CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 27747 depositata il 2 ottobre 2023
Cooperativa – Fini mutualistici – Accertamento di maggiori ricavi – Riduzione del reddito accertato al valore minimo contemplato dallo studio di settore – Valore presuntivo degli studi di settore – Rigetto – gli studi di settore non si applichino: “d) nei confronti delle società cooperative, società consortili e consorzi che operano esclusivamente a favore delle imprese socie o associate” e “nei confronti delle società cooperative costituite da utenti non imprenditori che operano esclusivamente a favore degli utenti stessi”
Fatti di causa
1. La T. soc. coop. a r.l. impugnava avanti alla CTP di Rieti l’avviso di accertamento relativo all’anno di imposta 2005, con il quale l’Agenzia delle Entrate, in applicazione degli studi di settore, aveva accertato maggiori ricavi per Euro 48.505,00 rispetto a quelli dichiarati, pari ad Euro 60.539,00.
Lamentava la società che l’Ufficio avesse fondato la pretesa erariale sui meri dati aritmetici, astratti e presuntivi degli studi di settore, senza prendere in considerazione le caratteristiche peculiari dell’attività in concreto svolta dalla cooperativa e del mercato di riferimento, anche in considerazione dei prevalenti fini mutualistici perseguiti.
2. Con sentenza n. 59/2012 la Commissione provinciale, in parziale accoglimento del ricorso, riduceva i maggiori ricavi accertati da Euro 48.505,00 a Euro 35.668,00.
3. La Commissione tributaria regionale del Lazio, con sentenza n. 6966 del 20.11.2014 rigettava l’appello proposto dalla contribuente.
4. Avverso la predetta sentenza ricorre la società con tre motivi.
L’Agenzia delle Entrate si è costituita senza depositare controricorso.
La contribuente ha depositato memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c..
Ragioni della decisione
1. Con i primi due motivi di ricorso la società denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, il difetto di motivazione su punti controversi e decisivi, avendo omesso la Commissione regionale di motivare in ordine alle specifiche doglianze sollevate con il ricorso in appello, in relazione: i) alla circostanza che l’assunzione di due dipendenti, incidente sulla determinazione del maggior ricavo ai fini della congruità degli studi di settore, fosse dipesa da una libera scelta imprenditoriale ma da obbligo di legge, con conseguente riconoscimento alla T. soc. coop. a r.l. dei caratteri della mutualità pura e conseguente esclusione dell’applicabilità degli studi di settore; ii) alla mancata esplicitazione dei criteri in forza dei quali la CTR, pur muovendo all’errato presupposto che la ricorrente fosse una società cooperativa a mutualità prevalente, ha ritenuto corretta la riduzione dei ricavi accertati al valore minimo previsto dagli studi di settore operata dal giudice di primo grado.
2. I motivi, da esaminare congiuntamente per l’intima connessione, sono infondati.
La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal d.l. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in l. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione. (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830 – 01).
Dopo la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), disposta dal d.l. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in l. 7 agosto 2012, n. 134, l’omessa pronunzia continua a sostanziarsi nella totale carenza di considerazione della domanda e dell’eccezione sottoposta all’esame del giudicante, il quale manchi completamente perfino di adottare un qualsiasi provvedimento, quand’anche solo implicito, di accoglimento o di rigetto, invece indispensabile alla soluzione del caso concreto; al contrario, il vizio motivazionale previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5) presuppone che un esame della questione oggetto di doglianza vi sia pur sempre stato da parte del giudice di merito, ma che esso sia affetto dalla totale pretermissione di uno specifico fatto storico, oppure che si sia tradotto nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa, invece, qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione. (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 21257 del 08/10/2014, Rv. 632914 – 01).
2.1. Nel caso di specie il vizio denunciato non è ravvisabile, avendo il giudice di appello adempiuto, nei termini ora esposti, al dovere motivazionale.
La CTR ha, in premessa, richiamato l’orientamento di questa Corte in ordine al valore presuntivo degli studi di settore che, è opportuno precisare, si mantiene consolidato nel senso di ritenere il contribuente onerato di allegare, ed anche di provare – ancorché senza limitazioni di mezzi e di contenuto – la sussistenza di circostanze di fatto tali da allontanare la sua attività dal modello normale al quale i parametri fanno riferimento, sì da giustificare un reddito inferiore a quello che sarebbe stato normale secondo la procedura di accertamento tributario standardizzato, mentre sull’ente impositore quello di dimostrare l’applicabilità dello standard prescelto al caso concreto oggetto di accertamento (Cass. sez. 5, 21 dicembre 2021, n. 40936; Cass., Sez.5. n. 16398/2022).
Ha quindi: i) espressamente affermato che la società ricorrente è una società cooperativa a mutualità prevalente, così rigettando le contrarie allegazioni dell’appellante; ii) rilevato come il giudice di primo grado abbia correttamente tenuto conto di tale peculiarità e degli altri aspetti evidenziati dalla contribuente, con specifico riguardo ai maggiori costi sostenuti, riducendo il reddito accertato al valore minimo contemplato dallo studio di settore.
3. Con il terzo motivo di ricorso si censura, con riguardo all’art. 360, comma 1, n. 3, la “Violazione di norme di diritto con riferimento al D.M. 30 marzo 1999, art. 2”.
Lamenta la ricorrente che la CTR abbia affermato la legittimità dello strumento accertativo degli studi di settore, benché utilizzato nei confronti di contribuente appartenente a categoria esclusa dalla norma citata.
3.1. Il motivo è infondato.
Prevede del D.M. 30 marzo 1999 cit., l’art. 2 che gli studi di settore non si applichino: “d) nei confronti delle società cooperative, società consortili e consorzi che operano esclusivamente a favore delle imprese socie o associate” e “nei confronti delle società cooperative costituite da utenti non imprenditori che operano esclusivamente a favore degli utenti stessi”.
A tali previsioni non è riconducibile la società ricorrente, che svolge attività di radiodiffusione e vendita di spazi pubblicitari: non possono infatti, come vorrebbe la contribuente, equipararsi gli “utenti” radioascoltatori, che non pagano canone o corrispettivo, agli “utenti” soci della cooperativa e destinatari delle attività da questa svolte, contemplati dalla disposizione esentiva.
Si evidenza al riguardo che, prima con la circolare 21 maggio 1999, n. 100/E, par. 6.5, e poi con la circolare 15 luglio 2013, n. 23/E, par. 1, l’Agenzia delle entrate ha precisato che la predetta inapplicabilità si applica alle cooperative di imprese e quelle di utenti che non operano per conto terzi e che non seguono le ordinarie regole di mercato.
4. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Non si provvede sulle spese in mancanza di attività difensiva dell’Amministrazione resistente.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi del d.p.r. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla l. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale/ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
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