 18 settembre 2023
Lavoro – Pensione di anzianità – Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali – Principio del pro rata – Quota retributiva della pensione – Coefficiente di neutralizzazione – Accoglimento
Fatti di causa
1.– Il ragionier G.S. ha convenuto in giudizio, dinanzi al Tribunale di Milano, la Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali, al fine di sentire accertare la nullità e l’inefficacia delle delibere adottate il 22 giugno 2002, il 7 giugno 2003, il 20 dicembre 2003 e il 25 giugno 2011 dal Comitato dei delegati della Cassa e, per l’effetto, di ottenere la condanna della Cassa a corrispondergli la pensione di anzianità, secondo le modalità di calcolo antecedenti alle delibere impugnate e nel rispetto del principio del pro rata.
Il Tribunale di Milano ha respinto il ricorso, sulla base delle disposizioni dell’art. 1, comma 488, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, che, con valenza interpretativa, hanno sancito la legittimità delle preesistenti delibere adottate dalle Casse privatizzate.
2.– Con sentenza n. 924 del 2017, depositata il 12 maggio 2017, la Corte d’appello di Milano ha accolto in parte il gravame del ragioniere S. e, in riforma della pronuncia di primo grado, ha dichiarato che la Cassa è tenuta a corrispondere all’appellante la quota retributiva della pensione di anzianità, nella misura che risulta dall’applicazione della normativa antecedente alle modifiche regolamentari del 22 giugno 2002, del 7 giugno 2003, del 20 dicembre 2003 e del 25 giugno 2011, e, conseguentemente, ha condannato la Cassa a riliquidare la pensione e a versare le differenze maturate. I giudici d’appello hanno confermato, nelle altre statuizioni, la pronuncia impugnata.
2.1.– A fondamento della decisione, la Corte territoriale ha rilevato che la pensione erogata all’appellante decorre dal primo dicembre 2005 e ha richiamato, a tale riguardo, i principi enunciati da Cass., S.U., 8 settembre 2015, n. 17742, che, per i trattamenti pensionistici maturati prima del gennaio 2007, impongono l’applicazione rigorosa del principio del pro rata, alla stregua dell’art. 3, comma 12, della legge 8 agosto 1995, n. 335.
2.2.– Quanto alla richiesta della Cassa di applicare il coefficiente di neutralizzazione, introdotto per le pensioni di anzianità con la delibera del 7 giugno 2003, la questione è nuova ed è, pertanto, inammissibile in fase di gravame.
I giudici d’appello osservano che, ad ogni modo, la pretesa è infondata, in quanto la garanzia del principio del pro rata ha carattere generale e investe tutte le modifiche in peius dei criteri di calcolo della quota retributiva della pensione. In tal senso la giurisprudenza di legittimità si è espressa, proprio con riferimento al coefficiente di neutralizzazione.
2.3.– L’appellante, in virtù della successione di svariati sistemi di calcolo della pensione, ha diritto ad altrettante quote di pensione, che devono essere calcolate, in relazione al periodo dell’anzianità maturata, secondo il sistema rispettivamente in vigore.
In ossequio al principio del pro rata, la pensione si compone delle seguenti quote: «una prima quota (dall’iscrizione della Cassa fino al 30 giugno 1997) secondo la disciplina prevista dall’art. 2, comma 2, della legge 414/1991; ulteriori quote di pensione secondo i criteri di gradualità previsti dall’art. 49, comma 11, del Regolamento del 1997» (pagina 6 della sentenza impugnata).
3.– La Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali impugna per cassazione la sentenza della Corte d’appello di Milano, con ricorso notificato il 7 novembre 2017 e illustrato da memoria.
4.– Resiste con controricorso, notificato il 15 dicembre 2017, il ragioniere G.S..
5.– La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis.1., primo comma, cod. proc. civ., nella formulazione modificata dal decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149.
6.– Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.
7.– Il collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei sessanta giorni successivi al termine della camera di consiglio (art. 380-bis.1., secondo comma, cod. proc. civ.).
Ragioni della decisione
1.– Il ricorso della Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali si articola in sei motivi.
1.1.– Con il primo mezzo (art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.), la parte ricorrente denuncia la nullità della sentenza in relazione agli artt. 112 e 345 cod. proc. civ.
Erroneamente la Corte d’appello di Milano avrebbe affermato la novità delle questioni inerenti al coefficiente di neutralizzazione, immemore degli approfondimenti svolti dalla Cassa sin dalla memoria di costituzione nel giudizio di primo grado e quindi reiterati nella fase di gravame. La sentenza impugnata, pertanto, in violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., avrebbe omesso di pronunciare su una questione ritualmente introdotta nel tema del decidere, sul fallace presupposto della sua novità e della conseguente inammissibilità ai sensi dell’art. 345 cod. proc. civ.
1.2.– Con il secondo motivo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la parte ricorrente formula la medesima censura come violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 345, secondo comma, cod. proc. civ.
1.3.– Con la terza censura (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la Cassa deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3, comma 12, della legge 8 agosto 1995, n. 335.
Avrebbe errato la Corte territoriale nel reputare illegittima l’applicazione del coefficiente di neutralizzazione, introdotto con le delibere del 7 giugno 2003 e del 20 dicembre 2003 per le sole pensioni di anzianità. Il predetto coefficiente, destinato a ridurre la quota retributiva di tali trattamenti, perseguirebbe l’obiettivo di penalizzare i pensionamenti anticipati, in armonia con quanto stabilisce, nel regime dell’assicurazione generale obbligatoria, l’art. 24, comma 10, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214. Il coefficiente di neutralizzazione, inoltre, varrebbe a bilanciare la compatibilità tra la pensione di anzianità e il permanere dell’iscrizione all’Albo professionale, sancita con l’art. 53 del nuovo Regolamento di Esecuzione del 2004. Nessuna attinenza, pertanto, si riscontrerebbe con il principio del pro rata invocato dalla sentenza d’appello.
1.4.– Con la quarta critica (art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.), la Cassa censura la nullità della sentenza della Corte d’appello di Milano, in relazione agli artt. 112 e 414 cod. proc. civ., per aver frazionato in “sub-quote” la pensione spettante al ragionier S., in difetto d’una specifica domanda. La pronuncia impugnata sarebbe affetta, pertanto, da ultrapetizione.
1.5.– Con la quinta doglianza (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la parte ricorrente formula la medesima censura come violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.
1.6.– Con il sesto motivo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la Cassa prospetta, infine, la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 3, comma 12, della legge n. 335 del 1995 e si duole che la Corte d’appello di Milano abbia arbitrariamente scomposto in “sub-quote” la quota retributiva della pensione riliquidata. Il ragionier S., beneficiario d’un trattamento pensionistico con decorrenza anteriore al 1° gennaio 2007, sarebbe assoggettato alla sola disciplina racchiusa nell’art. 49, comma 2, del Regolamento del 1997, che prescrive di tener conto della media dei quindici redditi professionali annuali più elevati dichiarati dall’iscritto ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) per gli ultimi vent’anni solari di contribuzione. Dalla giurisprudenza di legittimità si evincerebbe la necessità di applicare il principio del pro rata secondo un criterio unico, senza smembrare le quote di pensione in ragione delle disparate discipline che si sono succedute nel tempo.
2.– Il primo e il secondo motivo possono essere esaminati congiuntamente, in quanto investono il medesimo punto: la declaratoria d’inammissibilità delle domande concernenti il coefficiente di neutralizzazione.
Della pronuncia d’appello la ricorrente censura, con il supporto d’identici argomenti, tanto la nullità (art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.) quanto la violazione e la falsa applicazione delle norme processuali (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.).
2.1.– La ratio decidendi della pronuncia impugnata s’incardina sull’argomento dirimente della novità delle questioni delineate dalla Cassa (pagina 4).
La Corte territoriale, nel porre l’accento sull’inammissibilità delle deduzioni svolte solo in fase di gravame, si è spogliata della potestas iudicandi in ordine al merito della controversia (Cass., S.U., 20 febbraio 2007, n. 3840; di recente, nello stesso senso, Cass., sez. lav., 11 ottobre 2022, n. 29529), pur non mancando di svolgere a tale riguardo, ad abundantiam, notazioni puramente ipotetiche e virtuali (pagina 5).
Pertinenti, dunque, si rivelano le critiche della parte ricorrente, che s’indirizzano contro le statuizioni della Corte d’appello, rese in limine su un profilo assorbente: l’inammissibilità delle questioni agitate in sede d’appello, in quanto oramai precluse.
2.2.– Le critiche colgono nel segno.
La Cassa ha debitamente riprodotto, nel ricorso per cassazione, gli stralci della memoria difensiva depositata nel giudizio di primo grado, che ha riservato una particolareggiata disamina anche al tema del coefficiente di neutralizzazione (cfr., a tale riguardo, pagine 4, 5 e 6 del ricorso e, in particolare, il paragrafo 28 della memoria, trascritto a pagina 6 del ricorso).
Su tale trattazione si diffonde anche la memoria illustrativa depositata in vista dell’adunanza in camera di consiglio dinanzi a questa Corte (pagine 3 e 4), per corroborare la ritualità delle deduzioni reiterate in fase d’appello e, di riflesso, l’error in procedendo che inficia il ragionamento dei giudici del gravame.
Né il controricorso, su tale specifico profilo, formula rilievi critici circostanziati, limitandosi ad asserire l’irritualità della produzione documentale, attinente alle determinazioni interne della Cassa (pagine 4 e 5), e, sul versante del merito, la correttezza della soluzione prescelta dalla Corte d’appello (pagine 5 e seguenti del controricorso).
Si tratta di argomenti che non interferiscono con la questione processuale oggi all’esame di questa Corte.
Dai riscontri documentali e dalle puntuali deduzioni che corredano i motivi di ricorso si desume, in ultima analisi, che il tema, lungi dall’essere stato introdotto ex abrupto nel giudizio d’appello, è stato tempestivamente allegato sin dal giudizio di primo grado, in replica alle osservazioni illustrate dal ragioniere a sostegno dell’azione intrapresa.
2.3.– Peraltro, l’applicazione del coefficiente di neutralizzazione è inscindibilmente connessa con il tema del decidere già tratteggiato con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, che verte, in termini generali, sulla determinazione del trattamento pensionistico secondo le delibere del Comitato dei delegati della Cassa del 22 giugno 2002, del 7 giugno 2003, del 20 dicembre 2003 e del 25 giugno 2011 (cfr. le conclusioni trascritte a pagina 2 del ricorso per cassazione e la pagina 2 della sentenza d’appello).
Di tale determinazione il coefficiente di neutralizzazione, nell’incidere sulla quota retributiva della pensione di anzianità, è parte integrante e aspetto essenziale. Nessuna surrettizia alterazione dell’oggetto del giudizio si può, pertanto, ravvisare.
2.4.– Ne discende che la sentenza impugnata presta il fianco alle censure della ricorrente, nell’avere ritenuto inammissibili le questioni attinenti al coefficiente di neutralizzazione.
3.– Rimane assorbito l’esame del terzo mezzo, che tocca il merito delle questioni dibattute in ordine al predetto coefficiente. Merito che il giudice di rinvio dovrà scrutinare ex novo, in conformità ai principi enunciati da Cass., sez. lav., 6 novembre 2018, n. 28253, e 28 settembre 2018, n. 23597.
4.– Possono essere esaminati congiuntamente il quarto e il quinto motivo, che denunciano il medesimo vizio di ultrapetizione, nella prospettiva della nullità della sentenza (quarto motivo) e della violazione e della falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. (quinto motivo).
Le doglianze devono essere disattese.
4.1.– Il vizio di ultrapetizione o di extrapetizione ricorre quando il giudice di merito, alterando gli elementi obiettivi dell’azione (petitum o causa petendi), emetta un provvedimento diverso da quello richiesto (petitum immediato), oppure attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso (petitum mediato), così pronunciando oltre i limiti delle pretese o delle eccezioni fatte valere dai contraddittori (fra le molte, Cass., sez. II, 21 marzo 2019, n. 8048).
4.2.– La pronuncia d’appello, nel caso di specie, non incorre nella violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.
A fronte d’una domanda, volta ad ottenere la liquidazione della quota retributiva della pensione di anzianità secondo le regole antecedenti alle delibere del 22 giugno 2002, del 7 giugno 2003, del 20 dicembre 2003 e del 25 giugno 2011 (cfr. le conclusioni trascritte a pagina 2 dello stesso ricorso per cassazione), la Corte d’appello di Milano ha provveduto a inquadrare sub specie iuris i fatti dedotti nel ricorso introduttivo e ad applicare la regola di diritto che ha ritenuto appropriata, scomponendo la quota retributiva della pensione in altrettanti segmenti, speculari alle discipline via via mutate nel tempo.
L’azione instaurata dal ragioniere S. si ripromette di conseguire l’applicazione della disciplina previgente, senza le limitazioni introdotte dalle posteriori delibere dei Comitati dei delegati della Cassa.
Nel riconoscere la fondatezza della domanda, la Corte territoriale ha poi modulato il corrispondente accoglimento sulla base delle normative che si sono avvicendate, senza travalicare, nondimeno, i limiti delle pretese fatte valere dall’attore.
Tali pretese devono essere inquadrate nel loro contenuto sostanziale e si configurano, nella loro essenza, come richiesta di beneficiare dei criteri di liquidazione più risalenti, a prescindere poi dalla concreta declinazione di tali criteri, che spetta al giudice enucleare nel suo compito istituzionale d’interpretare e applicare la legge.
Il bene della vita s’identifica nella corretta liquidazione della pensione di anzianità, senza le modifiche apportate in peius dalla Cassa. Nell’attribuire il bene della vita richiesto, la pronuncia impugnata, senza esorbitare dai confini della disciplina invocata dall’attore, ha poi frammentato le quote in altrettante “sub-quote”.
Non è dato scorgere alcun superamento dei limiti tracciati dalle domande dell’attore, considerate nel loro nucleo essenziale.
5.– Se l’applicazione della legge sia poi corretta, è questione che forma oggetto della sesta censura.
Il motivo si rivela fondato.
5.1.– Come la parte ricorrente ha rimarcato, con dovizia di riferimenti, anche nella memoria illustrativa (pagine 14 e seguenti), questa Corte è costante nell’affermare che il calcolo della quota retributiva della pensione (quota A), assoggettato ai più favorevoli criteri di calcolo antecedenti alle richiamate innovazioni del 2002 e del 2003, deve uniformarsi alle previsioni dell’art. 49 del Regolamento di Esecuzione del 1997 (delibera 28 giugno 1997), in quanto vigenti alla data di maturazione del diritto, riguardante, nella specie, una pensione decorrente dal dicembre 2005.
L’art. 49, applicabile alle pensioni di anzianità in quanto richiamato dall’art. 50, dispone che: «La misura annua della pensione di vecchiaia è pari, per ogni anno di effettiva iscrizione e contribuzione, al 2 per cento della media dei quindici redditi professionali annuali più elevati dichiarati dall’iscritto ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) per gli ultimi venti anni solari di contribuzione anteriori a quello di maturazione del diritto a pensione».
Non si deve, dunque, fare applicazione di «ogni singolo criterio di calcolo via via modificato nel tempo» (Cass., sez. lav., 6 novembre 2018, n. 28253, cit., punto 13 dei “Motivi della decisione”, in particolare lettera c, lettera d; nello stesso senso, fra le molte, anche Cass., sez. lav., 18 febbraio 2019, n. 4676, punto 4 dei “Motivi della decisione”, lettera c, lettera d).
Quanto ai meccanismi previsti dal Regolamento del 1997, all’art. 49, commi 9 e 11, questa Corte ha specificato che hanno carattere transitorio e dispiegano la loro efficacia nel contesto dei periodi ivi considerati, in relazione alle pensioni liquidate fino al primo luglio 2003 (sentenza n. 28253 del 2018, cit., punto 13, lettera d).
5.2.– Ne consegue che, per le pensioni contraddistinte da decorrenza anteriore al primo gennaio 2007, il calcolo della quota retributiva non potrà che soggiacere a un unico criterio, individuato in ragione del momento della maturazione del diritto e corrispondente, nel caso di specie, all’art. 49 del Regolamento, che valorizza, principalmente, la media degli ultimi quindici migliori redditi sugli ultimi venti (Cass., sez. lav., 31 gennaio 2019, n. 2929).
Da tali principi, ribaditi a più riprese da questa Corte (da ultimo, Cass., sez. lav., 18 luglio 2023, n. 21015, n. 21014 e n. 20824), i giudici d’appello si sono discostati, nell’applicare una pluralità di criteri (pagina 6), secondo le discipline progressivamente intervenute a regolare la materia (nella specie, la legge 30 dicembre 1991, n. 414, fino al 30 giugno 1997, e l’art. 49 del Regolamento, per il periodo successivo al 30 giugno 1997).
6.– In conclusione, sono accolti il primo, il secondo e il sesto motivo, laddove il quarto e il quinto mezzo devono essere disattesi e la terza critica rimane assorbita.
7.– La sentenza è cassata in relazione alle censure accolte.
La causa dev’essere rinviata alla Corte d’appello di Milano che, in diversa composizione, riesaminerà la fattispecie controversa alla luce dei rilievi svolti e provvederà anche a liquidare le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il primo, il secondo e il sesto motivo di ricorso; dichiara assorbito il terzo motivo; respinge il quarto e il quinto mezzo; cassa l’impugnata sentenza in relazione alle censure accolte e rinvia la causa, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio, alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 27309 depositata il 25 settembre 2023 - Ai fini dell’applicazione della clausola di cui all’art. 28 del CCNL 2002/2005 - chiara nel prevedere la conservazione dei diritti già acquisiti e nello stabilire che le…
- Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 32566 depositata il 19 novembre 2020 - Nel processo civile e nel processo penale, tutte le comunicazioni e notificazioni per via telematica si effettuano, mediante posta elettronica certificata, ai sensi…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 25 novembre 2022, n. 34763 - In tema di anagrafe delle ONLUS di cui all'art. 11, comma 3, del D.L. vo 7 dicembre 1997 n. 460, stante l'espresso rinvio dell'art. 3, comma 2, del D.M. 18 luglio 2003 n. 266 (portante il…
- Corte di Cassazione, sezioni unite, sentenza n. 5542 depositata il 22 febbraio 2023 - In caso di reiterazione di contratti a tempo determinato, affetti da nullità perché stipulati in assenza di ragioni temporanee, ove la conversione sia impedita dalle…
- MINISTERO FINANZE - Decreto ministeriale 01 febbraio 2024 Modalità di utilizzo dei dati fiscali relativi ai corrispettivi trasmessi al Sistema tessera sanitaria Art. 1 Definizioni 1. Ai fini del presente decreto si intende per: a) «dati fiscali», i…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 26360 depositata il 12 settembre 2023 - La maturazione del diritto a pensione avviene […] al momento in cui non solo siano maturati (ovvero abbiano trovato attuazione) i presupposti giuridici e contributivi, ma sia…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Processo tributario: competenza del giudice tribut
La sentenza n. 186 depositata il 6 marzo 2024 del Tribunale Amministrativo Regio…
- Prescrizione quinquennale delle sanzioni ed intere
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 11113 depos…
- L’utilizzo dell’istituto della compens
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 17116 depositata il 2…
- IMU: no all’esenzione di abitazione principa
La Corte di Cassazione. sezione tributaria, con l’ordinanza n. 9496 deposi…
- Il consulente tecnico d’ufficio non commette
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 15642 depositata il 1…