Corte di Cassazione ordinanza n. 31269 depositata il 21 ottobre 2022
motivazione apparente – motivazione perplessa e incomprensibile
Rilevato che:
1. – con sentenza 5160/19, depositata il 18 dicembre 2019, la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha rigettato l’appello proposto da G.T. S.p.a., così integralmente confermando il decisum di prime cure che aveva disatteso l’impugnazione di un avviso di accertamento catastale emesso dall’Agenzia delle Entrate a rettifica delle rendite catastali (e, per l’unità immobiliare di cui al subalterno n. 705, della categoria) proposte con dichiarazione di variazione docfa presentata dalla contribuente;
1.1 – il giudice del gravame ha considerato che:
– nella fattispecie venivano in rilievo unità immobiliari legittimamente classate nella categoria D/1 rispetto alle quali l’Agenzia, dietro stima diretta, correttamente aveva determinato la rendita catastale in applicazione del procedimento, cd. indiretto, incentrato sul costo di ricostruzione deprezzato, «così come descritto negli allegati 2, 3 e 4 della circolare n. 6 del 11.2012 della Direzione Centrale Catasto e Cartografia dell’Agenzia del Territorio, a cui occorre fare riferimento per l’applicazione della metodologia estimale, come stabilito dalla Legge 23 dicembre 2014 art. 1 comma 244.»;
– la contribuente non aveva offerto al giudizio criteri di riscontro dell’alternativo metodo di determinazione della rendita catastale, incentrato sulla determinazione del capitale fondiario secondo il valore di mercato delle unità immobiliari, procedimento di stima, questo, che implicava «la formazione di una scala di valori dei beni analoghi per caratteristiche intrinseche ed estrinseche a quello da stimare, entro la quale va inserito quello in questione», ed il riferimento a prezzi di mercato «numerosi, attendibili e riferiti all’epoca censuaria», così da «consentire un efficace paragone del bene da stimare con la scala di riferimento»;
– difatti tanto le prospettazioni della contribuente quanto la prodotta relazione di consulenza non risultavano rapportate al biennio di stima 88/89 né esponevano «la similarità degli immobili presi a »;
2. – G.T. S.p.a. ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di tre motivi;
– l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
Considerato che:
1. – col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della l. n. 190 del 2014, 1, c. 244, deducendo, in sintesi, che, – contrariamente a quanto ritenuto dal giudice del gravame, – il procedimento indiretto di stima della rendita catastale, incentrato sul costo di ricostruzione, non costituiva l’unico metodo utilizzabile dall’Agenzia ai sensi della circolare n. 6 del 2012, oggetto di legificazione ad opera dell’art. 1, c. 244, cit., in quanto si poneva, in via alternativa, il ricorso al procedimento di stima correlato al valore di mercato di unità immobiliari, – unità che, nella fattispecie, non erano dotate di impiantistica particolare, – ed alla stessa stregua di quanto esposto nell’avviso di accertamento ove non si escludeva l’esistenza di «stime OMI attendibili»;
– il secondo motivo, ai sensi dell’art. 360, 1, n. 4, cod. proc. civ., espone la denuncia di nullità della gravata sentenza per violazione dell’art. 132, c. 2, n. 4, cod. proc. civ., del d.lgs. n. 546 del 1992, artt. 7, c. 1, e 57, c. 1, e dell’art. 112 cod. proc. civ., sull’assunto che i rilievi svolti dal giudice del gravame, – quanto al difetto di attendibili criteri di applicabilità del metodo di stima incentrato sulla determinazione del capitale fondiario secondo il valore di mercato delle unità immobiliari,
– si ponevano al di fuori della causa petendi esposta nell’avviso di accertamento, atteso che rispondevano a presupposti sostanziali non indicati nell’avviso di accertamento il cui contenuto la stessa amministrazione non avrebbe potuto integrare ex post nel corso del giudizio;
– col terzo motivo, anch’esso formulato ai sensi dell’art. 360, 1, n. 4, cod. proc. civ., la ricorrente ripropone la denuncia di nullità della gravata sentenza per violazione dell’art. 132, c. 2, n. 4, cod. proc. civ., del d.lgs. n. 546 del 1992, art. 36, c. 2, e dell’art. 111 Cost., deducendo che i giudici del gravame avevano rilevato la non esaustività della consulenza di parte sulla base di una motivazione meramente apparente, senza esplicitare le ragioni di un siffatto rilievo, ed a fronte della non contestata destinazione delle unità immobiliari a «magazzino di prodotti tessili e uffici», destinazione che, per la sua ordinarietà, non avrebbe potuto escludere l’utilizzabilità, a comparazione, di attendibili valori di mercato;
2. – il ricorso è, nel suo complesso, destituito di fondamento e va senz’altro disatteso;
3. – la manifesta infondatezza del primo motivo di ricorso pianamente consegue dai sopra ripercorsi contenuti motivazionali della gravata pronuncia che, – in linea con i contenuti della circolare n. 6 del 2012 e con lo stesso dato normativo (d.p.r. n. 1142 del 1949, 28), – non ha affatto ritenuto l’esclusività del procedimento di stima del valore venale delle unità immobiliari secondo il costo di ricostruzione ed ha, per l’appunto, rimarcato il difetto di concreti criteri di stima suscettibili di utilizzazione per la determinazione del relativo valore di mercato;
– né è ammissibile, in questa sede di legittimità, la frontale censura che la ricorrente articola allegando che le unità immobiliari non erano dotate di impiantistica particolare e che, per quanto esposto nell’avviso di accertamento, non si poteva escludere l’esistenza di «stime OMI attendibili» e utilizzabili a titolo comparativo, difettando, difatti, una specifica censura che possa sussumersi sotto il parametro di valutazione presupposto dall’art. 360, c. 1, n. 5, cod. proc. civ.;
4. – del pari destituito di fondamento è il secondo motivo di ricorso che esso stesso assume la ricorrenza di una causa petendi dell’avviso di accertamento catastale incentrata sulla determinazione della rendita catastale secondo il cd. costo di ricostruzione (art. 28, 2, cit.);
– la pronuncia del giudice del gravame non si è, così, posta al di fuori delle ragioni, e dei presupposti giustificativi, articolati dall’amministrazione nell’avviso di accertamento, ed ha rilevato la legittimità (proprio) della criteriologia impiegata nella rettifica della rendita catastale, disattendo un’eccezione introdotta in giudizio dalla stessa odierna ricorrente quanto alla sussistenza dei presupposti del procedimento di stima (alternativo e) correlato alla determinazione del valore di mercato delle unità immobiliari;
5. – in relazione al terzo motivo di ricorso va rimarcato che, come statuito dalla Corte, deve ritenersi apparente la motivazione che, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perchè consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talchè essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice; e sostanzialmente omogenea alla motivazione apparente è poi quella perplessa e incomprensibile: in entrambi i casi, invero – e purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali – l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un error in procedendo e, in quanto tale, comporta la nullità della sentenza impugnata per cassazione (così Cass. Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232; v., altresì, Cass., 23 maggio 2019, n. 13977; Cass., 7 aprile 2017, n. 9105; Cass. Sez. U., 24 marzo 2017, n. 7667; Cass. Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232; Cass. Sez. U., 5 agosto 2016, n. 16599);
– in disparte la già rilevata inammissibilità, in questa sede di legittimità, di deduzioni volte (anche qui) a prospettare contenuti probatori difformi da quelli accertati, e valutati, dal giudice del gravame, deve considerarsi che l’impugnata sentenza ha dato pienamente conto delle ragioni del decisum, rilevando che la perizia di parte, – ma anche le stesse deduzioni ed allegazioni di parte, – prospettavano il criterio di stima incentrato sul valore di mercato senza rapportarlo al biennio estimativo (88/89) né esporre «la similarità degli immobili presi a comparazione.»;
6. – le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza di parte ricorrente nei cui confronti sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto (d.p.r. n. 115 del 2002, art. 13, c. 1 quater).
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore dell’Agenzia delle Entrate, delle spese del giudizio di legittimità liquidate in € 3.500,00, oltre spese prenotate a debito; dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto.
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