Corte di Cassazione ordinanza n. 33064 depositata il 9 novembre 2022
principio di legittimo affidamento – principio di affidamento desumibile dall’art. 5, n. 2, del Regolamento n. 1697/79/CEE del Consiglio, del 24 luglio 1979 e dall’art. 220, par. 2, lett. b), del reg. n. 2913/92/CEE del Consiglio, del 12 ottobre 7 1992, norme che precludono all’amministrazione il recupero dei diritti doganali non riscossi, qualora il debitore abbia agito in buona fede, avendo osservato tutte le disposizioni vigenti in materia tributaria per la dichiarazione in dogana e sul presupposto che il comportamento dell’autorità non sia stato meramente passivo, ma abbia assunto un profilo attivo – sanzioni – incertezza normativa oggettiva, causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria – La parte pienamente vittoriosa nel merito in primo grado, difettando di interesse al riguardo, non ha l’onere di proporre, in ipotesi di gravame formulato dal soccombente, appello incidentale per richiamare in discussione le eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado, da intendersi come quelle che risultino superate o non esaminate perché assorbite o anche quelle esplicitamente respinte qualora l’eccezione mirava a paralizzare una domanda comunque respinta per altre ragioni, ma è soltanto tenuta a riproporle espressamente nel giudizio di appello in modo tale da manifestare la sua volontà di chiederne il riesame, al fine di evitare la presunzione di rinuncia derivante da un comportamento omissivo, ai sensi dell’art. 346 proc. civ.
RITENUTO CHE
1. Con sentenza del 21 maggio 2018, la Commissione tributaria regionale di Lombardia ha accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Sondrio n. 119/2016 del 22 giugno 2016, che aveva annullato i quattro verbali di accertamento e di contestazione di sanzioni amministrative, notificati in data 16 dicembre 2015, aventi ad oggetto il recupero dell’accise, con gli interessi, per l’illegittima importazione di carburante per autotrazione in quantità eccedenti le vigenti franchigie, relativi agli anni 2009/2012, dalla zona extradoganale di Livigno.
2. La Commissione tributaria regionale ha affermato che:
-) la norma dell’art. 107 del Regolamento Europeo n. 1186/09, laddove affermava che «i serbatoi che sono fissati in modo stabile dal costruttore su tutti gli autoveicoli dello stesso tipo del veicolo considerato e la cui sistemazione permanente consente l’utilizzazione diretta del carburante, sia per la trazione dei veicoli sia, all’occorrenza, per il funzionamento, durante il trasporto, dei sistemi di refrigerazione e degli altri sistemi», era di stretta interpretazione, perché consentiva la mancata assoggettabilità ad imposizione in dogana del carburante che veniva acquistato oltre confine ed utilizzato per lo svolgimento dell’attività dell’autotrasportatore;
-) il serbatoio cui andava fatto riferimento per il corretto sdoganamento del carburante era soltanto quello installato in origine dal costruttore, escludendo perciò quello contenuto in serbatoi maggiorati o supplementari, se pur «tecnicamente» supportati dal veicolo;
-) la sentenza della Corte Europea del 10 settembre 2014 (che aveva esteso di fatto la definizione «serbatoio normale» anche ai serbatoi regolamentari successivamente installati da terzi, diversi dal primo costruttore) interveniva in un contesto diverso da quello in esame e specificamente nel contesto di tassazione del contenuto dei cosiddetti serbatoi normali, sulla circolazione delle merci, nel caso carburante, fra paesi intra CE, ed al solo fine di evitare fra i paesi della Comunità Europea la doppia tassazione;
-) nel caso in esame, si trattava di importazione nel territorio CE di carburante che non aveva assolto, in nessun altro stato membro, le imposte e l’accertamento riprendeva a tassazione prodotti energetici acquistati in zona a regime doganale extra CE e importati in Italia in completa esenzione da tributi in quantità che andava oltre il limite consentito in esenzione dalla franchigia, come anche precisato in data 21 novembre 2014 dalla Direzione Generale Fiscalità e Unione Doganale;
-) i serbatoi normali erano quelli fissati in modo stabile dal costruttore su tutti gli autoveicoli dello stesso tipo del veicolo considerato e la cui sistemazione permanente consentiva l’utilizzazione diretta del carburante sia per la trazione dei veicoli sia, all’occorrenza, per il funzionamento durante il trasporto, dei sistemi di refrigerazione o di altri sistemi meccanici ausiliari o speciali;
-) la franchigia era quella per il carburante contenuto all’interno dei serbatoi installati in origine dalla casa costruttrice su tutti gli autoveicoli dello stesso tipo del veicolo considerato e doveva essere escluso quello contenuto in eventuali serbatoi maggiorati o supplementari nonché in altri di maggiore capacità rispetto al serbatoio dichiarato in origine dal costruttore come serbatoio normale per quel tipo di veicolo;
-) eventuali adeguamenti tecnici o di opportunità desiderati dal compratore per le sue specifiche esigenze o attività, anche se attuati prima dell’immatricolazione del veicolo, andavano comunque a modificare la capacità del serbatoio in origine previsto e installato dal costruttore e in tale modo omologato e definito normale;
-) il carburante contenuto nel contenitore supplementare risultante in eccedenza rispetto alla franchigia doveva essere quindi assoggettato a sdoganamento, anche se tale contenitore risultava regolare rispetto ad altre norme o regolamenti che non erano quelli doganali (es. Codice della Strada);
-) la capacità indicata dal costruttore nella sua omologazione del mezzo era quella che faceva fede e che valeva per tutti gli automezzi dello stesso tipo (mantenendosi, tra l’altro, così anche equità nell’utilizzo della agevolazione rispetto a tutti gli autotrasportatori con lo stesso mezzo), con la conseguenza che era corretto il comportamento dell’Agenzia delle Dogane che si era procurata le schede dei veicoli come stilate dai costruttori così da poter controllare quali fossero i serbatoi installati ab origine, i soli da considerarsi normali ai fini della franchigia dei dazi all’importazione del carburante;
-) la norma, in quanto consentiva una esenzione, era di stretta interpretazione ed essa indicava il dato dichiarato dal costruttore e non quello dell’acquisto o della successiva immatricolazione.
3. I giudici di secondo grado, inoltre, sulla questione degli interessi e delle sanzioni, da valutarsi in relazione al legittimo affidamento che la mancanza di precedenti controlli aveva creato nel contribuente, hanno precisato che non si ravvisavano circostanze di «incertezza oggettiva» tali da ammettere interpretazioni diverse, contraddittorie o che potessero ostacolare l’individuazione certa di un significato sufficientemente definito; né il dato normativo era caratterizzato dall’impossibilità di circoscrivere con sicurezza la portata dello stesso; nel caso specifico, pur non essendo stata provata in alcun modo una mala fede del contribuente, lo stesso non poteva aver ritenuto legittimo il proprio comportamento solo per la mancanza di rilievi per la durata di tutto il periodo contestato, che da sola non aveva potuto ingenerare la convinzione di operare correttamente; la norma non poteva creare alcuna difficoltà interpretativa, tanto più se si considerava che si parlava di autotrasportatori professionali e, quindi, necessariamente a conoscenza di tutte le norme che regolavano l’acquisto di carburante in franchigia, ancor più trattandosi di norme sovrannazionali che dovevano essere conosciute e rispettate; l’indagine della Guardia di Finanza, che aveva dato origine agli accertamenti numerosi nei confronti degli autotrasportatori, necessitava per il suo compimento di documentazione che doveva essere reperita presso le case costruttrici dei veicoli poiché ad essa faceva riferimento la norma applicabile con riguardo alla capacità dei serbatoi, posto che la stessa capacità non risultava dai libretti di circolazione dei mezzi, né le modifiche apportate ai serbatoi stessi erano state segnalate dall’autotrasportatore al momento del superamento del valico; senza tali indicazioni i controllori non potevano rilevare una eventuale eccedenza di carburante e, quindi, il loro comportamento del tutto regolare non poteva dare origine ad alcun legittimo affidamento; né vi erano stati ritardi, errori od omissioni della Amministrazione che potevano aver ingenerato un legittimo affidamento.
4. La A. r.l. ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a quattro motivi.
5. L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli resiste con controricorso.
CONSIDERATO CHE
1. Il primo motivo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione dell’art. 107, §§ 1 e 2, lett. c), del Regolamento della Comunità Europea 16 novembre 2009, 1186 e dell’art. 3 Cost., avendo la Commissione tributaria regionale qualificato come serbatoi di carburante «normali» degli automezzi solo quelli montati in origine dal costruttore, con la conseguenza che quelli maggiorati o supplementari, quali quelli installati sugli automezzi della società contribuente oggetto di controllo, anche se tecnicamente supportati dal veicolo non potevano considerarsi normali e che per gli automezzi commerciali provenienti dal territorio extradoganale di Livigno la franchigia valeva esclusivamente per il carburante contenuto nei serbatoi degli automezzi installati in origine dalla casa costruttrice, con esclusione del carburante contenuto in serbatoi aggiuntivi e/o maggiorati che, pertanto, dovevano assoggettarsi all’ordinaria tassazione; la società contribuente aveva utilizzato tutti i quantitativi di gasolio per autotrazione acquistato nel territorio doganale del Comune di Livigno per la sola propria attività aziendale di autotrasporto, senza destinarlo ad altra finalità; l’informazione comunicata dalla Renault alla Guardia di Finanza sulla capacità dei serbatoi montati dagli automezzi della società esponente (550 litri) era irrilevante perché riferita alla capacità che il serbatoio aveva al momento della costruzione e della prima omologazione; la capacità del serbatoio al termine della produzione industriale o al momento della omologazione era cosa diversa rispetto all’individuazione del serbatoio definibile come «normale», posto che la capacità del serbatoio poteva essere legittimamente modificata dallo stesso costruttore prima della immatricolazione e posto che, diversamente opinando, vi sarebbe stata una disparità di trattamento tra chi acquistava un serbatoio di capacità pari a 1.100 litri e chi ne acquistava uno con capacità pari a 550 litri e poi decideva di sostituirlo legalmente con un altro omologato fino a raggiungere la capacità di 1.100 litri.
1.1 Il motivo è infondato, dovendosi richiamare il principio statuito da questa Corte secondo cui «In tema di dazi doganali relativi a carburante, il ” serbatoio normale” di cui all’art. 107, 1, lett. a), del reg. UE n. 1186 del 2009, è quello installato dal costruttore su tutti i veicoli o contenitori dello stesso tipo, che risponda alle caratteristiche tecniche predeterminate per ciascun modello realizzato, dovendosi interpretare la norma restrittivamente secondo quanto statuito dalla giurisprudenza unionale» (cfr. Cass., 17 settembre 2020, n. 19343).
1.2 Ciò posto, tale principio va ribadito anche in questa sede, né una una diversa conclusione può essere sostenuta sulla base della sentenza, richiamata dalla difesa della ditta ricorrente, della Corte di Giustizia, 10 settembre 2014, in causa C-152/13, Holger Forstmann Transporte, in quanto l’interpretazione meno restrittiva stabilita con detta decisione (che ha chiarito, in merito alla nozione di «serbatoi normali» di cui all’art. 24, par. 2, primo trattino, della direttiva 2003/96/CE del Consiglio, del 27 ottobre 2003, che la nozione deve essere interpretata nel senso di non escludere i serbatoi installati permanentemente sugli autoveicoli commerciali e destinati a rifornirli direttamente di carburante che siano stati montati da una persona diversa dal costruttore, purché detti serbatoi consentano l’utilizzazione diretta del carburante sia per la trazione di tali veicoli che, all’occorrenza, per il funzionamento, durante il trasporto, dei sistemi di refrigerazione o di altri sistemi) non è applicabile al diverso campo dei dazi doganali; come affermato, infatti, ai paragrafi 33 e 34 della motivazione della suddetta sentenza, tale conclusione non è in contrasto con quanto statuito dalla sentenza Schoonbroodt pure richiamata, con la quale la Corte aveva interpretato per l’appunto una disposizione del Regolamento 918/83 in materia doganale e non già l’articolo 24 della direttiva 2003/96 relativa alla tassazione dei prodotti energetici nell’ambito del mercato interno (par. 33) e nella quale l’argomentazione della Corte (svolta al punto 20 della sentenza secondo cui «le definizioni della nozione di ‘serbatoi normali’ fornite nelle varie disposizioni che possono rivelarsi pertinenti non presentano divergenze significative nel contesto della fattispecie di cui alla causa a qua») si fondava sulla sua giurisprudenza in materia doganale e non sulla finalità di una disposizione adottata nell’ambito del mercato interno.
1.3 La sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione dei principi suesposti avendo affermato che la norma in esame era di stretta interpretazione e che i serbatoi normali erano quelli fissati in modo stabile dal costruttore su tutti gli autoveicoli dello stesso tipo del veicolo considerato e la cui sistemazione permanente consentiva l’utilizzazione diretta del carburante sia per la trazione dei veicoli sia, all’occorrenza, per il funzionamento durante il trasporto, dei sistemi di refrigerazione o di altri sistemi meccanici ausiliari o speciali, con la conseguenza che la franchigia operava solo per il carburante contenuto all’interno dei serbatoi installati in origine dalla casa costruttrice su tutti gli autoveicoli dello stesso tipo del veicolo considerato e doveva essere escluso quello contenuto in eventuali serbatoi maggiorati o supplementari nonché in altri di maggiore capacità rispetto al serbatoio dichiarato in origine dal costruttore come serbatoio normale per quel tipo di veicolo, con l’ulteriore considerazione che eventuali adeguamenti tecnici o di opportunità desiderati dal compratore per le sue specifiche esigenze o attività, anche se attuati prima dell’immatricolazione del veicolo, andavano comunque a modificare la capacità del serbatoio in origine previsto e installato dal costruttore e in tale modo omologato e definito
2. Il secondo motivo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione dell’art. 84, commi 1 e 2, lett. d), del d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43; dell’art. 29, comma 1, della legge 29 dicembre 1990, n. 428; dell’art. 111, comma 6, Cost., dell’art. 112 cod. proc. civ., dell’art. 132, comma secondo, n. 4, cod. proc. civ.. Si duole la società ricorrente della mancata decisione e della mancanza di motivazione della sollevata eccezione di decadenza/prescrizione del diritto dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, Ufficio delle Dogane di Tirano, della contestata evasione e, di conseguenza, dell’inapplicabilità e/o caducazione delle relative sanzioni, di cui a pag. 15, cap. I, § 3, rigo 3°, del ricorso di primo grado (trascritta alle pagine 19, 20 e 21 del ricorso per cassazione); detta eccezione non era stata decisa dalla Commissione tributaria provinciale perché assorbita in ragione dell’accoglimento dei motivi principali di ricorso, ma era stata riproposta nell’atto di controdeduzioni del 14 novembre 2016, a pag. 6, rigo 1 e ss. (riportate alle pagine 21, 22 e 23 del ricorso per cassazione).
2.1 Il motivo è fondato, non avendo i giudici di secondo grado esaminato l’eccezione di decadenza/prescrizione del diritto dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, Ufficio delle Dogane di Tirano, della contestata evasione e, di conseguenza, dell’inapplicabilità e/o caducazione delle relative sanzioni.
2.2 Sussiste, pertanto, il vizio di omessa pronuncia, che si configura quando manchi qualsiasi statuizione su un capo della domanda o su una eccezione di parte sì da dare luogo all’inesistenza di una decisione sul punto per la mancanza di un provvedimento indispensabile alla soluzione del caso concreto (Cass., 23 marzo 2017, 7472; Cass. 29 marzo 1999, n. 3020; Cass. 23 febbraio 1995, n. 2085).
2.3 In proposito, va anche richiamato il principio statuito da questa Corte, secondo cui «La parte pienamente vittoriosa nel merito in primo grado, difettando di interesse al riguardo, non ha l’onere di proporre, in ipotesi di gravame formulato dal soccombente, appello incidentale per richiamare in discussione le eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado, da intendersi come quelle che risultino superate o non esaminate perché assorbite o anche quelle esplicitamente respinte qualora l’eccezione mirava a paralizzare una domanda comunque respinta per altre ragioni, ma è soltanto tenuta a riproporle espressamente nel giudizio di appello in modo tale da manifestare la sua volontà di chiederne il riesame, al fine di evitare la presunzione di rinuncia derivante da un comportamento omissivo, ai sensi dell’art. 346 proc. civ.». (Cass., 23 settembre 2021, n. 25840; Cass., 16 giugno 2020, n. 11653), onere, nel caso in esame, assolto dalla società ricorrente.
3. Il terzo motivo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, 3, cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione dell’art. 2 della legge 27 luglio 2002, n. 212; dell’art. 10 della legge 27 luglio 2000, n. 212; dell’art. 5, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472; dell’art. 6, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 e dell’art. 8 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546: la Commissione tributaria regionale non aveva tenuto in considerazione le reiterate pregresse condotte dell’Amministrazione finanziaria che, dal 2009 al 2012, aveva provveduto al controllo degli automezzi senza contestare alcuna irregolarità, con ciò inducendo la società esponente a ritenere la piena legalità del proprio operato, con ciò dovendosi escludere l’applicazione delle sanzioni e degli interessi moratori per esclusione dell’elemento soggettivo dell’illecito amministrativo; la richiesta di informazioni alle case costruttori, ritenuta dai giudici di secondo grado necessaria ai fini dell’accertamento, ben avrebbe potuto essere avanzata all’inizio dell’indagine e non dopo quattro anni; si era, poi, in presenza di una incertezza interpretativa sulla portata della locuzione serbatoi normali, di cui all’art. 107 citato, che doveva essere tenuto in considerazione, a fronte della scolarizzazione basica (diploma di terza media) degli autotrasportatori e dell’assenza di circolari o di risoluzioni dell’Amministrazione finanziaria.
3.1 Il motivo, nei molteplici profili di censura esposti, è infondato.
3.2 Al riguardo, vanno ribaditi, in questa sede, i principi richiamati, anche di recente, da questa Corte, nella motivazione della ordinanza 17 settembre 2020, n. 19343, secondo cui:
-) il legittimo affidamento del contribuente comporta, ai sensi dell’art. 10, commi 1 e 2, della legge n. 212/2000, l’esclusione degli aspetti sanzionatori, risarcitori ed accessori conseguenti all’inadempimento colpevole dell’obbligazione tributaria, ma non incide sulla debenza del tributo, che prescinde del tutto dalle intenzioni manifestate dalle parti del rapporto fiscale, dipendendo esclusivamente dall’obiettiva realizzazione dei presupposti impositivi (Cass., 18 maggio 2016, n. 10195; Cass., 9 gennaio 2019, n. 370);
-) qualora la mancata riscossione dei diritti doganali sia dovuta ad un’erronea determinazione delle autorità competenti, non percettibile da parte dell’operatore, deve trovare applicazione, in conformità ad un orientamento consolidato nella giurisprudenza comunitaria, il principio di affidamento desumibile dall’art. 5, n. 2, del Regolamento n. 1697/79/CEE del Consiglio, del 24 luglio 1979 e dall’art. 220, par. 2, lett. b), del reg. n. 2913/92/CEE del Consiglio, del 12 ottobre 7 1992, norme che precludono all’amministrazione il recupero dei diritti doganali non riscossi, qualora il debitore abbia agito in buona fede, avendo osservato tutte le disposizioni vigenti in materia tributaria per la dichiarazione in dogana e sul presupposto che il comportamento dell’autorità non sia stato meramente passivo, ma abbia assunto un profilo attivo (Cass., 18 giugno 2010, n. 14812);
-) se l’art. 10, comma 2, della legge n. 212 del 2000 esclude l’irrogazione delle sanzioni qualora la condotta del contribuente sia stata posta in essere «a seguito di fatti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni od errori della amministrazione stessa», è pur vero che «il termine attribuito alla potestà accertativa della Amministrazione finanziaria non [può] ingenerare, fino alla scadenza, alcun affidamento – tanto meno incolpevole – sulla correttezza della condotta, nel caso di specie omissiva, del contribuente» (Cass., 1 giugno 2012, n. 8825, in motivazione).
3.3 Ancora il motivo è infondato, essendo stata fraintesa la portata precettiva della norma invocata, poiché, come affermato da questa Corte, ai sensi dell’art. 5 del decreto legislativo 472/1997, ai fini dell’affermazione di responsabilità del contribuente è sufficiente una condotta cosciente e volontaria, senza che occorra, da parte dell’amministrazione finanziaria, la concreta dimostrazione del dolo o della colpa (o di un intento fraudolento), atteso che la norma pone una presunzione di colpa per l’atto vietato a carico di colui che lo abbia commesso, il quale è pertanto onerato della prova dell’assoluta assenza della colpa (cfr. Cass., 17 settembre 2020, n. 19343, in motivazione, che richiama anche Cass., 13 settembre 2018, n. 22329).
3.4 Ciò posto, anche in questa fattispecie, nessun particolare rilievo può riconnettersi all’invocata omologazione degli automezzi, posto che, come già affermato, il riferimento ai «serbatoi normali» di cui all’art. 107 del Regolamento n. 1186/2009/CE dev’essere interpretato restrittivamente per esigenze di certezza del diritto, conformemente alla formulazione della norma che pertanto non può essere applicata, in contrasto con il suo tenore letterale, a prodotti diversi da quelli ivi menzionati, con il conseguente corollario che, come già detto, sono «normali» i serbatoi fissati in modo stabile dal costruttore su tutti gli autoveicoli dello stesso tipo di quello considerato, con esclusione di quelli, diversi, apposti anche dallo stesso costruttore, su richiesta dell’acquirente ancorché in sede di prima immatricolazione, compatibili con l’autoveicolo e omologati.
3.5 In ultimo, in ordine al profilo di censura relativo alla incertezza interpretativa sulla portata della locuzione serbatoi normali, è sufficiente richiamare ancora una volta l’ordinanza di questa Corte, la n. 19343 del 17 settembre 2020, nella parte in cui ha ribadito che «l’incertezza normativa oggettiva, causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, «richiede una condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull’oggetto e sui destinatari della norma tributaria, ovverosia l’insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso il procedimento d’interpretazione normativa, riferibile non già ad un generico contribuente, o a quei contribuenti che per la loro perizia professionale siano capaci di interpretazione normativa qualificata (studiosi, professionisti legali, operatori giuridici di elevato livello professionale), e tanto meno all’Ufficio finanziario, ma al giudice, unico soggetto dell’ordinamento cui è attribuito il potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione» (cfr. Cass., 1 febbraio 2019, n. 3108; Cass., 13 luglio 2018, n. 18718; Cass., 23 novembre 2016, n. 23845), con il conseguente corollario che la valutazione in ordine alla sussistenza dell’esimente in parola non può essere lasciata al mero apprezzamento soggettivo, esigendo invece essa lo scrutinio dell’incertezza normativa in termini rigorosamente oggettivi e in stretta attinenza alle specifiche allegazioni del contribuente, ciò che radicalmente difetta nella vicenda in esame.
4. Il quarto motivo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione dell’art. 12 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472; dell’art. 111, comma 6, Cost.; dell’art. 112 cod. proc. civ. e dell’art. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., non avendo la Commissione tributaria regionale deciso l’eccezione sollevata dalla società contribuente in ordine all’erroneità del calcolo delle sanzioni sin dal ricorso di primo grado, al II, § 4, pag. 24 (trascritta alle pagine 31 e 32 del ricorso per cassazione) e poi introdotta anche in secondo grado, a pagina 11 della memoria illustrativa del 30 aprile 2018, con la quale si lamentava la violazione dell’art. 12 del decreto legislativo n. 472/1997, dovendosi applicare l’aumento del 20% della sanzione più grave (comma 3), l’aumento della somma ottenuta del 50% (comma 5), l’aumento della somma ottenuta ai sensi dei commi 1 e 2 ed essendo comunque stata omessa l’applicazione del comma 5 della disposizione richiamata.
4.1 Anche il quarto motivo è fondato.
4.2 Nel caso in esame, la società ricorrente aveva riproposto nel giudizio di appello la censura, già sollevata in primo grado, sulla erroneità del calcolo delle sanzioni, manifestando in forma non equivoca la sua volontà di chiederne il riesame, ma la Commissione tributaria regionale ha accolto l’appello proposto dall’Agenza delle Dogane e dei Monopoli e non si è pronunciata nel merito della censura sollevata.
5. In conclusione, vanno accolti il secondo e il quarto motivo, rigettati il primo e il terzo motivo di ricorso; la sentenza impugnata va cassata, in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado di Lombardia, in diversa composizione, che dovrà provvedere anche sulla determinazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo e il quarto motivo e rigetta il primo e il terzo motivo di ricorso; cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado di Lombardia, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.