Corte di Cassazione ordinanza n. 3026 depositata il 1° febbraio 2022

Inutilizzabilità documentazione non prodotta dalle parte – Omesso fatto decisivo

RILEVATO

– che viene proposto da G.R., affidandolo a due motivi, ricorso avverso la sentenza n. 968/2018, depositata il 4/05/2018, con cui la Corte d’Appello di Firenze ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Grosseto il 6 giugno 2011, con cui è stata dichiarata l’inefficacia a norma dell’art. 67 comma 1° legge fall. nei confronti del fallimento G.A., in conseguenza della sproporzione del prezzo, dell’atto di cessione del 50% delle quote sociali della Eredi G.G. s.n.c. stipulato dal fallito in data 21 gennaio 2001;

– che la Curatela fallimento “G.A.” non ha svolto difese;

– che sono stati ritenuti sussistenti i presupposti ex art. 380 bis c.p.c.;

CONSIDERATO

1. che con il primo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 360 comma 1° n. 5 cod. proc. civ. per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, per aver trascurato le critiche formulate alle conclusioni del CTU in ordine alla stima dell’immobile costituente il bene principale della società;

2. che il motivo è inammissibile;

che, infatti, i ricorrenti con l’apparente doglianza dell’omessa valutazione di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, non fanno che reiterare le proprie censure alla consulenza tecnica d’ufficio, alle cui conclusioni il giudice d’appello non ha certo aderito acriticamente, avendo evidenziando che alla determinazione del valore dell’immobile in misura pari ad € 370.000,00 si era pervenuti alla luce delle condizioni dello stesso immobile (ristrutturato), della sua ubicazione in una delle più frequentate vie di una nota cittadina turistica (Follonica), delle sue dimensioni (oltre 150 mq di superficie utile), del suo valore a metro quadro di € 2.450,00, che si collocava pienamente nella forbice (1.900,00- 2,800,00) proposta dall’Agenzia del Territorio (dati OMI), cui avevano fatto riferimento i ricorrenti;

che il giudice d’appello ha precisato, altresì, di aver quantificato il valore delle quote sociali, non limitandosi alla valutazione immobiliare (così confutando le critiche dei ricorrenti sul punto), ma utilizzando il “metodo estimativo misto (patrimoniale reddituale) di valutazione del valore complessivo della società, che ha consentito di tener conto della rendita prodotta dalla locazione dell’immobile a terzi;

– che va, altresì, osservato che costituisce ormai ius receptum di questa Corte, il principio secondo cui l’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., riformulato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia), con la conseguenza che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. SSUU n. 8053/2014);

– che, nel caso, di specie, il ricorrente non ha indicato un “fatto storico” il cui esame sarebbe stato omesso, limitandosi – come già evidenziato – a lamentare l’omessa considerazione delle critiche svolte alla CTU;

3. che con il secondo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 360 comma 1° n. 5 cod. proc. civ. per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, per non avere il giudice tenuto conto dei debiti patrimoniali della società, il cui accertamento incombeva al CTU in quanto oggetto del quesito peritale, non potendosi il consulente limitare a dare atto della mancata produzione di documenti ad opera delle parti;

4. che il motivo è inammsisibile;

che, infatti, oltre a quanto già sopra illustrato in ordine alla nozione di fatto rilevante a norma dell’art. 360 comma 1° n. 5 cod. proc. civ., è palesemente errato l’assunto secondo cui incomberebbe al CTU acquisire la documentazione idonea all’accertamento allo stesso demandato, essendo principio consolidato di questa Corte che, in tema di consulenza tecnica d’ufficio, anche quando questa sia percipiente, ossia disposta per l’acquisizione di dati la cui valutazione sia rimessa all’ausiliario, quest’ultimo non può avvalersi, per la formazione del suo parere, di documenti non prodotti dalle parti nei tempi e modi permessi dalla scansione processuale, pena l’inutilizzabilità delle conclusioni del consulente fondate sui detti documenti in violazione delle regole di riparto dell’onere probatorio, (vedi Cass. n. 27776 del 30/10/2019; vedi anche Cass. n. 18770/16);

– che le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo;

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese delle spese di lite che liquida in € 4.100,00, di cui € 100,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge. Ai sensi dell’art.13, comma 1-quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13, ove dovuto.