CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 28469 depositata il 12 ottobre 2023
Tributi – Avvisi di accertamento – ICI – IMU – DOCFA – Invito relativamente a dati cespiti – Istanza per la riduzione della rendita – Onere della società contestare l’esistenza delle opere – Data di mancata presentazione della denuncia catastale – Procedimento di accertamento – Accoglimento parziale
Rilevato che
1. a seguito di invito, L. 30 dicembre 2004, n. 311, ex art. 1, comma 336, inviato dal Comune di Brescia il 27.1.2014 alla società B.M. spa, quest’ultima presentava tempestivamente DOCFA con cui dava riscontro di tutte le variazioni indicate dal Comune nell’invito relativamente a dati cespiti e proponeva la rendita di Euro 40.874,00. Successivamente, il 21.4.2015, adducendo di avere commesso errori nel riconoscere esistenti determinati cespiti indicati nell’invito, presentava istanza per la riduzione della rendita a Euro 26622,00. Il Comune, con avvisi di accertamento notificati il 3.9.2015, sulla base della rendita proposta dalla società con il DOCFA rideterminava l’ICI dovuta per il (…) e l’IMU dovuta per il (…). La società impugnava gli avvisi deducendo, in particolare, che alcuni degli interventi edilizi menzionati nell’invito erano stati riscontrati nel DOCFA per errore e che in ogni caso la rendita avrebbe potuto essere applicata solo dal 2014 in poi e non per il calcolo delle imposte degli anni precedenti come di fatto accaduto. La CTP di Brescia, giudice di primo grado, accoglieva i ricorsi riuniti ritenendo fondata l’eccezione della contribuente per assenza di prova sulla effettuazione delle opere inizialmente riconosciute ma poi contestate dalla società. La CTR della Lombardia, con la sentenza in epigrafe, ha accolto l’appello del Comune sull’assunto di fondo per cui la contribuente avendo nel DOCFA del (…) indicato determinate opere era tenuta al pagamento indipendentemente dall’esistenza delle opere stesse e senza che potesse avere alcun rilievo ratione temporis la dichiarazione DOCFA presentata nel (…) a correzione degli errori commessi in precedenza. La CTR ha ritenuto altresì legittima la quantificazione delle imposte per gli anni (…)-(…) effettuata dal Comune sulla base della rendita indicata dalla contribuente nel DOCFA del (…);
3. contro questa sentenza la società ricorre con cinque motivi avversati dal Comune con controricorso;
4. le parti hanno depositato memoria;
5. la Procura Generale, in persona della Dottoressa R.M.D.E., ha depositato requisitoria con richiesta di rigetto del ricorso.
Considerato che
1. con il primo motivo di ricorso viene lamentata la nullità della sentenza per irriducibile contraddittorietà della relativa motivazione, in riferimento al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36 e agli artt. 132 e 112 c.p.c. e all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4;
2. il motivo è infondato. La contribuente individua la contraddizione tra la parte della sentenza in cui viene dato atto della eccezione dell’inesistenza di alcune installazioni menzionate nell’invito del Comune e la parte della sentenza in cui viene affermato che era onere della società contestare l’esistenza delle opere costituenti difformità indicate nell’invito. La contribuente trascura tuttavia la parte della sentenza in cui viene sottolineato che la società, “riscontrando l’invito del Comune, non ha sollevato contestazioni di sorta relativamente al contenuto ed alla portata dell’ambito cui avrebbe dovuto estendersi la regolarizzazione catastale”. Risulta chiaro e affatto scevro da contraddizioni cosa la CTR ha voluto dire: la contribuente solleva, in giudizio, eccezioni di inesistenza di alcune installazioni; avrebbe avuto l’onere di sollevare le contestazioni in risposta all’invito e non lo aveva fatto;
3. la motivazione della sentenza si sottrae alla censura. Il primo motivo di ricorso va rigettato;
4. con il secondo e con terzo motivo vengono lamentate, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 336 e 337 e, rispettivamente, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, per avere la CTR ritenuto validamente applicabile agli anni (…)-(…), precedenti a quello -il (…)- in cui era stato presentato il DOCFA più volte ricordato, senza verificare che nell’invito inviato dal Comune ai sensi del comma 336 cit. non erano precisati per ciascun cespite o intervento edilizio indicati come da regolarizzare, la data a cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale, con la conseguenza che la rendita indicata nel DOCFA non avrebbe potuto essere utilizzata se non per il calcolo della base imponibile della annualità successive al (…);
5. i due motivi sono infondati.
5.1. Merita richiamare il quadro normativo di riferimento.
La L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 336 (Legge Finanziaria 2005) stabilisce che “I comuni, constatata la presenza di immobili di proprietà privata non dichiarati in catasto ovvero la sussistenza di situazioni di fatto non più coerenti con i classamenti catastali per intervenute variazioni edilizie, richiedono ai titolari di diritti reali sulle unità immobiliari interessate la presentazione di atti di aggiornamento redatti ai sensi del regolamento di cui al D.M. 19 aprile 1994, n. 701 del Ministro delle finanze. La richiesta, contenente gli elementi constatati, tra i quali, qualora accertata, la data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale, è notificata ai soggetti interessati e comunicata, con gli estremi di notificazione, agli uffici provinciali dell’Agenzia del territorio. Se i soggetti interessati non ottemperano alla richiesta entro novanta giorni dalla notificazione, gli uffici provinciali dell’Agenzia del territorio provvedono, con oneri a carico dell’interessato, alla iscrizione in catasto dell’immobile non accatastato ovvero alla verifica del classamento delle unità immobiliari segnalate, notificando le risultanze del classamento e la relativa rendita. (…)”. Il successivo comma 337 sancisce che “Le rendite catastali dichiarate o comunque attribuite a seguito della notificazione della richiesta del comune di cui al comma 336 producono effetto fiscale, in deroga alle vigenti disposizioni, a decorrere dal 1 gennaio dell’anno successivo alla data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale, indicata nella richiesta notificata dal comune, ovvero, in assenza della suddetta indicazione, dal l gennaio dell’anno di notifica della richiesta del comune”.
Il comma 336, cit. crea un meccanismo con quale si realizza un aggiornamento del catasto sostanzialmente ad opera del contribuente. La norma stabilisce, infatti, che il comune, una volta constatata: la presenza sul proprio territorio di immobili di proprietà privata che non risultano dichiarati in catasto; la sussistenza di situazioni di fatto che, a causa di intervenute variazioni edilizie, non sono più coerenti con i classamenti catastali richiede ai titolari dei diritti reali sulle unità immobiliari interessate la presentazione di atti di aggiornamento redatti ai sensi del regolamento di cui al D.M. finanze 19 aprile 1994, n. 701, che disciplina la cosiddetta procedura DOCFA.
I soggetti interessati devono ottemperare alla richiesta del comune entro novanta giorni dalla data di notificazione. Se questi non si attivano gli uffici provinciali dell’Agenzia del Territorio provvedono: all’iscrizione in catasto dell’immobile non accatastato; alla verifica del classamento delle unità immobiliari segnalate; alla notificazione delle risultanze del classamento e della relativa rendita. Il recupero del tributo avviene sulla base della regola temporale indicata dal comma 337: le rendite catastali dichiarate o comunque attribuite a seguito della notificazione della richiesta del comune di cui al comma 336 producono effetto fiscale, in deroga alle vigenti disposizioni, a decorrere dal 1 gennaio dell’anno successivo alla data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale, indicata nella richiesta notificata dal comune, ovvero, in assenza della suddetta indicazione, dal 1 gennaio dell’anno di notifica della richiesta del comune (cfr. Cass. 11 luglio 2022, n. 21811; Cass., 14 febbraio 2019, n. 4349). La ratio di detta norma è quella di favorire la dichiarazione spontanea di quanti avrebbero dovuto dichiarare le variazioni intervenute sull’immobile al catasto ed invece non hanno adempiuto e quindi hanno mantenuto il preesistente classamento. A tal fine il comma 337 prevede una deroga alle disposizioni attuali (L. n. 342 del 2000, art. 74) che fanno decorrere gli effetti di tutte le modificazioni di rendite dalla data della notifica a cura dell’ufficio.
L’effetto fiscale delle nuove rendite catastali, conseguenti alla variazione del classamento intervenuta a seguito della richiesta del comune, si produce dal 1 gennaio dell’anno successivo alla data cui riferisce la mancata presentazione della denuncia catastale, indicata nella richiesta notificata dal comune, ovvero dal 1 gennaio dell’anno di notifica della richiesta del comune. Si evince da ciò che la deroga in esame riguarda esclusivamente l’effetto fiscale delle nuove rendite catastali – vale a dire la decorrenza dell’obbligazione tributaria – e non la retroattività del potere di accertamento dell’Ente impositore, di cui non vi è menzione alcuna nella norma suddetta. In particolare, occorre precisare che non si deve confondere la data di aggiornamento del classamento catastale, che coincide con il giorno di inserimento in catasto della nuova identificazione dell’immobile e consiste nell’adeguamento del classamento catastale alla situazione di fatto, con la data di rilevazione della discrasia tra classamento catastale e situazione di fatto, che coincide con il giorno di mancata presentazione della denuncia di variazione catastale e costituisce il dies a quo per la risalenza ex tunc degli effetti fiscali.
5.2. Tanto premesso, nella pagina 5 della sentenza impugnata si legge che nell’invito del Comune di Brescia in data 27 gennaio 2014 erano indicate le modifiche alla situazione di fatto rispetto al dato catastale originario ((…)) -“presenza di superficie pertinenziale superiore rispetto a quella accatastata, presenza di prese, presse, carriponte, impiantistica varia, avvenuta costruzione di tettoie ed opere esterne, presenza di impianto di depurazione delle acque reflue, costruzione di locali adibiti a sevizi igienici, presenza di impianto di abbattimento polveri ed installazione – nel (…) – di impianto fotovoltaico”- per le quali la contribuente veniva invitata a presentare denuncia. Si legge altresì che nell’avviso veniva evidenziato alla contribuente che la rendita “avrebbe avuto valenza retroattiva sino dall’anno (…). Tale anno infatti costituiva per il Comune la data certa di esistenza dei cespiti ed impianti elencati dei quali aveva sollecitato il regolarizzare catastale, fatta eccezione per l’impianto fotovoltaico installato nel (…)”;
5.3. la CTR ha dunque positivamente accertato che la richiesta notificata dal Comune alla contribuente conteneva la data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale;
6. Da ciò che precede deriva l’infondatezza dei due motivi di ricorso in esame;
7. con il quarto e il quinto motivo di ricorso vengono lamentate violazioni o false applicazioni del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, artt. 1 e 5 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 13 della L. n. 311 del 2004, art. 1, commi 336 e 337 nonché del D.M. 19 aprile 1994, n. 701, art. 1 e dell’art. 53 Cost. Viene così censurata la parte della sentenza in cui la CTR ha statuito doversi ritenere esistenti tutti i beni indicati nel DOCFA del (…) in adesione all’elenco contenuto nella richiesta del Comune senza potersi dare rilievo alla denuncia di errori commessi in quel DOCFA, presentata al Comune il 21.4.2015 né al DOCFA “correttivo” presentato nel (…), così finendo per applicare le rendita indicate nel DOCFA del (…) “con efficacia retroattiva per gli anni (…)-(…) anche in relazione a beni inesistenti nei suddetti anni”;
8. i due motivi sono fondati.
8.1. In sostanza la CTR ha ritenuto vincolante per la contribuente il DOCFA del (…). Ha evidenziato infatti che quest’ultima “una volta ricevuto l’invio di regolarizzazione con indicazione delle accertate difformità tra lo sato di fatto e il precedente accatastamento” avrebbe dovuto” dal corso ad un accatastamento diverso o parziale accompagnato dalla contestazione circa la sussistenza di tutte o talune delle difformità enunciate nell’invito… invece ha con spontaneo e tempestivo riscontro provveduto motu proprio ad effettuare le regolarizzazione catastali determinando la relativa maggior rendita ben consapevole, come da avvertimento contenuto nell’invito, che essa avrebbe costituito li parametro per la rideterminazione retroattiva dell’imposta dovuta”.
8.2. In questo modo la CTR ha disatteso il costante orientamento della Corte.
E’ stato infatti affermato che “in tema di catasto dei fabbricati, la proposta di rendita secondo la procedura cosiddetta DOCFA, ex D.M. 19 aprile 1994, n. 701, al pari della dichiarazione dei redditi, non ha natura di atto negoziale e dispositivo ma reca una mera dichiarazione di scienza e di giudizio che costituisce l’atto iniziale di un procedimento amministrativo di tipo cooperativo per la classificazione degli immobili e le rendite da questi prodotte. Siccome il procedimento di classamento è di tipo accertativo, mirando a far chiarezza sul valore economico del bene in vista di una congrua tassazione secondo le diverse leggi di imposta, al contribuente deve essere riconosciuto il diritto di modificare, senza alcun limite temporale, la rendita proposta all’UTE, quando la situazione di fatto o di diritto “ab origine” denunziata non sia veritiera” (Cass. Sez. 5, sentenza n. 19379 del 15/07/2008). Ed ancora: “In tema di classamento, la rendita catastale, che non è il fatto costitutivo di alcuna obbligazione tributaria, ma il risultato di un procedimento di tipo accertativo, strumentale alla determinazione del valore economico di un bene, rilevante ai fini di una pluralità d’imposte, ha un efficacia illimitata nel tempo, ma non definitiva, per cui, come all’Ufficio finanziario va riconosciuto, oltre il termine di 12 mesi di cui al D.M. 19 aprile 1994, n. 701, il potere d’intervenire per rettificare la rendita proposta dal contribuente, quest’ultimo può sempre presentare istanze di variazione, anche a correzione dei propri errori, atteso che la non emendabilità di eventuali dichiarazioni inesatte cristallizzerebbe, in contrasto con l’art. 53 Cost., un’imposizione falsata nei presupposti” (Cass. Sez. 6 – 5, Sentenza n. 3001 del 13/02/2015). Ed è stato altresì statuito: “In tema di classamento d’immobili, il contribuente può domandare, in ogni momento, all’Amministrazione la correzione dei dati dichiarati e la rettifica della rendita proposta quando la situazione di fatto o di diritto denunciata non corrisponde al vero, trattandosi di un procedimento di accertamento, e può ricorrere, in caso di diniego, avendo diritto ad una definizione mirata e specifica della sua proprietà senza necessità di prospettare un interesse generale, al giudice tributario, che procederà alla valutazione dell’immobile, tenendo conto delle sue mutate condizioni ed eventualmente disapplicando i criteri elaborati dall’Amministrazione” (Cass. 13/02/2015, n. 2995);
10.il quarto e il quinto motivo di ricorso devono essere accolti;
11. in relazione all’accoglimento del quarto e quinto motivo la sentenza impugnata deve essere cassata. La causa va rinviata alla corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia per nuovo esame nonché, all’esito, per la liquidazione delle spese del processo.
P.Q.M.
Accoglie il quarto e quinto motivo di ricorso, rigetta il primo, il secondo e il terzo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia anche per le spese del processo.
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