CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 27687 depositata il 2 ottobre 2023
Tributi – Istanza di rimborso IRAP – Silenzio-rifiuto – Autonoma organizzazione – Rigetto
Rilevato che
1. Il contribuente, esercente l’attività di notaio, in data 23 ottobre 2018, presentava all’Agenzia delle Entrate, direzione provinciale Venezia, istanza di rimborso IRAP ai sensi del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38 in relazione all’anno 2015, per un importo complessivo di Euro 3.820,00. L’Ufficio, in relazione all’istanza promossa, non forniva alcuna risposta, cosicché si formava un silenzio-rifiuto.
2. Avverso il detto silenzio-rifiuto, il contribuente proponeva tempestivo ricorso dinanzi la C.t.p. di Venezia; si costituiva l’amministrazione finanziaria.
3. La C.t.p. di Venezia, con sentenza n. 519/02/2020, respingeva il ricorso del contribuente.
4. Avverso la sentenza proponeva appello B.A. dinanzi la C.t.r. del Veneto e si costituiva l’ufficio.
5. Con sentenza n. 669/06/2021, depositata in data 6 maggio 2021, la C.t.r. adita rigettava il gravame, confermando le statuizioni del giudice di prime cure.
6. Avverso la sentenza della C.t.r. del Veneto, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
L’Ufficio finanziario ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella Camera di consiglio del 20 settembre 2023.
Considerato che
1. Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: “Violazione e falsa applicazione del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2 in combinato disposto della Legge Notarile 16 febbraio 1913, n. 89, art. 47 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3” il ricorrente lamenta l’error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. non ha escluso la soggezione all’imposta sui redditi delle attività produttive della figura notarile ogniqualvolta ricorrano gli estremi dell’autonoma organizzazione (intesa come capacità in sé della struttura organizzativa a potenziare e rendere più efficace l’attività professionale e a creare valore aggiunto).
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: “Nullità della sentenza (art. 112 c.p.c.) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4: omesso esame in ordine all’assenza dei presupposti IRAP per l’incapacità dei dipendenti dello studio notarile di accrescere la potenzialità e il valore dell’attività professionale” il ricorrente lamenta l’error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha omesso di pronunciarsi sulla autonoma doglianza sollevata dal contribuente e riferita al c.d. tema del luogo e della c.d. gestione caratteristica di impiego dei dipendenti.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso, così rubricato: “Nullità della sentenza per violazione dell’ art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4: omesso esame in relazione alla dedotta violazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 47, in combinato disposto all’art. 12 preleggi” il ricorrente lamenta l’error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha omesso di pronunciarsi in merito alla trasformazione impropria dell’elemento lessicale di cui al d.lgs. n. 446 del 1997, art. 2 oggetto di esegesi (da autonomia in ausilio).
1.4. Con il quarto motivo di ricorso, così rubricato: “Violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 446 del 1997, art. 2 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: l’erronea interpretazione ed applicazione del concetto di organizzazione e, a fortiori, di autonoma organizzazione” il ricorrente lamenta l’error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha statuito che l’organizzazione è un bene materiale tangibile (ovvero la stessa sarebbe composta da cespiti/dipendenti, ecc.); secondo i Giudici, i beni ed il personale sono utilizzati come sinonimo di organizzazione per poi stabilire se la stessa sia autonoma.
2. I motivi, da trattare congiuntamente per evidenti ragioni di connessione afferendo tutti alla sussistenza o meno dell’autonoma organizzazione, sono infondati.
2.1. Va osservato, preliminarmente, che la struttura del giudizio tributario inerente all’impugnazione del rigetto di una domanda di rimborso è diversa dall’ordinario giudizio tributario, di tipo impugnatorio, concernente atti aventi contenuto impositivo. Infatti, in tema di rimborsi, il contribuente riveste la qualità di attore non solo in senso formale – come nei giudizi di impugnazione di un atto impositivo – ma anche sostanziale (Cass. n. 1237 del 21/01/2020; Cass n. 23587 del 21/11/2016; Cass. n. 310797 del 5/05/2010; Cass. n. 10797 del 5/5/2010; Cass. n. 29613 del 29/11/2011; Cass. n. 22567 del 1/12/2004). Da tale rilievo discende, da un lato, che il contribuente in tali casi ha l’onere di allegare e provare i fatti posti a sostegno della domanda di rimborso e, dall’altro, che le argomentazioni difensive con le quali l’Amministrazione – che non ha, in questo caso, esplicitato una pretesa (impugnata dal contribuente), quale l’avviso di accertamento o di liquidazione, o la irrogazione di una sanzione – nega la sussistenza dei fatti nei termini dedotti dal contribuente costituiscono mere difese, come tali non soggette ad alcuna preclusione processuale, salva l’ipotesi della formazione del giudicato interno o, ove ne ricorrano i presupposti, l’applicazione del principio di non contestazione.
2.2. Questa Corte si e’, quindi, ormai costantemente orientata nel ritenere che nel processo tributario, quando il contribuente impugni il silenzio-rifiuto formatosi su una istanza di rimborso, costui deve dimostrare che, in punto di fatto, non sussiste alcuna delle ipotesi che legittimano il rifiuto, e l’Amministrazione finanziaria può, dal canto suo, difendersi “a tutto campo”, non essendo vincolata ad una specifica motivazione di rigetto, con la conseguenza che le eventuali “falle” del ricorso introduttivo possono essere eccepite, anche in appello, dall’Amministrazione, a prescindere dalla preclusione posta dal d.lgs. n. 546 del 1992, art. 57 in quanto, comunque, attengono all’originario thema decidendum (sussistenza o insussistenza dei presupposti che legittimano il rifiuto del rimborso), fatto salvo il limite del giudicato (Cass. 6/12/2018, n. 31626).
2.3. Nell’analisi del requisito dell’autonoma organizzazione, deve certamente orientarsi nell’ambito dei principi enunciati dalla pronuncia delle sez. un., Cass. 10 maggio 2016, n. 9451, secondo la quale “il requisito previsto dal d.lgs. 15 settembre 1997, n. 446, art. 2 il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive“.
2.4. Inoltre, tradizionalmente, si afferma che “in tema di IRAP, anche alla stregua dell’interpretazione costituzionalmente orientata fornita dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 156 del 2001, l’esistenza di un’autonoma organizzazione, che costituisce il presupposto per l’assoggettamento ad imposizione dei soggetti esercenti arti o professioni indicati dal d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49 comma 1, esclusi i casi di soggetti inseriti in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse, non dev’essere intesa in senso soggettivo, come autoorganizzazione creata e gestita dal professionista senza vincoli di subordinazione, ma in senso oggettivo, come esistenza di un apparato esterno alla persona del professionista e distinto da lui, risultante dall’aggregazione di beni strumentali e/o di lavoro altrui. Essa è riscontrabile ogni qual volta il professionista si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui, o impieghi nell’organizzazione beni strumentali eccedenti, per quantità o valore, il minimo comunemente ritenuto indispensabile per l’esercizio dell’attività” (Cass. 16 febbraio 2007, n. 3673).
2.5. Nella fattispecie in esame, la C.t.r. ha sinteticamente ma esaustivamente motivato in ordine agli elementi individualizzanti l’autonoma organizzazione, constatando, sul piano operativo, l’apporto dei dipendenti (nel numero di 10 per come affermato a pg. 8 del ricorso) e degli altri mezzi strumentali che accrescevano assolutamente la capacità produttiva dello studio notarile, in considerazione anche delle spese sostenute. In particolare, posto che l’attività notarile, pur nei suoi tratti assolutamente peculiari, peraltro evidenziati nella stessa sentenza impugnata, non è di per sé esclusa dalla soggezione all’IRAP, i giudici di seconde cure hanno correttamente, sul piano logico, argomentato l’esistenza di un’autonoma organizzazione anche dall’esistenza di beni strumentali di certo rilievo economico e di compensi a terzi (commercialista ed avvocato).
3. In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono il criterio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a rifondere all’Agenzia delle Entrate le spese processuali che si liquidano in Euro 1.400,00 oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del d.p.r. 30 maggio 2022, n. 115, art. 13, comma 1-quater (ndr d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater), dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, nella misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma del medesimo art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
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