CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 26802 depositata il 19 settembre 2023
Avviso di addebito – Contributi dovuti alla Gestione separata INPS – Avvocato – Eccezione di prescrizione quinquennale – Sospensione della prescrizione per occultamento doloso del debito – Mancata compilazione del quadro RR – Esclusione della condotta dolosa del contribuente – Inammissibilità
Fatti di causa
1.– Con sentenza n. 315 del 2020, depositata il 2 luglio 2020, la Corte d’appello dell’Aquila ha respinto il gravame proposto dall’INPS e, per l’effetto, ha confermato la pronuncia del Tribunale della medesima sede, che aveva accolto l’opposizione dell’avvocato D.B. contro l’avviso di addebito notificato il 22 agosto 2017 per l’importo complessivo di Euro 1.668,93, a titolo di contributi dovuti alla Gestione separata INPS (art. 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335) e di connesse sanzioni.
Il giudice di prime cure aveva reputato assorbente l’eccezione di prescrizione quinquennale.
1.1.– A fondamento della decisione, la Corte territoriale ha argomentato che la prescrizione quinquennale decorre dalla scadenza del termine per il pagamento dei contributi e non già dal momento in cui è presentata la dichiarazione dei redditi (si menzionano Cass., sez. lav., 31 ottobre 2018, n. 27950, e le successive pronunce conformi di questa Corte), che non costituisce presupposto del credito contributivo.
1.2.– Per l’anno 2011, il termine per il versamento del saldo delle imposte sui redditi delle persone fisiche e, dunque, per il pagamento dei contributi è il 30 giugno 2012, termine poi differito al 9 luglio 2012.
Ne consegue che è tardiva la richiesta di pagamento del 22 agosto 2017, formulata con l’avviso di addebito, allorché il termine di prescrizione era già infruttuosamente decorso.
1.3.– Né si può invocare una condotta dolosa del contribuente, idonea a sospendere il corso della prescrizione ai sensi dell’art. 2941, n. 8, cod. civ.
La mancata compilazione del quadro RR non si configura come un «comportamento intenzionale di occultamento del credito»: il professionista ha indicato puntualmente, nella dichiarazione, il reddito conseguito con l’attività di lavoro autonomo, «pur non avendolo indicato nella parte del modulo che consente all’Istituto una verifica più agevole». Tale omissione non implica l’impossibilità di agire, ma soltanto una mera difficoltà d’accertamento, come tale irrilevante.
2.– L’INPS impugna per cassazione la sentenza della Corte d’appello dell’Aquila, con ricorso notificato il 22 dicembre 2020.
3.– L’avvocato D.B. resiste con controricorso, notificato il 28 gennaio 2021 e illustrato da memoria.
4.– La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio dinanzi a questa sezione, ai sensi dell’art. 380-bis.1., primo comma, cod. proc. civ., nella formulazione modificata dal decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149.
5.– Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.
6.– Il collegio, ai sensi dell’art. 380-bis.1., secondo comma, cod. proc. civ., si è riservato il deposito dell’ordinanza nei sessanta giorni successivi alla camera di consiglio.
Ragioni della decisione
1.– Con l’unico motivo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), l’INPS denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2935 e 2941, n. 8, cod. civ., in relazione all’art. 2, commi 26-31, della legge n. 335 del 1995, all’art. 18, comma 12, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111, all’art. 1 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462, e all’art. 10, comma 1, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. Avrebbe errato la Corte di merito nell’escludere l’occultamento doloso del debito, nell’ipotesi di omessa compilazione del quadro RR, «specificamente dedicato alla determinazione dei contributi da parte del Fisco» (pagina 6 del ricorso per cassazione). La compilazione di tale quadro, invero, rappresenterebbe l’unico strumento idoneo a consentire all’INPS la verifica della produzione d’un reddito da lavoro autonomo, rilevante per il sorgere dell’obbligo d’iscrizione alla Gestione separata.
Il contribuente avrebbe violato un preciso obbligo di legge, preordinato alla tutela d’interessi «di carattere pubblicistico» (pagina 9 del ricorso per cassazione), e non potrebbe addurre a sua scusante l’incertezza interpretativa generata dall’ambiguità della legge.
2.– Le censure non incorrono nel profilo d’inammissibilità, eccepito nel controricorso (pagine 5 e 6) e reiterato nella memoria illustrativa, con riferimento alla novità delle questioni dibattute in sede d’appello e in sede di legittimità.
Ad avviso del controricorrente, le difese svolte in primo grado s’incentrano sulla sola decorrenza del termine di prescrizione ed è perciò precluso introdurre in sede di gravame e, conseguentemente, in sede di legittimità la diversa questione della sospensione della prescrizione.
2.1.– Questa Corte è costante nell’affermare che la sospensione della prescrizione per occultamento doloso del debito integra eccezione in senso lato, dunque rilevabile d’ufficio anche in appello, sulla base delle prove già ritualmente acquisite (Cass., sez. II, 30 settembre 2016, n. 19567).
2.2.– In conformità ai principi enunciati da questa Corte proprio in tema di prescrizione dei contributi alla Gestione separata (fra le molte, Cass., sez. lav., 7 novembre 2022, n. 32683), si deve ribadire che la fattispecie estintiva della prescrizione è unitaria e inscindibile, in tutti gli elementi che concorrono a individuare il «tempo determinato dalla legge» (art. 2934 cod. civ.), necessario per il suo compiersi.
Fra tali elementi, si annoverano il dies a quo della prescrizione, i fatti interruttivi e sospensivi, tutti destinati a incidere su quel tempo della prescrizione che il giudice, al cospetto di un’eccezione validamente sollevata, è chiamato a valutare sulla scorta della pertinente disciplina di legge (iura novit curia) e degli elementi probatori agli atti.
Le censure, formulate dall’Istituto, hanno contribuito a mantenere controverso il tema della prescrizione, in tutti i suoi aspetti, comprensivi anche della sospensione, rilevabile d’ufficio dal giudice e comunque rite et recte devoluta dapprima ai giudici d’appello e ora a questa Corte, sulla base delle circostanze già acquisite al processo.
2.3.– Nessuna irrituale alterazione del tema del decidere, pertanto, si può ravvisare e le censure che investono il tema della sospensione della prescrizione si rivelano ammissibili, sotto i profili segnalati dal controricorrente, in quanto si correlano alla ratio decidendi della sentenza d’appello.
3.– Il ricorso è inammissibile per una diversa ragione.
3.1.– La causa di sospensione della prescrizione, sancita dall’art. 2941, n. 8, cod. civ., postula una condotta idonea a determinare, per il creditore, una vera e propria impossibilità di agire, e non una mera difficoltà d’accertamento del credito. È presupposto imprescindibile un comportamento intenzionalmente diretto ad occultare al creditore l’esistenza dell’obbligazione e foriero di un impedimento non superabile con gli ordinari controlli (Cass., sez. lav., 1° giugno 2023, n. 15515, punto 14 delle “Ragioni della decisione”).
3.2.– Questa Corte, nel puntualizzare l’orientamento espresso da Cass., sez. lav., 7 marzo 2019, n. 6677, ha affermato che, in tema di sospensione della prescrizione dei contributi dovuti dai professionisti a seguito d’iscrizione alla Gestione separata di cui all’art. 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995, non è configurabile un automatismo tra la mancata compilazione del quadro RR nella dichiarazione dei redditi e l’occultamento doloso del debito contributivo (Cass., sez. VI-L, 30 novembre 2021, n. 37529).
Il relativo accertamento costituisce oggetto d’una valutazione rimessa al giudice di merito, censurabile in cassazione nei ristretti limiti di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.
Che si tratti di accertamento di fatto, da svolgere caso per caso, è affermato anche dall’ordinanza n. 6677 del 2019, richiamata dall’Istituto a sostegno delle sue difese, sul fallace presupposto che le enunciazioni di principio di questa Corte, chiamata in quel frangente a confrontarsi con una peculiare valutazione di merito già compiuta dai giudici d’appello, adombrino invece, con portata generale, un rapporto d’indefettibile implicazione tra l’omessa compilazione del quadro RR e l’occultamento doloso del debito.
3.3.– A tale orientamento, oramai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte (Cass., sez. lav., 19 luglio 2023, n. 21275, e ordinanza n. 15515 del 2023, cit., al già richiamato punto 14 delle “Ragioni della decisione”), occorre dare continuità, in difetto di argomenti che valgano a scalfirne la forza persuasiva.
3.4.– La Corte territoriale si è conformata alla regola di diritto, che riconnette l’occultamento doloso del debito a una condotta fraudolenta, intenzionalmente diretta ad occultare al creditore l’esistenza dell’obbligazione (Cass., sez. lav., 13 ottobre 2014, n. 21567) e suscettibile di determinare un impedimento non sormontabile con gli ordinari controlli (Cass., sez. lav., 17 aprile 2007, n. 9113), che trascende la mera difficoltà d’accertamento del credito (Cass., sez. lav., 27 febbraio 2020, n. 5413).
I giudici d’appello hanno poi rettamente inteso ed applicato la disciplina in materia di sospensione della prescrizione, che impone un accertamento in concreto della condotta dolosa, senza delineare alcun automatismo ineluttabile, avulso dalla specificità della singola vicenda.
3.5.– Con tale accertamento in concreto i giudici d’appello hanno mostrato di cimentarsi, ponderando in modo circostanziato tutti i dati di fatto rilevanti.
La sentenza impugnata, all’esito dell’apprezzamento delle prove, ha escluso tanto il coefficiente doloso dell’omissione quanto l’idoneità del contegno omissivo a determinare un’impossibilità di esercizio del diritto e, dunque, un quid pluris rispetto alla mera difficoltà d’accertamento, di per sé ininfluente.
Dietro lo schermo della violazione di legge, il motivo di ricorso, nella sua essenza, sollecita a questa Corte una revisione dell’accertamento compiuto dai giudici d’appello e ambisce a ottenere una più favorevole ricostruzione del merito degli accadimenti.
Il ricorrente si limita a contrapporre una più appagante lettura del materiale istruttorio, senza denunciare un vizio di omesso esame d’un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, secondo il rigoroso paradigma dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. In questo si coglie la ragione dirimente dell’inammissibilità delle critiche svolte con l’odierna impugnazione (fra le molte, Cass., S.U., 27 dicembre 2019, n. 34476).
4.– In ultima analisi, la sentenza impugnata, che ha escluso gli estremi d’una condotta dolosa e, pertanto, ha reputato prescritte le pretese contributive, si sottrae alle censure del ricorrente, incardinate sulla sospensione della prescrizione.
In virtù dei rilievi svolti, il ricorso dev’essere dichiarato inammissibile.
5.– Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza (art. 385, primo comma, cod. proc. civ.) e si liquidano nella misura indicata in dispositivo.
6.– La declaratoria d’inammissibilità del ricorso, proposto dopo il 30 gennaio 2013, impone di dare atto dei presupposti dell’obbligo del ricorrente di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove sia dovuto (Cass., S.U., 20 febbraio 2020, n. 4315).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso; condanna la parte ricorrente a rifondere alla parte controricorrente le spese del giudizio, che liquida in Euro 1.600,00 per compensi, in Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% e agli accessori di legge.
Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1-bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
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