CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 27778 depositata il 2 ottobre 2023
Tributi – Istanza rimborso interessi ultradecennali – Silenzio rifiuto – Credito IRPEG – Accoglimento
Rilevato che
M.I.F.R. s.r.l. propose ricorso davanti alla Commissione tributaria provinciale di Roma avverso il silenzio rifiuto oppostole dall’Agenzia delle entrate sull’istanza (presentata il 24.4.2014) di rimborso degli interessi ultradecennali (in relazione a un credito IRPEG richiesto dall’incorporata F. s.r.l. con la dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta 1989) maturati nel periodo 1.1.2008-20.10.2010, avendo l’Ufficio già liquidato, in data 20.10.2010, il capitale e gli interessi maturati sino al 31.12.2007.
La C.T.P. accolse il ricorso e la decisione, appellata dall’Agenzia delle entrate, venne confermata, con la sentenza indicata in epigrafe dalla Commissione tributaria regionale del Lazio.
In particolare, il Giudice di appello riteneva, contrariamente a quanto dedotto dall’Ufficio, che le disposizioni relative agli interessi ultradecennali (l. n. 244 del 2007, art. 1 commi 139 e 140) in vigore dal primo gennaio 2008 e abrogate con decorrenza 29 gennaio 2009 dal D.L. 29 novembre 2008, n. 185, art. 9 comma 2) continuassero a produrre effetti sui rapporti sorti al tempo in cui erano ancora vigenti (periodo 1.1.2008-29.1.2009), come nel caso in esame. Rilevava, altresì, l’inconferenza del richiamo al d.lgs. n. 546 del 1992, art. 21 commi 1 e 2, in quanto il credito derivava dalla dichiarazione dei redditi presentata dalla F. s.r.l. per il periodo di imposta 1989 e per gli interessi ultradecennali, discendendo direttamente dalla legge non era richiesta alcuna specifica istanza.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso, articolato su due motivi, l’Agenzia delle entrate.
La Società resiste con controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione, ai sensi dell’art. 380bis c.p.c..
Considerato che
1. Con il primo motivo – rubricato: Violazione e falsa applicazione del combinato disposto del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19 comma 1, lett. g); d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21 comma 2, e del d.l. 29 novembre 2008, n. 185, art. 9 comma 2, convertito con modificazione dalla L. 28 gennaio 2008, n. 185 (ndr D.L. 28 gennaio 2008, n. 185), convertito con modificazione, dalla l. 28 gennaio 2009, n. 2 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – la ricorrente, premessa la normativa di riferimento, censura la decisione impugnata per non avere la C.T.R. considerato che la richiesta di pagamento di una maggiore quota a titolo di interessi (ultradecennali) si basava su una disposizione (la l. n. 244 del 2007, art. 1 non più vigente sia al momento del rimborso di imposta sia quando fu presentata l’istanza di rimborso degli interessi e che, in ogni caso, all’accoglimento dell’istanza avrebbe ostato il decorso del termine di decadenza decorrente dall’avvenuto rimborso del capitale e di una parte degli interessi, in qualsiasi modo lo si volesse calcolare.
1.1. Il motivo è fondato per quanto di ragione. Sulla medesima questione in fatto e in diritto e tra le stesse parti questa Corte si è già pronunciata con ordinanza n. 32271 del 2.11.2022, così massimata: “In tema di rimborso dell’eccedenza Irpeg, la quota a titolo di interessi ultradecennali va calcolata al tasso previsto dalla l. n. 244 del 2007, art. 1 commi 139 e 140, sino alla data di efficacia della sua abrogazione operata dal d.l. n. 185 del 2008, art. 9 comma 2, conv. con modif. dalla l. n. 2 del 2009, poiché la norma abrogata continua a produrre effetti sui rapporti pregressi, siano essi pendenti o esauriti, maturati in data anteriore all’entrata in vigore della legge abrogatrice“.
Il Collegio non ritiene doversi discostare da tale condiviso principio e, pertanto, rileva che correttamente la C.T.R. ha ritenuto applicabile alla fattispecie in esame la L. n. 240 del 2007, art. 1, commi 139 e 140 (ndr L. n. 244 del 2007, art. 1, commi 139 e 140) con riferimento al periodo dall’1 gennaio 2008 (tenuto conto che in data 20.10.2010 erano stati rimborsati il capitale e gli interessi fino al 31.12.2007) al 28 gennaio 2009 (data di efficacia dell’abrogazione delle dette disposizioni operata dal d.l. n. 185 del 2008, art. 9 comma 2, conv., con modificazioni, dalla l. n. 2 del 2009).
Quanto alla seconda doglianza (che, è opportuno evidenziare, si fonda su una asserita decadenza della società dal diritto ad ottenere il rimborso degli interessi, e non anche sull’applicabilità di un termine di prescrizione inferiore a quello decennale), costituisce principio consolidato di questa Corte quello per cui, in tema di imposte sui redditi, qualora il contribuente abbia evidenziato nella dichiarazione un credito d’imposta, non trova applicazione, ai fini del rimborso del relativo importo, il termine di decadenza previsto dal d.p.r. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38 non occorrendo la presentazione di un’apposita istanza, in quanto l’Amministrazione, resa edotta con la dichiarazione dei conteggi effettuati dal contribuente, è posta in condizione di conoscere la pretesa creditoria. La relativa azione è pertanto sottoposta all’ordinario termine di prescrizione decennale, sulla cui decorrenza non incide il limite temporale stabilito per il controllo c.d. formale o cartolare delle dichiarazioni e la liquidazione delle somme dovute, ai sensi del d.p.r. n. 600 del 1973, art. 36bis. Una diversa interpretazione, imponendo al contribuente, per ottenere il rimborso del proprio credito di imposta, di attendere il termine assegnato all’amministrazione per procedere al controllo delle dichiarazioni dei redditi, comporterebbe, da un lato un privilegio per l’amministrazione e, dall’altro, determinerebbe un vantaggio per il contribuente nella controversia in esame.
In particolare, in tema di imposte sui redditi, qualora il contribuente abbia evidenziato nella dichiarazione un credito d’imposta, non occorre, da parte sua, al fine di ottenerne il rimborso, alcun altro adempimento (quale, in particolare, l’istanza d.p.r. 29 settembre 1973, n. 602, ex art. 38 estranea alla fattispecie anzidetta), ma deve solo attendere che l’amministrazione finanziaria eserciti, sui dati esposti in dichiarazione, il potere – dovere di controllo secondo la procedura di liquidazione delle imposte, prevista dal d.p.r. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36bis ovvero, ricorrendone i presupposti, secondo lo strumento della rettifica della dichiarazione. Una volta che il credito si sia consolidato – attraverso un riconoscimento esplicito in sede di liquidazione, ovvero per effetto di un riconoscimento implicito derivante dal mancato esercizio nei termini del potere di rettifica-, l’amministrazione è tenuta ad eseguire il rimborso e il relativo credito del contribuente è soggetto alla ordinaria prescrizione decennale, decorrente dal riconoscimento del credito stesso (Sez. 5, Sentenza n. 11830 del 06/08/2002; conf. Sez. 5, Sentenza n. 1154 del 21/01/2008 e Sez. 5, Sentenza n. 11444 del 25/05/2011).
Avuto particolare riguardo al profilo degli interessi, è stato chiarito che, in tema di imposte sui redditi, sulla decorrenza del termine di prescrizione del credito relativo agli interessi per ritardato rimborso delle imposte dirette risultante da una dichiarazione mai rettificata, non incide il limite temporale previsto dal d.p.r. n. 600 del 1973, art. 36bis come sostituito dal d.p.r. n. 506 del 1979, per il controllo cosiddetto formale o cartolare della dichiarazione, il quale non priva il credito delle caratteristiche di liquidità e certezza alle quali il termine iniziale di prescrizione (decennale) è ancorato, ai sensi dell’art. 2935 c.c. (Sez. 5, Sentenza n. 4786 del 27/02/2009).
1.3. Si rivela, invece, fondata la censura concernente la violazione del d.lgs. n. 546 del 1992, art. 19 comma 1, lett. g), in relazione alla mancata impugnazione del diniego (tacito) di rimborso della maggior somma relativa agli interessi, a seguito del pagamento in data 20.10.2010 dell’imposta eccedente esposta in dichiarazione.
Invero, premesso che, in base alla menzionata disposizione, “Il ricorso può essere proposto avverso (…) il rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie ed interessi o altri accessori non dovuti”, alla luce dell’art. 21, comma 2 “Il ricorso avverso il rifiuto tacito della restituzione di cui all’art. 19, comma 1, lett. g), non può essere proposto prima del novantesimo giorno dalla domanda di restituzione presentata entro i termini previsti da ciascuna legge d’imposta. La domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione”.
Nel caso di specie, a fronte del rimborso integrale del capitale e parziale degli interessi (fino al 31.12.2007) operato dall’Ufficio in data 20.10.2010, la contribuente ha formulato l’istanza di rimborso degli ulteriori interessi (relativi al periodo 1.1.2008-20.10.2010) solo in data 24.4.2014, incorrendo, per l’effetto, nella indicata decadenza.
2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione della l. n. 244 del 2007, art. 1, commi 139 e 140, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per aver la C.T.R. riconosciuto, per il periodo di vigenza dell’art. 1 cit., alla contribuente la corresponsione sia degli interessi semestrali di cui al d.p.r. n. 602 del 1973, artt. 44 e 44bis e 44bis (già pagati) che di quelli ultradecennali.
2.1. Il motivo, esclusa la formazione di giudicato interno dedotta dalla controricorrente avendo l’appello investito tutte le questioni dedotte in giudizio, resta assorbito nell’accoglimento del precedente.
3. In conclusione, il ricorso merita accoglimento con riferimento al primo motivo, con conseguente cassazione della sentenza impugnata, e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito nel senso di dichiarare inammissibile l’originaria richiesta di rimborso della Società contribuente quanto agli ulteriori interessi. La soccombenza reciproca, in relazione all’esito globale della controversia, giustifica la compensazione delle spese dell’intero giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Accoglie, nei limiti di cui in motivazione, il primo motivo del ricorso, dichiara assorbito il secondo;
cassa, con riferimento al motivo accolto, la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile l’originaria richiesta di rimborso della Società quanto agli ulteriori interessi;
dichiara compensate tra le parti le spese dell’intero giudizio.
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