CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 27745 depositata il 2 ottobre 2023
Lavoro parasubordinato – Contratto di collaborazione coordinata e continuativa – Omesso versamento dei contributi previdenziali – Risarcimento del danno – Azione di indebito arricchimento e azione di risarcimento – Qualificazione giuridica dell’azione – Principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato – Divieto di ultra o extra-petizione – Rigetto
Fatti di causa
La Corte di appello di Palermo con la sentenza n. 776/2018 aveva accolto il ricorso dell’Università di Palermo avverso la decisione con cui il tribunale aveva condannato la stessa al risarcimento del danno cagionato a G.M. per l’omesso versamento dei contributi previdenziali dovuti all’Inps in ragione del rapporto di lavoro parasubordinato intercorso tra le parti dal 26.1.2004-31.10.2004 (contratto di collaborazione coordinata e continuativa).La corte territoriale aveva ritenuto che il tribunale avesse pronunciato ultra petizione sulla domanda del ricorrente originariamente diretta ad una condanna per indebito arricchimento e non , come ritenuto dal primo giudice, ad una azione risarcitoria ex art. 2116 cc.. Valutava la diversità tra le due azioni e dunque la errata pronuncia del tribunale.
Avverso detta decisione il M. proponeva ricorso affidato a tre motivi.
L’Università di Palermo rimaneva intimata.
Ragioni della decisione
1) – con il primo motivo è dedotta la nullità della sentenza per violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato ex art 99, 112, 342, 434 c.p.c., in relazione all’art 360 co.1 n. 4 c.p.c.
Parte ricorrente lamenta l’omesso esame dell’eccezione di inammissibilità dell’appello per carenza dei suoi requisiti essenziali, nonché l’omesso accertamento sull’eventuale versamento all’Inps, da parte dell’Università, delle trattenute previdenziali spettanti al ricorrente con la conseguentemente condanna dell’Università al rimborso delle ritenute.
Il motivo è inammissibile. Si tratta di censura articolata su due differenti profili; quanto al primo di essi, resta insoddisfatto il requisito di specificità in quanto, pur riportate le conclusioni del ricorso, non sono evidenziate le ragioni alle quali la corte di merito non avrebbe dato risposta. Non è infatti sufficiente denunciare la carenza dell’atto di appello e l’assenza di elementi necessari alla sua configurazione, risultando necessario indicare le strutturali mancanze, tali da inficiare la finalità dell’atto. Tale esigenza è infatti ancor piu’ pressante allorchè si voglia evidenziare il vizio che avrebbe impedito al giudice di valutare comunque la portata ed il contenuto del ricorso. Nel caso in esame, la genericità della doglianza in questione è stata evidentemente superata dalla corte territoriale che, come risulta dal testo della decisione, ha espressamente evidenziato le domande proposte e le ragioni dell’appello in esame.
Non omessa risulta poi la domanda circa l’accertamento del versamento dei contributi all’’Inps in quanto su di essa la corte di merito si è espressamente pronunciata nella ultima parte della decisione, ritenendo non riproposta in sede di gravame la domanda avanzata in primo grado nei confronti dell’Università, sulle somme trattenute e non versate. Tale statuizione, che esclude la persistenza di una richiesta restitutoria, rendeva assorbita ogni questione relativa all’effettivo versamento all’Inps delle ritenute previdenziali. Le censure devono dunque essere disattese.
2) Con il secondo motivo è denunciata la falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., degli artt. 2041 e 2042 c.c. nonché violazione degli artt. 2116 c.c. e art 100 c.p.c., art 24 cost in relazione all’art 360 co.1 n. 3 c.p.c.
Parte ricorrente si duole della valutazione della Corte territoriale circa la domanda proposta dal ricorrente; in particolare evidenzia che nessuna violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato sarebbe evincibile nel caso in esame allorché i fatti presenti in giudizio possano dar luogo ad una diversa interpretazione da parte del giudice e a una diversa qualificazione della domanda. Il motivo non può trovare accoglimento.
Nella impugnata decisione la Corte di merito aveva escluso la presenza di elementi utili a riqualificare la domanda essendo, la domanda di indebito arricchimento, di natura sussidiaria, da escludersi quando ci sia una apposita azione contrattuale per la quale, peraltro, è necessaria una specifica richiesta.
Deve richiamarsi in proposito quanto affermato da questa Corte in più occasioni, secondo cui l’applicazione del principio “iura novit curia”, di cui all’art. 113, comma 1, c.p.c., importa la possibilità per il giudice di assegnare una diversa qualificazione giuridica ai fatti ed ai rapporti dedotti in lite, nonché all’azione esercitata in causa, ricercando le norme giuridiche applicabili alla concreta fattispecie sottoposta al suo esame, potendo porre a fondamento della sua decisione princìpi di diritto diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti. Tale principio deve essere posto in immediata correlazione con il divieto di ultra o extra-petizione, di cui all’art. 112 c.p.c., in applicazione del quale è invece precluso al giudice pronunziare oltre i limiti della domanda e delle eccezioni proposte dalle parti, mutando i fatti costitutivi o quelli estintivi della pretesa, ovvero decidendo su questioni che non hanno formato oggetto del giudizio e non sono rilevabili d’ufficio, attribuendo un bene non richiesto o diverso da quello domandato (Cass. n. 5832/2021; Cass. n. 8645/2018)
Nel caso in esame il potere del giudice del merito di procedere alla qualificazione giuridica dell’azione, anche a prescindere dalle denominazioni erronee eventualmente usate dalle parti, trova un limite nel divieto di sostituire un’azione diversa da quella formalmente ed espressamente proposta. In particolare l’azione di indebito arricchimento che ha un suo proprio petitum e una sua propria causa petendi e che, essendo fondata su presupposti di fatto e di diritto aventi una propria particolare autonomia, anche in relazione al suo carattere sussidiario, deve essere proposta in modo esplicito dalla parte interessata e non puo essere, quindi, sostituita d’ufficio alla diversa azione che e stata proposta in base ad un diverso titolo, ritenuto inefficace dal giudice (Cass. n. 15196/2018; Cass.SU n. 19448/2009).
La corte d’appello, dando esecuzione ai predetti principi, ha escluso motivatamente che fossero presenti elementi di fatto tali da consentire una diversa interpretazione della domanda proposta, attesa la specificità e autonomia della richiesta di indebito arricchimento, che comunque lasciava aperta la possibilità di proposizione di una differente domanda corredata di adeguate ragioni di fatto e diritto. La valutazione di merito svolta non puo’ trovare rimeditazione in questa sede di legittimità.
3) Con il terzo motivo è denunciata la violazione dell’art. 132 c.p.c. n.4, per motivazione apparente e contrasto irriducibile (art. 360 co.1 n. 3 c.p.c.), non avendo, la corte territoriale, accertato se l’università avesse o meno versato i contributi all’Inps. Per tale censura si richiama quanto già osservato con riguardo al primo motivo circa la irrilevanza di un siffatto accertamento attesa la mancata reiterazione di una domanda restitutoria.
Il ricorso deve essere rigettato. Le spese seguono il principio di soccombenza.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente del contributo unificato, ove dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in E.1.500,00 per compensi ed E. 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, ove dovuto.
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