Corte di Cassazione ordinanza n. 33098 depositata il 9 novembre 2022
sulle domande ed eccezioni assorbite non si forma il giudicato implicito, potendo essere riproposta e decisa in sede di rinvio senza necessità di essere dapprima coltivata nel giudizio di legittimità – classamento di immobili ed obbligo di motivazione
RILEVATO CHE:
1. con l’avviso di accertamento n. BA0026842/2015 l’Agenzia delle Entrate – Ufficio Territorio di Bari, a seguito di verifiche tecniche in autotutela, rettificava i dati di classamento relativi all’unità immobiliare sita nel Comune di Bari (folio 59, p.lla 459 e sub. 5) proposti da C.E. (ed in un primo momento ritenuti corretti dall’Ufficio) mediante procedura docfa proposta per l’intervento di ampliamento e di diversa distribuzione degli spazi interni (categoria A/2, classe 4 e rendita catastale di 161,67 €), riclassificando la predetta unità immobiliare in categoria A/7 e classe 5, con rendita pari a 4.183,00 €;
2. la Commissione tributaria regionale della Puglia, con la sentenza impugnata, accoglieva l’appello proposto da C.E. avverso la sentenza n. 2334/15/2016 della Commissione Tributaria Provinciale di Bari, annullando il predetto avviso in ragione del ritenuto vizio di motivazione dell’atto, in quanto:
- «L’agenzia ha disatteso la dichiarazione Docfa del contribuente, avendo considerato ai fini del riclassamento anche l’area pertinenziale scoperta circostante l’immobile oggetto di accertamento»;
- «Essa, tuttavia, ha omesso di indicare i motivi per cui ha inteso disattendere gli elementi oggettivi dichiarati dal contribuente e che hanno giustificato la variazione della categoria dell’immobile accertato da A/2 ad A/7»;
- «Infatti nell’atto di accertamento impugnato mancano i dati relativi all’estensione dell’immobile, all’esistenza o meno di un’area pertinenziale scoperta, all’estensione dell’eventuale area scoperta riscontrata nonché l’esposizione sommaria della divergente valutazione degli elementi di fatto indicati dal contribuente, fatta dall’Agenzia, che ha condotto quest’ultima al riclassamento dell’immobile accertato» (così a pagina n. 4 della sentenza impugnata);
3. avverso tale sentenza l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione, notificato tramite servizio postale il 12/19 giugno 2019 presso l’indirizzo del difensore risultante dalla sentenza impugnata, formulando tre motivi d’impugnazione;
4. C.E. è restato intimato;
CONSIDERATO CHE:
6. con il primo motivo di impugnazione l’Agenzia ha lamentato, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., la violazione e la falsa applicazione dell’art. 65 del d.P.R. 1142/1949, assumendo che l’art. 3 del regio decreto legge n. 652/1939 ha previsto che la rendita catastale è determinata sulla base della dichiarazione presentata dalla parte e che la notifica dei dati catastali riconosciuti dall’Ufficio (consistenza, categoria e classe attribuita) soddisfa il «fondamento motivazionale dell’avviso impugnato» (v. pagina n. 8 del ricorso);
7. con il secondo motivo di impugnazione l’Agenzia ha dedotto, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1, co. 3, del decreto ministeriale n. 701/1994 e 7 della legge 212/2000, ponendo in rilievo che la natura partecipativa della procedura docfa rendeva sufficiente la motivazione dell’atto tramite l’indicazione dei dati catastali, trattandosi di elementi conosciuti o facilmente riconoscibili dal contribuente ed attribuiti dall’Ufficio sulla base di una diversa valutazione economica del bene;
8. con il terzo motivo l’Agenzia ha impugnato la suindicata sentenza, sempre in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., denunciando la violazione e la falsa applicazione dell’art. 61 del P.R. 1142/1949, rappresentando che il classamento in questione è avvenuto in base alla destinazione ordinaria del bene ed alle sue caratteristiche influenti sul reddito e sulla scorta del confronto a livello locale tra le caratteristiche intrinseche di ciascuna unità immobiliare;
OSSERVA
9. Il ricorso va accolto nel suo secondo motivo, restando assorbito nella valutazione che segue l’esame dei restanti motivi.
10. La Corte, con ribadito orientamento, ha affermato che «in tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della procedura disciplinata dal L. n. 16 del 1993, art. 2, convertito in L. n. 75 del 1993, e dal D.M. n. 701 del 1994 (cd. procedura DOCFA), l’obbligo di motivazione dell’avviso di classamento è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita solo se gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano stati disattesi dall’Ufficio e l’eventuale discrasia tra rendita proposta e rendita attribuita derivi da una valutazione tecnica sul valore economico dei beni classati, in tal caso, risulta evidente come la presenza e la adeguatezza della motivazione rilevino, non già ai fini della legittimità dell’atto, ma della concreta attendibilità del giudizio espresso mentre, in caso contrario, la motivazione dovrà essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente sia per delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso» (così Cass. n. 10177/2022, che ha richiamato Cass. n. 12497/2016; Cass. 12425/2018; Cass. 31586/2019 e Cass. n. 2622/2020).
Nello stesso senso, l’ordinanza n. 14933/2022 di questa Corte ha confermato che «… con riferimento all’atto di classamento adottato in esito alla procedura docfa (D.M. n. 701 del 1994), – procedura, questa, connotata da una “struttura fortemente partecipativa”, – la Corte ha già avuto modo di (ripetutamente) rilevare che l’obbligo di motivazione “deve ritenersi osservato anche mediante la mera indicazione dei dati oggettivi acclarati dall’ufficio … e della classe conseguentemente attribuita all’immobile, trattandosi di elementi idonei a consentire al contribuente, mediante il raffronto con quelli indicati nella propria dichiarazione, di intendere le ragioni della classificazione, sì da essere in condizione di tutelarsi mediante ricorso alle commissioni tributarie” (v., ex plurimis, Cass., 13 novembre 2019, n. 29373; Cass., 9 luglio 2018, n. 17971; Cass., 3 febbraio 2014, n. 2268; Cass., 21 luglio 2006, n. 16824; Cass., 7 giugno 2006, n. 13319)».
E ciò, sottolineando che «gli indicati termini di riscontro dell’obbligo di motivazione dell’atto di classamento, adottato in esito alla procedura Docfa, debbono ritenersi inadeguati (solo) a fronte di una immutazione della proposta formulata dalla parte (con la dichiarazione di accatastamento), immutazione rilevante, – ai fini dell’assolvimento dell’obbligo di motivazione, – qualora incentrata sugli “elementi di fatto” di detta proposta, non anche qualora (ad elementi di fatto immutati) la diversa valutazione della rendita catastale (così come nella fattispecie) consegua “da una diversa valutazione tecnica riguardante il valore economico dei beni” (v., ex plurimis, Cass., 28 ottobre 2020, n. 23674; Cass., 13 novembre 2019, n. 29373; Cass., 22 maggio 2019, n. 13778; Cass., 7 dicembre 2018, n. 31809; Cass., 23 maggio 2018, n. 12777; Cass., 16 giugno 2016, n. 12497; Cass., 24 aprile 2015, n. 8344; Cass., 31 ottobre 2014, n. 23237)» (così Cass. n. 14933/2022).
Ancora, da ultimo, la sentenza n. 20509/22 ha «ribadito il fermo indirizzo interpretativo secondo cui (Cass. nn. 31809/18 ed innumerevoli altre): “in tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della cd. procedura DOCFA, l’obbligo di motivazione del relativo avviso è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita, quando gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano disattesi dall’Ufficio e l’eventuale differenza tra la rendita proposta e quella attribuita derivi da una diversa valutazione tecnica riguardante il valore economico dei beni, mentre, nel caso in cui vi sia una diversa valutazione degli elementi di fatto, la motivazione deve essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente e sia per delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso”» (cosi Cass. n. 20509/2022 che richiama Cass. n. 12777/2018).
11. Tanto premesso sul piano dei principi, non può non osservarsi come lo stesso Giudice dell’appello abbia posto in rilievo nella parte espositiva della sentenza impugnata che il contribuente aveva contestato la sentenza di primo grado, assumendo – tra l’altro e per quanto ora occupa – che «i giudici di prime cure non hanno considerato che vanno classati nella categoria A/7 gli immobili con una superficie di oltre mq 200 con area pertinenziale scoperta estesa per sei volte l’area coperta; nel caso di specie, invece, l’immobile accertato non ha alcuna area pertinenziale scoperta in quanto il terreno ad esso circostante, a seguito di divisione, è divenuto di proprietà del sig. Carella Francesco Maria ed è stato accatastato in favore di quest’ultimo» (così a pagina n. 4 della sentenza impugnata).
Va, inoltre, posto in evidenza che la medesima Commissione tributaria regionale ha dato conto che «nel caso di specie, il contribuente, con denuncia divariazione Docfa del 31.01.2013 ha dichiarato l’accatastamento a favore del sig. Carella Francesco Maria del terreno circostante l’immobile oggetto dell’avviso di accertamento impugnato nel presente giudizio» (v. pagine nn. 3 e 4 della sentenza impugnata).
Stando così le cose, deve, allora, riconoscersi che le illustrate evidenze rendano chiaro come la stessa contestazione del contribuente circa il contenuto motivazionale dell’atto impugnato, più che basarsi sull’immutazione da parte dell’Ufficio della circostanza fattuale rappresentata dalla presenza, per la verità incontestata, del citato terreno che circonda il fabbricato, si sia incentrata sulla considerazione tecnica di detta area che l’ente ha operato ai fini catastali, reputandola idonea a far attribuire anche all’unità immobiliare del contribuente (e non solo a quella di Francesco Maria Carelli) la categoria “A/7” (villino), in luogo di quella “A/2” (civile abitazione) proposta con la procedura docfa, laddove la tesi dell’attuale intimata – da quanto si desume dalla sentenza impugnata – è stata quella di non considerare nella proposta docfa tale area, avendo «dichiarato l’accatastamento a favore del sig. Carella Francesco Maria del terreno circostante l’immobile oggetto dell’avviso di accertamento impugnato nel presente giudizio» (così nella sentenza impugnata).
In tali termini, dunque, diversamente da quanto ritenuto dal Giudice dell’appello, l’Agenzia non risulta aver disatteso gli elementi oggettivi dichiarati dal contribuente, avendoli solo diversamente qualificati sul piano tecnico e giuridico, reputando, in definitiva, che la presenza – lo si ripete – non controversa dell’area circostante il fabbricato fosse da computare anche in relazione alla posizione catastale del ricorrente, il che ha reso l’avviso di accertamento adeguatamente motivato, avendo posto il contribuente nella condizione di cogliere tutti gli elementi della più gravosa classificazione, così come di contestarla esaurientemente in ambito giudiziario – come poi avvenuto – con riguardo a tutti i suoi elementi costitutivi fondamentali, quanto a ‘ragioni giuridiche’, che a ‘presupposti di fatto’ (v. artt. 7 della legge n. 212/00; art. 3 della legge n. 241/90).
In conclusione, restata invariata nell’accertamento dell’ufficio la consistenza (13,5) dell’immobile, l’incontestata presenza della citata area circostante l’immobile ha giustificato – secondo la tesi dell’Ufficio, non oggetto del presente sindacato in relazione al motivo in esame, – la riclassificazione dell’unità abitativa dell’attuale intimato nella categoria A/7 (abitazioni in villini), per cui, alla stregua delle ragioni sopra esposte, l’avviso impugnato non può considerarsi carente di motivazione.
12. Quanto precede comporta, con l’accoglimento del ricorso, la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia per l’esame degli altri motivi di appello proposti da Emilio Carelli e restati (implicitamente) assorbiti nella decisione impugnata, quantomeno relativi, a quanto consta dai contenuti della sentenza impugnata, all’omessa pronuncia circa la mancata instaurazione del contraddittorio endoprocedimentale e in relazione alla correttezza della riclassificazione del bene nella categoria A/7 alla luce degli elementi fattuali risultanti dagli atti.
Tutto ciò, dando seguito al principio secondo cui sulle domande ed eccezioni assorbite non si forma il giudicato implicito, potendo essere riproposta e decisa in sede di rinvio senza necessità di essere dapprima coltivata nel giudizio di legittimità (cfr. Cass. n. 1897/2022, che richiama Cass. n. 23502/2018; Cass. n. 7988/2018; Cass. n. 1566/2011).
P.Q.M.
la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
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