CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 27720 depositata il 2 ottobre 2023
Lavoro – Riliquidazione della pensione di vecchiaia – D.L. n. 98/2011, art. 38, comma 1, lett. d), n. 1) – Termine di decadenza – Decorrenza del termine fissata con riferimento all’entrata in vigore della modifica legislativa – Prestazioni già liquidate – Differenze sui ratei maturati precedenti il triennio dalla domanda giudiziale – Accoglimento
Rilevato che
la Corte d’Appello di TRIESTE, con sentenza n. 168 del 2019, ha accolto, limitatamente al capo relativo alla condanna al pagamento di somme determinate, l’impugnazione proposta dall’INPS nei riguardi di V.A. e di altri dodici litisconsorti, titolari di pensione ex Fondo elettrici dal 2002, avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto le loro domande, proposte con ricorsi giudiziari depositati nell’ottobre 2016, aventi ad oggetto la riliquidazione della pensione, infruttuosamente richiesta in via amministrativa nell’agosto 2015;
la Corte territoriale ha accertato il diritto degli stessi alla riliquidazione del trattamento pensionistico in essere comprensivo delle retribuzioni pensionabili previste dall’AGO ed ha condannato l’INPS alla corresponsione delle relative differenze pensionistiche, nei limiti del quinquennio antecedente la data della richiesta di liquidazione, maggiorata di interessi a decorrere dai singoli ratei al saldo;
ad avviso della Corte d’appello, il D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 (come modificato da ultimo dal D.L. n. 98 del 2011) non poteva applicarsi alle prestazioni liquidate prima del 2011, con l’effetto di ritenere applicabile solo l’ordinaria prescrizione decennale;
inoltre, esaminando le doglianze di merito, ha ritenuto che il d.lgs. n. 562 del 1996, art. 3 aveva dettato norme di armonizzazione delle pensioni retributive del Fondo elettrici con quelle previste per l’AGO, con l’ampliamento della base pensionabile e l’inserimento di voci che prima non erano soggette a contribuzione; con decorrenza dal 1 gennaio 1997, dunque, la normativa aveva previsto dei limiti superati i quali dette pensioni avrebbero comunque subito un abbattimento, individuato nel più favorevole dei seguenti due parametri: 80% della retribuzione pensionabile prevista per l’AGO, oppure 88% della retribuzione pensionabile di cui alla L. 335 del 1995, art. 1, comma 12 che è anche quella massima prevista per gli iscritti al fondo elettrici;
dunque, l’Inps aveva errato nel liquidare la pensione sulla base delle sole voci soggette a contribuzione e non la retribuzione onnicomprensiva;
avverso tale sentenza, ricorre l’INPS sulla base di un motivo;
resistono con controricorso e successiva memoria V.A., B.M., B.Q., S.C.;
non hanno svolto attività difensiva O.B., C.B., G.C., A.C., I.A.D.B.B., B.D.L., A.F., G.P., P.V.;
il Collegio ha riservato il deposito della motivazione nel termine di gg. 60 (art. 380 bis 1 c.p.c.);
Considerato che
con l’unico motivo di ricorso, l’INPS deduce la violazione del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 come novellato dal D.L. n. 98 del 2011, art. 38 conv. in L. n. 111 del 2011, in ragione del fatto che, in contrasto con Cass. SS.UU. n. 15352 del 2015, Cass. n. 3580 del 2019 e Cass. n. 7756 del 2016, la sentenza impugnata ha ritenuto non soggetta ad alcun termine decadenziale la domanda di riliquidazione della pensione di vecchiaia già in godimento al momento dell’entrata in vigore della citata disposizione;
il motivo è fondato e va accolto;
questa Corte di Cassazione ha ormai consolidato l’orientamento secondo il quale anche alla fattispecie di ricalcolo del trattamento pensionistico, già riconosciuto alla data di entrata in vigore dell’art. 38 cit., va applicato il termine decadenziale previsto da tale disposizione a decorrere dalla data di entrata in vigore della medesima disposizione (Cass. n. 123 del 2022; Cass. n. 17430 del 2021; Cass. n. 28416 del 2020; Cass. nn. 3580 del 2019 e 29754 del 2019; 16661 del 2018; Cass. n. 7756 del 2016), con ciò ribadendo i principi e le ragioni enunciati dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 15352 del 2015 (in tema di emotrasfusioni, in relazione ai termini introdotti dalla L. n. 238 del 1997, art. 1, comma 9, per la domanda volta al conseguimento dell’indennizzo da vaccinazioni o di epatiti post trasfusionali e pensioni da HIV);
il termine di decadenza, introdotto dal D.L. n. 98 del 2011, art. 38, comma 1, lett. d), n. 1), convertito in L. n. 111 del 2011, con riguardo “alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito”, decorrente “dal riconoscimento parziale della prestazione ovvero dal pagamento della sorte”, trova applicazione anche con riguardo a prestazioni già liquidate, ma solo a decorrere dall’entrata in vigore della citata disposizione. La questione, di diritto transitorio, ha riguardato l’incidenza su una situazione ancora pendente della legge sopravvenuta, che ha introdotto ex novo un termine di decadenza;
si è escluso che la nuova previsione di un termine di decadenza possa avere effetto retroattivo, facendo decorrere il termine prima dell’entrata in vigore della legge che l’abbia istituito, e si è affermato, conformemente ai principi generali dell’ordinamento in materia di termini, che, ove una modifica normativa introduca un termine di decadenza prima non previsto, la nuova disciplina si applichi anche alle situazioni soggettive già in essere, ma la decorrenza del termine viene fissata con riferimento all’entrata in vigore della modifica legislativa;
si è precisato che tale soluzione realizza il bilanciamento tra il fine sollecitatorio perseguito dal legislatore con l’introduzione del termine decadenziale, ed il fine di tutelare l’interesse del privato, onerato della decadenza, a non vedersi addebitare un comportamento inerte allo stesso non imputabile (Cass. n. 13355 del 2014):
inoltre, la decadenza è evitata dalla proposizione dell’azione giudiziaria, stante il tenore letterale della norma ed essendo questo l’atto il cui compimento va effettuato nel termine e dunque – secondo i principi generali in materia di decadenza – il solo atto che possa impedire la decadenza;
il D.L. n. 98 del 2011, art. 38 ha modificato la disciplina del 1970, sia aggiungendo all’art. 47 il comma 2 per cui le decadenza si applica alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito, sia aggiungendo dopo l’art. 47 un art. 47 bis, a norma del quale “si prescrivono in cinque anni i ratei arretrati, ancorché non liquidati e dovuti a seguito di pronuncia giudiziale dichiarativa del relativo diritto, dei trattamenti pensionistici, nonché delle prestazioni della gestione di cui alla L. 9 marzo 1988, n. 88, art. 24, o delle relative differenze dovute a seguito di riliquidazioni”;
l’intento del legislatore, anche in tema di ricalcoli pensionistici, è dunque quello di continuare a incidere unicamente sui ratei pregressi e tale interpretazione trova conferma anche dai lavori preparatori e dalla relazione che accompagna l’art. 38, dove si afferma che a differenza del diritto al trattamento pensionistico di per sé imprescrittibile, il diritto ai singoli reati è considerato soggetto a prescrizione in quanto considerato dalla giurisprudenza di contenuto esclusivamente patrimoniale, periodicamente risorgente e limitatamente disponibile;
l’applicazione della decadenza della domanda di riliquidazione ai soli ratei pregressi oltre il triennio e non all’intera pretesa del privato attua del resto un giusto equilibrio tra il diritto alla pensione e l’obiettivo decorso del tempo assicurato dalla decadenza mobile, che comunque sanziona il pensionato in modo significativo con la perdita dell’integrazione dei ratei ultra-triennali rispetto alla domanda giudiziale. Per converso alcun bilanciamento tra gli opposti interessi sarebbe assicurato dall’accoglimento della tesi opposta, che produrrebbe una pensione decurtata per sempre in modo contra legem, con effetto completamente ablativo del diritto alle differenze (a fronte di una situazione di ignoranza del pensionato all’esatto importo della prestazione, che potrebbe protrarsi per anni) e con incidenza normale rilevante su una situazione soggettiva costituzionalmente protetta;
può dunque affermarsi che, in riferimento alla richiesta di adeguamento o ricalcolo di prestazioni pensionistiche parzialmente già riconosciute, la decadenza riguardi, in considerazione della natura della prestazione, solo le differenze sui ratei maturati precedenti il triennio dalla domanda giudiziale;
la sentenza impugnata non si è attenuta ai principi su estesi ed il ricorso va, dunque, accolto, la sentenza va cassata e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Trieste in diversa composizione affinché esamini la fattispecie alla luce dei principi sopra esposti e regoli anche le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Trieste in diversa composizione.
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