CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 27779 depositata il 2 ottobre 2023
Tributi – Silenzio-rifiuto – Istanze di rimborso – IRAP – Requisito della autonoma organizzazione – Possesso da parte del contribuente di una partecipazione a SRL – Titolarità di quota societaria – Accoglimento
Rilevato che
1. Il contribuente, esercente l’attività di consulente aziendale, presentava all’Agenzia delle Entrate, direzione provinciale Ancona, due distinte istanze di rimborso IRAP ai sensi del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38 in relazione agli anni d’imposta 2008-2011, per un importo complessivo, rispettivamente, di Euro 17.647,00 e Euro 8.442,00. L’Ufficio, in relazione alle istanze promosse, non forniva alcuna risposta, cosicché si formava un silenzio-rifiuto.
2. Avverso il silenzio-rifiuto, il contribuente proponeva tempestivo ricorso dinanzi la C.t.p. di Ancona e l’Ufficio resisteva con controdeduzioni.
3. La C.t.p. di Ancona, con sentenza n. 1058/2016, respingeva il ricorso del contribuente.
4. Contro tale sentenza proponeva appello R.T. dinanzi la C.t.r. delle Marche e si costituiva anche l’Ufficio.
5. Con sentenza n. 766/02/2021, depositata in data 28 giugno 2021, la C.t.r. adita rigettava il gravame, confermando le statuizioni del giudice di prime cure.
6. Avverso la sentenza della C.t.r. delle Marche, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.
L’agenzia delle entrate non ha notificato e depositato controricorso, ma ha prodotto mera nota di costituzione al dichiarato solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza pubblica.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 20 settembre 2023.
Considerato che
1. Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: “Nullità della sentenza d’appello per carenza assoluta della motivazione (specifica) in punto di rilevanza della qualità di socio di F. e della irrilevanza, ai fini della insussistenza dell’autonoma organizzazione tassabile ai fini IRAP, degli elementi oggettivi segnalati dal contribuente, tanto da impedire l’individuazione della relativa ratio decidendi, con violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4 e art. 156 c.p.c., comma 3, art. 118 disp. att. c.p.c., ai quali rinvia il d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 1 comma 2, e del d.lgs. n. 546 del 1992, art. 36 comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4” parte ricorrente lamenta l’error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. non ha esplicitato le ragioni per le quali, da un lato, la mera qualità di socio di S.r.l. operante in settore merceologico differente possa in sé e per sé consentire di presumere che il lavoratore autonomo si avvalga delle strutture societarie e sia dunque per definizione soggetto ad Irap, e dall’altro che il contribuente non avesse fornito dimostrazione di quanto affermato.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: “Error in iudicando per violazione del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2 comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3” parte ricorrente lamenta l’error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto sussistente, nella specie, un’autonoma organizzazione tassabile.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso, così rubricato: “Error in iudicando per violazione del combinato disposto del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2 comma 1, e art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3” parte ricorrente lamenta l’error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto insussistente il diritto al rimborso, pur avendo adempiuto, il contribuente, all’onere della prova a proprio carico e non avendo fornito, l’Amministrazione, la prova contraria, risultando inconsistente o meramente indiziaria – e comunque non suffragata da ulteriori elementi – la presunzione fondata sull’utilizzo dell’organizzazione della società di cui il lavoratore autonomo era socio (struttura e organizzazione, peraltro, sostanzialmente insussistenti, non disponendo, la società, di alcun dipendente).
1.4. Con il quarto motivo di ricorso, così rubricato: “Violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4: nullità della sentenza per omessa pronuncia sul secondo motivo di ricorso in appello, riguardante l’ingiusta condanna alle spese di lite (violazione del d.lgs. n. 546 del 1992, art. 15)” parte ricorrente lamenta l’error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha omesso l’esame del motivo di ricorso in appello sulla condanna alle spese; il contribuente ne aveva richiesto la compensazione d.lgs. n. 546 del 1992, art. 15 ricorrendo un mutamento di orientamento del giudice di merito.
1.5. Con il quinto motivo di ricorso, così rubricato: “Nullità della sentenza d’appello per carenza assoluta della motivazione (specifica) in punto di irrilevanza, ai fini della statuizione sulle spese di giudizio, del mutato orientamento della Commissione Tributaria Provinciale di Ancona – e del conseguente contrasto generato all’interno della propria giurisprudenza – in tema di autonoma organizzazione ai fini IRAP, con violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4 e art. 156 c.p.c., comma 3, art. 118 disp. att. c.p.c., ai quali rinvia il d.lgs. n. 546 del 1992, art. 1 comma 2, e del d.lgs. n. 546 del 1992, art. 36 comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4” parte ricorrente lamenta l’error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha violato il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15; il contribuente, in subordine rispetto al quarto motivo, censura la detta violazione per il caso in cui codesta Ecc.ma Suprema Corte dovesse ritenere che la sentenza d’appello si sia pronunciata sul motivo relativo alle spese, rigettandolo.
2. I primi due motivi, da trattare congiuntamente per evidenti ragioni di connessione afferendo entrambi alla sussistenza del requisito della autonoma organizzazione, sono fondati.
Nell’analisi del requisito dell’autonoma organizzazione, deve certamente orientarsi nell’ambito dei principi enunciati dalla pronuncia delle sez. un., Cass. 10 maggio 2016, n. 9451, secondo la quale “il requisito previsto dal d.lgs. 15 settembre 1997, n. 446, art. 2 il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive“.
2.1. Inoltre, tradizionalmente, si afferma che “in tema di IRAP, anche alla stregua dell’interpretazione costituzionalmente orientata fornita dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 156 del 2001, l’esistenza di un’autonoma organizzazione, che costituisce il presupposto per l’assoggettamento ad imposizione dei soggetti esercenti arti o professioni indicati dal d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 017, art. 49 comma 1 (ndr d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49 comma 1), esclusi i casi di soggetti inseriti in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse, non dev’essere intesa in senso soggettivo, come autoorganizzazione creata e gestita dal professionista senza vincoli di subordinazione, ma in senso oggettivo, come esistenza di un apparato esterno alla persona del professionista e distinto da lui, risultante dall’aggregazione di beni strumentali e/o di lavoro altrui. Essa è riscontrabile ogni qual volta il professionista si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui, o impieghi nell’organizzazione beni strumentali eccedenti, per quantità o valore, il minimo comunemente ritenuto indispensabile per l’esercizio dell’attività”, (Cass. 16 febbraio 2007, n. 3673).
2.2. Orbene, la C.t.r. marchigiana ha ritenuto che il possesso da parte del contribuente di una partecipazione nell’ambito della F. P. SRL, che svolgeva un’attività similare alla sua concretasse la dimostrazione che la parte privata, per il conseguimento del proprio reddito, si sia avvalsa anche dell’organizzazione della struttura di tale società e, quindi, dell’autonoma organizzazione. Tuttavia, così opinando e cioè argomentando che dalla titolarità della quota societaria necessariamente discendesse un utilizzo dell’organizzazione societaria, i giudici di appello hanno obliterato i principi giurisprudenziali in materia di esistenza di una autonoma organizzazione, requisito legittimante l’applicazione dell’IRAP, e malamente vagliato nel merito le risultanze processuali circa la piena sussistenza del requisito dell’autonoma organizzazione. Al riguardo, non è stato considerato l’entità della quota di partecipazione del contribuente (12,94%) a fronte del numero dei soci (8); il tutto a tacer della statuizione concernente l’irrilevanza del differente settore merceologico nel quale opera il lavoratore autonomo rispetto alla società, statuizione che si profila meramente assertiva. Vieppiù che una percentuale così limitata, che si accompagna ad un numero di soci comunque non marginale, non consente di ritenere che le risorse materiali della F. fossero nella piena disponibilità del ricorrente, dovendo con tutta evidenza svolgere le mansioni relative all’attività della holding.
3. Dall’accoglimento dei primi due motivi di ricorso discende l’assorbimento del terzo motivo di ricorso nonché del quarto e del quinto afferenti alla statuizione sulle spese posto che la relativa disciplina con riferimento al doppio grado di merito dovrà essere rideterminata nel giudizio di rinvio secondo l’esito globale del giudizio.
5. In conclusione, vanno accolti il primo ed il secondo motivo e, assorbiti i restanti, la sentenza impugnata va cassata ed il giudizio va rinviato innanzi alla Corte di Giustizia di secondo grado delle Marche, affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso e, assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, con rinvio del giudizio innanzi alla Corte di Giustizia di secondo grado delle Marche, affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
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