Corte di Cassazione ordinanza n. 30018 depositata il 13 ottobre 2022
operazioni oggettivamente inesistenti e deducibilità dei costi – operazioni soggettivamente inesistenti
Rilevato che
Dalla sentenza impugnata e dal ricorso dell’Agenzia delle entrate si evince che alla V.O. s.r.l., esercente l’attivit, di commercio all’ingrosso di computer e softwares, e ai suoi soci G.A. e G.L., furono notificati avvisi d’accertamento relativi agli anni d’imposta 2002 (alla sola società), 2003 e 2004 (alla società ed ai soci per i redditi di partecipazione). Con gli atti impositivi -or·iginate da inda9ini investigative dell’autorità giudiziaria su attività illecite di gruppi criminali, finalizzate al riciclaggio di denaro proveniente da reati, mediante utilizzo di società di comodo, nazionali o estere, per la compravendita di prodotti informatici o elettronici- l’Amministrazione finanziaria rideterminò il reddito della società, disconoscendo costi relativi ad operazioni ,..itenute in parte soggettivamente ed in parte oggettivamente inesistenti. Imputò nello specifico alla società l’inserimento in quel circuito illecito, quale soggetto disponibile a ricevere fatture d’acquisto o emettere fatture di vendita nei confronti delle società coinvolte nell’organizzazione criminale. Fu parimenti e conseguentemente disconosciuto il diritto alla detrazione dell’ìva riportata nelle fatture relative alle suddette operazioni.
Ciascuno degli avvisi d’accertamento fu impugnato dalla società e dai soci. Furono impugnate anche le cartelle di pagamento nelle more notificate. La Commissione tributaria provinciale di Padova, riuniti i giudizi (anche quelli originariamente introdotti da G.L. presso la Commissione di Venezia, trasmessi poi a Padova per la trattazione unitaria della controversia), accolse le ragioni rappresentate dai contribuenti. L’appello proposto dall’Amministrazione finanziaria fu rigettato dalla Commissione tributaria regionale del Veneto con sentenza n. 1267/29/2014, depositata il 29.07.2014, ora al vaglio della Corte. Il giudice regionale, dopo aver riportato i fatti, ha ritenuto di non accogliere i motivi d’impugnazione con l’assunto secondo cui «la norma di cui all’art. 8 D.L. 16/2012, laddove stabilisce che per le operazioni dichiarate soggettivamente inesistenti sono da considerare deducibili i costi afferenti alle fatture e per le operazioni dichiarate oggettivamente inesistenti vanno abbattuti i relativi elementi positivi di reddito, destituisce di ogni fondamento i rilievi posti alla base degli accertamenti operati dall’Ufficio in capo alla Società e conseguentemente in capo ai soci con caducazione delle rettifiche operate. Gli atti dedotti in giudizio, in forza di tale jus superveniens, vanno pertanto annullati».
L’Agenzia delle entrate ha censurato la sentenza con due motivi, chiedendone la cassazione, cui hanno resistito i controricorrenti.
Nelle more del giudizio d’appello è stato dichiarato i fallimento della società.
Nell’adunanza camerale del 13 luglio 2022 la causa è stata riservata e decisa.
La Procura Generale presso la Corte di cassazione, nella persona del sostituto procuratore generale Giuseppe Fichera, ha depositato le conclusioni, con cui ha chiesto l’accoglimento del ricorso, ai sensi dell’art. 380 bis.1 cod. proc. civ.
Considerato che
Vanno intanto esaminate le questioni preliminari sollevate dai controricorrenti.
Questi hanno ventilato una irritualità nel processo d’appello, e nella pronuncia, mancando la prova della comunicazione al fallimento dell’interruzione del giudizio d’appello, successivamente riassunto. La prospettata irritualità del provvedimento impugnato e del 9iudizio d’appello appare incomprensibile, atteso che i medesimi controricorrenti hanno riferito che gli organi del fallimento erano a conoscenza della interruzione del processo, che all’interruzione dello stesso è seguita la riassunzione a cura della Agenzia delle entrate, che il fallimento non ha inteso costituirsi. La circostanza che tali passaggi non siano stati riportati in sentenza non implica alcuna irregolarità. Risulta peraltro che il presente ricorso è stato ritualmente notificato al fallimento, rimasto intimato.
I controricorrenti eccepiscono inoltre che la decisione impugnata sia passata in giudicato per la parte relativa alla posizione dei singoli soci, perché il capo della sentenza a loro relativo mancherebbe di censure. L’eccezione e destituita di ogni fondé:1mento, atteso che le ragioni dell’impugnazione afferiscono all’intero contenuto della b1·eve motivazione della sentenza, e pertanto tanto alla società quanto ai soci per i redditi di partecipazione.
Priva di pregio è infine l’invocata inammissibilità del ricorso, perché indirizzato ad una rivisitazione del fatto storico dinanzi al giudice di legittimità. Al contrario il ricorso si sofferma sugli errori giuridici, quali errores iuris in iudicando, e quali errores iuris in procedendo, da cui denuncia sia affetta la decisione.
Esaminando allora il merito, con il primo motivo l’Agenzia delle entrate si duole della violazione degli artt. 2697, 2.727 e 2729 cod, civ., dell’art. 12 disp. att. cod. proc. civ., degli artt. 39, comma 1, lett. d), e 41-bis del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 600, dell’art. 109 del d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917, dell’art. 8 del d.l. 2 marzo 2012, n. 16, convertito con modificazioni dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, degli artt. 5 e 25 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 446, dell’art. 54 del d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 633, nonché dell’art. 17 della direttiva 1977/388/CE e dell’art. 167 della direttiva 2006/112/CE, per avere il giudice ritenuto che, a seguito dell’introduzione dell’art. 8 del d.l. n. 16 del 2012, per le operazioni soggettivamente inesistenti sarebbero comunque deducibili i costi, per le operazioni oggettivamente inesistenti andrebbero esclusi gli elementi positivi del reddito.
Con il secondo motivo invoca la nullità della sentenza impugnata, per violazione dell’art. 132, comma secondo, n. 4), cod. proc. civ., dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ., degli artt. 36, comma 2, n. 4), e 61 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, perché la motivazione della sentenza impugnata sarebbe apparente.
I due motivi, sebbene il primo relativo ad errori nell’interpretazione delle norme sostanziali, il secondo afferente ad errori relativi a norme processuali, possono trattarsi congiuntamente, perché connessi. Essi sono fondati.
La giurisprudenza di legittimità, a seguito della introduzione dell’art. 8, comma 2, del d.l. n. 16 del 2012, convertito con modificazioni in I. n. 44 del 2012, e della conseguente novella che ha interessato l’art. 14, comma 4 bis, della I. 24 dicembre 1993, n. 537, ha chiarito il significato, la portata ed i limiti interpretativi della disciplina regolatrice le operazioni inesistenti, soggettivamente ed oggettivamente tali, anche quando relazionate a condotte penalmente rilevanti.
Nello specifico l’art. 8 prevede che «1. Il comma 4-bis dell’articolo 14 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, è sostituito dal seguente: “4-bis. Nella determinazione dei redditi di cui all’articolo 6, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, non sono ammessi in deduzione i costi e le spese dei beni o delle prestazioni di servizio direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo per il quale il pubblico ministero abbia esercitato l’azione penale o, comunque, qualora il giudice abbia emesso il decreto che dispone il giudizio ai sensi dell’articolo 424 del codice di procedura penale ovvero sentenza di non luogo a procedere ai sensi dell’articolo 425 dello stesso codice fondata sulla sussistenza della causa di estinzione del reato prevista dall’articolo 157 del codice penale. Qualora intervenga una sentenza definitiva di assoluzione ai sensi dell’articolo 530 del codice di procedura penale ovvero una sentenza definitiva di non luogo a procedere ai sensi dell’articolo 425 dello stesso codice fondata sulla sussistenza di motivi diversi dalla causa di estinzione indicata nel periodo precedente, ovvero una sentenza definitiva di non doversi procedere ai sensi dell’articolo 529 del codice di procedura penale, compete il rimborso delle maggiori imposte versate in relazione alla non ammissibilità in deduzione prevista dal periodo precedente e dei relativi interessi”. 2. Ai fini dell’accertamento delle imposte sui redditi non concorrono alla formazione del reddito oggetto di rettifica i componenti positivi direttamente afferenti a spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati, entro i limiti dell’ammontare non ammesso in deduzione delle predette spese o altri componenti negativi. In tal caso si applica la sanzione amministrativa dal 25 al 50 per cento dell’ammontare delle spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati indicati nella dichiarazione dei redditi. In nessun caso si applicano le disposizioni di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e la sanzione è riducibile esclusivamente ai sensi dell’articolo 16, comma 3, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472. 3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano, in luogo di quanto disposto dal comma 4-bis dell’articolo 14 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, previgente, anche per fatti, atti o attività posti in essere prima dell’entrata in vigore degli stessi commi 1 e 2, ove più favorevoli, tenuto conto anche degli effetti in termini di imposte o maggiori imposte dovute, salvo che i provvedimenti emessi in base al citato comma 4-bis previgente non si siano resi definitvi. Resta ferma l’applicabilità delle previsioni di cui al periodo precedente ed ai commi 1 e 2 anche per la determinazione del valore della produzione netta ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive».
Ebbene, si è chiarito che ai sensi dell’art. 14, comma 4-bis, della I. n. 537 del 1993 – nella formulazione introdotta con l’art. 8, comma 1, del d.l. n. 16 del 2012, cit. – l’acquirente dei beni può dedurre i costi relativi ad operazioni soggettivamente inesistenti, anche nell’ipotesi in cui sia consapevole del loro carattere fraudolento, salvi i limiti derivanti, in virtù del d.P.R. n. 917 del 1986, dai principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità, mentre è esclusa la deducibilità dei costi delle operazioni oggettivamente inesistenti (Cass., 7 dicembre 2016, n. 25249; 6 luglio 2018, n. 17788; 15 marzo 2022, n. 8480). Un ulteriore limite alla deducibilità è tuttavia relazionato alla diretta utilizzazione di quei costi o spese per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo. È stato a tal fine chiarito che in tema di tassabilità dei proventi da attività illecita, a norma dell’art. 14, comma 4 bis, della I. n. 537 del 1993, nella formulazione introdotta dall’art. 8, comma 1, cit., norma integrante ius superveniens, astrattamente più favorevole al contribuente e quindi avente efficacia retroattiva, l’esercizio dell’azione penale da parte del pubblico ministero, con la richiesta di rinvio a giudizio, è sufficiente ad escludere la deducibilità dei costi e delle spese dei beni o delle prestazioni di servizi direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo (Cass., 5 dicemb,·e 2019, n. 317E:9; 1 aprile 2021, n. 9077). Ed ancora che, ai sensi dell’art:. 14, comma 4..bis, cit., devono ritenersi costo o spesa direttamente “utilizzati” per il compimento del delitto, ed in quanto tali non deducibili, anche quelli sostenuti in un momento successivo al perfezionamento della fattispecie delittuosa ogni qual volta il loro sostenimento trovi titolo nell’assunzione, da parte dell’agente, di una obbligazione strutturalmente funzionale alla realizzazione del delitto (Cass., 28 dicembre 2017, n. 31059). Peraltro si è avvertito che l’indeducibilità dei costi direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitti non colposi non discende in modo “automatico” dalla declaratoria di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione del reato, spettando al giudice tributario valutare incidentalmente la rilevanza penale della condotta (Cass., 4 aprile 2019, n. 9419).
Quanto poi alle operazioni oggettivamente inesistenti, la giurisprudenza ha intanto chiarito che la disposizione di cui all’art. 8, comma 1, del ci.I. n. 16, cit., secondo cui non sono ammessi in deduzione costi e spese di beni o prestazioni di servizi direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo, è invocabile soltanto in caso di operazioni soggettivamente inesistenti e non anche in caso di operazioni oggettivamente inesistenti. Quanto a queste ultime invece, grava sul contribuente l’onere di provare la natura fittizia dei componenti positivi del reddito che, ai sensi dell’art. 8, comma 2, del d.l. cit., siano direttamente afferenti a spese o ad altri componenti negativi relativi a beni e servizi non effettivamente scambiati o prestati e non devono pertanto concorrere alla formazione del reddito oggetto di rettifica, entro i limiti dell’ammontare non ammesso in deduzione delle predette spese o altri componenti negativi (Cass., 19 dicembre 2019, n. 33915; cfr. anche 20 aprile 2016, n. 7896; 8 ottobre 2014, n. 21189). Si è infatti ulteriormente chiarito che per le operazioni oggettivamente inesistenti non vi è simmetria, né automatismo biunivoco tra costi per acquisti inesistenti e ricavi dichiarati, ciò che giustifica l’onere della prova gravante sul contribuente in merito alla corrispondenza tra ricavi e costi attinenti a beni non effettivamente scambiati (Cass., 17 luglio 2018, n. 19000).
La breve illustrazione di alcune delle pronunce evidenzia la complessità della materia e del perimetro entro cui l’interprete deve muoversi in tema di rapporto tra operazioni inesistenti, oggettivamente o soggettivamente, e deducibilità di costi o abbattimento di componenti positive.
Parimenti, in tema di Iva, è qui sufficiente rammentare che quanto alla prova di operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno in una frode carosello, questa Corte ha affermato che qualora l’Amministrazione finanziaria contesti che la fatturazione attenga a tale tipo di operazioni, incombe sulla stessa l’onere di provare non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza nel destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione d’imposta dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi specifici, che il contribuente fosse a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto incombente istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto (Cass., 20 aprile 2018, n. 9851; 30 ottobre 2018, n. 27566; 20 luglio 2020, n. 15369). Quanto alle operazioni oggettivamente inesistenti, l’Amministrazione finanziaria che contesti al contribuente l’indebita detrazione, ha l’onere di provare che l’operazione non è mai stata posta in essere, indicandone i relativi elementi, anche in forma indiziaria o presuntiva, ma non anche quello di dimostrare la mala fede del contribuente, atteso che, una volta accertata l’assenza dell’operazione, non è configurabile la buona fede di quest’ultimo, che sa certamente se ed in quale misura ha effettivamente ricevuto il bene o la prestazione per la quale ha versato il corrispettivo. Peraltro, una volta che l’Amministrazione finanziaria dimostri, anche mediante presunzioni semplici, l’oggettiva inesistenza delle operazioni, spetta al contribuente, ai fini della detrazione dell’IVA e/o della deduzione dei relativi costi, provare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate, non potendo tale onere ritenersi assolto con l’esibizione della fattura, ovvero in ragione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, in quanto essi vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia (Cass., 14 settembre 2016, n. 18118; 18 ottobre 2021, n. 28628).
D’altronde, con riferimento alla disciplina prevista dall’art. 21, comma 7, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, si è affermato che in caso di operazione inesistente, in difetto di rettifica o annullamento della fattura, sussiste l’obbligo di versamento dell’imposta per l’intero ammontare indicato in fattura, in quanto l’emissione del documento contabile determina l’insorgenza del rapporto impositivo, senza che ciò contrasti con il principio di neutralità dell’IVA, prevalendo la funzione ripristinatoria conseguente alla eliminazione del difetto di rettifica o annullamento della fattura, a meno che non sia stato eliminato in tempo utile qualsiasi rischio di perdita del gettito fiscale derivante dall’esercizio del diritto alla detrazione (Cass., 11 dicembre 2020, n. 28263; 12 marzo 2021, n. 6983; 19 agosto 2020, n. 17335).
Anche con riguardo all’imposta euro-unitaria il perimetro entro cui si siede la disciplina della detraibilità/indet1·aibilità dell’imposta presuppone una valutazione complessa dei principi giuridici che presiedono le regole del caso concreto.
Ebbene, a fronte di quanto illustrato, nonostante la fattispecie portata all’attenzione del giudice d’appello richiedesse un attento esame dei fatti materiali avvenuti, dell’elemento psichico che ha accompa9nato le singole e numerose condotte dei contribuenti, alla luce delle complesse regole giuridiche di cui tener conto, la Commissione regionale ha ritenuto di liquidare la controversia semplicisticamente affermando che con l’introduzione dell’art. 8 del d.l. n. 16 del 2012 si è consentito di dedurre ogni costo e di abbattere ogni componenti::’! positivo di reddito con riguardo ad operazioni soggettivamente ed oggettivamente inesistenti, e ciò tanto ai fini delle imposte dirette, quanto ai fini Iva.
È palese l’apparenza della motivazione, del tutto eccentrica anche rispetto all’esito della decisione.
La sentenza va dunque cassata e il giudizio va rinviato dinanzi alla Commissione tributaria regionale del Veneto, che in diversa composizione, oltre che liquidare le spese del presente giudizio, dovrà, riesaminare le ragioni d’appello, tenendo conto dei principi di diritto dispensati da questa Corte.
P.Q.M.
Cassa la decisione e rinvia alla Corte di Giustizia Tributaria di II grado del Veneto, cui demanda, in diversa composizione, anche la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Corte di Cassazione ordinanza n. 16118 depositata il 19 maggio 2022 - L'acquirente dei beni può dedurre i costi relativi ad operazioni soggettivamente inesistenti anche nell'ipotesi in cui sia consapevole del loro carattere fraudolento, salvi i limiti…
- Corte di Cassazione sentenza n. 25472 depositata il 29 agosto 2022 - In tema di imposte sui redditi, a norma dell'art. 14, comma 4 bis, della l. n. 537 del 1993, nella formulazione introdotta con l'art. 8, comma 1, del d.l. n. 16 del 2012, conv. dalla l. n. 44…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 30 settembre 2020, n. 20831 - Sono deducibili per l'acquirente dei beni i costi relativi ad operazioni soggettivamente inesistenti (non utilizzati direttamente per commettere il reato), anche per l'ipotesi che l'acquirente sia…
- Corte di Cassazione sentenza n. 17505 depositata il 31 maggio 2022 - In tema di imposte sui redditi l'art. 14, comma 4 bis, della l. n. 537/1993, operando, in base a quanto dallo stesso previsto al comma 3, quale jus superveniens con efficacia retroattiva in…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 17 gennaio 2022, n. 1147 - In tema di imposte sui redditi, ai sensi dell'art. 14, comma 4-bis, l. 24 dicembre 1993, n. 537, come modificato dall'art. 8, primo comma, d.l. n. 16 del 2012, conv., con modif., nella l. n. 44 del…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 25 giugno 2021, n. 18356 - In tema di imposte sui redditi, ai sensi dell'art. 14, comma 4-bis, della l. n. 537 del 1993, con efficacia retroattiva "in bonam partem", i costi delle operazioni soggettivamente inesistenti - siano o…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Nel caso di adesione al processo verbale di consta
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 17068 depositata il 14 giugno 20…
- Il verbale di conciliazione deve essere sottoscrit
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 25796 depositata il 5 settembre…
- Processo tributario: la perizia estimativa e la co
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 26798 depositata il 19 settembre…
- Il dipendente che effettua un furto di piccolo imp
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 27353 depositata il 26 settembre…
- Sanzioni tributarie: prescrizione e decadenza in c
Le sanzioni tributarie sono soggette, in tema di prescrizione e decadenza, ad un…