Corte di Cassazione ordinanza n. 32511 depositata il 4 novembre 2022
La compensazione delle spese subordinata alla presenza di “gravi ed eccezionali ragioni”, da indicarsi esplicitamente nella motivazione, non risulta giustificata quando il giudice abbia fatto richiamo a “motivi di equità” non altrimenti specificati
RITENUTO CHE
La CTR del Lazio, con la sentenza indicata in epigrafe, ha accolto l’appello proposto da Massimo Proverbio avverso la sentenza della CTP di Roma che aveva respinto il ricorso proposto dal contribuente avverso il provvedimento di preavviso di fermo, notificato il 9/11/2016, limitatamente ai crediti tributari recati da quattro cartelle di pagamento asseritamente notificate in date ricomprese tra giugno e dicembre del 2008.
Sosteneva l’appellante l’omessa notifica delle predette cartelle esattoriali e conseguentemente l’estinzione dei crediti cautelati per intervenuta prescrizione quinquennale risalendo l’asserita notifica delle stesse all’anno 2008 ed il preavviso di fermo essendo stato invece notificato il 9/11/2016, in assenza medio tempore di atti interruttivi.
Il giudice di appello ha motivato la propria decisione nel senso che la CTP di Roma avrebbe dovuto dichiarare i crediti prescritti, applicandosi il termine di prescrizione quinquennale, vista l’assenza di un titolo giudiziale definitivo, ed ha dichiarato “la nullità del provvedimento di comunicazione di iscrizione di preavviso di fermo e delle cartelle esattoriali ad esso sottese”, con compensazione delle spese di entrambi i gradi del giudizio “tenuto conto della peculiarità della presente controversia e delle alterne vicende che ne hanno caratterizzato l’iter processuale”.
Il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, mentre l’Agenzia delle Entrate ha depositato “atto di costituzione” al solo fine dell’eventuale partecipazione, ai sensi dell’art. 370, comma 1, cod. proc. civ., all’udienza di discussione della causa.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di impugnazione il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., primo comma, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 15, comma 1, d.lgs. n. 546 del 1992, giacché la CTR ha disposto la compensazione delle spese del giudizio in assenza di “gravi ed eccezionali ragioni”, avendo lo stesso giudice di merito fatto riferimento soltanto alla peculiarità della controversia ed alle alterne vicende che hanno caratterizzato l’iter processuale della causa. Con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., primo comma, n. 4, violazione degli artt. 132, comma 2, n. 4), cod. proc. civ., 156, comma 2, 111, comma 6, Cast., giacché la CTR ha adottato una formula di stile di guisa che l’apparato motivazionale concernente le ragioni giustificanti la disposta compensazione restano sostanzialmente non esplicitate e comunque illogiche ed erronee.
I motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente in quanto logicamente connessi, meritano di essere accolti
La CTR, pur essendo l’Agenzia delle Entrate totalmente soccombente, ha disposto l’integrale compensazione delle spese di giudizio del doppio grado per le ragioni innanzi ricordate.
La statuizione viene qui censurata dal contribuente, sotto il profilo della violazione di legge e della nullità della sentenza impugnata, avuto riguardo agli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., in relazione agli artt. 15, d.lgs. n. 546 del 1992, nonché agli artt. 132, comma 2, n. 4), artt. 132, comma 2, n. 4), cod. proc. civ., 156, comma 2, 111, comma 6, Cost., in relazione alla dedotta mancanza dei requisiti essenziali del provvedimento giurisdizionale, difettando i presupposti di legge.
Giova ricordare che l’art. 92 cod. proc. civ., comma 2, nel testo introdotto dall’art. 2 della I. n. 263 del 2005 e successivamente modificato dalla I. n. 69 del 2009 – applicabile ratione temporis in quanto entrato in vigore il 4 luglio 2009 -, che ha ulteriormente modificato il citato art. 92 cod. proc. civ., dispone che il giudice può compensare le spese, in tutto o in parte, se vi è soccombenza reciproca o concorrono altre “gravi ed eccezionali ragioni” esplicitamente indicate nella motivazione.
La compensazione delle spese subordinata alla presenza di “gravi ed eccezionali ragioni” non risulta giustificata quando il giudice abbia fatto richiamo a “motivi di equità” non altrimenti specificati (Cass. n. 21521/2010).
Si è chiarito (Cass. n. 2883/2014), inoltre, che l’art. 92 cit. costituisce una norma elastica, quale clausola generale che il legislatore ha previsto per adeguarla ad un dato contesto storico – sociale o a speciali situazioni, non esattamente ed efficacemente determinabili “a priori”, ma da specificare in via interpretativa da parte del giudice del merito, con un giudizio censurabile in sede di legittimità, in quanto fondato su norme giuridiche.
Ed ancora, le “gravi ed eccezionali ragioni”, da indicarsi esplicitamente nella motivazione, devono riguardare specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa (Cass. n. 16037/2014), e comunque che è necessario che non vengano addotte ragioni illogiche o erronee, altrimenti, dovendosi ritenere sussistente il vizio di violazione di legge (Cass. n. 2206/2019; n. 23059/2018; n. 6059/2017; n., 11222/2016; 12893/2011).
Si è così ritenuto, ai sensi dell’art. 15, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992 (sia prima che dopo le modifiche introdotte dal d.lgs. n. 156 del 2015), che l’ipotesi del mutamento giurisprudenziale su questione dirimente possa rientrare tra le “gravi ed eccezionali ragioni” da indicare esplicitamente in motivazione per giustificare la compcns rzion@ dgll@ spese di lite.
Orbene, la peculiarità del caso di specie si appalesa formula in concreto vuota ove riferita ad una causa nella quale, a ben guardare, assume rilievo unicamente l’eccezione di prescrizione atteso che la notifica dell’impugnato provvedimento di preavviso di fermo, notificato al contribuente il 9/11/2016, per crediti tributari diversi, segue la notifica di quattro cartelle di pagamento, asseritamente avvenuta nel corso dell’anno 2008, non trovando applicazione il termine decennale di prescrizione, neppure per conversione del termine di prescrizione breve eventualmente previsto (questione su cui si è formato il giudicato tra le parti) né, del resto, risultano utilmente prodotti in giudizio atti interruttivi.
Osserva il Collegio che la notifica di un provvedimento di preavviso di fermo relativamente a crediti tributari ormai prescritti pone il contribuente in condizione di dover impugnare l’atto sicché la fattispecie non appare in alcun modo giustificare la deroga al generale criterio della soccombenza, che trova la sua ragione giustificativa nel principio di causalità, in forza del quale è tenuto a sopportare il carico delle spese del giudizio chi vi abbia dato luogo con il proprio comportamento contra ius (Cass. n. 6059/2017 cit.).
Non diversamente, illogico appare il riferimento all’esito alterno delle fasi di merito del giudizio, situazione processuale del tutto fisiologica che, pertanto, non può giustificare la deroga al ricordato principio della soccombenza.
Il ricorso, dunque. va accolto e non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa con liquidazione delle spese per ciascun grado del giudizio di merito come da nota spese depositata in appello.
La Corte di cassazione, infatti, può decidere la causa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., nel caso di violazione o falsa applicazione non solo di norme sostanziali ma anche di norme processuali (nella specie, quella di cui all’art. 91 c.p.c.), purché non siano necessari ulteriori accertamenti in fatto (Cass. n. 24866/2017; n. 17816/2019).
La Corte, conclusivamente, cassa la sentenza impugnata, in relazione all’accolto motivo di ricorso incidentale e, decidendo nel merito, dispone la condanna al pagamento delle spese del giudizio di primo e di secondo grado, a carico della Agenzia delle Entrate ed in favore del contribuente, contenute rispettivamente nella somma di complessivi € 300,00 per onorari ed in quella di € 350,00 per onorari, oltre spese forfettarie ed accessori di legge, da distrarsi in favore dei difensori dichiaratisi antistatari.
Le spese del giudizio di legittimità, secondo soccombenza, vanno poste a carico della intimata Agenzia delle Entrate e sono liquidate come in dispositivo, sempre con distrazione in favore dei difensori dichiaratisi antistari.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata limitatamente alla regolamentazione delle spese processuali e, decidendo la causa nel merito, condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese del primo e del secondo grado del giudizio di merito, liquidate come da motivazione, con distrazione in favore dei difensori del ricorrente, dichiaratisi antistatari.
Condanna, altresì, l’intimata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in€ 500,00 per compensi,€ 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese forfettarie, nella misura del 15% su detto compenso, ed accessori, se dovuti, con distrazione in favore dei difensori del ricorrente, dichiaratisi antistatari.
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