CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 33581 depositata il 1° dicembre 2023
Lavoro – Integrazione aziendale trattamento pensionistico – Trattamento complessivamente garantito – Retribuzione pensionabile utile – Rigetto
Rilevato che
1. con la sentenza impugnata, la Corte d’appello di Salerno ha accolto l’appello proposto dalla (…) (di seguito, anche Banca) avverso la decisione di primo grado che aveva accolto la domanda del controricorrente diretta ad ottenere l’integrazione aziendale del trattamento pensionistico introdotto dalla Convenzione del 5.9.1985 in favore degli ex dipendenti della Banca addetti alla gestione esattoriale;
2. a fondamento del decisum, la Corte territoriale, pur non condividendo del tutto l’interpretazione delle fonti di riferimento proposta dalla parte appellante, ha osservato, in merito al quantum, come la Convenzione garantisse al pensionato «un trattamento complessivo tra pensione base ed integrazione pari al 70% della retribuzione pensionabile utile di cui all’art. 4 calcolato con i criteri previsti dall’art. 5 con appositi coefficienti». Per i Giudici, dunque, «l’integrazione spettava unicamente ove la pensione, da sola, non raggiungesse il trattamento complessivamente garantito»;
3. nel caso di specie, alla stregua del calcolo effettuato dal consulente tecnico nominato dal Tribunale, la misura dell’integrazione risultava pari a zero, poiché la sola pensione Inps era in grado di garantire il trattamento minimo fissato dalla indicata convenzione;
4. avverso la sentenza della Corte di appello, il pensionato ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di due motivi;
5. la Banca ha resistito con controricorso, contenente ricorso incidentale, successivamente illustrato con memoria. Ha depositato controricorso al ricorso incidentale Aniello Vitolo;
6. il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni dall’adozione della decisione in Camera di consiglio.
Considerato che
7. con il primo motivo del ricorso principale, è dedotto, ai sensi dell’art. 360 nr. 4 cod.proc.civ., il travisamento della prova e la nullità della sentenza nonché, ai sensi dell’art. 360 nr. 5 cod.proc.civ., l’omesso esame di un fatto decisivo;
8. l’articolato motivo, nel complesso, imputa alla Corte di Appello un percorso argomentativo privo di una effettiva valutazione critica della soluzione adottata dal Tribunale: in definitiva, una motivazione apodittica;
9. il motivo è infondato;
10. come ripetutamente chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte (con richiamo ai principi di Cass., sez. un., nr. 19881 del 2014 e di Cass., sez.un., nr. 8053 del 2014) la riformulazione dell’art. 360, primo comma, nr. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del D.L. nr. 83 del 2012 deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al «minimo costituzionale» del sindacato di legittimità sulla motivazione; è pertanto denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un «error in procedendo» che comporta la nullità della sentenza solo nel caso di «mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico», di «motivazione apparente», di «contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili», di «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile», non essendo invece più consentita la formulazione di censure per il vizio di insufficiente motivazione (Cass., sez. un., nr. 14477 del 2015; ex multis, tra le sezioni semplici, Cass. nr. 31543 del 2018);
11. è stato, peraltro, precisato che di «motivazione apparente» o di «motivazione perplessa e incomprensibile» può parlarsi quando essa non renda «percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consenta alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice» (Cass., sez.un., nr. 22232 del 2016);
12. all’evidenza, il provvedimento impugnato rispetta i limiti di legge. L’iter decisionale, per come sinteticamente tracciato nello storico di lite, soddisfa il cd. «minimo costituzionale». Può discutersi se sia condivisibile o meno ma su un piano diverso da quello che riguarda il percorso strettamente argomentativo;
13. con il secondo motivo del ricorso principale, è dedotta, ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ., la violazione degli artt. 1,2,3,4,5,6,7 e succ. della Convenzione 5.9.1985 e del regolamento nonché la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e ss cod.civ.;
14. il motivo è da respingere;
15. la Corte di merito ha reso un’interpretazione plausibile delle fonti di riferimento nella parte in cui giudica che l’integrazione spetti unicamente ove la pensione, da sola, non raggiunga il trattamento complessivamente garantito pari al 70% della retribuzione pensionabile utile.
A fronte di tale ricostruzione, il ricorso non individua alcun vizio intrinseco alla interpretazione logico-sistematica fornita dalla sentenza impugnata, limitandosi ad opporre una diversa lettura degli elementi testuali. In tal modo, le censure non considerano che, nell’interpretazione di atti negoziali, il sindacato di legittimità non può investire il risultato interpretativo in sé ma afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica con conseguente inammissibilità di ogni critica alla ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati (ex plurimis, Cass. nr. 29628 del 2021);
16. infondato è, altresì, il ricorso incidentale;
17. a tacer d’altro, l’interpretazione delle fonti negoziali come, in parte qua, effettuata dalla Corte di appello, è conforme, nell’esito, alla ricostruzione già operata da questa stessa Corte in numerosi precedenti, resi con riferimento ad analoghe controversie (Cass. nr. 17168 del 2020; Cass. nr. 35995 del 2021 e nr.16954 del 2023);
18. in conclusione, dunque, entrambi i ricorsi devono essere respinti, con le spese del giudizio di legittimità che possono essere compensate, in ragione della reciproca soccombenza;
19. occorre, altresì, dare atto della sussistenza, sia per il ricorrente in via principale che per la ricorrente incidentale, dei presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ove dovuto (Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale; compensa le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente sia in via principale che incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso principale e incidentale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
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