Corte di Cassazione ordinanza n. 31170 depositata il 21 ottobre 2022
efficacia espansiva del giudicato esterno – principio di autosufficienza del ricorso per cassazione alla luce della sentenza depositata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo il 28 ottobre 2021 (Succi e altri c. Italia) – principio di autosufficienza – il ricorrente ha l’onere di indicarne specificamente, a pena di inammissibilità, oltre al luogo in cui ne è avvenuta la produzione, gli atti processuali ed i documenti su cui il ricorso è fondato mediante la riproduzione diretta del contenuto che sorregge la censura oppure attraverso la riproduzione indiretta di esso con specificazione della parte del documento cui corrisponde l’indiretta riproduzione – c.d. “doppia conforme”, prevista dall’art. 348-ter, comma 5, proc. civ.
RILEVATO CHE:
La “Società A.F.E. & C. s.s.” ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale di Milano l’ 1 febbraio 2017 n. 285/01/2017, la quale, in controversia su impugnazione di avviso di accertamento per l’ICI relativa all’anno 2007, oltre ad interessi moratori e sanzioni amministrative, in relazione alla proprietà di un terreno e di due fabbricati ubicati nel territorio comunale, ha rigettato l’appello proposto dalla medesima nei confronti del Comune di Caravaggio (BG) avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Bergamo il 26 giugno 2013 n. 132/01/2013, con condanna alla rifusione delle spese giudiziali. Il giudice di appello ha confermato la decisione di primo grado sul rilievo: a) che i fabbricati erano classificati nelle categorie A/7 e C/6, per cui l’esenzione per la “ruralità” non poteva essere riconosciuta in base alla mera destinazione di fatto; b) che la contribuente non aveva provato la sussistenza dei requisiti (qualifica di coltivatore diretto o imprenditore agricolo a titolo principale; coltivazione diretta) per il riconoscimento dell’esenzione con riguardo al terreno. Il ricorso è affidato a due motivi. Il Comune di Caravaggio si è costituito con controricorso. La ricorrente ha depositato memoria ex art. 380-bis cod. proc. civ., chiedendo la riunione per connessione al presente procedimento di altro pendente tra le medesime parti dinanzi a questa Corte (n. 14488/2019 R.G.) per l’ICI relativa all’anno 2011 ed eccependo la formazione del giudicato con riguardo all’ICI relativa all’c1nno 2007, in relazione all’ordinanza resa da questa Corte il 22 agosto 2017 n. 20260, nonché all’anno 2010 ed all’anno 2011, in relazione alle sentenze depositate dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia il 15 maggio 2017 n. 2102/23/2017 ed il 5 novembre 2018 n. 4752/23/2018.
CONSIDERATO CHE:
1. Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 7, comma 2-bis, del D.L. 13 ma1ggio 2011 70, convertito, con modificazioni, dalla Legge 12 luglio 2011 n. 106, 13, comma 14-bis, del D.L. 6 dicembre 2011 n. 201, convertito, con modificazioni, dalla Legge 22 dicembre 2011 n. 214, 2, comma 5-ter, del D.L. 31 agosto 2013 n. 102, convertito, con modificazioni, dalla Legge 28 ottobre 2013 n. 124, 9, comma 3, del D.L. 30 novembre 1993 n. S57, convertito, con modificazioni, dalla Legge 26 febbraio 1994 n. 133, 2, comma 1, lett. a, del D.L.vo 30 dicembre 1992 n. 504, 1, comma 2, della Legge 27 luglio 2000 n. 212, 3, comma 14- bis, del D.L. 6 dicembre 2011 n. 201, convertito, con modificazioni, dalla Legge 22 dicembre 2011 n. 214., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che la classificazione nelle categorie A/6 o D/10 fosse assolutamente necessaria per l’esenzione da ICI dei fabbricati rurali.
2. Con il secondo motivo, si denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che la “ruralità” dei fabbricati non sussistesse anche in presenza di evidenze documentali e che i presupposti previsti dall’art. 9 del D.L.vo 30 dicembre 1992 n. 504 non fossero stati provati per il terreno.
RITENUTO CHE:
1. Preliminarmente, si deve disattendere l’istanza di riunione per connessione al presente procedimento di altro pendente tra le medesime parti dinanzi a questa Corte (n. 14488/2019 G.) per l’ICI relativa all’anno 2011, tenendo conto della solo parziale coincidenza delle questioni prospettate con i rispettivi motivi di ricorso per cassazione.
1.1 Ancora, si deve rigettare l’eccezione di sopravvenienza del giudicato formatosi (a seguito dell’ordinanza resa da questa Corte il 22 agosto 2017 n. 20260, che aveva rigettato il ricorso per cassazione dell’ente impositore, nonché a seguito delle sentenze depositate dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia il 15 maggio 2017 n. 2102/23/2017 ed il 5 novembre 2018 4752/23/2018) in ordine alla sussistenza dei presupposti fattuali per il riconoscimento dei requisiti di ruralità ai medesimi fabbricati ai fini dell’esenzione dall’ICI relativa agli anni 2008, 2010 e 2011.
1.2 Secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’efficacia espansiva del giudicato esterno, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso, oltre a riguardare soltanto le imposte sui redditi ed a trovare significative deroghe sul piano normativo, si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva), e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente (tra le tante: Cass., Sez. 5″, 30 settembre 2011, 20029; Cass., Sez. 5″, 29 gennaio 2014, n. 1837; Cass., Sez. 5″, 4 ottobre 2018, n. 24293; Cass., Sez. 5, 22 marzo 2019, n. 8138; Cass., Sez. SA, 3 marzo 2021, n. 5766; Cass., Sez. SA, 22 novembre 2021, n. 36021; Cass., Sez. 6A-S, 2 dicembre 2021, n. 37936).
Il giudicato in materia tributaria fa stato soltanto in relazione a quei fatti che, per legge, hanno efficacia tendenzialmente permanente o pluriennale, producendo effetti per un arco di tempo che comprende più periodi d’imposta o nei quali l’accertamento concerne la qualificazione di un rapporto ad esecuzione prolungata (Cass., Sez. 5″, 13 dicembre 2018, n. 32254; Cass., Sez. 5, 15 marzo 2019, n. 7417; Cass., Sez. 5, 18 dicembre 2020, n. 29079; Cass., Sez. 6A-S, 25 marzo 2021, n. 8407).
Dunque, il giudicato esterno incentra la sua potenziale capacità espansiva in funzione regolamentare solo su quegli elementi che abbiano un valore “condizionante” inderogabile sulla disciplina degli altri elementi della fattispecie esaminata, con la conseguenza che la sentenza che risolva la controversia sotto il profilo formale dell’atto opposto non può precludere l’esame del merito delle controversie che attengono alla medesima questione, riferita ad annualità di imposta diverse. Ciò in quanto solo l’accertamento su questioni di fatto e di diritto definito con sentenza passata in giudicato può precludere il riesame dell’identico punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il petitum del primo (da ultime, in materia di ICI: Cass., Sez. 51“, 3 marzo 2021, n. 5766; Cass., Sez. 5, 15 novembre 2021, n. 34499).
1.3 Nella specie, tuttavia, con riguardo alla pronunzia di legittimità, considerando che il giudicato esterno si è formato proprio con riguardo alla sussistenza dei requisiti di ruralità dei fabbricati [si legge, infatti, nell’ordinanza richiamata di questa Corte: «Nel caso di specie, risulta che la società agricola contribuente avesse usufruito dell’opportunità di legge, presentando in data 14 ottobre 2011 la relativa domanda (corredata, dalla successiva autocertificazione) con successivo inserimento agli atti catastali della dichiarazione di sussistenza dei requisiti di ruralità – per il riconoscimento del classamento di ruralità; con conseguente effetto retroattivo anche a valere per l’anno d’imposizione oggetto del presente giudizio»], e quindi sulla classificazione dei medesimi nelle categorie A/6 e D/10, secondo la previsione degli artt. 7, comma 2-bis, del D.L. 13 maggio 2011 70, convertito, con modificazioni, dalla Legge 12 luglio 2011 n. 106, e 2, comma 5-ter, del D.L. 31 agosto 2013 n. 102, convertito, con modificazioni, dalla Legge 28 ottobre 2013 n. 124, la sentenza impugnata ha diversamente accertato che – nei limiti temporali dell’anno di riferimento (2007) – i fabbricati in questione erano classificati nelle categorie A/7 e C/6. Per cui, essendo palese la difformità della situazione incisa dalla sentenza impugnata, si deve escludere a monte l’efficacia espansiva del giudicato esterno.
Analoga conclusione deve ribadirsi anche per le pronunzie di merito, al di là della carenza di attestazione dell’irrevocabilità sulle copie prodotte in questa sede, tenendo conto della limitazione temporale dell’accertamento ai rispettivi anni di riferimento (2010 e 2011).
1.4 Per il resto, il primo motivo è infondato.
1.5 Per costante giurisprudenza di questa Corte, in tema di ICI, ai fini del trattamento esonerativo rileva l’oggettiva classificazione catastale del cespite come rurale, con l’attribuzione della relativa categoria (rispettivamente, A/6 o D/10), con il conseguente onere di impugnazione del diverso classamento da parte di chi richieda il riconoscimento del requisito di ruralità, né può ritenersi sufficiente a determinare la variazione catastale, nei limiti del quinquennio anteriore, la mera autocertificazione secondo le modalità di cui all’art. 7, comma 2-bis, del D.L. 13 maggio 2011 70, convertito, con modificazioni, dalla Legge 12 luglio 2011 n. 106, e delle norme successive, se il relativo procedimento non si sia concluso con la relativa annotazione in atti, atteso che, come sottolineato dalla Corte Costituzionale (Corte Cost., 31 maggio 2018, n. 115), il quadro normativo, ivi comprese le disposizioni regolamentari di cui al D.M. 26 luglio 2012, porta ad escludere l’automaticità del riconoscimento della ruralità per effetto della mera autocertificazione (tra le tante: Cass., Sez. 6″-5, 30 giugno 2017, n. 16280; Cass., Sez. 5″, 9 novembre 2017, n. 26617; Cass., Sez. 5″, 9 marzo 2018, n. 5769; Cas., Sez. 5″, 19 dicembre 2019, n. 33932; Cass., Sez. 6″-5, 13 ottobre 2020, n. 22124; Cass., Sez. 6″-5, 15 aprile 2021, n. 9971; Cass., Sez. 5″, 16 giugno 2021, n. 17038; Cass., Sez. 5 24 giugno 2021, n. 18266; Cass., Sez. 5″, 24 agosto 2021, n. 23386; Cass., Sez. 5″, 21 ottobre 2021, n. 29283; Cass., Sez. 5″, 29 marzo 2022, n. 10002; Cass., Sez. 5″, 5 aprile 2022, 10894).
1.6 L’art. 7, comma 2-bis, del D.L. 13 maggio 2011 n. 70, convertito, con modificazioni, dalla Legge 12 luglio 2011 n. 106, ha previsto che, ai fini del riconoscimento della ruralità degli immobili, i contribuenti avessero la facoltà (esercitabile entro il termine del 30 settembre 2011, poi prorogato al 30 settembre 2012) di presentare all’allora Agenzia del Territorio una domanda di variazione della categoria catastale per l’attribuzione delle categoria A/6 e D/10, a seconda della destinazione, abitativa o strumentale dell’immobile, sulla base di un’autocertificazione attestante la presenza nell’immobile dei requisiti di ruralità di cui all’art. 9 del L. 30 dicembre 1993 n. 557, convertito, con modificazioni, dalla Legge 26 novembre 1994 n. 134, e modificato dall’art. 42-bis del D.L. 1 ottobre 2007 n. 159, convertito, con modificazioni, dalla Legge 29 novembre 2007 n. 222, «in via continuativa a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda».
In seguito, l’art. 13, comma 14-bis, del D.L. 6 dicembre 2011 n. 201, convertito, con modificazioni, dalla Legge 22 dicembre 2011 n. 214 ha stabilito che le domande di variazione di cui al predetto D. L. 13 maggio 2011 n. 70, convertito, con modificazioni, dalla Legge 12 luglio 2011 n. 106, producessero «gli effetti previsti in relazione al riconoscimento del requisito della ruralità fermo restando il classamento originario degli immobili ad uso abitativo».
Ancora, l’art. 1 del D.M. 26 luglio 2012 ha disposto che: «Ai fabbricati rurali destinati ad abitazione ed ai fabbricati strumentali all’esercizio dell’attività agricola è attribuito il classamento, in base alle regole ordinarie, in una delle categorie catastali previste nel quadro generale di qualificazione. Ai fini dell’iscrizione negli atti del catasto della sussistenza del requisito di ruralità in capo ai fabbricati rurali di cui al comma 1, diversi da quelli censibili nella categoria D/1O (Fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole), è apposta una specifica annotazione. Per il riconoscimento del requisito di ruralità, si applicano le disposizioni richiamate all’art. 9 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133>>.
L’art. 2, comma 5-ter, del D.L. 31 agosto 2013 n. 102, convertito, con modificazioni, dalla Legge 28 ottobre 2013 n. 124, ha stabilito che: <<Ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, l’articolo 3, comma 14 bis, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, deve intendersi nel senso che le domande di variazione catastale presentate ai sensi dell’articolo 7, comma 2-bis, del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 2011, n. 106, e l’inserimento dell’annotazione negli atti catastali, producono gli effetti previsti per il requisito di ruralità di cui all’articolo 9 del decreto legge 30 dicembre n. 557, convertito, con modificazioni, della legge 26 febbraio 1994 n. 133, e successive modificazioni, a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda».
Si tratta, infatti di disposizioni che disciplinano le modaliti3 ( di variazione-annotazione) attraverso le quali è possibile pervenire alla classificazione della ruralità dei fabbricati, anche retroattivamente, onde beneficiare dell’esenzione da ICI, sulla base di una procedura ad hoc, che non avrebbe avuto ragion d’essere qualora la natura esonerativa della ruralità fosse dipesa dal solo fatto di essere gli immobili concretamente strumentali all’attività agricola, a prescindere dalla loro classificazione catastale conforme (Cass., Sez. 5″, 30 dicembre 2020, n. 29864; Cass., Sez. 5″, 21 ottobre 2021, n. 29283; Cass., Sez. 5″, 29 marzo 2022, n. 10002; Cass., Sez. 5″, 5 aprile 2022, n. 10894).
1.7 È evidente, quindi, che la Commissione Tributaria Regionale ha fatto corretta applicazione dei principi enunciati, valutando che l’annotazione in catasto della domanda di variazione (presentata il 14 ottobre 2011) per la classificazione dei fabbricati, rispettivamente, in categoria A/7 e C/6, non consentisse, a prescindere dalla loro destinazione di fatto (che era, comunque, irrilevante), il riconoscimento della ruralità là dove, come è stato opportunamente evidenziato,«(…) in tema di ICI, ai fini del trattamento esonerativo, rileva solo l’oggettiva classificazione catastale e, quindi, solo l’immobile iscritto come “rurale’: con attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10) non è soggetto all’imposta».
2. Il secondo motivo è, per un verso, inammissibile e, per un altro verso, infondato.
2.1 Anzitutto, si deve ravvisare la preclusione derivante dalla c.d. “doppia conforme”, essendo fondate le decisioni di primo grado e di secondo grado sulle medesime ragioni di rigetto (come si può desumere sia dalla prospettazione del ricorso per cassazione che dalla motivazione della sentenza impugnata).
2.2 Difatti, nell’ipotesi di c.d. “doppia conforme”, prevista dall’art. 348-ter, comma 5, proc. civ. (applicabile, ai sensi dell’art. 54, comma 2, del D.L. 22 giugno 2012 n. 83, convertito, con modificazioni, nella Legge 7 agosto 2012 n. 134, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012), il ricorrente in cassazione – per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ. (nel testo riformulato dall’art. 54, comma 3, del D.L. 22 giugno 2012 n. 83, convertito, con modificazioni, nella Legge 7 agosto 2012 n. 134 ed applicabile alle sentenze pubblicate dall’ll settembre 2012) – deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (tra le tante: Cass., Sez. 1 “, 22 dicembre 2016, n. 26774; Cass., Sez. Lav., 6 agosto 2019, n. 20994; Cass., Sez. 5″, 12 luglio 2021, n. 19760; Cas., Sez. 5″, 1 aprile 2022, n. 10644; Cass., Sez. 5″, 11 aprile 2022, n. 11707; Cass., Sez. 6”-5, 28aprile 2022, n. 13260). Nella specie, però, la ricorrente non ha indicato le ragioni di fatto differenti a seconda del giudizio.
2.3 Ancora, l’art. 360, comma 1, 5, cod. proc. civ., riformulato dall’art. 54 del D.L. 22 giugno 2012 n. 83, convertito, con modificazioni, nella Legge 7 agosto 2012 n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, comma 1, n. 6, e 369, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame dli un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (tra le tante: Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, nn. 8053 e 8054; Cass., Sez. 6A-3, 27 novembre 2014, n. 25216; Cass., Sez. 2A, 29 ottobre 2018, n. 27415; Cass., Sez. Lav., 21 ottobre 2019, n. 26764; Cass., Sez. 5, 12 luglio 2021, nn. 19820, 19824, 19826 e 19827; Cass., Sez. 5, 22 luglio 2021, n. 20963; Cass., Sez. 5, 27 luglio 2021, n. 21431). L’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., come riformulato dall’art. 54 del D.L. 22 giugno 2012 n. 83, convertito, con modificazioni, nella Legge 7 agosto 2012 n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, nel cui paradigma non è inquadrabile la censura concernente la omessa valutazione di deduzioni difensive (Cass., Sez. 1 A, 14 settembre 2018, n. 26305; Cass., Sez. 6A-l, 6 settembre 2019, n. 22397; Cass., Sez. 5, 11 maggio 2021, n. 12400; Cass., Sez. 5, 24 luglio 2021, nn. 21457 e 21458) né l’omessa disanima di questioni o argomentazioni (Cass., Sez. 6A-1, 6 settembre 2019, n. 22397; Cass., Sez. 5, 20 aprile 2021, n. 10285).
2.4 In relazione al disconoscimento dell’esenzione (nei limiti del valore di f 000.000, pari ad € 12.911,42) per il terreno, si rileva che il ricorso è carente di autosufficienza, non essendo stati ivi indicati (sia ai fini dell’individuazione, che ai fini dell’ubicazione) i documenti comprovanti – a dispetto della valutazione espressa dal giudice di appello – la pretesa sussistenza in capo alla contribuente dei requisiti previsti dal combinato disposto degli artt. 9 del D.L.vo 30 dicembre 1992 n. 504 e 58, comma 2, del D.L.vo 15 dicembre 1997 n. 446 (coltivatori diretti od imprenditori agricoli a titolo principale, in base all’iscrizione negli appositi elenchi comunali previsti dall’art. 11 della Legge 9 gennaio 1963 n. 9 ed alla soggezione al corrispondente obbligo dell’assicurazione per invalidità, vecchiaia e malattia).
Per costante giurisprudenza, in verità, il ricorso per cassazione – per il principio di autosufficienza – deve contenere in sé tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito, sicché il ricorrente ha l’onere di indicarne specificamente, a pena di inammissibilità, oltre al luogo in cui ne è avvenuta la produzione, gli atti processuali ed i documenti su cui il ricorso è fondato mediante la riproduzione diretta del contenuto che sorregge la censura oppure attraverso la riproduzione indiretta di esso con specificazione della parte del documento cui corrisponde l’indiretta riproduzione (tra le altre: Cass., Sez. 5, 15 luglio 2015, n. 14784; Cass., Sez. 6A-l., 27 luglio 2017, n. 18679; Cass., Sez. 5, 30 dicembre 2019, n. 34593; Cass., Sez. 6A-S, 15 dicembre 2020, n. 28537; Cass., Sez. 5, 21 luglio 2021, n. 20974; Cass., Sez. 5, 28 settembre 2021, n. 26220).
Il tradizionale rigore di tale canone è stato oggetto di recente rivisitazione da parte di questa Corte, anche alla luce di un doveroso coordinamento con principi sanciti dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (ed in particolare col principio del “diritto all’equo processo” di cui all’art. 6, par. 1). In tale prospettiva, si è affermato che il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ai sensi dell”art. 366, comma 1, n. 6, cod. proc. civ. – quale corollario del requisito di specificità dei motivi – anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza depositata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo il 28 ottobre 2021 (rie. nn. 55064/11, 37781/13 e 26049/14 – Succi e altri c. Italia) – non deve essere interpretato in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, e non può, pertanto, tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, insussistente laddove nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure, e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (Cass., Sez. 1 “, 1 marzo 2022, n. 6769; Cass., Sez. 3”, 4 marzo 2022, n. 7186; Cass., Sez. Un., 18 marzo 2022, n. 8950). Si è altresì precisato che il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione è compatibile con il principio di cui all’art. 6, par. 1, della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), qualora, in ossequio al criterio di proporzionalità, non trasmodi in un eccessivo formalismo, dovendosi, di conseguenza, ritenere rispettato ogni qualvolta l’indicazione dei documenti o degli atti processuali sui quali il ricorso si fondi, avvenga, alternativamente, o riassumendone il contenuto, o trascrivendone i passaggi essenziali, bastando, ai fini dell’assolvimento dell’onere di deposito previsto dall’art. 369, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., che il documento o l’atto, specificamente indicati nel ricorso, siano accompagnati dei un riferimento idoneo ad identificare la fase del processo di meirito in cui siano stati prodotti o formati (Cass., Sez. l”, 19 aprile 2022, n. 12481).
Ad ogni buon conto, nonostante l’elasticità di tale esegesi, che attenua l’onere di completezza espositiva del ricorso per cassazione, il requisito non è stato, comunque, soddisfatto.
2.5 In relazione al disconoscimento dell’esenzione per fabbricati, va, invece, ribadito che la prova dell’annotazione in catasto della presunta “ruralità” (sulla base delle relative visure catastali) è assolutamente ininfluente ai fini della decisione, non essendo stata osservata la classificazione in categoria A/6 o D/10, che era imprescindibile ai fini del conseguimento del beneficio fiscale.
2.6 Ad ogni modo, come è stato puntualizzato dalla sentenza impugnata, «la società contribuente non ha debitamente provato l’esistenza di tutti i presupposti previsti dall’art. 9 del D.Lgs. n. 504/1992 e, quindi, il terreno per cui è causa è stato giustamente e correttamente assoggettato all’ICI dal Comune; (...) infatti, (…) la riduzione per i terreni agricoli è subordinata alla ricorrenza dei requisiti della qualifica, da parte del possessore, di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo a titolo principale 11desumibile dall’iscrizione negli appositi elenchi presso l’INPS e della conduzione diretta dei terreni” (...), presupposti che, nel caso di specie, non sono stati oggetto della prescritta prova», così come <<(…) il trattamento agevolato previsto dal citato art. 9 “per i terreni posseduti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli a titolo principale” spetta solo “a quanti traggono dal lavoro agricolo la loro prevalente fonte di reddito (…), circostanza quest’ultima non provata dalla parte appellante>>.
3. Valutandosi l’infondatezza e/o l’inammissibilità dei motivi dedotti, alla stregua delle suesposte argomentazioni, il ricorso deve essere respinto.
4. Le spese giudiziali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo.
5. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maçrnio 2002 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti p1er il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore del controricorrente, liquidandole nella misura di € 200,00 per esborsi e di€ 510,00 per compensi, oltre a rimborso forfettario nella misura del 15% sui compensi e ad altri accessori di legge; dà atto dell’obbligo, a carico della ricorrente, di pagare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.