Corte di Cassazione ordinanza n. 32510 depositata il 4 novembre 2022

IMU – ICI – valore aree edificabili – effetto caducatorio di una eventuale sentenza del giudice amministrativo di annullamento

RITENUTO CHE 

Con due avvisi di accertamento ICI relativi ai periodi d’imposta 2010 e 2011, il Comune di San Giuliano Milanese assoggettava terreni di proprietà della società Le Darsene, per una superficie complessiva di mq. 11.000, all’imposta dovuta per “aree fabbricabili”, diversamente da quanto ritenuto dalla contribuente ad avviso della quale essi avevano natura di “terreni agricoli”.

In particolare, a parere dell’ente impositore, ai fini della suddetta qualificazione, assumeva rilievo la circostanza che i suindicati terreni erano inseriti nel Piano di Governo del Territorio (PGT) approvato con Delibera del Consiglio Comunale n. 1 del 2010, indipendentemente dalla approvazione, soltanto successivamente intervenuta, di un piano urbanistico attuativo.

La contribuente impugnava i suddetti avvisi deducendo il difetto del presupposto impositivo, tra l’altro, per inefficacia del PGT in difetto del requisito di edificabilità dei terreni sopra indicati, mancando il prescritto parere della Provincia di Milano, quale ente gestore del Parco Agricolo Sud di Milano, pendendo al riguardo contenzioso innanzi al competente Tribunale Amministrativo Regionale.

Con sentenza n. 983/2019, la Commissione tributaria regionale della Lombardia  rigettava  l’appello  proposto dalla  società  contribuente  e confermava integralmente la decisione di primo grado, che aveva affermato la legittimità degli avvisi impugnati.

Avverso tale sentenza la società contribuente propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi, illustrati con memoria.

Il Comune ha depositato controricorso e memoria.

CONSIDERATO  CHE 

Con il primo motivo la ricorrente lamenta ex art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 111 Cast. e degli artt. 132, comma 1, n. 4, cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ., attesa la contraddittorietà ed illogicità della decisione dei giudici di appello che attribuisce piena validità al PGT, sin dalla sua originaria approvazione,  pur in    presenza  dell’errore   procedurale commesso, oggetto di contenzioso, e dell’approvazione da parte del Comune dei piani attuativi del PGT solo in epoca successiva (2012, 2013 e 2014) a quella (2010 e 2011) dell’imposizione oggetto di causa. Con il secondo motivo lamenta ex art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., la violazione degli artt. 2, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 504 del 1992, 36, comma 2, d. l. n. 223 del 2006, per avere la CTR della Lombardia confermato la qualifica di terreni edificabili nonostante l’inefficacia del PGT invalidamente approvato dal Comune di San Giuliano Milanese, atteso che il nominato Commissario Straordinario, con delibera n. 37 del 10 marzo 2011, in attesa della conclusione del giudizio intentato dalla Provincia di Milano aveva disposto la sospensione “dei procedimenti amministrativi interni per la istruttoria ed approvazione dei Piani di attuazione del PGT”.

Con il terzo motivo lamenta ex art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., la violazione degli artt. 5, comma 5, d.lgs. n. 504 del 1992 e 2697 cod. civ., per avere la CTR della Lombardia confermato la valorizzazione delle aree operata dal Comune in maniera del tutto avulsa dall’andamento di mercato, ben potendo la contribuente dichiarare un valore venale inferiore a quello stabilito dall’ente impositore (per gli anni 2010 e 2011) senza le necessarie e doverose valutazioni tecniche.

Le censure, che possono essere esaminate congiuntamente, in quanto logicamente connesse, vanno disattese.

La questione sottoposta alla Corte è se l’inserimento nel Piano di Governo del Territorio (PGT) previsto quale strumento urbanistico della Regione Lombardia sia sufficiente per qualificare un terreno come edificabile, anche a prescindere dall’adozione dei relativi Piani di attuazione.

L’art. 2 del d.lgs. n. 504 del 1992, in tema di ICI, stabilisce che «1. Ai fini dell’imposta di cui all’articolo 1: a) per fabbricato si intende l’unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano, considerandosi parte integrante del fabbricato l’area occupata dalla costruzione e quella che ne costituisce pertinenza; il fabbricato di nuova costruzione è soggetto all’imposta a partire dalla data di ultimazione dei lavori di costruzione ovvero, se antecedente, dalla data in cui è comunque utilizzato; b) per area fabbricabile si intende l’area utilizzabile a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici generali o attuativi ovvero in base alle possibilità effettive di edificazione determinate secondo criteri previsti agli effetti dell’indennità di espropriazione per pubblica utilità. (… )».

Questa Corte (Cass. n. 6702/2020), confermando l’univoco orientamento della giurisprudenza di legittimità (S.U. n. 25506/2006), ha affermato che «In tema di ICI, a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 11 quaterdecies, comma 16, del d.l. n. 203 del 2005, conv. con modif. dalla l. n. 248 del 2005, e dell’art. 36, comma 2, del d.l. n. 223 del 2006, conv. con modif. dalla l. n. 248 del 2006, che hanno fornito l’interpretazione autentica dell’art. 2, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 504 del 1992, l’edificabilità di un’area, ai fini dell’applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, dev’essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel Piano Regolatore Generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi. L’inizio del procedimento di trasformazione urbanistica è infatti sufficiente a far lievitare il valore venale dell’immobile, le cui eventuali oscillazioni, in dipendenza dell’andamento del mercato, dello stato di attuazione delle procedure incidenti sullo “ius aedificandi” o di modifiche del piano regolatore che si traducano in una diversa classificazione del suolo, possono giustificare soltanto una variazione del prelievo nel periodo d’imposta, conformemente alla natura periodica del tributo in questione, senza che ciò comporti il diritto al rimborso per gli anni pregressi, a meno che il Comune non ritenga di riconoscerlo, ai sensi dell’art. 59, comma 1, lettera f), del d.lgs. n. 446 del 1997. L’inapplicabilità del criterio fondato sul valore catastale dell’immobile impone, peraltro, di tener conto, nella determinazione della base imponibile, della maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie, nonché della possibile incidenza degli ulteriori oneri di urbanizzazione sul valore dello stesso in comune commercio».

Il  PGT  è  uno  strumento  urbanistico  introdotto  nella  Regione Lombardia dalla legge regionale n. 12 dell’ 11 marzo 2005 (Legge per il governo del territorio) e questa Corte (Cass. n. 22477/2022) ha avuto modo di precisare, sulla scorta di un attento esame della normativa sopra richiamata, che «il PGT ha sostituito nella Regione Lombardia il Piano regolatore generale (PRG) come strumento di pianificazione urbanistica a livello comunale disciplinato dalla legge n. 1150 del 1942 e, dunque, l’inclusione dei terreni oggetto del presente giudizio tra quelli soggetti a trasformazione nel PGT equivale all’attribuzione agli stessi di un’astratta potenzialità edificatoria rilevante ai fini della imposizione fiscale. Alla luce del quadro normativo e giurisprudenziale sopra indicato risulta, poi, irrilevante la natura di piano attuativo del PII che, peraltro, deve essere riconosciuta. Sul punto assume, infatti, rilievo la circostanza che l’art. 87 fa discendere i PII dalle previsioni del documento di cui all’art. 8, parte del PGT, e che lo stesso art. 12 nel disciplinare i piani attuativi comunali precisa che «l. L’attuazione degli interventi di trasformazione e sviluppo indicati nel documento di piano avviene attraverso i piani attuativi comunali, costituiti da tutti gli strumenti attuativi previsti dalla legislazione statale e regionale», dovendosi, dunque, far rientrare in questi ultimi anche i PII previsti dall’art. 87 cit.».

La circostanza che i terreni per cui è causa fossero inseriti nell’Ambito di Trasformazione previsto dal documento di Piano del PGT e che detto strumento generale di pianificazione urbanistica fosse stato approvato dal Comune, con delibera n. 1 del 27 gennaio 2010, è già sufficiente per qualificare gli stessi, ai fini della determinazione dell’imponibile tributario, come aree edificabili poiché la scelta insindacabile del legislatore è quella di “anticipare” gli effetti della edificabilità ai fini della definizione, per quanto qui d’interesse, della base imponibile dell’ICI, valorizzando, dal punto di vista economico, la mera adozione del suddetto strumento, idonea a creare aspettative di mercato sulla edificabilità del suolo.

Nel caso di specie, dunque, la ricostruzione effettuata dalla CTR lombarda non appare intrinsecamente contraddittoria considerato che la pendenza, innanzi al giudice amministrativo, della impugnazione della Provincia di Milano avverso la delibera di cui sopra non assume rilievo decisivo, non avendo l’iniziativa giudiziaria prodotto alcun effetto sospensivo della efficacia dello strumento pianificatorio adottato dal Comune.

Del resto, la stessa Provincia ha pacificamente rinunciato, in data 16 settembre 2014, al ricorso proposto innanzi al TAR avendo, peraltro, rilasciato, in data 19 dicembre 2011, il prescritto parere di conformità del Parco Agricolo Sud, con effetto sanante del vizio procedurale originariamente denunciato, ed il Comune ha, nelle more, adottato “i primi piani di attuazione” del PGT.

La decisione impugnata appare coerente con la giurisprudenza di questa Corte che circoscrive l’effetto caducatorio di una eventuale sentenza del giudice amministrativo di annullamento, per vizi del procedimento, alla sola delibera di approvazione del PRG, trattandosi di pronuncia che “non ha alcuna diretta incidenza sulla qualifica di edificabilità del terreno” e che lascia “impregiudicata la delibera di adozione del PRG, antecedente, nella serie procedimentale, alla censurata omissione” (Cass. n. 18368/2019; Cass. nn. 33576, 33578 e 33579/2019; Cass. n. 30732/2021).

L’accertamento operato dal Comune di San Giuliano Milanese è stato ritenuto corretto dalla CTR della Lombardia sul rilievo che “la società non ha mai presentato una denuncia indicante il valore dell’area edificabile in questione”, avendo la contribuente versato l’Ici, per le annualità 2010 e 2011, “sulla base dei valori catastali ed agricoli” delle aree per cui è causa ed ancora che i parametri di elaborazione comunale rappresentano valido punto di riferimento, in difetto di convincente prova contraria, avendo l’ente impositore “tenuto conto dell’andamento congiunturale negativo del mercato immobiliare, tanto da aver mantenuto il valore al livello del 2004-2005, quando il mercato era ancora in crescita bloccando la rivalutazione” nonché “adottato tutte le rettifiche necessarie per tenere conto dei fattori specifici quali il fatto che si trattava di aree soggette a strumentazione urbanistica attuativa, prive di oneri di urbanizzazione, area residenziale a ovest della ferrovia”.

Questa Corte, in tema di imposta comunale sugli immobili, ha avuto modo di precisare che «è legittimo l’avviso di accertamento emanato sulla base di un regolamento del consiglio comunale che, in forza degli artt. 52 e 59 del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, e 48 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, abbia indicato periodicamente i valori delle aree edificabili per zone omogenee con riferimento al valore venale in comune commercio, trattandosi di atto che ha il fine di delimitare il potere di accertamento del comune qualora l’imposta sia versata sulla base di un valore non inferiore a quello predeterminato e, pur non avendo natura imperativa, integra una fonte di presunzioni idonea a costituire, anche con portata retroattiva, un indice di valutazione per l’Amministrazione ed il giudice, con funzione analoga agli studi di settore» (Cass. n. 5068/2015 e n. 22254/2016, quest’ultima in relazione alla c.d. determina sul valore delle aree edificabili in caso di potere di accertamento e di stima demandato al Concessionario; n. 25570/2017; n. 17248/2019).

Non v’è dubbio che in forza dell’ordinario criterio di distribuzione dell’onere della prova, se il contribuente asserisce di aver dichiarato, in sede di denunzia del cespite ai fini ICI, un valore inferiore a quello assunto dall’ente impositore come base imponibile, incombe su quest’ultimo, in quanto destinatario della denunzia medesima, di fornire la prova del valore del bene effettivamente dichiarato.

Nel caso in esame, tuttavia, risulta censurato non già l’inversione del suddetto onere probatorio – vizio comunque insussistente – quanto piuttosto la duplice affermazione dei giudici d’appello secondo cui la “perizia di parte” prodotta nel giudizio di secondo grado dalla contribuente non assume, ai fini qui considerati, neppure valore indiziario  a  supporto  della  dedotta  inattendibilità  delle  valutazioni dell’ente impositore, profilo che viceversa attiene all’onere di specifica contestazione che grava sul contribuente.

Le argomentazioni fatte valere con l’ultimo motivo di censura formulato dalla società contribuente come violazione o falsa applicazione di legge, a ben vedere, si risolvono in una inammissibile critica ai valori di stima indicati nella sentenza attraverso giudizi e valutazioni che si sovrappongono all’accertamento di fatto compiuto dalla CTR ed insindacabile in sede di legittimità se non per vizio motivazionale nei ristretti limiti consentiti dall’attuale 360 comma 1° n. 5 cod. proc. civ..

Al rigetto del ricorso consegue, per la soccombente, la condanna alle spese del giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M. 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese che liquida in euro 5.600,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso delle spese forfettarie, nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi dell’art.13 comma 1 quater del D.P.R. n.115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.