CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 29959 depositata il 27 ottobre 2023
Tributi – Rettifica rendita – Stima dei costi – Deprezzamento per vetustà dei beni – Siderurgia – Rigetto – Le perizie stragiudiziali, poiché non offrono garanzie né di contraddittorio né di obiettività, costituiscono semplici allegazioni difensive di carattere tecnico, prive di autonomo valore probatorio
Rilevato che
1. La E.G.P. s.p.a. proponeva ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Pisa avverso un avviso con il quale era stata rettificata la rendita da essa proposta a mezzo di Docfa con riferimento ad una centrale geotermica, lamentando che nell’avviso varie componenti (tra cui i pozzi di produzione e di reiniezione, i vapordotti, i carriponte, gli alternatori ed i trasformatori) erano state, a suo dire erroneamente, ritenute caratterizzanti intrinsecamente il processo produttivo e parti essenziali della centrale.
2. La CTP accoglieva parzialmente il ricorso, dichiarando l’illegittimità del computo del valore dei pozzi, dei corriponte e del resede.
3. Sull’impugnazione principale dell’Ufficio ed incidentale della contribuente, la CTR Toscana accoglieva parzialmente il primo e rigettava il secondo, affermando, per quanto qui ancora rileva, che i pozzi produttivi e di reiniezione, appartenendo all’in sé della miniera, non potevano avere rilievo catastale, a differenza dei vapordotti, dei carriponte, degli alternatori e dei trasformatori, poiché contribuivano ad assicurare alla centrale la sua autonomia funzionale e reddituale con carattere di stabilità nel tempo, e che, con riferimento all’asserita erronea stima dei costi e del deprezzamento per vetustà dei beni, la contribuente si era limitata a considerazioni astratte.
4. Avverso la detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione principale l’Agenzia delle entrate sulla base di un unico motivo. La E.G.P. s.p.a. ha resistito con controricorso, proponendo, a sua volta, ricorso incidentale fondato su tre motivi.
In prossimità dell’adunanza camerale la ricorrente incidentale ha depositato memoria illustrativa.
Considerato che
1. Con l’unico motivo la ricorrente principale deduce la violazione e/o falsa applicazione del R.D.l. n. 652 del 1939, artt. 4 e D.L. n. 44 del 2005, 10, 1-quinquies (conv., con modificazioni, in l. n. 88 del 2005) e l. n. 190 del 2014, 1, comma 244, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per aver la CTR escluso dalla stima i pozzi di estrazione e reiniezione sul presupposto, a suo dire errato, dell’assimilazione alle miniere.
1.1. Il motivo deve essere rigettato, in applicazione dell’art. 384, ultimo comma, c.p.c., che stabilisce che non sono soggette a cassazione le sentenze erroneamente motivate in diritto, quando il dispositivo sia conforme al diritto.
In materia catastale, a decorrere dal 1 gennaio 2016, i pozzi geotermici, pur non costituendo pertinenze delle miniere, non rilevano ai fini della determinazione della rendita catastale, in quanto sono parti della centrale, funzionali ed essenziali per la produzione dell’energia elettrica (id est, allo specifico processo produttivo), sicché è applicabile la l. n. 208 del 2015, art. 1, comma 21, che sottrae dal carico impositivo il valore delle componenti impiantistiche, secondo un criterio distintivo che privilegia la destinazione ad attività produttive dei settori della siderurgia, manifattura, energia, indipendentemente dalla natura strutturale e dalla rilevanza dimensionale del manufatto, sia esso o meno infisso al suolo (Sez. 5, Sentenza n. 7322 del 13/03/2023).
In particolare, la nuova disciplina introdotta dalla L. n. 208 del 2015 stabilisce che, a decorrere dal 1 gennaio 2016, la determinazione della rendita catastale degli immobili a destinazione speciale e particolare, censibili nelle categorie catastali dei gruppi D ed E, è effettuata, tramite stima diretta, tenendo conto del suolo e delle costruzioni, nonché degli elementi ad essi strutturalmente connessi che ne accrescono la qualità e l’utilità, nei limiti dell’ordinario apprezzamento, precisando che sono esclusi dalla stessa stima diretta macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo.
Nel caso di specie, essendo in discussione la rendita catastale dell’immobile in contestazione dal 2016 (anno in cui la contribuente presentò il Docfa), trova applicazione ratione temporis la normativa attualmente in vigore e sopra richiamata (per l’orientamento seguito da questa Corte in applicazione del disposto di cui all’ultima parte della L. n. 208 del 2015, art. 1, comma 21, si veda Cass. n. 20726, n. 20727, n. 20728, n. 21460, n. 21461, n. 21462, n. 21286, n. 21827 e n. 21828 del 2020; da n. 2565 a n. 2572 e n. 3753 del 2021; cfr. altresì Sez. 5, Ordinanza n. 16522 del 11/06/2021).
La L. n. 208 del 2015, infatti, trova applicazione proprio a decorrere dall’1 gennaio 2016, data di entrata in vigore della novella, dettando la disposizione una nuova disciplina in tema di determinazione della rendita catastale delle unità immobiliari urbane a destinazione speciale e particolare e determinando un mutamento dei presupposti legali cui è condizionata la disciplina di ogni singolo caso concreto.
1.2. Orbene, i pozzi geotermici sono parti dell’impianto produttivo, come, del resto, già chiarito recentemente da questa Corte nelle pronunce di Cass., Sez. civ. 5, 15/09/2022, n. 27196 (in cui si e’, però, fatto applicazione, ratione temporis, della disciplina previgente) e Cass., Sez. civ. 6, 20/01/2023 n. 1827. Invero, i pozzi, inseriti in una centrale geotermica non sono funzionali all’attività estrattiva e, pertanto, allo sfruttamento di una miniera, bensì alla produzione di energia elettrica.
Risultano, infatti, incontroverse in fatto le modalità di funzionamento di un impianto geotermico: i pozzi geotermici di estrazione hanno la funzione di intercettare, attraverso le fratture degli strati rocciosi, le acque riscaldate e i vapori provenienti dalle sorgenti di calore (ad esempio le risalite magmatiche a basse profondità e/o gli assottigliamenti della crosta terrestre) che salgono verso la superficie. Rileva, altresì, che il vapore erogato dai pozzi viene convogliato in tubazioni, chiamate vapordotti, ed inviato ad azionare una turbina, dove l’energia viene trasformata in energia meccanica di rotazione; l’asse della turbina è collegato al rotore dell’alternatore che, ruotando, trasforma l’energia meccanica in energia elettrica alternata, che viene trasmessa al trasformatore che, a sua volta, innalza il valore della tensione e la immette nella rete di distribuzione. Il vapore in uscita dalla turbina riportato allo stato liquido in un condensatore, ed una torre di raffreddamento consente di raffreddare l’acqua prodotta dalla condensazione del vapore: a questo punto l’acqua fredda viene utilizzata nel condensatore, per abbassare la temperatura del vapore, oppure viene reiniettata nelle rocce profonde grazie ai pozzi di reiniezione, per iniziare un nuovo ciclo produttivo di energia rinnovabile.
Alla luce di tali premesse si deve concludere che i pozzi geotermici, in quanto impianti funzionali al ciclo produttivo, non rilevano, a decorrere dal 1 gennaio 2016, ai fini della stima catastale, in virtù della L. n. 208 del 2015, il cui obiettivo è quello di sottrarre dal carico impositivo del tributo locale il valore delle componenti impiantistiche secondo un criterio distintivo che privilegia la destinazione ad attività produttive dei settori della siderurgia, manifattura, energia, indipendentemente dalla natura strutturale e dalla rilevanza dimensionale del manufatto che sia o meno infisso al suolo (in questo senso Cass., Sez. civ. 6, 20/01/2023 n. 1827).
Per mera completezza va osservato che la circolare n. 6 del 2012, sebbene richiamata dalla legge di stabilità del 2015, è anteriore rispetto alla L. n. 208 del 2015 (legge di stabilità del 2016), per cui, in base ai criteri della successione della legge nel tempo, non è risolutiva nella decisione della questione.
1.3. Pertanto, il dispositivo della sentenza impugnata è corretto, sebbene la stessa presenti un evidente errore di sussunzione del caso concreto, ricondotto erroneamente ad una norma non pertinente e, cioè, al R.D. n. 1572 del 1931, art. 18, mentre i pozzi presenti nella centrale non sono pertinenze di una miniera, ma piuttosto parti inscindibili dell’impianto, alla cui funzione produttiva partecipano.
In considerazione della rilevanza della questione, va ribadito il seguente principio di diritto: “In materia catastale, a decorrere dal 1 gennaio 2016, i pozzi geotermici, pur non costituendo pertinenze delle miniere, non rilevano ai fini della determinazione della rendita catastale, in quanto sono parti della centrale, funzionali ed essenziali per la produzione dell’energia elettrica, sicché è applicabile la L. n. 208 del 2015, art. 1, comma 21, che sottrae dal carico impositivo il valore delle componenti impiantistiche, secondo un criterio distintivo che privilegia la destinazione ad attività produttive dei settori della siderurgia, manifattura, energia, indipendentemente dalla natura strutturale e dalla rilevanza dimensionale del manufatto, sia esso o meno infisso al suolo“.
2. Con il primo motivo la ricorrente incidentale deduce la nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 324 c.p.c. e 2909 c.c. e per vizio di ultrapetizione in violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per non aver la CTR considerato che, con l’atto d’appello, l’Agenzia non aveva formulato alcuna specifica censura avuto riguardo ai vapordotti, agli alternatori ed ai trasformatori, sicché, pronunciandosi ugualmente, era incorso in un vizio di ultrapetizione, laddove sul punto doveva ritenersi essersi formato un giudicato interno.
3. Con il secondo motivo la ricorrente incidentale si duole della nullità della sentenza impugnata per vizio di ultrapetizione, in violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per essersi la CTR pronunciata anche in ordine alla legittima valorizzazione dei carriponte, nonostante tale aspetto non avesse mai costituito oggetto del contendere nel giudizio.
4. I due motivi, da trattarsi congiuntamente, siccome strettamente connessi, sono infondati.
Invero, l’Agenzia ha impugnato con appello principale (cfr., soprattutto, pag. 12) la sentenza emessa dalla CTP di Siena avuto riguardo, oltre che all’asserita insussistenza della motivazione dell’avviso in rettifica e alla valorizzabilità, ai fini della rendita catastale, dei pozzi di estrazione e reiniezione, alla necessità di includere le varie componenti impiantistiche (ivi compresi, quindi, i vapordotti, gli alternatori ed i trasformatori), siccome caratterizzanti intrinsecamente il processo produttivo.
Ragion per cui la CTR, nel valutare anche il detto profilo, non è incorsa in una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
Del resto, come è noto, nel processo tributario, ove l’Amministrazione finanziaria si limiti a ribadire e riproporre in appello le stesse ragioni ed argomentazioni poste a sostegno della legittimità del proprio operato, come già dedotto in primo grado, in quanto considerate dalla stessa idonee a sostenere la legittimità dell’avviso di accertamento annullato, è da ritenersi assolto l’onere d’impugnazione specifica previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53.
5. Con il terzo motivo la ricorrente incidentale deduce la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per aver la CTR omesso di esaminare la specifica perizia tecnica da essa depositata (concernente, tra l’altro, la sovrastima dei costi e la determinazione del deprezzamento per vetustà dei beni) non dando nemmeno conto della sua produzione in giudizio.
5.1. Il motivo è inammissibile.
Le perizie stragiudiziali, poiché non offrono garanzie né di contraddittorio né di obiettività, costituiscono semplici allegazioni difensive di carattere tecnico, prive di autonomo valore probatorio. Tuttavia, poiché il nostro ordinamento processuale è dominato dal principio della libera formazione del convincimento del giudice, nulla vieta che da esse, in concorso di particolari circostanze, possano essere tratti elementi utili alla decisione (Sez. 3, Sentenza n. 2944 del 09/11/1973).
In quest’ottica, non è invocabile la violazione dell’art. 115 c.p.c..
Del resto, rappresenta indirizzo consolidato che il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, poiché, con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (v., per tutte, Cass. 7 aprile 2017, n. 9097).
Ne’ è pertinente, in senso contrario, la pronuncia Sez. 5, Ordinanza n. 31487 del 2019 invocata dalla contribuente a sostegno della propria tesi. Invero, in primo luogo, estende alla perizia di parte un orientamento consolidato di questa Corte che si riferisce ad una fattispecie difforme, vale a dire al caso in cui nel corso del giudizio di merito siano state espletate più consulenze tecniche, in tempi diversi e con difformi soluzioni prospettate, ed il giudice si sia uniformato ad una sola delle consulenze senza valutare le eventuali censure di parte e giustificare la propria preferenza, limitandosi ad un’acritica adesione ad essa, senza dare neppure adeguata giustificazione del suo convincimento mediante l’enunciazione dei criteri probatori e degli elementi di valutazione specificamente seguiti (v., per tutte, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 13770 del 31/05/2018, richiamata in quella ordinanza).
In secondo luogo, nel caso esaminato dalla menzionata ordinanza il Collegio ha ritenuto scrutinabile la censura alla luce del tenore dell’art. 360 c.p.c., n. 5, nel testo vigente ratione temporis, essendo stata la sentenza di appello depositata il 5 luglio 2011, di omessa o comunque insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio posto all’esame del giudice del merito. Orbene, fermo restando che alla fattispecie in oggetto andrebbe, invece, applicato l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) nell’attuale formulazione, non vi è chi non veda che la perizia di parte il cui esame è stato omesso integra un documento, e non già un fatto storico. In ogni caso, il fatto alla perizia sotteso (erronea stima dei costi ed erronea determinazione del deprezzamento per vetustà dei beni) sarebbe privo dei connotati della decisività, se solo si considera che la CTR ha accolto sul punto l’appello principale dell’Agenzia per essersi la contribuente nelle proprie difese “limitata a considerazioni astratte”.
Senza tralasciare che, da un lato, la società ha omesso di trascrivere la perizia stragiudiziale nella parte in cui avrebbe contestato analiticamente la sovrastima dei costi di produzione e, dall’altro, avuto riguardo alle due ipotesi di deprezzamento per vetustà, non ha contestato la valutazione, espressa dalla CTR, in ordine alla irrilevanza della sentenza n. 8952/2013 di questa Corte posta dalla contribuente alla base di una delle due ipotesi (cfr. pag. 51 del controricorso).
6. Alla stregua delle considerazioni che precedono, entrambi i ricorsi non meritano di essere accolti.
L’esito complessivo della lite e l’essersi l’orientamento di questa Corte sulla questione principale consolidato, all’indomani della novella normativa introdotta con la L. n. 208 del 2015, art. 1, comma 21, solo a seguito di Sez. 5, Sentenza n. 7322 del 13/03/2023, giustificano la compensazione integrale delle spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale e quello incidentale;
compensa integralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio;
ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente incidentale dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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