Corte di Cassazione ordinanza n. 32386 depositata il 2 novembre 2022
gli avvisi di accertamento in rettifica e gli accertamenti d’ufficio devono essere sottoscritti a pena di nullità dal capo dell’ufficio o da altro funzionario delegato di carriera direttiva
Rilevato che:
1. Con sentenza della commissione tributaria regionale della Campania, venivano rigettati gli appelli proposti dall’Agenzia delle Entrate (sedi di Napoli e Livorno) avverso la sentenza della commissione tributaria provinciale di Napoli 19854/30/2014 che, a sua volta, aveva riunito e accolto i ricorsi proposti dalla società Vesuvio S.a.s. di Scotto D’Aniello Salvatore e dai soci Scotto D’Aniello Salvatore e Lubrano Lavadera Giuseppina avverso gli avvisi di accertamento per IVA, IRPEF, IRAP, addizionali e accessori relativi agli anni d’imposta 2009 e 2010 con cui era stato ricostruito il reddito di impresa e questo era poi stato imputato per trasparenza in capo ai soci pro quota ex art. 5 TUIR.
2. In particolare, le riprese nei confronti della società, avente sede in Monte di Procida e titolare di tre esercizi commerciali nel comune di Campo nell’Elba, erano dovute ad omessa contabilizzazione di ricavi, indebita deduzione di costi nonché loro detrazione ai fini dell’imposizione indiretta.
3. Il giudice di prime cure accoglieva la doglianza preliminare contenuta nei ricorsi relativa all’assenza di valida firma in calce agli avvisi di accertamento emessi nei confronti della società e della socia accomandante e, per derivazione, nei confronti del socio accomandatario, per assenza di valida delega. Il giudice d’appello confermava tale decisione, ritenendo applicabile alla fattispecie il disposto dell’art.42 del d.P.R. n.600 del 1973 e concludendo nel senso del mancato assolvimento da parte dell’Agenzia dell’onere a suo carico di dimostrare l’effettiva sussistenza in capo al delegato del potere di sottoscrizione degli atti impositivi, con conseguente nullità degli stessi.
4. Avverso la decisione l’Agenzia delle Entrate propone ricorso, affidato ad un unico motivo, cui replicano i contribuenti con controricorso.
Considerato che:
5. Preliminarmente va esaminata e disattesa l’eccezione di inammissibilità e improponibilità del ricorso per violazione dell’art.366 primo comma cod. proc. civ. per asserita mancata indicazione dei capi della sentenza di cui si invoca la cassazione, oltre che dei motivi specifici di censura. Infatti, il ricorso sintetizza adeguatamente la ratio decidendi oggetto di impugnazione, in particolare a pag.9 dell’atto («i giudici della CTR ( …) hanno ritenuto che la firma da parte del superiore gerarchico – capo ufficio controlli – in sostituzione del capo area determina la nullità degli atti di accertamento»), ratio specificamente censurata alle 6 e ss. del ricorso con indicazione anche della pertinente previsione di legge, l’art.42 del d.P.R. n.600 del 1973, che si assume violata.
6. Con un unico motivo di ricorso – ex art.360 primo comma n.3 cod. proc. civ. – viene prospettata la violazione di legge e falsa applicazione della previsione di legge suddetta, per aver la CTR mancato di ritenere valida la sottoscrizione degli avvisi impugnati da parte del capo ufficio controlli, a ciò delegato sino al tetto di 250.000,00 euro da parte del Direttore dell’ufficio territoriale dell’Agenzia, come da atto dispositivo n.23/2012 depositato in primo grado.
In buona sostanza l’Agenzia lamenta il fatto che la CTR abbia erroneamente ritenuto, sulla base del provvedimento depositato in giudizio, che colui che aveva firmato gli avvisi impugnati, lo aveva fatto in assenza della prova delle condizioni che abilitavano il capo ufficio controlli a sostituirsi al capo area accertamento, ossia la temporanea assenza, e hanno concluso che l’autore non aveva il potere di sottoscrivere l’atto.
7. Il motivo è Va premessa la consolidata la giurisprudenza della Sezione secondo cui «In tema di accertamento tributario, ai sensi dell’art. 42, commi 1 e 3, del d.P.R. n. 600 del 1973, gli avvisi di accertamento in rettifica e gli accertamenti d’ufficio devono essere sottoscritti a pena di nullità dal capo dell’ufficio o da altro funzionario delegato di carriera direttiva e, cioè, da un funzionario di area terza di cui al contratto del comparto agenzie fiscali per il quadriennio 2002-2005, di cui non è richiesta la qualifica dirigenziale, con la conseguenza che nessun effetto sulla validità di tali atti può conseguire dalla declaratoria d’incostituzionalità dell’art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, convertito nella I. n. 44 del 2012. (Principio affermato ai sensi dell’art. 363, comma 3, c.p.c.)» (Cass. 9 novembre 2015 n.22810).
8. E’ poi acquisito il fatto che la delega alla sottoscrizione dell’avviso di accertamento ad un funzionario diverso da quello istituzionalmente competente ex art. 42 del d.P.R. 600 del 1973 ha natura di delega di firma – e non di funzioni – poiché realizza un mero decentramento burocratico senza rilevanza esterna, restando l’atto firmato dal delegato imputabile all’organo delegante, con la conseguenza che, nell’ambito dell’organizzazione interna dell’ufficio, l’attuazione di detta delega di firma può avvenire anche mediante ordini di servizio, senza necessità di indicazione nominativa, essendo sufficiente l’individuazione della qualifica rivestita dall’impiegato delegato, la quale consente la successiva verifica della corrispondenza tra sottoscrittore e destinatario della delega stessa (Cass. Sez. 5 – , Sentenza n. 11013 del 19/04/2019, Rv. 653414 – 01; conforme Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 28850 del 08/11/2019, Rv. 655599 – 01).
9. La sentenza impugnata è rispettosa dei principi di diritto che precedono e se è vero che la delega del direttore dell’ufficio nel caso di specie materialmente esiste (atto dispositivo n.23/2012 depositato dall’Agenzia in primo grado) essa precisa l’ambito in cui può esercitare il potere di firma il capo ufficio controlli e quello in cui è il capo area accertamento a poter esercitare il potere di firma sull’atto impositivo, laddove il criterio di riparto è individuato sulla base del valore dell’atto di accertamento, sino a 000 euro per il capo area e da 100.000 sino a 250.000 euro per il capo ufficio controlli (cfr. p.5 sentenza impugnata).
10. Orbene, se la sottoscrizione non è quella del titolare dell’ufficio, incombe all’Amministrazione dimostrare, in caso di contestazione, il corretto esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore e la presenza della delega del titolare dell’ufficio, onere a carico dell’Amministrazione finanziaria che consiste non solo nel dare prova dell’esistenza della delega, ma anche del suo corretto esercizio quale effetto diretto dell’espressa previsione della tassativa sanzione legale di nullità dell’avviso di accertamento (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 18758 del 05/09/2014).
11. Solo in contesti diversi da quello dell’avviso di accertamento opera il criterio, sostanzialmente invocato dall’Agenzia a giustificazione dell’operato, della sufficiente riferibililità all’organo amministrativo titolare del potere, ad esempio in caso di diniego di condono (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 11458 del 2012), di avviso di mora (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 4283 del 2010) o, ancora, di cartella di pagamento (Cass. Sez. 5 – , Ordinanza 21844 del 07/09/2018 (Rv. 650680 – 01) o di atto di pignoramento dei crediti verso terzi (Cass. Sez. 5 – , Ordinanza n. 31604 del 04/12/2019, Rv. 656365 – 01), perché in tali casi la legge non prevede alcuna sanzione per l’ipotesi dell’omessa sottoscrizione dell’atto, sicché non può che operare la presunzione generale di riferibilità dell’atto amministrativo all’organo da cui promana, con onere della prova contraria a carico del contribuente.
12. Al contrario, la previsione della nullità per illegittima sottoscrizione vige quanto all’accertamento per imposizione diretta ai sensi dell’art. 42 del P.R. 29 settembre 1973 n. 600 e, per l’imposizione indiretta, in forza dell’art. 56 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 il quale, nel rinviare alla disciplina sulle imposte dei redditi, richiama implicitamente il citato art. 42. Di conseguenza, se la prova dell’esistenza della delega e del suo corretto esercizio, sia ai fini dell’IRAP che ai fini dell’IVA oggetto di ripresa non è assolta dall’Amministrazione, l’avviso di accertamento è nullo.
13. Nel caso di specie la CTR nel corpo della sua argomentazione non ha negato l’esistenza della delega e, anzi, proprio sulla base di tale documento ha accertato che il capo ufficio controlli ha sottoscritto gli atti impositivi al di fuori dello scaglione di valore per il quale il direttore dell’Ufficio gli aveva attribuito il potere di firma, fatto non controverso tra le parti in questa sede. Inoltre, come correttamente statuito dal giudice d’appello, non è decisivo il fatto che al capo ufficio controlli fosse attribuito potere di firma per uno scaglione superiore rispetto a quello proprio dei singoli atti di accertamento, perché con l’atto di delega l’Ufficio stesso ha posto in via generale dei limiti in relazione ai vari atti di accertamento, i quali non sono stati rispettati nel caso concreto e tale vizio incide sulla validità dell’esercizio del potere di firma.
14. Dev’essere conclusivamente affermato il seguente principio di diritto:
«In tema di sottoscrizione di avviso di accertamento relativo ad imposte sui redditi e sul valore aggiunto, l’avviso di accertamento è nullo, ai sensi dell’art. 42 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 e dell’art. 56 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 il quale, nel rinviare alla disciplina sulle imposte dei redditi richiama implicitamente il citato art. 42, se il contenuto della delega di firma emessa dal capo dell’ufficio in via generale non è stato rispettato dal sottoscrittore nel caso concreto».
Nella specie, è invalida la sottoscrizione da parte del capo ufficio controlli in luogo del capo area accertamento perché la delega ha delimitato per valore lo scaglione in relazione al quale è attribuito a ciascuno dei due il potere di firmare l’avviso di accertamento e tale limite impostasi dall’Amministrazione finanziaria pacificamente non è stato rispettato.
15. Al rigetto del ricorso segue il regolamento delle spese di lite secondo soccombenza, liquidate come da dispositivo.
Ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, in pre senza di soccombenza della parte ammessa alla prenotazione a debito non sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate in Euro 7.800,00 per compensi, oltre 200 Euro per spese borsuali, rimborso spese forfetarie 15%, Iva e Cpa.
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