Corte di Cassazione ordinanza n. 29244 depositata il 7 ottobre 2022
sentenza penale irrevocabile di assoluzione dal reato tributario non spiega automaticamente efficacia di giudicato nel processo tributario
rilevato che:
dall’esposizione in fatto della pronuncia impugnata si evince che: l’Agenzia delle entrate aveva notificato alla società Smeco s.r.l. degli avvisi di accertamento, relativi agli anni dal 2005 al 2007, con i quali aveva contestato la non deducibilità dei costi e la non detraibilità dell’iva di cui alle fatture emesse dalla ditta individuale Edilscavi di Proietti Claudio e dalla società Gricos srl, in quanto relative ad operazioni oggettivamente inesistenti, e la non deducibilità di sopravvenienze passive per penali e di ulteriori costi; avverso i suddetti atti impositivi la società contribuente aveva proposto separati ricorsi che erano stati parzialmente accolti dalla Commissione tributaria provinciale di Roma con due distinte pronunce; avverso le pronunce del giudice di primo grado la società aveva proposto appello principale e l’Agenzia delle entrate appello incidenfale sui punti della decisione della sentenza di reciproca soccombenza;
la Commissione tributaria regionale del Lazio, previa riunione, ha accolto parzialmente l’appello della società relativo alla pretesa concernente la non deducibilità dei costi e la non detraibilità dell’iva sulle operazioni inesistenti, mentre ha accolto l’appello incidentale dell’Agenzia delle entrate relativo alla non deducibilità dei costi per schede carburanti e della sopravvenienza passiva, ed ha rigettato gli ulteriori motivi di appello principale e incidentale;
l’Agenzia delle entrate ha quindi proposto ricorso per la cassazione della sentenza affidato a due motivi di censura;
la società è rimasta intimata;
considerato che:
con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3), cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione dell’art. 654, cod. proc. pen., nonché dell’art. 2697 relativamente al punto della decisione relativo alla pretesa concernente il disconoscimento delle deduzioni di costi e delle detrazioni iva per le fatture emesse per operazioni oggettivamente inesistenti;
in particolare, evidenzia parte ricorrente che il giudice del gravame ha valorizzato la: «pronuncia definitiva di assoluzione della Cassazione “perché il fatto non sussiste”», facendone derivare effetti in ordine all’accertamento dei fatti nel giudizio tributario, senza, tuttavia, avere compiuto alla valutazione critica in ordine agli stessi, con conseguente non consentita applicazione automatica degli esiti del giudizio penale nel giudizio civile;
con il secondo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 4), cod. proc. civ., per violazione dell’art. 132, comma secondo, cod. proc. civ., e dell’art. 36, comma 2, n. 4), d.lgs. n. 546/1992, per mancanza di motivazione, non avendo indicato l’iter logico argomentativo seguito ai fini della decisione;
i motivi sono fondati;
questa Corte ha più volte precisato che la sentenza penale irrevocabile di assoluzione dal reato tributario, ancorchè emessa con la formula “perchè il fatto non sussiste”, non spiega automaticamente efficacia di giudicato nel processo tributario, ancorchè i fatti accertati in sede penale siano gli stessi per i quali l’Amministrazione finanziaria ha promosso l’accertamento nei confronti del contribuente, ma può essere presa in considerazione come possibile fonte di prova dal giudice tributario, il quale, nell’esercizio dei propri poteri di valutazione, deve verificarne la rilevanza nell’ambito specifico in cui detta decisione è destinata ad operare” (Cass. civ., 10 maggio 2022, n. 14744) Cass. civ., 27 giugno 2019, n. 17258; Cass. civ., 24 novembre 2017, n. 28174); il giudice del gravame non ha fatto corretta applicazione del suddetto principio, non avendo proceduto ad una valutazione critica della pronuncia penale cui lo stesso ha fatto riferimento e ad un esame dei fatti accertati al fine della formulazione di un autonomo giudizio valutativo, ma ha fatto automatica applicazione nel giudizio tributario degli esiti della pronuncia penale;
d’altro lato, con specifico riferimento al secondo motivo di ricorso, la pronuncia si limita ad un generico riferimento ad una pronuncia di assoluzione della Corte di cassazione “perché il fatto non sussiste” senza alcuna ulteriore specificazione del presupposto fattuale sulla cui base si è pervenuti alla decisione, incorrendo, in tal modo, nella violazione di cui all’art. 132, comma secondo, cod. proc. civ., e dell’art. 36, comma 2, n. 4), d.lgs. n. 546/1992;
in conclusione, i motivi sono fondati, con conseguente accoglimento del ricorso e cassazione della sentenza con rinvio alla Commissione tributaria regionale, anche per la liquidazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte:
accoglie il ricorso, cassa la sentenza censurata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di lite del presente giudizio.
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