Corte di Cassazione ordinanza n. 32910 depositata l’ 8 novembre 2022
imposta di registro – enunciazione di atti non registrati
RILEVATO CHE
S. S.p.A. propone ricorso, affidato a tre motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Campania aveva parzialmente respinto l’appello avverso la sentenza n. 7689/2016 della Commissione Tributaria Provinciale di Caserta, statuendo la validità di un avviso di liquidazione emesso per il pagamento dell’imposta di registro in misura fissa conseguente alla registrazione di un decreto ingiuntivo emesso dal Giudice di pace di Caserta;
l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso;
la società ricorrente ha depositato memoria difensiva, con istanza di distrazione spese.
CONSIDERATO CHE
1.1 la ricorrente con il primo motivo lamenta violazione e/o falsa applicazione dell’art. 40 DPR 131/1986, dell’art. 7 legge 212/2000, dell’art. 3 legge 241/1990 e dell’art. 24 Cost. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. per avere la Commissione Tributaria Regionale reputato legittimo il mutamento di norme e criteri di determinazione e quantificazione dell’imposta di registro compiuto dall’Agenzia delle Entrate solo a seguito della notificazione del ricorso introduttivo della controversia;
1.2 con il secondo motivo la ricorrente lamenta violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7 legge 212/2000, dell’art. 3 legge 241/1990, degli artt. 22 e 41 DPR 131/1986 e dell’art. 24 Cost. per avere la Commissione Tributaria Regionale disatteso l’appello della S. sulla carenza assoluta di motivazione dell’avviso;
1.3 con il terzo motivo la ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione degli 3, comma 2, n. 2, e 10, comma 1, del d.P.R. n. 633 del 1972, 6, 22 e 40 del d.P.R. n. 131 del 1986, 8, comma 1, lett b), nonchè dell’art. 9, comma 1, nota 2, della Tariffa allegata al d.P.R. n. 131 del 1986 e 1406 e segg. cod. civ., per avere la Commissione Tributaria Regionale ritenuto legittima l’applicazione, alla fattispecie, del principio dell’enunciazione pur in carenza del requisito oggettivo dell’enunciazione, mai compiuta nel caso di specie, nonché di quello soggettivo, consistente nella cosiddetta «identità» delle parti processuali del provvedimento giudiziario sottoposto a registrazione e quelle dell’atto in tesi enunciato;
2.1 il terzo motivo, fondato nei limiti di seguito precisati, può essere esaminato e deciso con priorità, giacché fondato su una ragione più liquida, che consente di modificare l’ordine delle questioni da trattare, in adesione alle esigenze di celerità del giudizio e di economia processuale di cui agli artt. 24 e 111 Cost. (cfr. Cass. n. 12002/2014; conf. Cass. n. 23531/2016);
2.2 va precisato in punto di fatto che, come si evince dalla lettura della narrativa del decreto ingiuntivo riprodotto nel ricorso in ossequio al principio di specificità ex art. 366 c.p.c., il contratto di cessione del credito, concluso tra S. s.p.a. e F. s.p.a., non solo è stato espressamente indicato, in tutti i suoi elementi costitutivi, nell’atto oggetto di imposta del registro ma, come correttamente evidenziato dalla Commissione Tributaria Regionale, è presupposto che legittima il ricorrente alla richiesta del decreto monitorio;
2.3 la contribuente ha contestato l’imposizione fiscale con riferimento alla cessione del credito, enunciato nel ricorso per decreto ingiuntivo, sostenendo che l’atto traslativo della posizione creditoria era avvenuto mediante uno scambio di corrispondenza ed era quindi soggetto a registrazione solo in caso d’uso nelle forme previste dall’art. 6 d.lgs.
2.4 tale profilo della doglianza non coglie nel segno, in quanto è la stessa sentenza di questa Corte, citata nel ricorso (cfr. Cass. n. 5946 del 2007) ad aver stabilito che «in tema di imposta di registro, con riguardo all’enunciazione di atti non registrati, l’art. 22 del P.R. 26 aprile 1986, n. 131, nel disporre al comma 1 che “se l’atto enunciato era soggetto a registrazione in termine fisso è dovuta anche la pena pecuniaria di cui all’art. 69”, ha inteso includere fra gli atti assoggettati ad imposta anche quelli soggetti a registrazione in caso d’uso. Infatti, poiché la mera enunciazione degli atti soggetti a registrazione in caso d’uso, ai sensi del precedente art. 6, non configura, di per sé, un “uso”, deve ritenersi che tali atti siano assoggettati all’imposta a prescindere dall’uso” dei medesimi di cui all’art. 6, e quindi sulla base della sola enunciazione» (cfr. Cass. n. 594672007);
2.5 quest’orientamento ha trovato conferma nella successiva evoluzione giurisprudenziale essendosi affermato che «l’art. 22, comma primo, del d.P.R. n. 131 del 1986, stabilisce che se in un atto sono enunciate disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati e posti in essere fra le stesse parti intervenute nell’atto che contiene l’enunciazione, l’imposta si applica anche alle disposizioni enunciate; ne consegue che va assoggettato ad imposta di registro il finanziamento soci, già inserito tra le poste passive del bilancio, enunciato in un atto di ripianamento delle perdite del capitale sociale e sua ricostituzione mediante rinuncia dei soci ai predetti finanziamenti in precedenza effettuati nei confronti della società, e ciò a prescindere dall’effettivo uso del finanziamento medesimo» (cfr. Cass. n. 11756/2008 e n. 15585/2010; cfr. anche Cass. n. 4096/2012, secondo cui, «in tema di imposta di registro, ove viene colpita la singola manifestazione di ricchezza e la connessa capacità contributiva, vale il principio dell’autonomia dei singoli negozi, come si desume in modo inequivoco dalla previsione dell’art. 22 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, la quale stabilisce che, se in un atto sono enunciate disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati e posti in essere tra le stesse parti intervenute nell’atto che contiene la enunciazione, l’imposta si applica anche alle disposizioni enunciate»;
2.6 sulla base di tale orientamento, la sola enunciazione di un atto non registrato in un atto soggetto a registrazione è condizione sufficiente a legittimare la soggezione all’imposta di registro dell’atto enunciato e non registrato, nonostante si tratti di atto soggetto a registrazione in caso d’uso e l’enunciazione non possa ritenersi in sé una ipotesi di <<uso dell’atto>> (cfr. Cass. n. 22243/2015);
2.7 con riguardo all’ulteriore profilo della censura che fa leva sulla mancata corrispondenza tra le parti processuali del provvedimento giudiziario sottoposto a registrazione e quelle dell’atto enunciato, l’art. 22 del d.P.R. 131 del 1986 prevede quanto segue: «Se in un atto sono enunciate disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati e posti in essere fra le stesse parti intervenute nell’atto che contiene la enunciazione, l’imposta si applica anche alle disposizioni enunciate. Se l’atto enunciato era soggetto a registrazione in termine fisso è dovuta anche la pena pecuniaria di cui all’art. 69. L’enunciazione di contratti verbali non soggetti a registrazione in termine fisso non dà luogo all’applicazione dell’imposta quando gli effetti delle disposizioni enunciate sono già cessati o cessano in virtù dell’atto che contiene l’enunciazione. Se l’enunciazione di un atto non soggetto a registrazione in termine fisso è contenuta in uno degli atti dell’autorità giudiziaria indicati nell’art. 37, l’imposta si applica sulla parte dell’atto enunciato non ancora eseguita»;
2.8 l’atto contenente l’enunciazione, di cui si fa menzione nel primo comma, comprende, dunque, contratti, atti giuridici o provvedimenti giudiziari, e quindi anche decreti ingiuntivi, e solo per gli atti giudiziari il comma terzo dell’art 22 d.P.R. citato limita la possibilità di applicare l’imposta ai soli atti enunciati non ancora eseguiti;
2.9 l’operazione ermeneutica compiuta dalla Commissione Tributaria Regionale, che ha escluso l’applicabilità agli atti giudiziari del regime dell’atto enunciato contenuto nel comma 1 dell’art. 22 del d.P.R. 131 del 1986 sulla base della specifica disciplina di cui al comma 3 della medesima disposizione è quindi priva di fondamento;
2.10 è fuor di dubbio che le parti del giudizio monitorio (S. s.p.a., creditore procedente, e S.A., debitore ingiunto) sono diverse da quelle del contratto di cessione del credito (F. S.p.A., cedente, e S. p.a., cessionario) così come autonome e distinte sono le situazioni giuridiche sottese all’atto enunciato e a quello enunciante;
2.11 sul punto proprio con riferimento all’ipotesi di diversità tra i soggetti dell’atto enunciato costituito da cessione del credito e quelli del decreto ingiuntivo, questa Corte nella sentenza n. 16662 del 2020 ha affermato, sulla scorta dei principi già affermati da Cass. n. 1125 del 2000 che «il richiamo effettuato da un decreto ingiuntivo ad un ricorso giudiziale nel quale si fa riferimento ad una cessione di crediti effettuata tra soggetti diversi dal debitore ingiunto evidenzia un’enunciazione indiretta di atti, ma esclude l’identità tra le parti dei distinti atti non presentati alla registrazione, escludendo conseguentemente la tassazione dell’atto di cessione di crediti precedentemente non sottoposto a registrazione al momento della presentazione del decreto ingiuntivo, per carenza delle condizioni di identità soggettiva. Di qui anche nel caso in esame, relativo a cessione di credito, effettuata mediante corrispondenza commerciale tra cedente e cessionario, ed enunciato nell’atto soggetto a registrazione di rinuncia al credito del cessionario nei confronti del debitore ceduto, l’infondatezza della pretesa dell’Ufficio, per la mancanza di identità delle parti intervenute nell’atto enunciante e in quello enunciato»;
3.1 in conclusione, da quanto sin qui illustrato consegue l’accoglimento del terzo motivo di ricorso nei limiti dianzi indicati, assorbiti i primi due motivi, e la cassazione della sentenza impugnata;
3.2 inoltre, non richiedendosi, per la risoluzione della controversia, alcun altro accertamento di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ex art. 384 c.p.c., comma 1, con l’accoglimento del ricorso introduttivo della contribuente;
4. poiché l’orientamento giurisprudenziale di questa Corte, in base al quale si è decisa la causa, s’è consolidato dopo la proposizione del ricorso introduttivo, si ritiene opportuno compensare tra le parti le spese processuali delle fasi di merito, con condanna dell’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese del presente grado, con liquidazione come da dispositivo
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, assorbiti i rimanenti motivi; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo della società contribuente, compensando tra le parti le spese processuali dei gradi di merito; condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese di questo giudizio che liquida in Euro 380,00 per compensi, oltre ad Euro 200 per esborsi, alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed agli accessori di legge, se dovuti; ne dispone la distrazione a favore del difensore antistatario.
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