Corte di Cassazione, ordinanza n. 33567 depositata il 15 novembre 2022
notifica atto impositivo con relata sul frontespizio – la notifica della cartella di pagamento a seguito di controllo automatizzato è legittima anche se non preceduta dalla comunicazione del c.d. “avviso bonario” ex art. 36 bis, comma 3, d.P.R. n. 600 del 1973, nel caso in cui non vengano riscontrate irregolarità nella dichiarazione
Fatti di causa
1. L’Incaricato per la riscossione, Riscossione Sicilia Spa (già Serit Sicilia Spa) notificava alla F.A & F. Spa la cartella di pagamento 293 2008 0061384503, emessa ai sensi dell’art. 36-bis del Dpr n. 600 del 1973, relativa ad Irap per l’anno 2004, nonché recupero credito d’imposta per incremento occupazionale, per l’importo complessivo di Euro 312.488,32, incluse sanzioni ed accessori.
2. La società impugnava la cartella esattoriale innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Catania, contestando la invalidità della cartella di pagamento a causa: 1) della violazione dell’art. 480, quarto comma, cod. proc. civ., per effetto della mancata sottoscrizione della stessa; 2) dell’inesistenza giuridica della notifica in conseguenza della violazione degli artt. 148 e 149 cod. proc. civ.; 3) della mancanza di motivazione; 4) della violazione ed errata applicazione dell’art. 36 bis, comma 3, del P.R. n. 600 del 1973, e degli artt. 6, comma 5, e 10, comma 1, della legge n. 212 del 2000 effetto dell’omessa notifica dell’avviso bonario; 5) dell’insussistenza dei presupposti di fatto e di diritto per l’iscrizione a ruolo dei tributi, delle sanzioni e degli interessi (essendo la società in possesso di tutti i requisiti per godere del credito d’imposta escluso); 6) dell’illegittima irrogazione delle sanzioni perché, in mancanza dell’avviso bonario, la società non ha potuto godere della riduzione prevista per legge. Si costituivano in giudizio l’Agenzia delle entrate, Ente impositore, e Riscossione Sicilia Spa, Incaricato per la riscossione. Il giudice di primo grado riteneva fondate le ragioni della contribuente, in relazione alla contestazione di omessa notifica di un atto prodromico alla società, ed annullava pertanto l’atto c.d. impoesattivo.
3. La decisione sfavorevole conseguita in primo grado era assoggettata ad appello dall’Amministrazione finanziaria, innanzi alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania. La Ctr accoglieva parzialmente l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate e riformava la sentenza impugnata, ritenendo che la notificazione di un atto prodromico, omessa nel caso di specie, fosse effettivamente dovuta in relazione alle somme richieste con riferimento al recupero del credito d’imposta, mentre non risultava obbligatoria in ordine a quanto preteso a titolo di In relazione a tale ultimo tributo, pertanto, riaffermava la piena validità ed efficacia della cartella esattoriale. Disponeva, inoltre, la compensazione delle spese di lite tra le parti.
4. Avverso la decisione assunta dalla Ctr della Sicilia, sezione staccata di Catania, ha proposto ricorso per cassazione la società affidandosi a sei motivi di ricorso. Resistono mediante controricorso l’Agenzia delle entrate e Riscossione Sicilia Spa. La contribuente ha pure depositato memoria.
4.1 All’udienza del 23.3.2022 questa Corte, rilevato che le contestazioni proposte dalla società ricorrente mediante il primo motivo di impugnazione risultavano esattamente scrutinabili solo mediante l’esame dei fascicoli dei gradi di merito del giudizio in forma integrale, ne disponeva l’acquisizione e disponeva il rinvio della definizione del giudizio a nuovo ruolo. Pervenuti ed esaminati gli interi fascicoli dei gradi di merito è stato quindi possibile fissare nuovamente l’udienza di trattazione del giudizio.
Ragioni della decisione
1. Con il suo primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, 3 e 4, cod. proc. civ., la ricorrente contesta la violazione dell’art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992, ed in subordine dell’art. 165 cod. proc. civ., nonché la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in cui è incorsa la Ctr per non aver rilevato il mancato deposito di copia dell’atto di appello presso la segreteria della Commissione tributaria provinciale, e comunque per non aver esaminato tale censura proposta dalla società (rie., p. 25).
2. Mediante il secondo strumento d’impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, comma primo, nn. 3, 4 e 5, proc. civ., la ricorrente contesta la violazione dell’art. 148 cod. proc. civ., in relazione al disposto di cui all’art. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973, e dell’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, in cui è incorsa la Ctr, non rilevando che la notifica dell’atto impugnato è stata eseguita in maniera irrituale in quanto la relata, anziché essere apposta in calce all’atto, è stata annotata sul frontespizio (p.: 25 rie.).
3. Con il suo terzo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, 3, 4 e 5, cod. proc. civ., la ricorrente critica la violazione dell’art. 7 della legge n. 212 del 2000, dell’art. 25 del d.P.R. n. 600 del 1973, dell’art. 6 del Dm n. 321 del 1999, in relazione all’art. 36-bis, del d.P.R. n. 600 del 1973, e dell’art. 2697 cod. civ., in cui è incorsa la Ctr per non aver interpretato e/o applicato correttamente le norme in tema di motivazione degli atti tributari (p. 32 rie.).
4. Mediante il quarto strumento d’impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., la ricorrente contesta la violazione – ed in subordine la falsa applicazione – dell’art. 6, comma 5, della legge n. 212 del 2000, in relazione all’art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973; ed all’art. 54-bis del d.P.R. 633 del 1972, nonché all’art. 2697 cod. civ., in cui è incorsa la Ctr per aver ritenuto che la previa notifica di un avviso prodromico ai sensi dell’art. 6, comma 5, legge n. 212 del 2000 non fosse necessaria nel caso in esame (p. 46 rie.).
5. Con il suo quinto motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, 4 e 5, cod. proc. civ., la ricorrente censura la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., conseguendone la nullità della sentenza della Ctr, e comunque il vizio di motivazione, in quanto non risulta debitamente esaminata la dedotta questione dell’illegittimità dell’operato dell’Ufficio, il quale ha provveduto direttamente ad iscrivere a ruolo, anziché notificare “l’avviso di recupero del credito d’imposta” (p. 55 rie.).
6. Mediante il sesto strumento d’impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la ricorrente lamenta l’erronea compensazione delle spese di giudizio disposta dal giudice di secondo grado, in violazione dell’art. 91 cod. proc. civ. (p. 56 rie.).
7. Mediante il primo strumento di impugnazione la società afferma la violazione di legge e la nullità della sentenza pronunciata dalla Ctr della Sicilia per non aver rispettato i termini di cui all’art. 53 del lgs. n. 546 del 1992, ed all’art. 165 cod. proc. civ., provvedendo al tempestivo deposito dell’atto di appello presso Ila Commissione tributaria provinciale.
Al fine di poter correttamente stimare la censura proposta dalla ricorrente, in occasione della precedente udienza del 23.3.2022, questa Corte ha disposto l’acquisizione in forma integrale dei fascicoli dei gradi di merito del giudizio.
7.1 In primo luogo deve osservarsi che la ricorrente afferma di avere proposto la questione della regolarità della procedura di appello “in seno alla comparsa di costituzione in appello” (rie.,. 23), ma non ha cura di specificare mediante quale formula avrebbe introdotto la sua doglianza, ed il motivo di ricorso difetta pertanto di specificità. In ogni caso la verifica della regolarità della proposizione dell’atto di impugnazione compete al giudice anche d’ufficio, e deve pertanto ritenersi che la Ctr abbia effettuato il controllo, ed abbia implicitamente e correttamente, in conseguenza di quanto si osserverà subito oltre, rigettato la censura.
Nel suo controricorso l’Amministrazione finanziaria ha affermato che la copia dell’atto di appello è stata regolarmente e tempestivamente depositata, come da ricevuta n. 36/11 della Ctp di Catania (contrarie. Ag., p. 6). Esaminati gli atti inclusi nel fascicolo processuale, emerge che la sentenza di primo grado è stata depositata il 13.11.2009, l’atto di appello in questione è stato spedito il 17.12.2010 ed è pervenuto alla destinataria il 4.1.2011, quindi l’atto di impugnazione è stato tempestivamente depositato dall’Agenzia delle entrate presso la Ctp in data 11.1.2011 (sent. impugnata n. 702/07/09, pronunciata dalla Ctp di Catania il 6.11.2009).
Il primo motivo di ricorso risulta pertanto infondato.
8. Con il secondo motivo di ricorso la contribuente lamenta la nullità della sentenza, la violazione di legge e comunque il vizio di motivazione, in conseguenza del vizio della notificazione della cartella esattoriale, perché la relata risulta estesa sul frontespizio dell’atto e non in calce.
L’impugnata sentenza della Ctr ha osservato che la notificazione è avvenuta nel rispetto delle norme che disciplinano la notificazione a mezzo posta, e la pur sintetica pronunzia appare corretta.
Invero, questa Corte di legittimità ha assunto in proposito un orientamento condivisibile, al quale si intende quindi assicurare continuità, secondo cui la relata apposta sul frontespizio, anziché in calce all’atto notificato, non può comportare la nullità della notificazione, “qualora non siano oggetto di specifica contestazione la completezza e conformità dell’atto notificato contenente, in ogni foglio, il numero della pagina e l’indicazione del numero complessivo di esse, atteso che, in tale modo, viene garantita all’interessato l’integrità dell’atto notificato, con il conseguente prodursi degli effetti sananti del raggiungimento dello scopo“, Cass. sez. VI-V, 14.11.2016, n. 23175.
8.1 L’affermata invalidità conseguente alla apposizione della relata sul frontespizio e non in calce all’atto notificato, pertanto, non sussiste allorquando non sia in contestazione che la notificazione abbia comunque avuto riguardo a quest’ultimo nella sua completezza (tutte le pagine); contestazione che, nel caso di specie, non è stata mossa. Peraltro, trova applicazione anche in proposito il consolidato e condivisibile indirizzo giurisprudenziale di legittimità, in base al quale la sanatoria per raggiungimento dello scopo di cui all’articolo 156, terzo comma, proc. civ. è applicabile alla notificazione non solo degli atti del processo tributario, ma anche degli atti propriamente impositivi, la cui notificazione opera con richiamo alle norme del codice di rito (cfr. Cass. sez. V, 13.1.2016, n. 384).
Nella concretezza del caso, dunque, nessuna apprezzabile conseguenza può ritenersi derivata dalla lamentata modalità di apposizione della relata – sebbene irregolare – in quanto non è in discussione che la notificazione abbia riguardato la cartella di pagamento in tutti i suoi elementi costitutivi, e che il diritto di difesa della contribuente non sia stato leso in alcuna misura.
Il secondo motivo di ricorso deve essere pertanto rigettato.
9. Mediante il terzo mezzo d’impugnazione la società rinnova la critica del vizio di motivazione della cartella impugnata, in relazione ai profili della nullità della sentenza, della violazione di leqge e del vizio di motivazione, e lamenta che si tratta di censura erroneamente non accolta, e comunque neppure adeguatamente presa in considerazione dal giudice dell’appello.
Occorre premettere che la Ctr ha espressamente esaminato la contestazione qui riproposta dalla parte, ed ha osservato che l’onere di motivazione di una cartella di pagamento emessa ai sensi dell’art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, può essere assolto anche mediante il mero richiamo alla dichiarazione dei redditi presentata dal contribuente, quando la debenza del tributo sia chiaramente desumibile da quest’ultima. Occorre allora ricordare che in relazione a quanto richiesto a titolo di Irap, unica questione ancora controversa in questa sede, l’Amministrazione finanziaria ha chiarito che “il contribuente ha dichiarato nel quadro IQ, al rigo IQl0S, di dover versare Euro 217.471,00, quale Irap a debito” (contrarie. Ag., p. 10). Questa chiara affermazione dell’Amministrazione finanziaria, sufficiente ad assicurare fondamento alla tesi che la debenza del tributo dipenda direttamente da quanto annotato dal contribuente nella sua dichiarazione dei redditi, che deve quindi essere da lui ben conosciuta, non è stata contestata dalla società, e deve pertanto ritenersi pacifica tra le parti.
9.1 Può del resto richiamarsi in proposito il condivisibile principio già ripetutamente enunciato da questa Corte secondo cui “in tema di riscossione delle imposte sul reddito, la cartella di pagamento, nell’ipotesi di liquidazione dell’imposta ai sensi dell’art. 36-bis del P.R. n. 600 del 1973, costituisce l’atto con il quale il contribuente viene a conoscenza per la prima volta della pretesa fiscale e come tale deve essere motivata; tuttavia, nel caso di mera liquidazione dell’imposta sulla base dei dati forniti dal contribuente medesimo nella propria dichiarazione, nonché qualora vengano richiesti interessi e sovrattasse per ritardato od omesso pagamento, il contribuente si trova già nella condizione di conoscere i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa fiscale, con l’effetto che l’onere di motivazione può considerarsi assolto dall’Ufficio mediante mero richiamo alla dichiarazione medesima“, Cass. sez. VI-V, 7.6.2017, n. 14236 (conf. Cass. sez. V, 18.12.2009, n. 26671).
In effetti solo “qualora la liquidazione delle imposte ai sensi dell’art. 36 bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (conseguente, nella fattispecie, alla dichiarazione integrativa presentata in base alla legge 30 dicembre 1991, n. 413) non si sovrapponga alla dichiarazione del contribuente, ma si risolva in una rettifica dei risultati della dichiarazione stessa, che comporti una pretesa ulteriore da parte dell’amministrazione finanziaria, si è in presenza di un’attività impositiva vera e propria, per definizione rientrante in quella di accertamento, sicché la cartella esattoriale che rechi la pretesa fiscale non solo va notificata nel termine previsto a pena di decadenza per la notifica dell’avviso di accertamento, ma deve essere anche motivata come il suddetto avviso, ossia deve contenere tutte le indicazioni idonee a consentire al contribuente di apprestare un’efficace difesa“, Cass. sez. V, 8.7.2005, n. 14414.
Anche il terzo motivo di impugnazione risulta pertanto infondato, e deve perciò essere respinto.
10. Mediante il quarto ed il quinto motivo di impugnazione la contribuente censura, ancora in relazione ai profili della nullità della sentenza, della violazione di legge e del vizio di motivazione, la decisione adottata dal giudice dell’appello, per aver accolto la propria contestazione secondo cui l’Amministrazione finanziaria, prima di iscrivere a ruolo il tributo e notificare la cartella di pagamento ai sensi dell’art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, aveva l’obbligo di notificare un atto di avviso prodromico. Gli strumenti di impugnazione presentano evidenti ragioni di connessione, e possono essere trattati congiuntamente.
Pare allora opportuno ricordare che l’art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 prevede: “1. Avvalendosi di procedure automatizzate, l’amministrazione finanziaria procede, entro l’inizio del periodo di presentazione delle dichiarazioni relative all’anno successivo, alla liquidazione delle imposte, dei contributi e dei premi dovuti, nonché dei rimborsi spettanti in base alle dichiarazioni presentate dai contribuenti e dai sostituti d’imposta.
2. Sulla base dei dati e degli elementi direttamente desumibili dalle dichiarazioni presentate e di quelli in possesso dell’anagrafe tributaria, l’Amministrazione finanziaria provvede a:
- correggere gli errori materiali e di calcolo commessi dai contribuenti nella determinazione degli imponibili, delle imposte, dei contributi e dei premi;
- correggere gli errori materiali commessi dai contribuenti nel riporto delle eccedenze delle imposte, dei contributi e dei premi risultanti dalle precedenti dichiarazioni;
- ridurre le detrazioni d’imposta indicate in misura superiore a quella prevista dalla legge ovvero non spettanti sulla base dei dati risultanti dalle dichiarazioni;
- ridurre le deduzioni dal reddito esposte in misura superiore a quella prevista dalla legge;
- ridurre i crediti d’imposta esposti in misura superiore a quella prevista dalla legge ovvero non spettanti sulla base dlei dati risultanti dalla dichiarazione;
- controllare la rispondenza con la dichiarazione e la tempestività dei versamenti delle imposte, dei contributi e dei premi dovuti a titolo di acconto e di saldo e delle ritenute alla fonte operate in qualità di sostituto d’imposta”, ed analoghe previsioni sono dettate dall’art. 54 bis del P.R. n. 633 del 1972 in materia di Iva.
A sua volta l’art. 6, comma 5, della legge n. 212 del 2000, dispone: “5. Prima di procedere alle iscrizioni a ruolo derivanti dalla liquidazione di tributi risultanti da dichiarazioni, qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, l’amministrazione finanziaria deve invitare il contribuente, a mezzo del servizio postale o con mezzi telematici, a fornire i chiarimenti necessari o a produrre i documenti mancanti entro un termine congruo e comunque non inferiore a trenta giorni dalla ricezione della richiesta. La disposizione si applica anche qualora, a seguito della liquidazione, emerga la spettanza di un minor rimborso di imposta rispetto a quello richiesto. La disposizione non si applica nell’ipotesi di iscrizione a ruolo di tributi per i quali il contribuente non è tenuto ad effettuare il versamento diretto. Sono nulli i provvedimenti emessi in violazione delle disposizioni di cui al presente comma” (evidenza aggiunta).
10.1 Pertanto l’Amministrazione finanziaria può iscrivere a ruolo, senza necessità di comunicazione preventiva al contribuente, ed emettere la cartella di pagamento ai sensi dell’art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, sulla base dei dati e degli elementi direttamente desumibili dalle dichiarazioni presentate e di quelli in possesso dell’anagrafe tributaria. Solo nel caso in cui sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, l’Amministrazione finanziaria deve invitare il contribuente, a mezzo del servizio postale o con mezzi telematici, a fornire i chiarimenti necessari o a produrre i documenti mancanti entro un termine congruo.
Questi concetti sono stati ripetutamente e chiaramente espressi da questa Corte di legittimità, ad esempio statuendosi che “l’art. 6, comma 5, della l. n. 212 del 2000 non impone l’obbligo del contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui si debba procedere ad iscrizione a ruolo ai sensi dell’art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, ma solo quando sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, situazione quest’ultima che non ricorre quando la cartella sia stata emessa in ragione del mero mancato pagamento di quanto risultante dalla dichiarazione, sicché in tale ipotesi non è dovuta comunicazione di irregolarità, né, in ogni caso, dalla omissione di detta comunicazione può derivare la non debenza o la riduzione delle sanzioni e degli interessi di cui all’art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 462 del 1997“, Cass. sez. V, 30.6.2021, n. 18405; e non si è mancato di specificare, ancora condivisibilmente, che “la notifica della cartella di pagamento a seguito di controllo automatizzato è legittima anche se non preceduta dalla comunicazione del c.d. “avviso bonario” ex art. 36 bis, comma 3, d.P.R. n. 600 del 1973, nel caso in cui non vengano riscontrate irregolarità nella dichiarazione; né il contraddittorio endoprocedimentale è invariabilmente imposto dall’art. 6, comma 5, l. n. 212 del 2000, il quale lo prevede soltanto quando sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, situazione, quest’ultima, che non ricorre necessariamente nei casi soggetti al citato art. 36 bis, che implica un controllo di tipo documentale sui dati contabili direttamente riportati in dichiarazione, senza margini di tipo interpretativo” Cass. sez. V, 17.12.2019, n. 33344.
10.2 Ricordato nuovamente che, nel caso di specie, il contribuente ha dichiarato nel quadro IQ, al rigo IQ105, di dover versare Euro 217.471,00, quale Irap a debito, ed il dato risulta incontestato nel presente giudizio, la notifica di un atto prodromico, prima dell’iscrizione a ruolo e comunque dell’emissione della cartella di pagamento, non era dovuta da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Il quarto ed il quinto motivo di ricorso risultano pertanto infondati, e devono essere respinti.
11. Con il sesto motivo di ricorso la contribuente lamenta la compensazione delle spese di lite, disposta dalla Ctr, mentre le spese “andavano poste integralmente a carico di controparte” (rie., 56).
Invero la Ctr ha accolto soltanto parzialmente le ragioni della società, confermando l’annullamento della cartella esattoriale in relazione al solo recupero del credito d’imposta per incremento occupazionale (Euro 11.742,90), mentre ha riformato la sentenza di primo grado, accogliendo l’impugnativa proposta dall’Amministrazione finanziaria e riaffermando la piena validità ed efficacia della cartella esattoriale in ordine all’Irap, contestazione di rilievo economico ben più rilevante (Euro 217.471,00, oltre sanzioni ed interessi).
La decisione di compensare le spese di lite adottata dalla CTR risulta pertanto corretta, ed anche favorevole nei confronti dellla società, e non merita le censure che questa le ha rivolto.
Anche il sesto motivo di ricorso risulta pertanto infondato, e deve essere respinto.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
12. Le spese di lite seguono l’ordinario criterio della soccombenza, e sono liquidate nel dispositivo in considerazione della natura delle questioni affrontate e del valore della
12.1 Risulta dovuto dalla ricorrente anche il versamento del c.d. doppio contributo.
La Corte,
P.Q.M.
rigetta il ricorso proposto dalla F.A. & F. Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, che condanna al pagamento delle spese di lite in favore delle costituite controricorrenti, e le liquida nella complessiva misura di Euro 7.000,00 ciascuna, oltre spese prenotate a debito, in favore dell’Agenzia delle entrate, e spese per esborsi nella misura di Euro 200,00, spese generali nella misura del 15%, ed accessori di legge, in favore di Riscossione Sicilia Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore.
Ai sensi del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
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