Corte di Cassazione ordinanza n. 32889 depositata l’ 8 novembre 2022

accertamenti standardizzati – studi di settore – ove il contraddittorio sia stato attivato e il contribuente si sia limitato a mera attività assertiva senza addurre elementi concreti in grado di supportarla, a fondare l’accertamento ben può bastare, di per sé, l’applicazione dello studio di settore

RILEVATO CHE

Agenzia delle entrate propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Calabria aveva respinto l’appello erariale avverso la sentenza n. 93/01/2008 della Commissione Tributaria Provinciale di Catanzaro, che aveva accolto il ricorso proposto da G. S.r.L. avverso avviso di accertamento IVA IRPEG IRAP 2005, a mezzo del quale l’Agenzia delle entrate, facendo ricorso agli studi di settore, aveva accertato maggiori ricavi;

la società contribuente è rimasta intimata

CONSIDERATO CHE

1.1 va preliminarmente evidenziato che la società contribuente non risulta aver presentato alcuna domanda di definizione agevolata della controversia atteso che la documentazione prodotta dalla suddetta parte attiene ad atto (cartella esattoriale) diverso da quello impugnato nella presente sede, così come puntualmente contestato dall’Agenzia ricorrente con nota depositata in data 10.3.2022;

1.2 a seguire, con il primo motivo di ricorso la ricorrente denuncia violazione dell’art. 62 bis DL n. 331/1993 conv. e dell’art. 2697 c.c. nonché «omessa o comunque insufficiente motivazione» e lamenta che la Commissione Tributaria Regionale abbia annullato l’atto impositivo per difetto di motivazione circa l’applicazione degli studi di settore in relazione alla loro adattabilità al caso concreto, pur avendo la contribuente omesso di fornire, nel contraddittorio instaurato da parte dell’Ufficio, elementi atti a contestare l’applicazione dei parametri fornendo prova delle circostanze concrete che giustificano lo scostamento della propria posizione reddituale;

1.3 la censura in diritto è fondata (restando assorbita la contestuale denuncia di vizio motivazionale, peraltro inammissibile non potendosi, come noto, tale vizio configurare rispetto a questioni di mero diritto qual è quella trattata);

1.4 questa Corte ha avuto modo di precisare, in merito, che in tema di «accertamento standardizzato» mediante parametri o studi di settore, il contraddittorio con il contribuente costituisce elemento essenziale e imprescindibile del giusto procedimento che legittima l’azione amministrativa, in ispecie quando si faccia riferimento ad una elaborazione statistica su specifici parametri, di per sé soggetta alle approssimazioni proprie dello strumento statistico, e sia necessario adeguarle alla realtà reddituale del singolo contribuente, potendo solo così emergere gli elementi idonei a commisurare la «presunzione» alla concreta realtà economica dell’impresa, al che consegue che la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel mero rilievo dello scostamento dai parametri, ma deve essere integrata (anche sotto il profilo probatorio) con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente in sede di contraddittorio, solo così emergendo la gravità, precisione e concordanza attribuibile alla presunzione basata sui suddetti parametri e la giustificabilità di un onere della prova contraria (ma senza alcuna limitazione di mezzi e di contenuto) a carico del contribuente (cfr. Cass. n. 27822/2013);

1.5 è stato tuttavia anche ribadito che la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standards in sé considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente, ed in tale fase, infatti, quest’ultimo ha la facoltà di contestare l’applicazione dei parametri provando le circostanze concrete che giustificano lo scostamento della propria posizione reddituale, con ciò costringendo l’Ufficio – ove non ritenga attendibili le allegazioni di parte – ad integrare la motivazione dell’atto impositivo indicando le ragioni del suo convincimento; tuttavia, ogni qual volta il contraddittorio sia stato regolarmente attivato ed il contribuente ometta di parteciparvi ovvero si astenga da qualsivoglia attività di allegazione, l’ufficio non è tenuto ad offrire alcuna ulteriore dimostrazione della pretesa esercitata in ragione del semplice disallineamento del reddito dichiarato rispetto ai menzionati parametri (cfr. Cass. nn. 27617/2018; 10047/2016; 17646/2014);

1.6 è quindi fondato il motivo di ricorso inteso a far valere un difetto di motivazione della sentenza impugnata, nella parte in cui omette di valutare il fatto della mancata prova, da parte del contribuente, in sede di contraddittorio, circa la sussistenza di circostanze idonee in astratto a contrastare la presunzione di maggior reddito, trattandosi di circostanza di valore sicuramente decisivo, poiché, in astratto e salvo diversi e contrari elementi di valutazione che dovessero emergere da nuovo esame del punto, sulla scorta dei principi dianzi illustrati, ove cioè, come nella specie, il contraddittorio sia stato attivato e il contribuente si sia limitato a mera attività assertiva senza addurre elementi concreti in grado di supportarla, a fondare l’accertamento ben può bastare, di per sé, l’applicazione dello studio di settore, come nel caso in esame;

1.7 nel caso di specie, anche dall’esame del ricorso introduttivo e della sentenza di primo grado, ritualmente trascritti in parte qua nel ricorso per cassazione, non emergono, dunque, in alcun modo le specifiche contestazioni che sarebbero state sollevate dal contribuente riguardo l’applicazione dei ricavi presunti dall’Agenzia delle entrate;

2.1 quanto sin qui illustrato comporta l’accoglimento del primo motivo di ricorso con assorbimento del secondo motivo (con cui si lamenta nullità della sentenza per motivazione apparente perché la Commissione Tributaria Regionale non avrebbe indicato le specifiche difese della società di cui l’Ufficio non avrebbe tenuto conto), e la cassazione della sentenza impugnata;

2.2 inoltre, non richiedendosi, per la risoluzione della controversia, alcun altro accertamento di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ex art. 384 c.p.c., comma 1, con il rigetto del ricorso introduttivo della società contribuente;

3. poiché l’orientamento giurisprudenziale di questa Corte, in base al quale si è decisa la causa, s’è consolidato dopo la proposizione del ricorso introduttivo, si ritiene opportuno compensare tra le parti le spese processuali delle fasi di merito, con condanna della parte intimata al pagamento delle spese del presente grado, con liquidazione come da dispositivo

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della società contribuente, compensando tra le parti le spese processuali dei gradi di merito; condanna la società contribuente al pagamento delle spese di questo giudizio che liquida in Euro 5.800,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.