Corte di Cassazione ordinanza n. 30916 depositata il 19 ottobre 2022
notifica – Il processo tributario ha un proprio regime di notificazione degli atti, disciplinato dagli artt. 16 e 17 d.lgs. n. 546 del 1992, a tenore dei quali le notificazioni sono eseguite, salva la consegna a mani proprie, nel domicilio eletto o, in mancanza, nella residenza o nella sede dichiarata dalla parte all’atto della sua costituzione in giudizio, e l’indicazione della residenza e del domicilio hanno effetto anche per i successivi gradi di giudizio
Rilevato che:
1. Caterina Condoluci ricorre, con sette motivi, contro l’Agenzia delle Entrate, avverso la sentenza con la quale la C.t.r. del Lazio ha accolto l’appello dell’Ufficio avverso la sentenza della C.t.p. di Roma che aveva accolto il ricorso avverso l’avviso di accertamento con il quale, per l’anno d’imposta 2002, era stata assoggettata a tassazione la plusvalenza, conseguita e non dichiarata, per la vendita di un terreno edificabile sui cui insisteva una struttura di cemento armato.
2. Con l’avviso di accertamento l’Ufficio contestava alla contribuente che oggetto della cessione non era un fabbricato non ultimato, ma un terreno edificabile.
3. La C.t.p. di Roma accoglieva il ricorso ritenendo che l’avviso di accertamento fosse stato emesso oltre il 31 dicembre del quarto anno successivo alla dichiarazione e che la contribuente, nel merito, avesse dimostrato che l’oggetto della cessione era un immobile, se pure non completato, e non un terreno edificabile.
4. La C.t.r., pronunciandosi nella contumacia della contribuente, accoglieva l’appello dell’Agenzia delle Entrate e, per quanto ancora di interesse, rilevava che l’eccezione di tardività dell’avviso di accertamento era inammissibile in quanto proposta solo con motivi aggiunti e, comunque, infondata nel merito; che la sentenza di primo grado si era basata sulla perizia giurata prodotta dalla Condoluci, mentre, in ragione del tenore dell’atto pubblico, avente efficacia di prova legale, doveva concludersi che l’oggetto della compravendita fosse un terreno edificabile e non un fabbricato, sicché la cessione era soggetta alla disciplina dell’art. 67 d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.
5. La ricorrente depositava memoria.
6. Con ordinanza del 04/05/2022, 14167 questa Corte disponeva rinvio a nuovo ruolo ed acquisizione del fascicolo di merito.
7. La ricorrente ha depositato ulteriore memoria.
Considerato che:
1. Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente denunzia, in relazione all’art. 360, primo comma, 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza e dell’intero procedimento di appello e la nullità della notifica dell’atto di appello ai sensi dell’art. 160 cod. proc. civ.
2. Con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente denunzia, in relazione all’art.360, primo comma, n.4, cod. proc. civ., la nullità derivata della sentenza resa dalla Commissione tributaria regionale per violazione del diritto di difesa previsto dall’art. 24 Cost.
3. Con il terzo motivo di ricorso, la ricorrente denunzia, in relazione all’art. 360, primo comma, 4, cod. proc. civ., la nullità derivata della sentenza e del procedimento per la violazione del principio di ragionevolezza e del giusto processo di cui all’art. 111 Cost.
In particolare, con tutti i tre motivi, la ricorrente deduce l’inesistenza della notifica dell’atto di appello.
4. Con il quarto motivo di ricorso, la ricorrente denunzia, in relazione all’art.360, primo comma, n.3, cod. proc. civ., l’omesso esame e violazione o falsa applicazione dell’art. 67, comma 1, a), d.P.R. n. 917 del 1986.
5. Con il quinto motivo di ricorso, la ricorrente denunzia, in relazione all’art. 360, primo comma, 3 e 5, cod. proc. civ., l’omesso esame e violazione dell’art. 67, comma 1, lett. b), d.P.R. n. 917 del 1986.
In particolare, con entrambi i motivi censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che oggetto della cessione fosse un’area edificabile; che, invece, si trattava di fabbricato in corso di costruzione, non ultimato, venuto ad esistenza da più di cinque anni, come dimostrato nel primo grado del giudizio, ove si era provato che la costruzione era iniziata nel 1994; che il fabbricato non era stato rifinito; che, con determinazione dirigenziale del 1998, era stata dichiarata la decadenza della concessione edilizia.
6. Con il sesto motivo di ricorso, la ricorrente denunzia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., l’omesso esame e la violazione e falsa applicazione dall’art. 67, comma 1, a), d.P.R. n. 917 del 1986 e dell’art. 53 Cost.
In particolare, censura la sentenza impugnata per aver ritenuto legittimo l’avviso di accertamento, pur in assenza del presupposto dell’edificabilità dell’immobile che risultava sottoposto a «vincolo protezione fossi» previsto dalla legge 8 agosto 1985, n. 431.
7. Con il settimo motivo di ricorso, la ricorrente denunzia, in relazione all’art.360, primo comma, 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 43 d.P.R 29 settembre 1973, n. 600.
In particolare, assume che, ai sensi di detta ultima norma, gli avvisi di accertamento devono essere notificati a pena di nullità entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione; che, pertanto, l’avviso di accertamento notificato in data 30 aprile 2008 doveva ritenersi tardivo.
8. Con i primi tre motivi la ricorrente denuncia la nullità della sentenza e del procedimento di secondo grado, in cui è rimasta contumace, in ragione della nullità e/o inesistenza della notifica dell’atto di appello. Quest’ultima, a propria volta è allegata in ragione di plurimi profili: 1) per non essere stata effettuata nei propri confronti, Caterina Condoluci, presso il domicilio della dott. Marzia Ciapponi, difensore nel giudizio di primo grado, bensì «per come si legge nella cartolina di ritorno prodotta in atti […] a tal Ciapponi, nome illeggibile, via Ferruzzano n. 58»; 2) in ragione dell’inesistenza della relata di notifica e dell’attestazione di conformità dell’atto di appello notificato all’originale; 3) per risultare apposta sulla cartolina di ritorno una firma illeggibile, non riconducibile alla dott.ssa Marzia Ciapponi; 4) per non esservi indicazione alcuna della spedizione dell’ulteriore raccomandata prevista per l’ipotesi di notifica non avvenuta nelle mani del destinatario effettivo.
Deduce, per l’effetto, l’inesistenza della notifica non essendo noto né il nome del destinatario, né quello del difensore, indicato solo con il cognome, né la relazione tra il soggetto che ha ricevuto l’atto e l’effettivo destinatario.
8.1 Va premesso che, nell’ipotesi in cui vengano denunciati con il ricorso per cassazione errores in procedendo, la Corte di legittimità diviene anche giudice del fatto (processuale) ed ha, quindi, il potere- dovere di procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali.
All’esito di tale verifica, previa acquisizione del fascicolo d’ufficio, risulta che la contribuente aveva eletto domicilio presso la dott.ssa Marzia Ciapponi con studio in via Ferruzzano, 58. A detto domicilio eletto risulta pervenuto l’avviso di ricevimento dell’atto di appello spedito con raccomandata. Ancora, diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, l’avviso di ricevimento della raccomandata a mezzo della quale risulta eseguita la notifica dell’atto di appello reca inequivocabilmente il nome di «Ciapponi Marzia». Non trova, pertanto, rispondenza in atti l’assunto secondo il quale al cognome Ciapponi seguirebbe un nome illeggibile. Infine, è agli atti la nota di deposito presso la C.t.r. di copia autentica della notifica con l’attestazione di conformità della copia all’originale.
8.2 Quanto alla prima censura, contrariamente a quanto assunto dalla ricorrente, la notifica dell’atto di appello al procuratore domiciliatario è valida ed efficace.
Il processo tributario ha un proprio regime di notificazione degli atti, disciplinato dagli artt. 16 e 17 d.lgs. n. 546 del 1992, a tenore dei quali le notificazioni sono eseguite, salva la consegna a mani proprie, nel domicilio eletto o, in mancanza, nella residenza o nella sede dichiarata dalla parte all’atto della sua costituzione in giudizio, e l’indicazione della residenza e del domicilio hanno effetto anche per i successivi gradi di giudizio (Cass. 04/05/2021, n. 11609; Cass. 07/12/2016, n. 25117).
Se per il ricorso per cassazione trova applicazione la regola generale enunciata dall’art. 330 cod. proc. civ., per l’appello opera la disciplina speciale dettata dall’art. 17, comma 1, d.lgs. n. 546 del 1992 (Cass., Sez. U., 20/07/2016, n. 14916).
Questa Corte, inoltre, ha precisato che la notificazione dell’impugnazione alla parte presso il procuratore costituito deve considerarsi equivalente alla notificazione al procuratore medesimo ex art. 84 cod. proc. civ., giacché l’art. 330 cod. proc. civ. si limita ad identificare il luogo della notificazione mentre la vocatio in jus relativamente all’impugnazione ha quale destinatario la parte personalmente, attesa la regola generale che vuole la rappresentanza processuale del difensore limitata a ciascun grado di giudizio (Cas. 16/06/2016, n. 12498; Cass. 03/07/2014, n. 15201). Stesse conclusioni valgono anche con riferimento al disposto di cui all’art. 17 cit.
8.3 Quanto alla firma illeggibile apposta sull’avviso di ricevimento, questa Corte ha già chiarito che ove l’atto sia consegnato all’indirizzo del destinatario a persona che abbia sottoscritto l’avviso di ricevimento, con grafia illeggibile, nello spazio relativo alla «firma del destinatario o di persona delegata» (come nella cartolina in atti) e non risulti che il piego sia stato consegnato dall’agente postale a persona diversa dal destinatario tra quelle indicate dall’art. 7, comma 2, legge n. 890 del 1982, la consegna deve ritenersi validamente effettuata a mani proprie del destinatario, fino a querela di falso; a nulla rileva che nell’avviso non sia stata sbarrata la relativa casella e non sia altrimenti indicata la qualità del consegnatario, non essendo integrata alcuna delle ipotesi di nullità di cui all’ art. 160 cod. proc. civ. (Cass. 03/07/2014, n. 15201).
8.4 Ancora, è irrilevante la mancanza della relata di notifica.
Questa Corte, nell’ipotesi cui la notifica sia avvenuta a mezzo del servizio postale, come nella fattispecie in esame, ha chiarito, disattendendo espressamente precedente indirizzo contrario, che la fase essenziale del procedimento è costituita dall’attività dell’agente postale, mentre quella dell’ufficiale giudiziario (o di colui che sia autorizzato ad avvalersi di tale mezzo di notificazione) ha il solo scopo di fornire al richiedente la prova dell’avvenuta spedizione e l’indicazione dell’ufficio postale al quale è stato consegnato il plico, sicché, qualora all’atto sia allegato l’avviso di ricevimento ritualmente compilato, la mancata apposizione sull’originale o sulla copia consegnata al destinatario della relazione prevista dall’art. 3 legge 20 novembre 1982, n. 890, non comporta l’inesistenza della notifica, ma una mera irregolarità, che non può essere fatta valere dal destinatario, trattandosi di un adempimento che non è previsto nel suo interesse (Cass. 08/07/2015, n. 14245; Cass. 17/01/2018, n. 952).
8.5 Infine, quanto alla mancanza di attestazione di conformità, quest’ultima risulta in atti.
9. Il quarto ed il quinto motivo sono
9.1 La C.t.r. ha accertato in fatto che la cessione di cui all’avviso di accertamento «riguarda[va] un terreno edificabile con soprastante struttura di cemento armato, priva di tamponature e di tramezzi»; ha escluso, viceversa che l’oggetto fosse «un fabbricato significativo dal punto di vista urbanistico». Ha, altresì, accertato che il terreno ricadeva in zona edificabile «zona di piano particolareggiato 8/F»; che le parti avevano previsto l’obbligo di effettuare l’utilizzazione edificatoria nei cinque anni successivi e di beneficiare delle agevolazioni fiscali relative all’acquisto di terreni. In ragione di detto accertamento è giunta alla conclusione che l’oggetto della compravendita fosse un terreno edificabile e non un fabbricato.
9.2 La ricorrente, in realtà, mira ad una rivalutazione del ragionamento decisorio che ha portato il giudice del merito a qualificare la cessione come avente ad oggetto area edificabile. La critica mossa non è alla statuizione con cui la C.t.r. ha ritenuto che una cessione di un terreno edificabile con soprastante struttura priva di tamponature e tramezzi sia soggetta all’art. 67 d.P.R. n. 917 del 1987, bensì alla valutazione in fatto che ha portato la C.t.r. ad indentificare così l’oggetto del contratto. Così facendo la ricorrente, pur deducendo, apparentemente, una violazione di norme di legge, mira, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass. 04/07/ 2017, n. 8758). Oggetto del giudizio che si si demanda a questa Corte non è l’analisi e l’applicazione delle norme, bensì l’apprezzamento delle prove, rimesso alla valutazione del giudice di merito (Cass. 13/05/2022, n. 17744, Cass. 05/02/ 2019, 3340; Cass. 14/01/ 2019, n. 640; Cass. 13/10/2017, n. 24155; Cass. 04/04/ 2013, n. 8315).
9.3 Il motivo è infondato anche con riferimento alla censura di omesso esame in relazione all’art. 360, primo comma, 5, cod. proc. civ.
L’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal d.l. n. 83 del 2012, convertito dalla legge n. 143 del 2012, prevede l’«omesso esame» come riferito ad «un fatto decisivo per il giudizio» ossia ad un preciso accadimento o ad una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, non assimilabile in alcun modo a questioni o argomentazioni che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate. La ricorrente si duole, in realtà, dell’omesso esame di elementi istruttori che, tuttavia, come chiarito da questa Corte, non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, censurabile ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.
10. Il sesto motivo è inammissibile.
10.1 La ricorrente assume che la sentenza, considerando il bene come suolo edificabile, non avrebbe tenuto conto del vincolo di inedificabilità, risultante dal certificato di destinazione urbanistica allegato al ricorso per cassazione, derivante dal combinato disposto di cui agli 142 d.lgs. n. 42 del 2004 e dell’art. 1, comma 2, legge n. 431 del 1985.
10.2 Il giudizio d’appello, per come ricostruito nella sentenza impugnata, non risulta aver avuto ad oggetto nessuna delle questioni dedotte con il motivo in esame.
E’ noto, invece, che i motivi del ricorso per cassazione devono investire questioni che abbiano formato oggetto del thema decidendum del giudizio di secondo grado, come fissato dalle impugnazioni e dalle richieste delle parti: in particolare, non possono riguardare nuove questioni di diritto se esse postulano indagini ed accertamenti in fatto non compiuti dal giudice del merito ed esorbitanti dai limiti funzionali del giudizio di legittimità. Pertanto, secondo il costante insegnamento di questa Corte, qualora una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto, non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la medesima in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa; ciò, nel caso di specie, non è accaduto (tra le più recenti, Cass. 24/01/2019, n. 2038). Si è, altresì, aggiunto con specifico riferimento al processo tributario in Cassazione, che il ricorrente, pur non essendo tenuto a produrre nuovamente i documenti, in ragione dell’indisponibilità del fascicolo di parte che resta acquisito, ai sensi dell’art. 25, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, al fascicolo d’ufficio del giudizio svoltosi dinanzi alla commissione tributaria – del quale è sufficiente la richiesta di trasmissione ex art. 369, terzo comma, cod. proc. civ. – deve rispettare, a pena d’inammissibilità del ricorso, il diverso onere di cui all’art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ. di specifica indicazione degli atti processuali e dei documenti sui quali il ricorso si fonda, nonché dei dati necessari all’individuazione della loro collocazione quanto al momento della produzione nei gradi dei giudizi di merito (Cass. 15/01/2019, n. 777).
10.3 Il ricorrente non ha specificamente indicato se e come abbia rappresentato le questioni nel giudizio di merito né se abbia versato in atti il certificato di destinazione urbanistica da cui dovrebbe derivare la dedotta inedificabilità.
11. Il settimo motivo è inammissibile.
11.1 La C.t.r., pronunciandosi sul motivo di appello spiegato dall’Agenzia, che si doleva della sentenza di primo grado che aveva ritenuto ammissibile l’eccezione di decadenza dal potere di accertamento, sebbene sollevata tardivamente dalla contribuente, dichiarava inammissibile la medesima e, comunque, infondata nel merito in quanto il termine doveva ritenersi prorogato. La decisione, pertanto, si fonda su due autonome rationes decidendi, ovvero l’inammissibilità e l’infondatezza nel merito.
La ricorrente, con il motivo in esame, ha ribadito la violazione dell’art. 43 d.P.R. n. 600 del 1973 – per altro senza attingere la motivazione relativa alla proroga – ma non ha contestato la statuizione relativa all’inammissibilità del motivo proposto in primo grado.
11.2 Per giurisprudenza costante di questa Corte, ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, in nessun caso potrebbe produrre l’annullamento della sentenza (Cass. 14/08/2020, n. 17182; Cass. 18/04/2019, n. 10815; Cass. 15/03/2019, n. 7499; Cass. 13/06/2018, n. 15399; Cass. 18/04/2017, n. 9752; Cass. 14/02/2012, n. 2108; Cass. 03/11/ 2011, n. 22753).
12. Il ricorso, pertanto, va complessivamente
13. Non deve procedersi alla liquidazione delle spese in assenza di costituzione dell’intimato.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
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