Corte di Cassazione ordinanza n. 28857 depositata il 5 ottobre 2022
presupposti per l’inutilizzabilità della documentazione non prodotta – onere del contribuente fornire una giustificazione, non solo idonea, ma anche analitica delle movimentazioni ritenute ingiustificate dall’Agenzia
RILEVATO CHE
1. Con avviso di accertamento n. T8F010101216/2011, relativo all’anno 2006, l’Agenzia delle entrate, in base ai rilievi formulati dalla Guardia di Finanza in un processo verbale di contestazione conseguente a verifica compiuta mediante indagini bancarie e finanziarie, accertava, nei confronti di A.L., esercente attività di intermediazione nel commercio, previo contraddittorio con il medesimo, all’esito del quale erano rimasti privi di giustificazione euro 688.130,00 in accredito ed euro 330.629,00 in addebito, un reddito d’impresa di euro 1.164.086,00 (a fronte di euro 101.844,00 dichiarati), determinando conseguentemente maggiori Irpef, addizionali, Irap ed Iva ed irrogando le sanzioni.
2. La CTP di Grosseto accoglieva l’impugnazione proposta dal contribuente.
3. Proponeva appello l’Agenzia delle entrate, lamentando, per quanto di rilievo, genericità ed inconsistenza delle prove addotte a contrario dal contribuente; inutilizzabilità dei documenti non esibiti in fase amministrativa, nonostante specifico invito, e violazione delle norme in tema di ripartizione dell’onere della prova.
4. Con la sentenza di cui in epigrafe, la CTR respingeva l’appello principale dell’Agenzia delle entrate.
4.1 La CTR in particolare rilevava che:
– l’Agenzia delle entrate non aveva svolto impugnazione sulla qualificazione giuridica dell’attività svolta dal contribuente, con conseguente formazione del giudicato sul fatto dello svolgimento, da parte di questi, non dell’attività di commissionario alle vendite, ritenuta in sede di verifica e nell’avviso, ma di quella di procacciatore d’affari;
– “discutibile”, di conseguenza, è l”‘impianto generale” della “ricostruzione dell’intera vicenda operata nell’accertamento”;
– in ordine all’impossibilità di esibizione in giudizio di documenti vanamente richiesti nel corso del procedimento, il rilievo “deve essere disatteso, perché proprio la necessità di controbattere alle presunzioni ritenute applicabili negli atti di accertamento giustifica la possibilità di effettuare produzioni documentali in giudizio”;
– in ordine ai “presupposti per negare validità alla azionata presunzione lega_le relativa”, appare “corretta” !”‘affermazione preliminare” del contribuente, “allorché in sede di ricorso aveva premesso che ‘le movimentazioni bancarie [ …] avrebbero dovuto essere ricostruite nel presupposto […] che il ricorrente è un procacciatore di affari e, in quanto tale, non acquista e non rivende beni”;
– “questa considerazione ormai deve essere assunta come definitiva, proprio perché […] sul punto della qualificazione dell’attività dell’appellato si è formato il giudicato”;
anche quando l’Ufficio “scende nel particolare relativamente alle singole componenti del recupero originario complessivo di euro 1.018.759,29, si nota che le relative contestazioni appaiono o formali o basate sull’erroneo presupposto dell’attività svolta dalla appellato”.
5. Propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate, affidandosi a tre motivi. Resiste con articolato controricorso il contribuente.
CONSIDERATO CHE
1. Con il terzo motivo – che va esaminato per primo per la priorità logica che assume – si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 32, commi 4 e 5, d.P.R. n. 600 del 1973 e 51, comma 1, n. 4, d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione al capo della sentenza impugnata in cui si ritiene utilizzabile la documentazione non esibita dal contribuente nella fase procedimentale.
1.1 Deduce la ricorrente che la documentazione prodotta dal contribuente solo nel primo grado di giudizio non lo era stata anche in sede di contraddittorio amministrativo, nonostante l’espresso invito dei verificatori a fornire ogni giustificazione in merito alle singole movimentazioni in contestazione, giusta quanto risultante dal PVC (“in parte qua” riprodotto). Il contribuente neppure ha dichiarato di non aver potuto ottemperare alle esibizioni in fase procedimentale per causa a lui non imputabile, essendosi, nel ricorso introduttivo del giudizio (anch’esso “in parte qua” riprodotto) limitato a rappresentare le “difficoltà” incontrate nel reperire la documentazione. Il medesimo, ancora nelle controdeduzioni in appello, ha genericamente contestato l’eccezione di inutilizzabilità formulata dall’Agenzia delle entrate, ma non ha dedotto l’impossibilità delle esibizioni sollecitate dai verificatori.
L’avere la CTR, nel rigettare l’eccezione dell’Agenzia delle entrate, ritenuto che il contribuente possa produrre in giudizio qualsiasi documento per il solo fatto di averne necessità ai fini della difesa, nonostante la mancata previa produzione dinanzi all’Autorità amministrativa, contrasta con le norme evocate, secondo cui le notizie ed i documenti non addotti e non esibiti in risposta agli inviti dell’Ufficio non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, né in sede di ulteriore corso del procedimento amministrativo, né in sede di giudizio, salvo che il medesimo espressamente dichiari, nell’atto introduttivo del giudizio, di non aver potuto adempiere alle richieste rivoltegli per causa a lui non imputabile, fornendo di ciò adeguata dimostrazione.
1.2 Il motivo è infondato.
1.2.1 Non è in astratto condivisibile – ed in ciò coglie nel segno la critica dalla ricorrente rivolta alla sentenza impugnata – l’affermazione della CTR secondo cui sarebbe sempre ammessa la produzione in giudizio di documenti pur non comunicati all’Amministrazione, dietro richiesta, durante il procedimento. Invero, già da epoca non recente, ricorre in giurisprudenza il principio a termini del quale “l’art. 32, quarto comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, aggiunto dall’art. 25 della legge 18 febbraio 1999, n. 28, nel prevedere che la mancata risposta al questionario da parte del contribuente preclude, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa, la considerazione a suo favore degli elementi non addotti, non richiede che l’omissione sia frutto di un comportamento doloso e fraudolento, intenzionalmente diretto ad intralciare l’attività di accertamento, essendo sufficiente il fatto obbiettivo della mancata risposta, a prescindere dalle motivazioni della parte privata, ossia dall’elemento psicologico del contribuente che omette di rispondere”, soggiungendosi che “la dichiarazione del contribuente di non aver potuto rispondere al questionario su invito dell’Ufficio per causa a lui non imputabile – che egli, ai sensi dell’art. 32, quinto comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, può formulare al fine di impedire la produzione degli effetti previsti dal comma quarto […] – deve essere fatta in modo chiaro ed esplicito nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, [pur] non richiedendosi la prova contestuale della non imputabilità della causa dell’inadempimento” (Sez. 5, n. 28049 del 30/12/2009, rispettivamente Rv. 611177-01 e 611177-01; identicamente, da ultimo, Sez. 5, n. 16757 del 14/06/2021, Rv. 661533-01).
1.2.2 Nondimeno – ed in ciò, invece, coglie nel segno l’osservazione del contribuente nel controricorso – “la preclusione fissata dal terzo e dal quarto comma dell’art. 32 del d.P.R. 29 settembre 1973, 600, la quale vieta al contribuente di produrre in giudizio elementi a proprio discarico, se non tempestivamente forniti all’Amministrazione nel termine assegnatogli, non opera se l’Amministrazione non l’abbia previamente avvertito delle conseguenze collegate a tale inottemperanza” (Sez. S, n. 453 del 10/01/2013, Rv. 624728-01). Viene in rilievo, infatti, quel “medesimo principio di lealtà, poi sfociato negli articoli 6 e 10 dello Statuto del contribuente [ …], che sono idonei a fornire un decisivo indicatore ermeneutico” (Sez. 5, n. 9974 del 01/04/2015, par. 4.2, p. 8 s.), a cagione del quale “è necessario che l’Amministrazione [ …] fissi un termine minimo per l’adempimento degli inviti o delle richieste, avvertendo delle conseguenze pregiudizievoli che derivano dall’inottemperanza alle stesse, senza che, in caso di mancato rispetto della suddetta sequenza procedimentale (la prova della cui compiuta realizzazione incombe sull’Amministrazione), sia invocabile la sanzione dell’inutilizzabilità della documentazione esibita dal contribuente solo con l’introduzione del processo tributario” (Sez. 5, n. 22126 del 27/09/2013, Rv. 628934-01).
1.2.3 Dal ricorso non emerge avere i verificatori assolto ai superiori doveri di trasparenza e leale collaborazione. Invero, in nessun passaggio dello stesso, viene dato conto né della fissazione di alcun termine al contribuente per la produzione di quanto richiesto, senza peraltro che sia specificamente indicato l’oggetto della richiesta, né, soprattutto, della somministrazione al medesimo di alcun avvertimento relativamente alle conseguenze di un eventuale inadempimento.
1.2.4 Ciò, come anticipato, vota il motivo all’infondatezza.
2. Può dunque procedere alla disamina degli altri due motivi, che possono essere illustrati e trattati congiuntamente in ragione della manifesta comunanza di censure.
3. Con il primo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 32, 2 e 7, d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione al capo della sentenza impugnata secondo cui il fatto che il contribuente svolgesse l’attività di procacciatore di affari varrebbe a giustificare le movimentazioni contestate.
3.1 Rileva la ricorrente che è pacifico essere l’avviso fondato sulle risultanze delle indagini bancarie e finanziarie, come tra l’altro reso palese dalla motivazione dello stesso (“in parte qua” riprodotta).
Erronea è l’affermazione della CTR secondo cui il fatto, ritenuto coperto dal giudicato interno, che il contribuente svolgesse l’attività di procacciatore d’affari, e non di commissionario alle vendite, sarebbe idoneo a fornire la giustificazione di tutte le movimentazioni contestate. Al contrario, è onere del contribuente fornire una giustificazione, non solo idonea, ma anche analitica delle stesse; l’Ufficio, una volta contestate le movimentazioni ritenute ingiustificate, non è onerato di alcun’altra prova, operando la presunzione legale: in particolare, non ha l’onere né di individuare né di provare quale sia il tipo di attività svolto dal contribuente; sotto altro profilo, il superamento della presunzione legale, postulando l’analiticità della controprova, esclude la rilevanza di giustificazioni “per masse”.
3.2 Con il secondo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 32, nn. 2 e 7, d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione al capo della sentenza impugnata in cui si ritengono giustificate le movimentazioni per insufficienza delle contestazioni dell’Ufficio.
3.2.1 Secondo la ricorrente, a proposito delle movimentazioni contestate oggetto della disamina di cui alla seconda parte della motivazione della sentenza impugnata, la CTR, nel ritenere l’infondatezza della contestazione, sovverte le regole sulla ripartizione dell’onere della prova, poiché fonda il suo argomentare sull’idoneità, non già delle giustificazioni opposte dal contribuente al fine di superare la presunzione legale, ma delle argomentazioni dedotte dall’Ufficio per disattendere le movimentazioni stesse.
Siffatto “modus procedendi” contrasta con le disposizioni di legge indicate in rubrica, poiché dalle stesse discende un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente.
3.3 Entrambi i motivi sono fondati e meritano
3.4 Il costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità è nel senso che, “in tema di accertamenti bancari, gli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972 prevedono una presunzione legale in favore dell’erario che, in quanto tale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 e.e. per le presunzioni semplici, e che può essere superata dal contribuente attraverso una prova analitica, con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili, cui consegue l’obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza delle relative risultanze” (cfr., ad es., Sez. 5, n. 13112 del 30/06/2020, Rv. 658392-01).
In virtù di quanto precede, “la presunzione ex art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 consente all’Amministrazione finanziaria di riferire ‘de plano’ ad operazioni imponibili i dati raccolti in sede di accesso ai conti correnti bancari del contribuente” (Sez. 5, n. 10249 del 26/04/2017, Rv. 644098-01).
Ciò significa che, “qualora l’accertamento effettuato dall’Ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo l’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, determinandosi un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare, con una prova, non generica, ma analitica, per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili” (in termini, da ultimo, Sez. 5, n. 15857 del 29/07/2016, Rv. 640618-01).
Donde, “poiché il contribuente ha l’onere di superare la presunzione posta dagli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972, dimostrando in modo analitico l’estraneità di ciascuna delle operazioni a fatti imponibili, il giudice di merito è tenuto ad effettuare una verifica rigorosa in ordine all’efficacia dimostrativa delle prove fornite dallo stesso, rispetto ad ogni singola movimentazione, dandone compiutamente conto in motivazione” (Sez. 6-5, n. 10480 del 03/05/2018, Rv. 648064-01).
3.5 A mente dei superiori principi di diritto, è da rilevarsi, in relazione al primo motivo (che si sottrae all’eccezione d’inammissibilità formulata nel controricorso sul presupposto che l’Ufficio non ha impugnato altresì la “ratio decidendi” relativa all’essere le “imputazioni delle movimentazioni […] ben documentate dal contribuente sulla base di una copiosa documentazione prodotta”, giacché siffatta affermazione è dalla CTR in realtà riferita alla sentenza di primo grado, senza essere richiamata e condivisa), la censurabilità dell’assunto della sentenza impugnata secondo cui le movimentazioni contestate, considerate pertanto nel complesso, sono suscettibili di trovare congrua giustificazione alla stregua dell’inquadramento dell’attività del contribuente come procacciatore d’affari e non (secondo quanto invece ritenuto dai verificatori nel PVC e dall’Ufficio nell’avviso) come commissionario alle vendite.
Infatti:
– da un lato, “l’utilizzazione dei dati acquisiti presso le aziende di credito quali prove presuntive di maggiori ricavi o operazioni imponibili, ai sensi degli artt. 32, comma 1, n. 2, secondo periodo, del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51, comma 2, n. 2, del d.P.R. n. 633 del 1972, non è subordinata alla prova che il contribuente eserciti attività d’impresa o di lavoro autonomo, atteso che, ove nòn sia contestata la legittimità dell’acquisizione dei dati risultanti dai conti correnti bancari, i medesimi possono essere utilizzati sia per dimostrare l’esistenza di un’eventuale attività occulta (impresa, arte o professione), sia per quantificare il reddito da essa ricavato, incombendo al contribuente l’onere di provare che i movimenti bancari che non trovano giustificazione sulla base delle sue dichiarazioni non sono fiscalmente rilevanti” (così, da ultimo, Sez. 5, n. 25812 del 23/09/2021, Rv. 662241-01);
– dall’altro lato, in conformità del resto a quanto già ricordato, la prova contraria cui il contribuente è chiamato per vincere la presunzione legale non può essere né generica né ‘massiva’, ragion per cui, in primo luogo, il medesimo è tenuto a dimostrare “in modo analitico l’estraneità di ciascuna delle operazioni a fatti imponibili” e, di riflesso, “il giudice di merito è tenuto ad effettuare una verifica rigorosa in ordine all’efficacia dimostrativa delle prove fornite dallo stesso contribuente” in relazione “ad ogni singola movimentazione”, “dandone conto in motivazione” (Sez. 5, n. 11696 del 05/05/2021, Rv. 661519-01).
3.6 Contraria, inoltre, all’operatività della presunzione legale di cui innanzi – trascorrendosi così al secondo motivo – si rivela l’affermazione della CTR, laddove, con riferimento alle movimentazioni esaminate nella seconda parte della motivazione della sentenza impugnata, ritenute giustificate, rileva che le “contestazioni” dell’Ufficio rispetto ai documenti versati in atti dal contribuente “appaiono o formali” (perché relative ai tempi ed ai modi della produzione solo giudiziale e non anche procedimentale) “o basate sull’erroneo presupposto dell’attività svolta dalla appellato” (cioè dell’attività di procacciatore d’affari dedotta dal contribuente, non condivisa dall’Ufficio).
Invero, a prescindere, come visto a riguardo del terzo motivo, dall’infondatezza della censura agenziale d’inammissibilità delle produzioni giudiziali del contribuente, v’è da osservare come gli oneri allegatorio e probatorio dell’Amministrazione debbano ritenersi assolti con la mera indicazione delle movimentazioni prive di giustificazione, spettando invece al contribuente, che voglia sottrarsi alle conseguenze della presunzione, dimostrare “in modo analitico l’estraneità di ciascuna delle operazioni a fatti imponibili” (Sez. 6-5, n. 35258 del 18/11/2021, Rv. 663154-01), senza viepiù che sia “sufficiente una prova generica circa ipotetiche distinte causali dell’affluire di somme sul proprio conto corrente”, poiché “è” invece “necessario che il [medesimo] fornisca la prova analitica della riferibilità di ogni singola movimentazione alle operazioni già evidenziate nelle dichiarazioni, ovvero dell’estraneità delle stesse alla sua attività” (Sez. 5, n. 4829 del 11/03/2015, Rv. 635057-01). Talché, nella specie, la CTR avrebbe dovuto valutare direttamente la documentazione prodotta dal contribuente, al fine di stabilire se fosse idonea, “analiticamente” (come preteso dalla giurisprudenza), a rendere giustificazione di tutte le movimentazioni di conto. In tale giudizio, avrebbe la medesima eventualmente potuto altresì tener conto, ove ne avesse ravvisato la necessità logico-argomentativa, da adeguatamente esplicitare in motivazione, della concreta attività esercitata dal contribuente, siccome giudizialmente accertata, tuttavia soltanto nella prospettiva di un mero inquadramento della verifica delle riconciliazioni: verifica nondimeno indefettibilmente da compiersi in relazione ad ogni singola posta oggetto di contestazione.
4. In definitiva, alla luce di quanto precede, in accoglimento del primo e del secondo motivo di ricorso, respinto il terzo, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio alla CTR, in diversa composizione, per nuovo esame ed altresì per la regolazione tra le parti delle spese di lite, anche in relazione al presente grado di legittimità.
P.Q.M.
Rigetta il terzo motivo di ricorso.
In accoglimento del primo e del secondo motivo, cassa ed annulla la sentenza impugnata con rinvio alla CTR, in diversa composizione, per nuovo esame e per la regolazione tra le parti delle spese di lite, anche in relazione al presente grado di legittimità.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Corte di Cassazione ordinanza n. 26729 depositata il 12 settembre 2022 - La sanzione dell'inutilizzabilità dei documenti prodotti in giudizio è applicabile solo se l'Amministrazione, con l'invio del questionario, abbia avvertito delle conseguenze…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 111 depositata il 3 gennaio 2024 - L'art. 380-bis c.p.x. (che nella parte finale richiama l'art. 96, terzo e quarto comma, cit.) è destinato a trovare applicazione, come espressamente previsto dall'art. 35, comma 6,…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 11280 depositata il 7 aprile 2022 - In tema di accertamento fiscale, l'invio del questionario da parte dell'Amministrazione finanziaria, previsto dagli artt. 32, comma 4, d.P.R. n. 600 del 1973 e 51, comma 5, P.R.…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 30 aprile 2021, n. 11405 - In tema di accertamento fiscale, l'invio del questionario da parte dell'Amministrazione finanziaria, previsto dagli artt. 32, comma 4, d.P.R. n. 600 del 1973 e 51, comma 5, d.P.R. n. 633 del…
- Corte di Cassazione sentenza n. 16578 depositata il 23 maggio 2022 - La documentazione non prodotta deve ritenersi inutilizzabile, ove l’Ufficio abbia indicato nel questionario l’avvertimento che la mancata produzione entro il termine indicato comporti…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 06 ottobre 2021, n. 27047 - In tema di accertamento fiscale, l'invito dell'Amministrazione finanziaria a fornire dati e notizie, di cui all'art. 32, quarto comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, assolve alla funzione di…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Alla parte autodifesasi in quanto avvocato vanno l
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 7356 depositata il 19…
- Processo Tributario: il principio di equità sostit
Il processo tributario, costantemente affermato dal Supremo consesso, non è anno…
- Processo Tributario: la prova testimoniale
L’art. 7 comma 4 del d.lgs. n. 546 del 1992 (codice di procedura tributar…
- L’inerenza dei costi va intesa in termini qu
L’inerenza dei costi va intesa in termini qualitativi e dunque di compatibilità,…
- IMU: la crisi di liquidità non è causa di forza ma
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, ordinanza n. 7707 depositata il 21 m…