Corte di Cassazione ordinanza n. 29504 depositata il 10 ottobre 2022
limiti ai rimborsi d’imposte per effetto di benefici fiscali accordati in conseguenza di eventi calamitosi,
Rilevato che:
1. Con ricorso depositato il 29 marzo 2019, Gianfranco Licitra ha chiesto alla CTR della Sicilia, sezione staccata di Catania, l’ottemperanza dell’amministrazione finanziaria agli obblighi derivanti dalla sentenza n. 1288/17/2016, depositata il 5 aprile 2016 e divenuta definitiva, con la quale la stessa Commissione gli aveva riconosciuto il diritto al rimborso del 90% dell’IRPEF versata in eccedenza negli anni d’imposta 1990, 1991 e 1992, in applicazione dell’art. 9, comma 17, della legge 27 dicembre 2002, n. 289.
Costituitasi nel giudizio d’ottemperanza, l’amministrazione ha dedotto di aver già provveduto all’adempimento, per effetto del pagamento della somma di € 4.506,11, pari alla metà dell’importo riconosciuto dalla predetta sentenza di cognizione, ovvero nei limiti di quanto disposto dall’art. 16-octies d.l. 20 giugno 2017, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2017, n. 123.
2. La sentenza impugnata ha accolto il ricorso, ritenendo che il giudicato formatosi in sede giurisdizionale non poteva essere soggetto, in fase di ottemperanza, ai limiti quantitativi di rimborso fissati dalla normativa evocata dall’amministrazione, peraltro, ed in ogni caso, limitati ai soli rimborsi effettuati nel triennio 2015-2017; pertanto, il giudice dell’ottemperanza ha nominato un commissario ad acta per l’adozione dei provvedimenti necessari all’integrale adempimento degli obblighi stabiliti dalla sentenza da ottemperare.
3. Avverso tale statuizione l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, depositando successiva memoria. Il contribuente ha resistito con controricorso, anch’esso illustrato da memoria in prossimità dell’udienza, con la quale ha chiesto a questa Corte di sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art. 16-octies del d.l. n. 91 del 2017.
Inizialmente assegnata alla sezione sesta, la causa è stata rinviata per la trattazione in questa sede per ragioni di opportunità, avuto riguardo alla questione dedotta in giudizio.
Considerato che:
1. Con l’unico motivo di ricorso l’amministrazione lamenta la violazione, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., dell’art. 1, comma 665, della l. 23 dicembre 2014 n. 190, come modificato dall’art. 16-octies del d.l. 20 giugno 2017 n. 91, convertito, con modificazioni, dalla l. 3 agosto 2017 n. 123, e del Provvedimento 26 settembre 2017 del direttore dell’Agenzia delle
Sostiene al riguardo, con richiamo ad alcuni precedenti di questa Corte, che la sentenza da ottemperare, pubblicata successivamente all’entrata in vigore dell’art. 16-octies del d.l. n. 91 del 2017, avrebbe dovuto tener conto della limitazione ivi prevista in relazione alle risorse da destinare alle istanze di rimborso, nel senso specificato dall’evocato provvedimento direttoriale.
2. Il ricorso è fondato nei limiti di cui si darà conto in prosieguo.
2.1 Occorre anzitutto richiamare l’orientamento ormai consolidato della giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la questione attinente ai limiti delle risorse stanziate con le eventuali controversie sui provvedimenti liquidatori emessi dall’Agenzia delle entrate può essere dedotta solo in fase esecutiva o di ottemperanza (v., fra le numerose altre, Cass. n. 23553/2022; Cass. n. 20021/2022; n. 14331/2020), trattandosi di questione che attiene unicamente al profilo attuariale dell’adempimento dell’obbligo restitutorio da parte dell’Erario.
Per quest’ultima ragione, peraltro, è stato chiarito che la disposizione di cui all’art. 70, comma 10, del d. lgs. n. 546/1992, che limita la proponibilità del ricorso per cassazione avverso le decisioni del giudice dell’ottemperanza alle sole questioni concernenti l’inosservanza delle norme sul procedimento, va interpretata nel senso che è possibile denunciare alla Suprema Corte non soltanto la violazione delle norme che disciplinano il giudizio di ottemperanza, ma anche ogni altro error in procedendo in cui sia incorso il giudice dell’ottemperanza e, in particolare, il mancato o difettoso esercizio del potere-dovere di interpretare ed eventualmente integrare il dictum costituito dal giudicato cui l’amministrazione non si sia adeguata (v. ad es. Cass. n. 23487/2018, Cass. n. 8830/2014), ivi compreso il difettoso esercizio del potere – dovere di integrare il dictum della sentenza da ottemperare con riferimento alla questione dei limiti del rimborso.
2.2 Poste tali premesse, va ulteriormente rilevato che il giudizio di ottemperanza relativo all’obbligo di cui trattasi presuppone che il singolo importo da limitare sia stato definitivamente determinato (e dunque irrevocabilmente accertato, ove sia stato controverso in giudizio); ma, d’altro canto, esso richiede la valutazione di circostanze (le risorse stanziate e la loro capienza in rapporto alle altre domande) “esterne” alla fattispecie di pertinenza di ciascun contribuente, che sono estranee al thema decidendum del giudizio sulla singola domanda di rimborso e che verranno necessariamente a definirsi solo quando il relativo diritto al rimborso sarà ormai accertato nell’ an e nel quantum ed entro quei limiti sarà attuabile, con la conseguenza della possibile invocazione dei limiti di attuazione del diritto al rimborso anche al caso in cui il relativo diritto sia stato accertato con sentenza definitiva (cfr. Cass. n. 16289/2022; Cass. n. 7368/2019).
3.1 Poste tali considerazioni, il collegio osserva altresì che il complesso normativo in questione non incide sull’an e sul quantum del diritto sostanziale del contribuente al rimborso, come accertato dalla sentenza passata in giudicato, e non determina, pertanto, alcuna violazione degli artt. 3, 24 e 117 Cost. (in relazione all’art. 6 CEDU).
Infatti, il legittimo affidamento del contribuente all’attuazione integrale del rimborso attraverso il procedimento in questione non può tradursi nell’aspettativa di intangibilità della relativa normativa, in un settore, quale quello fiscale, nel quale è necessario ― e perciò ragionevolmente prevedibile ― che le norme in vigore vengano continuamente adeguate alle variazioni della congiuntura economica.
Del resto, con l’introduzione di siffatta procedura attuativa del diritto al rimborso, il legislatore ― preso atto della limitatezza delle risorse finanziarie erariali nel contesto temporale, e considerate le superiori finalità pubbliche cui esse sono destinate ― ha realizzato un legittimo bilanciamento tra queste ultime ed i diritti del singolo contribuente.
Siffatto bilanciamento è, peraltro, conforme ai precetti della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, rispetto alla quale il largo margine di apprezzamento pur riconosciuto agli Stati nel regolare la materia fiscale (art. 1, comma 2, Protocollo n.1) va letto alla luce del principio del “giusto equilibrio” (comma 1), in termini di giustificazione e proporzione (CEDU, 03/07/2003, Buffalo S.r.l. vs. Italia), non diversamente dalle fattispecie espropriative (CEDU, 16/03/2010, Di Belmonte vs. Italia).
3.2 Ciò posto, e venendo allo scrutinio del motivo di ricorso, il Collegio ritiene di doversi conformare ai propri precedenti con i quali, pur prendendo atto dell’esistenza di pronunzie che fanno carico al giudice dell’ottemperanza di «verificare se era stata provato dall’Agenzia delle entrate che l’ammontare delle istanze di rimborso presentate eccedesse le complessive risorse stanziate dall’art. 16- octies citato e, quindi, provvedere di conseguenza» (v. Cass. n. 8380/2021), ha ritenuto che, nel caso di specie, il giudice dell’ottemperanza abbia il potere-dovere di compiere un’attività̀ cognitiva e ricostruttiva degli obblighi sanciti dalla sentenza definitiva (invece non consentita nel giudizio esecutivo civile), che si estende alla verifica di tutti i presupposti e di tutte le condizioni che determinano il rimborso da erogare, in considerazione delle risorse disponibili, ai sensi dell’art. 16-octies l. n. 91 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 123 del 2017 (cfr. Cass. nn. 16289 e 16290/2022).
Si tratta del resto, della medesima verifica che dovrebbe inderogabilmente compiere ex lege l’Amministrazione in sede di effettuazione del rimborso accertato dalla sentenza de qua, alla quale si sostituisce quindi il giudice dell’ottemperanza, servendosi, se necessario, del commissario ad acta.
Peraltro, proprio l’esigenza che, in sede di ottemperanza, vengano adottati – in luogo dell’ufficio che li ha omessi e nelle forme amministrative per essi prescritti dalla legge- tutti quei provvedimenti indispensabili per l’attuazione effettiva del comando giudiziale reso nei confronti dell’Amministrazione, rende necessario che il giudice dell’ottemperanza non si limiti, nella sentenza, a riprodurre genericamente il testo di cui all’art. 70, comma 7, d.lgs. n. 546 del 1992, o altra formula generica e di stile ad essa equivalente, ma, ove necessario, disponga specificamente anche in ordine al quomodo della stessa attuazione.
3.3 L’eventuale verificata incapienza, con riferimento al momento dell’ effettiva attuazione, delle risorse stanziate sugli ordinari capitoli di spesa utilizzati per il rimborso delle imposte sui redditi e dei relativi interessi, nel limite di cui all’ art. 1, comma 665, legge n. 190 del 2014, n. 190 (come, da ultimo, modificato dal d.l. n. 162 del 2019) e di eventuali successivi ulteriori stanziamenti, se preclude, in tutto o in parte, che il rimborso abbia luogo ai sensi della medesima norma e del relativo provvedimento direttoriale che l’ha integrata, non determina tuttavia l’estinzione, parziale o integrale, del relativo diritto sostanziale del contribuente, e non preclude quindi definitivamente, né procrastina sine die, la sua integrale attuazione, secondo gli strumenti a disposizione dell’amministrazione e, dunque, del commissario ad acta nominato dal giudice dell’ottemperanza, che nella relativa sentenza deve precisare il quomodo dell’intervento
A tal fine, va considerato che, secondo la stessa prassi amministrativa (nota n. 32882 del 25 marzo 2002 del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato del Ministero dell’Economia e delle Finanze; nota n. 2002/81152 del 11 aprile 2002 della Direzione Centrale Amministrativa dell’Agenzia delle Entrate; circolare dell’Agenzia delle entrate 4 febbraio 2003, n. 5/E, § 4; circolare della Ragioneria generale dello Stato n. 24/2014, § 6 e 7, con specifico riferimento alle Agenzie fiscali ed al giudizio di ottemperanza tributario; cfr. altresì circolare della Ragioneria generale dello Stato n. 24/2015, con riferimento alla dematerializzazione dello speciale ordine di pagamento), l’Agenzia delle entrate, ed in sostituzione di quest’ultima il commissario ad acta, allo scopo di consentire che il giudicato trovi attuazione, sono eventualmente legittimati anche all’emanazione dello speciale ordine di pagamento in conto sospeso di cui all’art. 14, comma 2, d.l. 31 dicembre 1996, n. 669 convertito nella legge 28 dicembre 1997, n. 30 ( ed integrato dai d.m. 1 ottobre 2002 e 24 giugno 2015, relativamente alle modalità ed alle caratteristiche dell’ordine di pagamento), con il quale l’Amministrazione dello Stato può eseguire comunque il pagamento mediante emissione di uno speciale ordine rivolto all’istituto tesoriere (Banca d’Italia), al quale chiede di “anticipare” le somme necessarie ad effettuarlo, registrandolo in conto sospeso, in attesa della regolarizzazione contabile, che avverrà non appena saranno rese disponibili le necessarie risorse sul pertinente capitolo, con conseguente ripianamento dell’anticipazione.
L’ordine può essere emesso in presenza di due presupposti: la sussistenza di provvedimenti giurisdizionali o lodi arbitrali aventi efficacia esecutiva, e l’assenza di disponibilità finanziaria nel pertinente capitolo di spesa. La ratio del relativo procedimento contabile è quella di evitare gli aggravi di spesa, inerenti la procedura esecutiva, e di consentire alla PA di provvedere al pagamento spontaneo per limitare il più possibile i danni al pubblico erario, derivanti dall’effettivo azionamento della procedura esecutiva e dal conseguente possibile blocco dell’attività amministrativa, contemperando in tal modo l’interesse del singolo alla realizzazione del suo diritto con quello generale ad un’ordinata gestione delle risorse finanziarie pubbliche.
La procedura in parola può quindi essere esperita nell’ipotesi di concreta impossibilità, nei termini consentiti, di effettuare i pagamenti a carico dei pertinenti capitoli ordinari di spesa, compreso dunque quello utilizzato per il rimborso delle imposte sui redditi e dei relativi interessi.
3.4 Del consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte, come più sopra compendiato, ha peraltro dato atto anche la Corte costituzionale, che ha dichiarato inammissibile la questione incidentale di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 665, della legge n. 190 del 2014, come modificato dall’art. 16-octies del d.l. n. 91 del 2017, inserito, in sede di conversione, dalla legge n. 123 del 2017, e dall’art. 29, comma 1, del d.l. n. 162 del 2019, convertito, con modificazioni, nella legge n. 8 del 2020 (sentenza n. 197 del 2022).
4. In conclusione, va ribadito il seguente principio di diritto: «Nel giudizio tributario di ottemperanza di cui all’art. 70 del d.lgs. n. 546 del 1992, il giudice dell’ottemperanza, adito dal contribuente per l’esecuzione del giudicato scaturente da decisione ricognitiva del diritto al rimborso d’imposte per effetto di benefici fiscali accordati in conseguenza di eventi calamitosi, deve accertare la disponibilità degli appositi fondi stanziati ai sensi dell’art. 1, comma 665, legge n. 190 del 2014 – come modificato dall’art. 16-octies d.l. n. 91 del 2017 e dall’art. 29 d.l. n. 162 del 2019- e, in caso di verificata incapienza, deve attivare, con determinazioni specifiche anche tramite la nomina di un commissario ad acta, le procedure particolari previste dalla normativa di contabilità pubblica per dare completa esecuzione alla decisione del giudice di merito, compresa l’emissione dello speciale ordine di pagamento in conto sospeso, non essendo desumibile dalla normativa di riferimento, interpretata alla luce dei principi costituzionali e convenzionali, alcuna possibile falcidia di diritti patrimoniali del contribuente giudizialmente accertati».
5. Di tale principio non ha fatto buon governo il giudice dell’ottemperanza, che ha negato in radice l’applicabilità dell’art. 16- octies citato, anzichè ritenerlo applicabile, seppur nei modi e con gli effetti sinora chiariti, in quanto vigente, dal 13 agosto 2017, nella fase di esecuzione ed attuazione del rimborso, che è diretta a disciplinare, e dunque nella pendenza del giudizio di ottemperanza introdotto dopo la sua entrata in vigore.
Il giudice dell’ottemperanza avrebbe pertanto dovuto verificare l’effetto, nel senso già precisato, della disposizione in questione sulle modalità di attuazione del rimborso nel caso di specie, adottando di conseguenza i provvedimenti specifici indispensabili all’ottemperanza, ovvero determinando il quomodo dell’attuazione stessa, a seconda della capienza o meno delle risorse stanziate, applicando il principio appena illustrato.
Il ricorso va quindi accolto nei termini sinora precisati e la sentenza impugnata va pertanto cassata, con rinvio al giudice a quo affinché provveda in conformità all’indicato principio, liquidando altresì le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia – sezione staccata di Catania – anche per le spese.
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