Corte di Cassazione, ordinanza n. 33569 depositata il 15 novembre 2022
notifica della cartella di pagamento sia eseguita, ai sensi dell’art. 26, comma 1, seconda parte, del d.P.R. n. 602 del 1973, mediante invio diretto, da parte del concessionario – nel caso in cui il ricorrente lamenti l’omessa pronuncia, da parte dell’impugnata sentenza, in ordine ad una delle domande o eccezioni proposte, non è indispensabile che faccia esplicita menzione della ravvisabilità della fattispecie di cui al n. 4 del comma 1 dell’art. 360 c.p.c., con riguardo all’art. 112 c.p.c., resta necessario che il motivo rechi univoco riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione, dovendosi, invece, dichiarare inammissibile il gravame allorché sostenga che la motivazione sia mancante o insufficiente o si limiti ad argomentare sulla violazione di legge
RILEVATO CHE:
1. D.P. propone quattro motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 7534/17, depositata il 18.l .2017, con la quale la commissione tributaria regionale del Lazio a conferma della sentenza di primo grado, respingeva il gravame del contribuente sulla irrilevanza del mero disconoscimento delle copie delle relate, in assenza di elementi indiziari atti ad evidenziare una possibile non conformità delle copie agli originali. In particolare riteneva la legittimità della procedura notificatoria eseguita ai sensi dell’art. 26 d.P.R. 602/73, respingendo l’eccezione di prescrizione, ritenendo che i termini di legge erano stati osservati dall’ente finanziario.
La Concessionaria resiste con controricorso e memorie difensive.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 2719 c.c., nonché dell’art. 215 c.p.c., ex art. 360, n.3, c. p.c.; per avere il giudicante ritenuto l’irritualità e l’intempestività del disconoscimento specifico operato alla prima udienza successiva al depoj5ito delle controdeduzione della concessionaria e reiterate nelle memorie depositate successivamente su invito della CTP.
3. Il secondo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. , c. 1, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge in relazione al d.p.r. n. 602 del 1973, art. 26, al d.p.r. n. 600 del 1973, agli artt. 60, c. 1 b-bis e 37, comma 27, lett.a, d.l. n. 223/2006 che ha modificato l’art. 60 d.P.R. n. 600/73; premesso che, nella fattispecie, venivano in considerazione ventuno cartelle di pagamento notificate direttamente a mezzo del servizio postale, assume il ricorrente che, ai fini della rituale notificazione di dette cartelle, rilevava l’adempimento delle formalità previste dal regolamento postale (d.m. 9 aprile 2001), risultando necessario l’invio di una raccomandata informativa come prescritta nei casi di notifica eseguita per il tramite di ufficiale giudiziario o del messo di riscossione.
Inoltre con detta doglianza lamenta che in caso di irreperibilità relativa, occorre comunque la seconda raccomandata informativa, ni=lla specie mancante. Adduce di aver dedotto detta eccezione con le memorie ex art. 32 d.lgs. n. 546/92 depositate nel giudizio di secondo grado, sulla quale la Regionale aveva omesso di statuire.
4. Con la terza censura, il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 25 d.P.R. 602/73, ex art. 360, n. 3, c.p.c., assumendo di aver eccepito già nel primo grado la decadenza dal potere impositivo, nonché la prescrizione dei crediti erariali portati dalle cartelle esattoriali già al momento della notifica degli atti impositivi; che, tuttavia, il giudicante ometteva di pronunciarsi su dette
5. La quarta doglianza si incentra sulla violazione degli 2946 e 2948 c.c. nonché dell’art. 5 d.l. 953/82, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.; per avere i giudici di appello omesso di statuire sull’eccezione di prescrizione dei crediti erariale, adducendo che, al contrario, alla data della notifica delle cartelle esattoriali, i crediti tributari si erano già prescritti ai sensi dell’art. 2948 c.c..
6. La prima censura non merita accoglimento.
Questa Corte ha precisato che “in tema di prova documentale il disconoscimento delle copie fotostatiche di scritture prodotte in giudizio, ai sensi dell’art. 2719 c.c., impone che, pur senza vincoli di forma, la contestazione della conformità delle stesse all’originale venga compiuta, a pena di inefficacia, mediante una dichiarazione che evidenzi in modo chiaro ed univoco sia il documento che si intende contestare, sia gli aspetti differenziali di quello prodotto rispetto all’originale, non essendo invece sufficienti né il ricorso a clausole di stile né generiche asserzioni. (Nella specie, la S. C., in applicazione del principio, ha escluso che il contribuente avesse disconosciuto in modo efficace la conformità delle copie aqli originali, in quanto, con la memoria illustrativa, si era limitato a dedurre la mancata produzione degli originali delle relate di notifica e la non conformità “a quanto espressamente richiesto” con il ricorso (Cass. n. 491:2/2017; n. 16557 del 20/06/2019; n. 14279 del 25/05/2021; n. 40750/2:L). Si è in proposito affermato (Cass. 13425/14; 4476/09 ed altre) che l’art. 2719 cod. civ. esige l’espresso disconoscimento con riguardo alla contestazione non solo dell’autenticità del contenuto della scrittura, ma anche della conformità della copia all’originale; in entrambi i casi deve osservarsi la procedura di cui agli artt. 214 e 215 cod. proc. civ.. Fermo restando che il disconoscimento onera la parte della produzione dell’originale, è fatta salva la facoltà del giudice di accertare tale conformità anche “aliunde” (; Cass., 20 giugno 2019, n. 16557; Cass. sez. 2, 20 febbraio 2018, n. 4053, per la quale il disconoscimento deve avvenire in modo formale e specifico; Cass. n.23369/2017; Cass., 13 giugno 2014, n. 13425; Cass., sez. 3, 25 febbraio 2009, n. 4476; Cass., sez. 5, 18 giugno 2004, n. 11419), sempre che il disconoscimento formale avvenga attraverso una dichiarazione che evidenzi in modo chiaro ed univoco sia il documento che si intende contestare, sia gli aspetti differenziali di quello prodotto rispetto all’originale; dovendo essa essere (oltre che tempestiva) specifica, esplicita ed univoca, così da non lasciar margine alcuno di dubbio ed incertezza (Cass. 3474/08; 24456/11; 18042/14; n. 20451/22).
Nel caso in esame, il ricorrente si è limitato ad un generico disconoscimento delle copie agli originali, come risulta confermato dalla lettura del ricorso per cassazione e della sentenza impugnata, atteso che il ricorrente si è limitato ad affermare l’omessa ricezione delle cartelle.
In conclusione, deve quindi escludersi la sussistenza del vizio dedotto ( Cass. n. 23426 del 26/10/2020).
7. La seconda censura è in parte destituita di fondamento ed in parte impinge nelle ragioni d’inammissibilità.
7.1 Sotto il primo profilo, questa Corte ha statuito che “in tema di riscossione delle imposte, qualora la notifica della cartella di pagamento sia eseguita, ai sensi dell’art. 26, comma 1, seconda parte, del d.P.R. n. 602 del 1973, mediante invio diretto, da parte del concessionario, di raccomandata con avviso di ricevimento, trovano applicazione le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle della legge n. 890 del 1982” (v., ex plurimis, Cass., 4 febbraio 2020, n. 2489; Cass. 3 aprile 2019, n. 9240; Cass., 12 novembre 2018, n. 28872; Cass., 13 qiugno 2016, n. 12083; v., altresì, Corte Cost., 3 gennaio 2020, n. 2; Corte Cost., 24 aprile 2019, n. 104; Corte Cost., 23 luglio 2018, n. 175). Con riferimento alla notifica della cartella esattoriale direttamente eseguita dall’agente della riscossione a mezzo del servizio postale, ai sensi del d.p.r. n. 502 del 1973, art. 26, la Corte ha avuto modo di rilevare che viene, così, in considerazione una modalità di notifica, integralmente affidata al concessionario stesso ed all’ufficiale postale, alternativa rispetto a quella della prima parte della medesima disposizione e di competenza esclusiva dei soggetti ivi indicati; in tal caso, difatti, la notifica si perfeziona con la ricezione del destinatario, alla data risultante dall’avviso di ricevimento, senza necessità di un’apposita relata, visto che è l’ufficiale postale a garantirne, nel menzionalo avviso, l’esecuzione effettuata su istanza del soggetto legittimato e l’effettiva coincidenza tra destinatario e consegnatario della cartella, come confermato implicitamente dal citato art. 26, penultimo comma, secondo cui il concessionario è obbligato a conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o con l’avviso di ricevimento, in ragione della forma di notificazione prescelta, al fine di esibirla su richiesta del contribuente o dell’amministrazione (v. Cass., 3 dicembre 2020, n. 27697; Cass., 14 novembre 2019, n. 29642; Cass., 4 luglio 2014, n. 15315; Cass., 28 luglio 2010, n. 17598; v. altresì, in tema di notifica della cartella esattoriale, Cass., 17 ottobre 2016, n. 20918; Cass., 6 marzo 2015, n. 4567; Cass., 19 marzo 2014, n. 6395; Cass., 19 settembre 2012, n. 15746; Cass., 27 maggio 2011, n. 11708; Cass., 6 luglio 2010, n. 15948; Cass., 19 giugno 2009, n. 14327). In particolare, si è, poi, precisato che nel caso di notifica della cartella di pagamento eseguita, ai sensi dell’art. 26, comma 1, seconda parte, del d.P.R. n. 602 del 1973, mediante invio diretto, da parte del concessionario, di raccomandata con avviso di ricevimento, trovano applicazione le norme concernenti il servizio postale ordinario e non anche le disposizioni di cui alla l. n. 890 del 1982 (v., ex plurimis, Cass., 4 febbraio 2020, n. 2489; Cass., 3 aprile 2019, n. 9240; Cass., 12 novembre 2018, n. 28872; Cass., 13 giugno 2016, n. 12083) né, a maggior ragione, le disposizioni (d.p.r. n. 600 del 1973, art. 60) che presuppongono l’intervento di un agente della notificazione. Conclusioni, queste, cui è pervenuto (anche) il Giudice delle leggi che (ripetutamente) ha disatteso le questioni di costituzionalità sollevate con riferimento alla disposizione in esame, rimarcando che la notificazione diretta, a mezzo del servizio postale, eseguita ai sensi dell’art. 26, cit., ha connotati di specialità, e di semplificazione, rispetto a quella dettata dall’art. 60 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e dalla l. n. 890 del 1982, e che una siffatta disciplina, – che assicura un sufficiente livello di conoscibilità dell’atto, stante l’avvenuta consegna del plico (oltre che al destinatario, anche alternativamente) a chi sia legittimato a riceverlo, – non supera il limite inderogabile della discrezionalità del legislatore nè compromette il diritto di difesa del destinatario della notifica, correlandosi alla natura sostanzialmente pubblicistica della posizione e dell’attività dell’agente della riscossione e trovando fondamento nel regime differenziato della riscossione coattiva delle imposte che, a sua volta, risponde all’esigenza, di rilievo costituzionale, di assicurare con regolarità le risorse necessarie alla finanza pubblica (v. Corte Cast., 23 luglio 2018, n. 175 cui adde Corte Cast., 3 gennaio 2020, n. 2; Corte Cast., 24 aprile 2019, n. 104).
7.2 Sotto il secondo profilo, la censura relativa all’omesso esame dell’eccezione relativa alla nullità della notificazione secondo le modalità dell’irreperibilità relativa che avrebbe dovuto essere seguita dalla raccomandata informativa presenta profili di inammissibilità, sia perché l’omesso esame non risulta censurato ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c, sia perché – come affermato dallo stesso ricorrente – si tratta di eccezione sollevata soltanto con le memorie depositate nel giudizio di appello e dunque intempestivamente, tenuto conto che le relate delle notificazioni risultano depositate nel giudizio di primo grado.
8. Con riferimento alla terza ed all’ultima censura giova evidenziare che l’omessa pronuncia su alcuni dei motivi di appello, e, in genere, su una domanda, eccezione o istanza ritualmente introdotta in giudizio, integra una violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., che deve essere fatta valere esclusivamente ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, dello stesso codice, che consente alla parte di chiedere – e al giudice di legittimità di effettuare – l’esame degli atti del giudizio di merito, nonché, specificamente, dell’atto di appello, mentre è inammissibile ove il vizio sia dedotto come violazione dell’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5, cod. proc. ci..( Cass.n. 10862/2018; n.6835/2017; 22759 del 27/10/2014). Inoltre, sebbene si ritenga in alcune decisioni che, nel caso in cui il ricorrente lamenti l’omessa pronuncia, da parte dell’impugnata sentenza, in ordine ad una delle domande o eccezioni proposte, non è indispensabile che faccia esplicita menzione della ravvisabilità della fattispecie di cui al n. 4 del comma 1 dell’art. 360 c.p.c., con riguardo all’art. 112 c.p.c., resta necessario che il motivo rechi univoco riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione, dovendosi, invece, dichiarare inammissibile il gravame allorché sostenga che la motivazione sia mancante o insufficiente o si limiti ad argomentare sulla violazione di legge (S.U. 17931/2013; Cass. n.10862 del 07/05/2018).
Nel caso in esame, con riferimento all’omesso esame dell’eccezione di
decadenza difetta sia la corretta rubricazione che il riferimento alla nullità della sentenza.
8.1 In ogni caso, le eccezioni non meritano accoglimento. Dall’accertamento svolto dai giudici di merito risulta la regolare notificazione delle cartelle esattoriali al contribuente; ne consegue il principio per cui, nel caso di mancata proposizione di opposizione a cartella esattoriale, la pretesa contributiva ad essa sottesa diviene intangibile, non essendo ammissibile proporre alcuna questione attinente alla cartella stessa, ad un titolo, cioè, divenuto definitivo proprio a seguito di mancata tempestiva opposizione del soggetto al quale la violazione era stat:3 contestata (Cass. n. 3142/2013; Sezioni Unite n. 23397 del 17 novembre 2016). Una volta scaduto inutilmente il termine perentorio per proporre opposizione avverso un c.d. titolo paragiudiziale – come la cartella esattoriale – il titolo diviene definitivo e il diritto di credito incontestabile, non potendo più il contribuente eccepire la decadenza dal potere impositivo ovvero l’intervenuta prescrizione maturata già all’epoca delle date di notifica degli atti impositivi.
Questa Corte anche recentemente ha ribadito il principio esposto statuendo che “In tema di contenzioso tributario, qualsiasi eccezione relativa a un atto impositivo divenuto definitivo, come quella di prescrizione del credito fiscale maturato precedentemente alla notifica di tale atto, è assolutamente preclusa, secondo il fermo principio della non impugnabilità se non per vizi propri di un atto successivo ad altro divenuto definitivo perché rimasto incontestato” ( Cass. n. 37259/2021; Cass. n. 26363 del 2017; Cass. n. 19010 del 2019 ).
9.II ricorso va dunque respinto.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alla refusione delle spese di lite sostenute dall’Agenzia – Riscossione che liquida in euro 7.500,00 per compensi, oltre 200,00 euro per esborsi, rimborso forfettario ed accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. 115 del 2002, dè atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente in via principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1- bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
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