Corte di Cassazione ordinanza n. 27197 depositata il 15 settembre 2022
classamento catastale centrali elettriche ed eoliche – l’atto di classamento va necessariamente motivato
RITENUTO CHE:
1. con sentenza n. 1982/16/19, depositata il 3 aprile 2019, non notificata, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio rigettava
l’appello proposto dal contribuente avverso la sentenza n. 20668/43/17 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma, con condanna al pagamento delle spese;
2. il giudizio aveva ad oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle Entrate aveva proceduto a rettificare il classamento di una unità immobiliare sita nel comune di Roma, di vani 10 destinata ad attività ricettiva, da categoria A/2, classe 3, proposta con procedura DOCFA a seguito di una modifica della distribuzione di spazi interni, a categoria D/2;
3. la CTP aveva rigettato il ricorso, ritenendo l’atto regolarmente notificato, adeguatamente motivato, tempestivo, data la natura ordinatoria del termine di cui all’art. 1, comma 3, del d.m. n. 701 del 1994, ed irrilevante la diversa destinazione urbanistica del bene;
4. la CTR aveva confermato la decisione di primo grado, ribadendo la tempestività dell’accertamento, la sufficienza della motivazione e la correttezza del diverso classamento, tenuto conto delle caratteristiche oggettive del bene, immobile composto da 7 camere, ciascuna con bagno privato, 1jestinato ad attività turistico ricettivo;
5. avverso la sentenza di appello, il contribuente proponeva ricorso per cassazione, consegnato per la notifica il 2:9 ottobre 2019, affidato a tre motivi; l’Agenzia resisteva con controricorso.
CONSIDERATO CHE:
1. con il primo motivo il ricorrente deduceva la violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della n. 212 del 2000, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., censurando la sentenza della CTR per aver ritenuto l’atto impugnato adeguatamente motivato sebbene privo delle ragioni di fatto e di diritto che giustificassero la modifica del classamento proposto;
2. con il secondo motivo eccepiva la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., rilevando che la CTR si era pronunciata su un motivo non riproposto, quello della natura ordinatoria del termine di cui all’art. 1, comma 3, del d.m. n. 701 del 1994, omettendo di esaminare il motivo relativo alla difformità nel nuovo classame11to rispetto alle disposizioni urbanistiche;
3. con il terzo motivo denunciava l’omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’art. 360, comma 1, 5, c.p.. c., per non aver tenuto conto, ai fini della qualificazione della struttura come pensione e non come affittacamere, secondo le previsioni del regolamento regionale n. 16/17 del 24 ottobre 2008, del fatto che una delle camere fosse destinata alla sua personale abitazione.
OSSERVA CHE:
1. Il primo motivo di ricorso risulta infondato.
1.1 L’atto di classamento va necessariamente motivato e l’obbligo motivazionale deve soddisfare il principio di cui all’art. 7 della I. n. 212 del 2000 (Statuto del contribuente), che a sua volta richiama l’art. 3 della I. n. 241 del 1990, secondo cui all’Amministrazione finanziaria è tenuta ad indicare nei suoi atti “i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione“
In tema di estimo catastale l’obbligo di motivazione a carico dell’Amministrazione si atteggia in ogni caso diversamente a seconda che la stessa operi d’iniziativa o su sollecitazione del contribuente.
La costituzione di nuovi immobili avvenuta per edificazione urbana o per una variazione nello stato degli immobili urbani, che influisce sul classamento o sulla consistenza (fusione o frazionamento, cambio di destinazione, nuova distribuzione degli spazi interni, ecc.) deve essere dichiarata al Catasto. La dichiarazione, a carico degli intestatari dell’immobile, avviene con la presentazione all’Agenzia del Territorio competente di un atto di aggiornamento predisposto da un professionista tecnico abilitato (architetti, dottori agronomi e forestali, geometri, ingegneri, periti agrari e periti edili), attivando la procedura cd. DOCFA; a fronte di tali dichiarazioni l’ufficio può quindi effettuare i dovuti controlli e attivare eventuali rettifiche d’ufficio, che vanno notificate ai soggetti intestatari.
1.2 Nell’ipotesi in cui l’avviso di classamento consegua ad un’iniziativa del contribuente, questa Corte ha più volte ribadito che “In tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della cd. procedura DOCFA, l’obbligo di motivazione del relativo avviso è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita, quando gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano disattesi dall’Ufficio e l’eventuale differenza tra la rendita proposta e quella attribuita derivi da una diversa valutazione tecnica riguardante il valore economico dei beni, mentre, nel caso in cui vi sia una diversa valutazione degli elementi di fatto, la motivazione deve essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate a per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente e sia per delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso.” (Vedi Cass. n. 31809, n. 12777 e n. 12389 del 2018; n. 12497 del 2016).
Si è anche precisato che “In tema di classamento di immobili, l’attribuzione della rendita catastale mediante procedura cd. DOCFA si distingue dal riclassamento operato su iniziativa dell’ufficio ai sensi dell’art. 1, comma 335, della I. n. 2.l 1 del 2004: nel primo caso, trattandosi di procedura collaborativa, l’obbligo di motivazione del relativo avviso è assolto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita, quando gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano disattesi dall’Ufficio e l’eventuale differenza con la rendita proposta derivi da una diversa valutazione tecnica sul valore economico dei beni; nel secondo caso, invece, dovendosi incidere su valutazioni già verificate in termini di congruità al fine di mutare il classamento precedentemente attribuito, la motivazione è più approfondita, in quanto volta ad evidenziare gli elementi di discontinuità che legittimano la variazione“. (Sez. 5 – , Ordinanza n. 30166 del 20/11/2019 (Rv. 655929 – 01)
1.3 Ebbene, l’avviso di rettifica impugnato, il cui contenuto è riportato nel ricorso, risulta conforme ai suindicati oneri motivazionali, in quanto, senza modificare gli elementi di fatto indicati dal contribuente e richiamati analiticamente i riferimenti normativi sulla cui base è stata operata la valutazione, ha proceduto alla sola modifica della categoria proposta, i cui parametri di riferimento sono fissati per legge, sulla base di una valutazione tecnica delle stesse caratteristiche del bene classato dichiarate dall’istante.
2. Anche il secondo motivo non merita accoglimento, dovendosi constatare, da un lato, una carenza di interesse ad impugnare, stante l’irrilevanza, ai fini della decisione finale, della circostanza che la CTR si sia pronunciata per il rigetto anche su di un motivo non riproposto, dall’altro, che la stessa si è comunque implicitamente pronunciata sulla doçilianza relativa alla presunta violazione delle norme sulla destinazione urbanistica del bene, laddove ha evidenziato la facoltà dell’amministrazione finanziaria di verificare autonomamente le caratteristiche degli immobili determinandone la corretta iscrizione in catasto.
Il motivo è, in ogni caso, del tutto privo di fondamento in quanto la disciplina urbanistica e quella del classamento degli immobili perseguono finalità diverse e non sovrapponibili, restando a carico del cittadino l’obbligo di rispettare entrambe, sicché, dovendosi dare rilevanza ai fini fiscali esclusivamente alle caratteristiche oggettive del bene, sarà poi eventualmente onere del contribuente regolarizzare anche dal punto di vista urbanistico la destinazione d’uso dell’immobile che, nella specie., come dedotto nello stesso motivo di ricorso, restava, in ogni caso, immutata sia in caso di qualificazione come affittacamere che quale struttura ricettiva.
3. Da rigettare infine il terzo motivo.
3.1 Il d.P.R. n. 1142 del 1949, art. 61, recita: “il classamento consiste nel riscontrare, con sopraluogo per ogni singola unità immobiliare, la destinazione ordinaria e le caratteristiche influenti sul reddito e nel collocare l’unità stessa in quella tra le categorie e classi prestabilite per la zona censuaria a norma dell’art. 9 che, fatti gli opportuni confronti con le unità tipo, presenta destinazione e caratteristiche conformi od analoghe. Le unità immobiliari urbane devono essere classate in base alla (destinazione ordinaria ed alle caratteristiche che hanno all’atto del classamento”.
A norma del successivo art. 62 poi: “La destinazione ordinaria si accerta con riferimento alle prevalenti consuetudini locali, avuto riguardo alle caratteristiche costruttive dell’unità immobiliare”.
Questa Corte ha quindi già affermato che “Il provvedimento di attribuzione della rendita catastale di un immobile è un atto tributario che inerisce al bene che ne costituisce l’oggetto, secondo una prospettiva di tipo “reale”, riferita alle caratteristiche oggettive (costruttive e tipologiche in genere), che costituiscono il nucleo sostanziale della cd. “destinazione ordinaria”, sicché l’idoneità del bene a produrre ricchezza va ricondotta, prioritariamente, non al concreto uso che di esso venga· fatto, ma alla sua destinazione funzionale e produttiva, che va accertata in riferimento alle potenzialità d’utilizzo purché non in contrasto con la disciplina urbanistica“. (vedi Cass. n. 8773 e n. 12205 del 2015); ed ancora che “In tema di rendita catastale, nell‘ipotesi in cui l’immobile per le proprie caratteristiche strutturali rientri in una categoria speciale, non assume rilevanza la corrispondenza rispetto a/l’attività in concreto svolta all’interno dello stesso che può costituire, ove ricorrente, mero elemento rafforzativo della valutazione oggettiva operata.” (Vedi Cass. n. 22103 del 2018).
Non rileva quindi né il carattere pubblico o privato della proprietà dell’immobile, né eventuali funzioni latamente sociali svolte dal proprietario, mentre il fine di lucro merita di essere preso in considerazione, in quanto espressamente previsto come criterio di classificazione per numerose categorie, ma in termini oggettivati, nel senso che se ne richiede una verifica che ne ricerchi la sussistenza desumendola dalle caratteristiche strutturali dell’immobile, irreversibili se non attraverso modifiche significative, e non si arresti quindi al tipo di attività che in un determinato momento storico vi viene svolta, che può costituire un criterio complementare ma non alternativo o esclusivo ai fini del classamento.
3.2 Nel quadro generale delle categorie delle unità immobiliari, queste sono distinte in base al criterio della destinazione ordinaria (gruppi A – C), della destinazione speciale (gruppo D) e della destinazione particolare (gruppo E).
Ai sensi dell’art. 8 del d.P.R. n. 1.141 del 1949 la categoria D raggruppa immobili aventi destinazione industriale e commerciale, non suscettibili di destinazione difforme se non a condizione di radicali trasformazioni, pertanto con capacità reddituale assoggettabile a imposta, ma speciali rispetto a quelle precedenti previste alle categorie di cui alle lettere anteriori.
A nulla rileva, invece, ai fini del classamento, quali caratteristiche presenti, da un punto di vista amministrativo, l’attività industriale o commerciale che in tali immobili viene esercitata, e se, in particolare, la stessa venga o meno svolta nel rispetto di tutti le prescrizioni urbanistiche, nella specie di fonte regionale e non statale.
3.3 Ebbene la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione dei criteri normativi applicabili e dei principi innanzi affermati laddove ha ritenuto, con accertamento in fatto, che per le sue caratteristiche intrinseche ed oggettive, la struttura, successivamente alle modifiche che vi erano state apportate e che avevano garantito la presenza di un bagno privato per ogni stanza, tenuto conto della dichiarata destinazione ad attività economico commerciale di affittacamere, avesse perso le caratteristiche abitative tipiche della categoria A e fosse stata quindi correttamente classata dall’amministrazione in categoria D/2.
Rispetto a tale motivazione risulta del tutto ininfluente ai fini della decisione la circostanza che una delle sette camere fosse o meno occupata dallo stesso ricorrente, ed adibita a sua abitazione principale, in primo luogo perché la qualità soggettiva dell’occupante (proprietario/ospite/cliente), necessariamente mutevole, non incide sulle caratteristiche oggettive dell’immobile, che resta composto da più di sei camere, ed in secondo luogo perché, ai fini del classamento, non risulta dirimente che dal punto di vista degli adempimenti amministrativi o della regolarità urbanistica l’immobile sia qualificato con destinazione di affittacamere o cli pensione e ne possegga le rispettive caratteristiche.
4. Per tutto quanto sopra esposto il ricorso va rigettato.
4.1 La condanna alle spese segue la soccombenza.
4.2 Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013, in quanto notificato dopo tale data, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art,1, comma 7 della I. n. 228 del 2012 (che ha aggiunto il comma 1 quater all’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002) – della sussistenza dell’obbligo di versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata.
P.Q.M.
La Corte,
rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente a pagare all’Agenzia delle Entrate le spese di lite del presente giudizio, che si liquidano nell’importo complessivo di € 2.700,00 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1- bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
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