CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 33390 depositata il 30 novembre 2023
Tributi – Cartella di pagamento – TARSU – D.Lgs. n. 546/1992, art. 53, comma 2 – Giudizio di revocazione – Errore di fatto – Contrasto fra due diverse rappresentazioni dello stesso fatto – Inammissibilità
Ritenuto che
la controversia ha ad oggetto l’impugnazione dell’ordinanza della Corte di Cassazione in epigrafe indicata con cui è stato rigettato il ricorso proposto da A. s.r.l. (d’ora in poi ricorrente);
la controversia trae origine dall’impugnativa di una cartella di pagamento con cui era stato contestato un debito tributario complessivo di lire 101.329.238 (Euro 52.333,10) riguardante la Tarsu dovuta per gli anni dal 1996 al 1999, oltre maggiori imposte e sanzioni; la CTP ha rigettato il ricorso;
la CTR, confermando la pronuncia di primo grado ha rigettato l’appello; la Corte di Cassazione ha cassato con rinvio e la CTR (sentenza 74/14/13) ha parzialmente accolto il ricorso, annullando l’avviso di accertamento quanto alle irrogate sanzioni, confermando per il resto il provvedimento impugnato;
Equitalia s.p.a., sulla scorta di tale ultima decisione, ha comunicato all’odierna ricorrente l’avvio della procedura di fermo amministrativo, oggetto del presente giudizio;
la CTP (sent. 219/23/11) ha accolto il ricorso dell’odierna ricorrente e annullato la comunicazione dell’avvio di fermo amministrativo;
la CTR (sent. 74/14/13), riformando la pronuncia di primo grado, ha accolto l’appello proposto da Equitalia s.p.a., ritenendo che la sentenza della CTR (sent. n. 341/33/08) che aveva accolto l’originario ricorso non aveva annullato la cartella impugnata, ma ne aveva confermato la legittimità per un minore importo;
la Corte di Cassazione con l’ordinanza oggi impugnata ha respinto il ricorso dell’odierna ricorrente, per la parte che oggi rileva, sulla base delle seguenti ragioni:
– è infondato il primo motivo con cui la parte ricorrente ha dedotto “la nullità della sentenza perché l’appello è stato notificato a mezzo posta e non è stato depositato presso la segreteria della commissione; dall’esame dell’acquisito fascicolo d’ufficio emerge la presenza in atti tanto di copia dell’atto di appello notificato, quanto di copia degli avvisi di ricevimento del medesimo atto spedito dalla A. e al Comune di Cornaredo e da questi ricevuto rispettivamente il 24 febbraio – come la stessa società A. riconosce nella propria comparsa di costituzione in appello nella quale non è sollevata l’eccezione formulata solo con il primo motivo del ricorso in esame (e tale eccezione nemmeno è stata formulata nell’udienza pubblica cui la difesa della società ricorrente ha partecipato – e il 27 febbraio dal Comune di Cornaredo rimasto poi contumace”;
la ricorrente propone ricorso fondato su un unico motivo, le altre parti restano intimate.
Considerato che
1. Con l’unico motivo di impugnazione la ricorrente lamenta, in relazione all’art. 395 c.p.c., n. 4, il mancato deposito o comunque l’assenza nel fascicolo d’ufficio della presente controversia del deposito di copia dell’atto di appello proposto da Equitalia s.p.a. presso la segreteria della CTP, non notificato a mezzo dell’ufficiale giudiziario, ma a mezzo posta dall’Avv. F.S. con raccomandata A/R. Si duole che la Corte abbia per mera svista risposto solo in ordine alla regolarità della notifica.
Invoca l’applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53, comma 2, introdotto dalla L. 2 dicembre 2005, n. 248, art. 3-bis, comma 7 evidenziando come il deposito dell’appello dell’atto notificato presso la segreteria della CTP è previsto a pena di inammissibilità. Evidenzia che la soppressione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, citato comma 2 non rileva nel caso di specie, in quanto la nuova disposizione di cui al D.Lgs. 21 novembre 2014, n. 175, art. 36 trova applicazione solo per gli appelli notificati dopo il 13 dicembre 2014, ipotesi non riguardante il caso di specie, in cui l’appello di Equitalia Nord s.p.a. era stato proposto anteriormente a tale data.
1.1. Il motivo è inammissibile, in quanto la questione è stata oggetto di discussione tra le parti.
Il giudice di legittimità, dando conto dei motivi di doglianza, ha riportato che il primo concerneva proprio l’omesso deposito della sentenza appellata ed ha motivato affermando la correttezza della notifica dell’appello effettuato da Equitalia Nord s.p.a..
Non vi è dubbio, pertanto, che la questione oggi sottoposta a giudizio revocatorio è stata vagliata nell’ordinanza impugnata, in quanto materia del contendere tra le parti e oggetto di discussione.
Va ricordato, in generale sui presupposti di ammissibilità del giudizio di revocazione, che l’istanza di revocazione di una pronuncia della Corte di cassazione, proponibile ai sensi dell’art. 391-bis c.p.c., implica, ai fini della sua ammissibilità, un errore di fatto riconducibile all’art. 395 c.p.c., n. 4, che consiste in un errore di percezione, o in una mera svista materiale, che abbia indotto il giudice a supporre l’esistenza (o l’inesistenza) di un fatto decisivo, che risulti, invece, in modo incontestabile escluso (o accertato) in base agli atti e ai documenti di causa, sempre che tale fatto non abbia costituito oggetto di un punto controverso, su cui il giudice si sia pronunciato. L’errore in questione presuppone, quindi, il contrasto fra due diverse rappresentazioni dello stesso fatto, delle quali una emerge dalla sentenza, l’altra dagli atti e documenti processuali, sempreché la realtà desumibile dalla sentenza sia frutto di supposizione e non di giudizio, formatosi sulla base di una valutazione. (Cass., Sez. 5, n. 442/2018, Rv. 646689 – 01).
In linea con tale orientamento, si richiama anche l’ulteriore principio di legittimità, secondo cui l’errore di fatto rilevante ai fini della revocazione della sentenza, compresa quella della Corte di cassazione, presuppone l’esistenza di un contrasto fra due rappresentazioni dello stesso oggetto, risultanti una dalla sentenza impugnata e l’altra dagli atti processuali; il detto errore deve: a) consistere in un errore di percezione o in una mera svista materiale che abbia indotto, anche implicitamente, il giudice a supporre l’esistenza o l’inesistenza di un fatto che risulti incontestabilmente escluso o accertato alla stregua degli atti di causa, sempre che il fatto stesso non abbia costituito oggetto di un punto controverso sul quale il giudice si sia pronunciato, b) risultare con immediatezza ed obiettività senza bisogno di particolari indagini ermeneutiche o argomentazioni induttive; c) essere essenziale e decisivo, nel senso che, in sua assenza, la decisione sarebbe stata diversa (tra le molte Sez. 6 – 2, n. 16439/2021, Rv. 661483 – 01).
1.2. Alla luce di quanto esposto si deve concludere che il ricorso è inammissibile.
Nulla è dovuto sulle spese, stante la mancata costituzione delle controparti.
Si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater se dovuto.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.
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