Corte di Cassazione, ordinanza n. 32213 depositata il 21 novembre 2023
deposito di documenti in appello da parte del contumace
RILEVATO CHE
1. la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, con la sentenza 3590/30/2016, depositata in data 18 ottobre 2016 e non notificata, in accoglimento dell’ appello proposto dal Comune di Palermo ed in riforma della sentenza n. 52/13/2013 della Commissione Tributaria Provinciale di Palermo, dichiarava legittima la cartella di pagamento n. 29620110073071829 “al netto del provvedimento di sgravio parziale del comune di Palermo” emessa nei confronti della società contribuente S.A., S.p.A. per TARSU anni di imposta 2005/2010, con condanna della predetta società al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio;
2. contro detta sentenza propone ricorso per cassazione affidato a cinque motivi la S.A. S.p.A., cui resistono il comune di Palermo nonché Riscossione Sicilia S.p.A., già Serit Sicilia S.p.A.;
2.1. la S.A. S.p.A. e Riscossione Sicilia S.p.A. hanno depositato memorie;
CONSIDERATO CHE
1. con il primo ed il secondo motivo, da esaminare congiuntamente in quanto fra loro connessi, la società ricorrente lamenta, ai sensi dell’ art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. la violazione dell’art.112 cod. proc. civ, per avere la Commissione Tributaria Regionale omesso di pronunciarsi sul motivo di appello inerente alla tardività dell’avversa allegazione in fatto relativa alla notifica degli avvisi presupposti alla cartella impugnata, considerato che il comune convenuto era rimasto contumace in primo grado. La ricorrente deduce, inoltre, la violazione e falsa applicazione degli artt. 23, 52, 57, secondo comma, del d.lgs. n.546/1992, per avere i giudici di appello illegittimamente omesso di considerare che, a fronte dell’originaria domanda della società di annullamento del ruolo e della cartella impugnata per mancata notifica degli accertamenti presupposti, il Comune, rimasto contumace in primo grado, aveva tardivamente dedotto, soltanto in grado di appello, di avere regolarmente notificato gli avvisi presupposti alla cartella impugnata, producendo, altresì, tardivamente le relate di notifica. Nel formulare il secondo motivo parte ricorrente solleva, in via subordinata rispetto alla cassazione della sentenza impugnata, la questione di legittimità costituzionale dell’ art. 58, comma secondo, d.lgs. 546/1992 in relazione agli articoli 3, 24 e 117 Cost, nella parte in cui ammette la produzione di nuovi documenti in appello anche se nella disponibilità della parte già nel primo grado;
2. con il terzo motivo lamenta, ai sensi dell’ art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 148 e 156, secondo comma, cod. proc. civ. e dell’art. 2697 cod. civ. nonchè la violazione dell’art. 60 comma 1 lett. b)-bis d.lgs. n° 600/1973, per avere la Commissione Tributaria Regionale erroneamente ritenuto la regolarità delle notifiche degli avvisi di accertamento o prodromici nonostante i vizi contestati, che ne avevano determinato l’inesistenza giuridica e/o la nullità insanabile, erano emersi ex actis;
3. con il quarto motivo lamenta, ai sensi dell’ art. 360 primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. , dell’art. 115, primo comma, cod. proc. civ. nonché in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione dell’art. 62 comma 1 e dell’art. 64, quarto comma, del d.lgs. n. 507/93, per avere i giudici territoriali omesso di esaminare il motivo attinente all’infondatezza dell’avversa impugnazione per violazione dell’onere di contestazione tempestiva di cui all’art. 115 cod. proc. civ. in ragione della circostanza che l’immobile in questione dal 2004 al 2009 era stato concesso in locazione alla Sia Service s.r.l., con la conseguenza che il tributo non era dovuto, avendo la proprietaria denunciato la cessazione dell’occupazione e detenzione dei locali a partire dal 2004;
4. con il quinto motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’ art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. non avendo i giudici di appello esaminato i motivi dal primo al sesto e dall’ottavo al diciottesimo, ritenuti assorbiti in primo grado e riproposti nelle controdeduzioni in appello;
5. il ricorso deve essere respinto per le ragioni appresso specificate;
6. i primi due motivi sono privi di fondamento;
6.1. va osservato che non sussiste il vizio di omessa pronunzia in quanto la Commissione Tributaria Regionale, sia pure in modo estremamente sintetico, ha affrontato la questione suindicata (relativa sul motivo di appello inerente la tardività dell’avversa allegazione in fatto relativa alla notifica degli avvisi presupposti alla cartella impugnata), facendo riferimento alla produzione in appello degli atti prodromici e che tale decisione appare, pervero, corretta in diritto sulla scorta dei principi costantemente affermati dalla giurisprudenza di legittimità anche con riferimento alla produzione nel giudizio tributario dei documenti in appello;
6.2. giova ricordare che il giudice del merito non deve dar conto di ogni argomento difensivo sviluppato dalla parte, essendo, invece, necessario e sufficiente, in base all’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., che esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto e di diritto posti a fondamento della sua decisione, dovendo in tal modo ritenersi disattesi, per implicito, tutti gli argomenti non espressamente esaminati, ma sub valenti rispetto alle ragioni della decisione (cfr., ex multis, Cass., Sez. VI/T, 2 febbraio 2022, n. 3108, che richiama Cass., Sez. II, 25 giugno 2020, n. 12652; Cass., Sez. I, 26 maggio 2016, n. 10937; Cass., Sez. VI, 17 maggio 2013, n. 12123);
6.3. va, poi, evidenziato che è costante, nella giurisprudenza di legittimità, l’ orientamento per cui nel processo tributario, in cui è ammessa la produzione di nuovi documenti in appello, è consentito alla parte, rimasta contumace in primo grado, produrre per la prima volta nel secondo grado l’originale dell’atto impositivo notificato (e di cui era contestata dal contribuente l’avvenuta notifica), costituendo tale produzione una mera difesa, volta alla confutazione delle ragioni poste a fondamento del ricorso della controparte, e riguardando il divieto di proporre eccezioni nuove, di cui all’art. 57 del d.lgs. n. 546 del 1992, unicamente le eccezioni in senso stretto (vedi, per tutte, Sez. 5 – , Ordinanza n. 14567 del 26/05/2021, Rv. 661352 – 01). Conseguentemente non può parlarsi né di eccezioni tardive né di documenti irritualmente prodotti da parte dell’ ente impositore;
6.3. deve, infine, rilevarsi che i paventati profili di incostituzionalità dell’ art. 58, comma secondo, d.lgs. 546/1992 devono ritenersi tutti superati per effetto della sentenza n. 199/2017 con la quale la Corte costituzionale ha respinto tutte le censure di incostituzionalità rimesse dal giudice di merito. In particolare la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 58, comma 2, “sia in sé sia in relazione al comma 1 di essa norma“, sollevata in riferimento all’articolo 117, primo comma, della Costituzione, in relazione all’articolo 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, nonché ai “criteri di razionalità” e ai “principi generali dell’ordinamento“, mentre ha dichiarato non fondata, con riferimento a tutti i parametri evocati, quella sollevata “sia in sé sia in relazione al comma 1 di essa norma“, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione. I giudici costituzionali hanno, in primo luogo, esaminato l’eccezione sollevata circa la disparità di trattamento tra le parti del giudizio, sostenuta sulla base di un presunto “sbilanciamento a favore di quella facultata a produrre per la prima volta in appello documenti già in suo possesso nel grado anteriore“. Al riguardo, la Consulta ha ritenuto sufficiente rilevare che tale sbilanciamento non sussiste poiché tale facoltà è comunque riconosciuta a entrambe le parti del giudizio. In secondo luogo il Giudice delle Leggi ha esaminato i profili di legittimità costituzionale legati alla differente disciplina delle nuove prove e della produzione documentale nell’ambito del processo civile e di quello tributario, confermando il principio secondo cui non esiste un principio costituzionale di necessaria uniformità tra i diversi tipi di processo. Ha precisato che l’ordinamento giuridico italiano riconosce una ampia discrezionalità al legislatore in ordine alla conformazione dei singoli istituti processuali, fermo restando il limite della manifesta irragionevolezza di una disciplina che comporti un’ingiustificabile compressione del diritto di agire. A tal proposito ha assunto che l’articolo 24 della Costituzione “non impone l’assoluta uniformità dei modi e dei mezzi della tutela giurisdizionale: ciò che conta è che non vengano imposti oneri tali, o non vengano prescritte modalità tali, da rendere impossibile o estremamente difficile l’esercizio del diritto di difesa o lo svolgimento dell’attività processuale (ex plurimis, sentenze n. 121/2016 e n. 44/2016; ordinanza n. 386/2004)”. Alla luce dei sopraindicati principi i giudici costituzionali hanno evidenziato che non vi è compressione dell’esercizio del diritto di difesa: la previsione che un’attività probatoria, rimasta preclusa nel giudizio di primo grado, possa essere esperita in appello non è di per sé irragionevole, poiché “il regime delle preclusioni in tema di attività probatoria (come la produzione di un documento) mira a scongiurare che i tempi della sua effettuazione siano procrastinati per prolungare il giudizio, mentre la previsione della producibilità in secondo grado costituisce un temperamento disposto dal legislatore sulla base di una scelta discrezionale, come tale insindacabile (ordinanza n. 401/2000)“.Ancora la Consulta ha ritenuto priva di rilievo la eccepita violazione dell’ art. 24 della Costituzione per la asserita “perdita di un grado di giudizio“, posto che, secondo l’orientamento più volte espresso dalla Consulta, la garanzia del doppio grado di giurisdizione non gode, di per sé, di copertura costituzionale;
7. il terzo motivo è inammissibile;
7.1. invero nel processo tributario, in caso di impugnazione, da parte del contribuente, della cartella esattoriale per l’invalidità della notificazione dell’avviso di accertamento, la Corte di cassazione non può procedere ad un esame diretto degli atti per verificare la sussistenza di tale invalidità, trattandosi di accertamento di fatto, rimesso al giudice di merito, di nullità del procedimento, in quanto la notificazione dell’avviso di accertamento non costituisce atto del processo tributario, ma riguarda solo un presupposto per l’impugnabilità, davanti al giudice tributario, della cartella esattoriale, da ciò derivando l’ inammissibilità della censura de qua che avrebbe richiesto, per il principio di specificità, la trascrizione delle relate di notificazione degli avvisi de quibus. E’, invero, principio consolidato della giurisprudenza di questa Corte quello secondo il quale “ in tema di ricorso per cassazione, ove sia denunciato il vizio di una relata di notifica, il principio di autosufficienza del ricorso esige la trascrizione integrale di quest’ultima, che, se omessa, determina l’inammissibilità del motivo” al fine di consentire la verifica della fondatezza della doglianza in base alla sola lettura del ricorso, senza necessità di accedere a fonti esterne allo stesso (Cass. n.1150/2019; Cass. n. 31038 del 2018; n. 5185/2017; v. anche Cass. n. 17424/2005);
7.2. nel caso in esame una simile allegazione è mancata, dovendosi aggiungere che sebbene in ricorso si indica e si richiama l’ all. 8-bis contenente “copia avvisi di accertamento TARSU 2005-2009, con relate di notifica”, esaminate le produzioni di cui al ricorso, tale allegato 8-bis non è stato rinvenuto;
8. il quarto motivo è inammissibile: una volta escluso ogni profilo invalidante della notifica degli atti presupposto, che non risultano tempestivamente impugnati, ogni questione circa la fondatezza della pretesa tributaria era preclusa nel giudizio de quo in quanto tardiva ed inammissibile. E’, infatti, principio consolidato quello per cui la cartella esattoriale recante intimazione di pagamento di credito tributario, avente titolo in un precedente avviso di accertamento notificato a suo tempo non impugnato, può essere contestata innanzi agli organi del contenzioso tributario ed essere da essi invalidata solo per vizi propri, non già per vizi suscettibili di rendere nullo o annullabile l’avviso di accertamento presupposto. (vedi, ex multis, Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 25995 del 31/10/2017, Rv. 646417 – 01);
9. il quinto motivo è infondato;
9.1. si osserva che “nel giudizio di legittimità, la luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost, nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell’articolo 384 cod. proc. civ., una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di appello, la Corte di Cassazione può evitare la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito sempre che si tratti di questione di diritto che non richieda ulteriori accertamenti di fatto” ( Cfr. Cass. civ. n° 21968/15, n°17416/23);
9.2. nel caso in esame la pronunzia impugnata può essere confermata poiché tutte le questioni afferenti l’ insussistenza, nel merito, della pretesa tributarie non potevano essere dedotte per le ragioni sopra indicate e non sussistono i lamentati vizi della cartella impugnata in quanto: ogni profilo relativo alla irritualità della notifica deve intendersi sanato ex art. 156 cod. proc. civ.; priva di pregio è la contestazione relativa all’ assenza di sottoscrizione della cartella ed alla mancata indicazione del soggetto che lo ha adottato in quanto la cartella in questione risulta redatta secondo lo schema legale ed, in ogni caso, in tema di riscossione delle imposte sul reddito, l’omessa sottoscrizione della cartella di pagamento da parte del funzionario competente non comporta l’invalidità dell’atto, la cui esistenza non dipende tanto dall’apposizione del sigillo o del timbro o di una sottoscrizione leggibile, quanto dal fatto che tale elemento sia inequivocabilmente riferibile all’organo amministrativo titolare del potere di emetterlo, tanto più che, a norma dell’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973, la cartella, quale documento per la riscossione degli importi contenuti nei ruoli, deve essere predisposta secondo l’apposito modello approvato con d.m., che non prevede la sottoscrizione dell’esattore, ma solo la sua intestazione e l’indicazione della causale, tramite apposito numero di codice ( vedi, fra le altre, Sez. 5 – , Ordinanza n. 31605 del 04/12/2019, Rv. 656366 – 01); il responsabile del procedimento risulta reiteratamente indicato a pag.3 e segg. ( “Mandalà Maria); la eccezione circa la mancata sottoscrizione dei ruoli, a parte la inammissibilità del relativo profilo per carenza del requisito di autosufficienza, è infondata in quanto in tema di requisiti formali del ruolo d’imposta, l’art. 12 del d.P.R. n. 602 del 1973 non prevede alcuna sanzione per l’ipotesi della sua omessa sottoscrizione, sicché non può che operare la presunzione generale di riferibilità dell’atto amministrativo all’organo da cui promana, con onere della prova contraria a carico del contribuente, che non può limitarsi ad una generica contestazione dell’esistenza del potere o della provenienza dell’atto, ma deve allegare elementi specifici e concreti a sostegno delle sue deduzioni. D’altronde, la natura vincolata del ruolo, che non presenta in fase di formazione e redazione margini di discrezionalità amministrativa, comporta l’applicazione del generale principio di irrilevanza dei vizi di invalidità del provvedimento, ai sensi dell’art. 21 octies della l. n. 241 del 1990. (Sez. 5 – , Sentenza n. 27561 del 30/10/2018, Rv. 651066); la censura riguardante la dedotta “carenza di potere della Serit Sicilia S.p.A.” è inammissibile per difetto di specificità;
9. stante l’infondatezza dei motivi dedotti, dunque, il ricorso deve essere rigettato;
9.1. le spese giudiziali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo;
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore delle parti controricorrenti, liquidandole, per ciascuna parte, nella misura di euro 10.000,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge se dovuti; ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, D.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla L. n. 228 del 2012 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13, se dovuto.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Corte di Cassazione ordinanza n. 13217 depositata il 27 aprile 2022 - Incorre nel divieto di proporre nuove eccezioni di cui all’art. 57, comma 2, del lgs. n. 546 del 1992, se deduce per la prima volta in appello le eccezioni in senso tecnico, ossia…
- Corte di Cassazione sentenza n. 14339 depositata il 5 maggio 2022 - Nel processo tributario è ammissibile la produzione di nuovi documenti in appello, in quanto, alla luce del principio di specialità espresso dall'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 546 del…
- Processo tributario: deposito di nuovi documenti, costituendo tale produzione una mera difesa, volta alla confutazione delle ragioni poste a fondamento del ricorso della controparte
- Corte di Cassazione ordinanza n. 19054 del 14 giugno 2022 - Il motivo dedotto in appello (arbitrarietà della ricostruzione del reddito), non integra un'eccezione in senso stretto, ma un'eccezione in senso improprio o una mera difesa, che non ha…
- Corte di Cassazione sentenza n. 23894 depositata il 1° agosto 2022 - Nel processo tributario non ricadono nel divieto di cui all'art. 57, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992 né le eccezioni rilevabili di ufficio né le mere difese ed inoltre, ai sensi…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 28952 depositata il 5 ottobre 2022 - Il divieto di ultrapetizione e quello di proporre in appello nuove eccezioni (non rilevabili d'ufficio) posto dall'art. 57, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, riguarda eccezioni in…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Il consulente tecnico d’ufficio non commette
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 15642 depositata il 1…
- ISA 2024 le cause di esclusione per l’anno 2
La legge istitutiva degli Indici Sintetici di Affidabilità fiscale (ISA) ha una…
- Il diritto riconosciuto dall’uso aziendale n
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10120 depositat…
- L’indennità sostitutiva di ferie non godute
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9009 depositata…
- Il giudice tributario è tenuto a valutare la corre
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5894 deposi…